x

x

Corte di Giustizia UE: sì alla digitalizzazione dei libri nelle biblioteche aperte al pubblico

Uno stato membro può autorizzare le biblioteche a digitalizzare i libri della propria collezione per proporli su terminali elettronici e consentire agli utilizzatori di stamparli o memorizzarli su supporti USB.

La sentenza in esame si colloca nell’ambito della disciplina normata dalla Direttiva 2001/29/CE, che, facendo propria la ratio dei trattati WIPO del 1996, ha l’obiettivo di armonizzare la legislazione relativa al diritto d’autore e ai diritti connessi, adattandola alle evoluzioni tecnologiche ed alla società dell’informazione. La direttiva in questione, pur riconoscendo in capo agli autori i diritti esclusivi di autorizzare o vietare la riproduzione e la comunicazione al pubblico delle loro opere, prevede, a determinate condizioni e per specifiche finalità, la facoltà per gli Stati membri di porre eccezioni o limitazioni al contenuto patrimoniale del diritto d’autore.

In questa eccezione posta dalla norma che, nel caso in questione, trova previsione nell’articolo 5, paragrafo 2, lettere a), b), c) ed articolo 5 paragrafo 3, lett. n) della direttiva citata, si innesta la Sentenza dell’11 Settembre 2014 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-117/13. La sentenza ha ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale - effettuata ai sensi dell’articolo 267 TFUE - avanzata dalla Corte federale Suprema tedesca (Bundesgerichtshof) al fine di precisare la portata applicativa della facoltà di eccezione e limitazione sopra richiamata e di cui lo stato federale tedesco si è servito.

La domanda è stata presentata nell’ambito della controversia che ha visto opposte l’Università Tecnica di Darmstadt (Technische Universität Darmstadt) sostenuta dalla Federazione tedesca delle biblioteche e dall’omologo europeo di quest’ultima (EBLIDA - European Bureau of Library, Information and Documentation Associations) ed una Casa Editrice tedesca (la Eugen Ulmer KG), in ordine alla digitalizzazione e successiva messa a disposizione del pubblico, da parte della prima, su terminali di lettura elettronica collocati nei locali della biblioteca regionale gestita dalla sopracitata Università tedesca, di un libro della propria collezione - il manuale di Winfried Schulze intitolato “Introduzione alla storia contemporanea” - i cui diritti di sfruttamento sono tenuti dalla Casa Eugen Ulmer.

Osservando i fatti salienti del procedimento principale, già nel gennaio 2009 l’Università tedesca aveva dato diniego alla proposta, avanzata dalla casa editrice, di acquisto ed utilizzazione come libri in formato digitale (cosiddetto e-books) dei testi da essa pubblicati, tra i quali vi era anche il manuale controverso. L’Università ha quindi proceduto alla digitalizzazione e messa a disposizione del manuale presso i posti di lettura elettronica (al riguardo, nelle proprie osservazioni scritte, l’Università ha precisato che i files digitali erano semplici files grafici, senza possibilità di essere oggetto, per esempio, di ricerca nel testo integrale o di copia/incolla). Agli utenti veniva inoltre data facoltà di stampare l’opera su carta o memorizzarla su una chiave USB, con la chiara possibilità di portarla al di fuori della biblioteca.

Tre sono state le questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte Federale Suprema tedesca relative alla direttiva 2001/29/CE e su cui si è espressa la Quarta Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza in esame: (i) l’interpretazione della nozione di “opera non soggetta a vincoli di vendita o licenza”; (ii) la digitalizzazione delle opere in possesso delle biblioteche qualora ciò sia necessario ai fini della messa a disposizione su terminali dedicati; (iii) la possibilità per gli utenti di consultare su terminali dedicati le opere digitalizzate, di stamparle su carta e salvarle su supporti USB.

Nel diritto tedesco la norma che disciplina il caso in questione e che risulta applicabile alla data dei fatti oggetto del procedimento principale, è da ritrovarsi nell’articolo 52b della Legge sul diritto d’autore e sui diritti connessi (Urheberrechtsgesetz),rubricato “Riproduzione di opere presso posti di lettura elettronica nelle biblioteche pubbliche, musei e archivi”.

