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La Corte di Cassazione esclude il collegamento negoziale tra compravendita di hardware e licenza d’uso del software eventualmente preinstallato

Con la rilevante Sentenza n. 19161 dell’11 settembre 2014, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata, in termini perentori, sull’annosa questione della scindibilità tra contratto di compravendita di hardware (nel caso di specie, un notebook Hewlett-Packard) e licenza d’uso del software (nel caso di specie, il sistema operativo Windows XP Home Edition e il software applicativo Microsoft Works 8) già preinstallato dal produttore dell’hardware in quest’ultimo.

La controversia prende le mosse dalla richiesta di pagamento di un consumatore, rivolta ad Hewlett-Packard, a titolo di rimborso di quanto da lui pagato per le licenze d’uso del sistema operativo preinstallato e del software applicativo sopra menzionati, forniti insieme al notebook da lui contestualmente acquistato. Il Giudice di Pace di Firenze, prima, e il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice d’appello, poi, rispettivamente accoglieva la domanda del consumatore e rigettava il gravame proposto da Hewlett-Packard.

La Suprema Corte, infine, definitivamente pronunciandosi sul ricorso presentato dalla multinazionale americana, ha confermato quanto statuito dai Giudicanti dei gradi precedenti.

In particolare, rilevato che si stesse trattando non di un software commercializzato direttamente dal produttore, bensì di un software relativo a un sistema operativo preinstallato sul computer dalla stessa casa produttrice di quest’ultimo, in forza di accordi economici e commerciali direttamente stipulati tra la casa produttrice del software e la casa produttrice dell’hardware, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, sulla base della clausola di riferimento contenuta nel contratto di licenza relativo all’utilizzo del software di sistema preinstallato nel notebook, “è il produttore-concessionario Hewlett-Packard, e non Microsoft, che l’utente finale che non accetti le condizioni di licenza deve ‘contattare prontamente’ in vista della ‘restituzione del prodotto o dei prodotti’ e del rimborso del prezzo ‘in conformità alle disposizioni stabilite dal produttore stesso’”.

Il suddetto contratto attribuirebbe, inoltre, al software preinstallato la rilevanza di bene a sé stante, prevedendo solamente la preclusione per l’utente di utilizzarlo su un PC differente rispetto a quello in cui è stato preinstallato e non invece l’impossibilità tecnica che quel PC possa essere utilizzato con un diverso sistema operativo, circostanza tra l’altro riconosciuta dalla stessa HP. “L’integrazione tra software e hardware, in altri termini, non si fonda su un’esigenza di natura tecnologica ma unicamente commerciale”. Scopo del compratore, invece, è stato individuato nell’acquisto non di quello specifico sistema operativo, bensì di quello specifico hardware-PC.

A detta degli ermellini, “nella fattispecie non è dato trarre alcun elemento […] circa l’effettivo perseguimento da parte dei contraenti ‘di un fine ulteriore’ autonomo e trascendente rispetto agli effetti tipici separatamente riconducibili, per un verso, alla compravendita del notebook e, per l’altro, all’utilizzo di un determinato sistema operativo. Il quale non è componente indissolubile né ‘qualità essenziale’ del computer, ma opera dell’ingegno di autonoma considerazione; verso la cui adozione l’utente viene sì sospinto, ma solo sul piano della sollecitazione ad un auspicato comportamento commerciale, non già all’adempimento di un obbligo negoziale”.

Difatti, nel caso in cui l’utente dovesse esprimere, all’avvio del computer, una manifestazione negativa di volontà, l’effetto del mancato consenso si ripercuote unicamente sulla licenza d’uso del software, non anche sul contratto di compravendita dell’hardware.

L’oggetto del caso di specie ‒ chiarisce la Corte – non era tanto il recesso dell’utente finale dall’acquisizione del software e dalla relativa licenza d’uso, quanto piuttosto l’originaria mancata formazione del consenso su tale acquisizione.  E, in particolare, è stato ribadito e confermato quanto osservato, in secondo grado, dal Tribunale di Firenze