i) In relazione alla prima questione pregiudiziale, la Corte ha esaminato se ed in quali termini un’opera sia soggetta a “vincoli di vendita o di licenza” - ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lett. n) della direttiva 2001/29/CE - qualora il titolare dei diritti abbia proposto ad una delle istituzioni indicate nel testo normativo, nel caso di specie la biblioteca, la conclusione a condizioni ragionevoli di un contratto di licenza o di utilizzo dell’opera medesima. Al riguardo, la Corte ha dichiarato che la nozione in esame (“vincoli di vendita o di licenza”) deve essere interpretata nel senso che il titolare dei diritti e l’istituzione - la biblioteca - devono aver concluso un contratto di licenza o di utilizzo dell’opera in questione che indichi le condizioni alle quali tale istituzione possa utilizzarla. è pertanto necessario che tra le parti vengano prodotti accordi contrattuali effettivi e non semplici offerte di contratti o di licenze. A tale conclusione si è giunti prendendo in esame il testo dei considerando 45 e 51 nella versione tedesca della direttiva 2001/29/CE (al riguardo, si vedano le conclusioni dall’Avvocato Generale Niilo Jääskinen ai paragrafi 21 e 22 delle stesse) e raffrontando l’articolo 5, paragrafo 3, lett. n), nelle versioni in lingua inglese, francese, tedesca e spagnola (che utilizzano, rispettivamente, “terms”, “conditions”, regelung” e “condiciones”). Da ciò è emerso che il legislatore europeo ha utilizzato, nella formulazione in esame, le nozioni di “condizioni” o di “disposizioni” che si riferiscono a clausole contrattuali effettivamente pattuite piuttosto che a semplici offerte contrattuali.

ii) Per quanto concerne la seconda questione pregiudiziale, la Corte ha dichiarato che il combinato disposto dell’articolo 5, paragrafo 2, lett. c) e paragrafo 3, lett. n) del medesimo articolo, non osta a che uno Stato possa concedere alle biblioteche accessibili al pubblico il diritto a digitalizzare le opere contenute nelle proprie collezioni (ancorché, come visto, gli autori dispongano del diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione delle loro opere) qualora tale atto di riproduzione, motivato da fini di ricerca o di attività privata di studio, sia necessario ai fini della messa a disposizione delle opere agli utenti su terminali dedicati collocati nei locali delle istituzioni stesse. Il diritto di comunicazione su terminali dedicati riconosciuto alle biblioteche (sul punto, precisa la Corte, il rendere accessibile al pubblico un’opera deve essere qualificato come una “messa a disposizione” e, di conseguenza, come “atto di comunicazione”), non potrebbe operativamente valere e non genererebbe effetti utili se alle biblioteche non venisse riconosciuto, come condizione ancillare, anche un diritto accessorio alla digitalizzazione (a condizione però che si tratti di “atti di riproduzione specifica” e non di digitalizzazione di intere collezioni). La portata di tale diritto accessorio non pregiudicherebbe lo sfruttamento normale dell’opera alla luce della legislazione nazionale applicabile al caso di specie (articolo 52b della Urheberrechtsgesetz), che prevede un vincolo di tipo quantitativo tale per cui il numero degli esemplari dell’opera messi a disposizione non può essere superiore alle copie che le biblioteche hanno effettivamente acquistato in formato analogico. Al riguardo, precisa la Corte, ancorché tale disposizione di diritto nazionale non preveda espressamente la corresponsione di un compenso da riconoscersi a seguito di digitalizzazione di un’opera, la sua ulteriore messa a disposizione in formato digitale su terminali dedicati, dovrebbe comunque dare luogo al pagamento di un equo compenso.

iii) La terza ed ultima questione su cui la Corte si è espressa, mira a chiarire il campo di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 3, lett. n) della direttiva, cioè a comprendere se quest’ultimo riguardi o meno atti quali la stampa su carta o memorizzazione su supporto USB delle opere per mano degli utenti attraverso terminali elettronici dedicati. In prima battuta viene pacificamente chiarito che tali atti costituiscono, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva, atti di “riproduzione” (e non di “comunicazione”), con conseguente creazione di una nuova copia a partire dalla copia digitale messa a disposizione della biblioteca. Tali atti, spiega la Corte, non possono essere ammessi come diritto accessorio derivante dal combinato disposto degli articolo 5, paragrafo 2, lett. c) e articolo 5 paragrafo 3, lett. n) della Direttiva 2001/29/CE, in quanto non necessari ai fini della messa a disposizione dell’opera agli utenti per il tramite dei terminali. Non essendo detti atti effettuati dalla biblioteca, bensì dagli utenti, non possono essere autorizzati sulla base di tale disposizione normativa. L’autorizzazione a riprodurre su supporto analogico o digitale va, tuttavia, rilevata sulla base della legislazione nazionale di trasposizione delle eccezioni previste all’articolo 5, par. 2, lettere a) e b) della direttiva medesima, purché siano soddisfatte, in ciascuno dei casi, le condizioni imposte da tali disposizioni, in particolare quella relativa all’equo compenso verso il titolare dei diritti.

Il testo integrale della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è consultabile al sito Curia.europa.eu

(Sentenza della Corte, Quarta Sezione, 11 settembre 2014, Causa C-117/13)

Dott. Luca Spongano

Uno stato membro può autorizzare le biblioteche a digitalizzare i libri della propria collezione per proporli su terminali elettronici e consentire agli utilizzatori di stamparli o memorizzarli su supporti USB.

La sentenza in esame si colloca nell’ambito della disciplina normata dalla Direttiva 2001/29/CE, che, facendo propria la ratio dei trattati WIPO del 1996, ha l’obiettivo di armonizzare la legislazione relativa al diritto d’autore e ai diritti connessi, adattandola alle evoluzioni tecnologiche ed alla società dell’informazione. La direttiva in questione, pur riconoscendo in capo agli autori i diritti esclusivi di autorizzare o vietare la riproduzione e la comunicazione al pubblico delle loro opere, prevede, a determinate condizioni e per specifiche finalità, la facoltà per gli Stati membri di porre eccezioni o limitazioni al contenuto patrimoniale del diritto d’autore.

In questa eccezione posta dalla norma che, nel caso in questione, trova previsione nell’articolo 5, paragrafo 2, lettere a), b), c) ed articolo 5 paragrafo 3, lett. n) della direttiva citata, si innesta la Sentenza dell’11 Settembre 2014 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella causa C-117/13. La sentenza ha ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale - effettuata ai sensi dell’articolo 267 TFUE - avanzata dalla Corte federale Suprema tedesca (Bundesgerichtshof) al fine di precisare la portata applicativa della facoltà di eccezione e limitazione sopra richiamata e di cui lo stato federale tedesco si è servito.

La domanda è stata presentata nell’ambito della controversia che ha visto opposte l’Università Tecnica di Darmstadt (Technische Universität Darmstadt) sostenuta dalla Federazione tedesca delle biblioteche e dall’omologo europeo di quest’ultima (EBLIDA - European Bureau of Library, Information and Documentation Associations) ed una Casa Editrice tedesca (la Eugen Ulmer KG), in ordine alla digitalizzazione e successiva messa a disposizione del pubblico, da parte della prima, su terminali di lettura elettronica collocati nei locali della biblioteca regionale gestita dalla sopracitata Università tedesca, di un libro della propria collezione - il manuale di Winfried Schulze intitolato “Introduzione alla storia contemporanea” - i cui diritti di sfruttamento sono tenuti dalla Casa Eugen Ulmer.

Osservando i fatti salienti del procedimento principale, già nel gennaio 2009 l’Università tedesca aveva dato diniego alla proposta, avanzata dalla casa editrice, di acquisto ed utilizzazione come libri in formato digitale (cosiddetto e-books) dei testi da essa pubblicati, tra i quali vi era anche il manuale controverso. L’Università ha quindi proceduto alla digitalizzazione e messa a disposizione del manuale presso i posti di lettura elettronica (al riguardo, nelle proprie osservazioni scritte, l’Università ha precisato che i files digitali erano semplici files grafici, senza possibilità di essere oggetto, per esempio, di ricerca nel testo integrale o di copia/incolla). Agli utenti veniva inoltre data facoltà di stampare l’opera su carta o memorizzarla su una chiave USB, con la chiara possibilità di portarla al di fuori della biblioteca.

Tre sono state le questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte Federale Suprema tedesca relative alla direttiva 2001/29/CE e su cui si è espressa la Quarta Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nella sentenza in esame: (i) l’interpretazione della nozione di “opera non soggetta a vincoli di vendita o licenza”; (ii) la digitalizzazione delle opere in possesso delle biblioteche qualora ciò sia necessario ai fini della messa a disposizione su terminali dedicati; (iii) la possibilità per gli utenti di consultare su terminali dedicati le opere digitalizzate, di stamparle su carta e salvarle su supporti USB.

Nel diritto tedesco la norma che disciplina il caso in questione e che risulta applicabile alla data dei fatti oggetto del procedimento principale, è da ritrovarsi nell’articolo 52b della Legge sul diritto d’autore e sui diritti connessi (Urheberrechtsgesetz),rubricato “Riproduzione di opere presso posti di lettura elettronica nelle biblioteche pubbliche, musei e archivi”.

i) In relazione alla prima questione pregiudiziale, la Corte ha esaminato se ed in quali termini un’opera sia soggetta a “vincoli di vendita o di licenza” - ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lett. n) della direttiva 2001/29/CE - qualora il titolare dei diritti abbia proposto ad una delle istituzioni indicate nel testo normativo, nel caso di specie la biblioteca, la conclusione a condizioni ragionevoli di un contratto di licenza o di utilizzo dell’opera medesima. Al riguardo, la Corte ha dichiarato che la nozione in esame (“vincoli di vendita o di licenza”) deve essere interpretata nel senso che il titolare dei diritti e l’istituzione - la biblioteca - devono aver concluso un contratto di licenza o di utilizzo dell’opera in questione che indichi le condizioni alle quali tale istituzione possa utilizzarla. è pertanto necessario che tra le parti vengano prodotti accordi contrattuali effettivi e non semplici offerte di contratti o di licenze. A tale conclusione si è giunti prendendo in esame il testo dei considerando 45 e 51 nella versione tedesca della direttiva 2001/29/CE (al riguardo, si vedano le conclusioni dall’Avvocato Generale Niilo Jääskinen ai paragrafi 21 e 22 delle stesse) e raffrontando l’articolo 5, paragrafo 3, lett. n), nelle versioni in lingua inglese, francese, tedesca e spagnola (che utilizzano, rispettivamente, “terms”, “conditions”, regelung” e “condiciones”). Da ciò è emerso che il legislatore europeo ha utilizzato, nella formulazione in esame, le nozioni di “condizioni” o di “disposizioni” che si riferiscono a clausole contrattuali effettivamente pattuite piuttosto che a semplici offerte contrattuali.

ii) Per quanto concerne la seconda questione pregiudiziale, la Corte ha dichiarato che il combinato disposto dell’articolo 5, paragrafo 2, lett. c) e paragrafo 3, lett. n) del medesimo articolo, non osta a che uno Stato possa concedere alle biblioteche accessibili al pubblico il diritto a digitalizzare le opere contenute nelle proprie collezioni (ancorché, come visto, gli autori dispongano del diritto esclusivo di autorizzare o vietare la riproduzione delle loro opere) qualora tale atto di riproduzione, motivato da fini di ricerca o di attività privata di studio, sia necessario ai fini della messa a disposizione delle opere agli utenti su terminali dedicati collocati nei locali delle istituzioni stesse. Il diritto di comunicazione su terminali dedicati riconosciuto alle biblioteche (sul punto, precisa la Corte, il rendere accessibile al pubblico un’opera deve essere qualificato come una “messa a disposizione” e, di conseguenza, come “atto di comunicazione”), non potrebbe operativamente valere e non genererebbe effetti utili se alle biblioteche non venisse riconosciuto, come condizione ancillare, anche un diritto accessorio alla digitalizzazione (a condizione però che si tratti di “atti di riproduzione specifica” e non di digitalizzazione di intere collezioni). La portata di tale diritto accessorio non pregiudicherebbe lo sfruttamento normale dell’opera alla luce della legislazione nazionale applicabile al caso di specie (articolo 52b della Urheberrechtsgesetz), che prevede un vincolo di tipo quantitativo tale per cui il numero degli esemplari dell’opera messi a disposizione non può essere superiore alle copie che le biblioteche hanno effettivamente acquistato in formato analogico. Al riguardo, precisa la Corte, ancorché tale disposizione di diritto nazionale non preveda espressamente la corresponsione di un compenso da riconoscersi a seguito di digitalizzazione di un’opera, la sua ulteriore messa a disposizione in formato digitale su terminali dedicati, dovrebbe comunque dare luogo al pagamento di un equo compenso.

iii) La terza ed ultima questione su cui la Corte si è espressa, mira a chiarire il campo di applicazione dell’articolo 5, paragrafo 3, lett. n) della direttiva, cioè a comprendere se quest’ultimo riguardi o meno atti quali la stampa su carta o memorizzazione su supporto USB delle opere per mano degli utenti attraverso terminali elettronici dedicati. In prima battuta viene pacificamente chiarito che tali atti costituiscono, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva, atti di “riproduzione” (e non di “comunicazione”), con conseguente creazione di una nuova copia a partire dalla copia digitale messa a disposizione della biblioteca. Tali atti, spiega la Corte, non possono essere ammessi come diritto accessorio derivante dal combinato disposto degli articolo 5, paragrafo 2, lett. c) e articolo 5 paragrafo 3, lett. n) della Direttiva 2001/29/CE, in quanto non necessari ai fini della messa a disposizione dell’opera agli utenti per il tramite dei terminali. Non essendo detti atti effettuati dalla biblioteca, bensì dagli utenti, non possono essere autorizzati sulla base di tale disposizione normativa. L’autorizzazione a riprodurre su supporto analogico o digitale va, tuttavia, rilevata sulla base della legislazione nazionale di trasposizione delle eccezioni previste all’articolo 5, par. 2, lettere a) e b) della direttiva medesima, purché siano soddisfatte, in ciascuno dei casi, le condizioni imposte da tali disposizioni, in particolare quella relativa all’equo compenso verso il titolare dei diritti.

Il testo integrale della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è consultabile al sito Curia.europa.eu

(Sentenza della Corte, Quarta Sezione, 11 settembre 2014, Causa C-117/13)

Dott. Luca Spongano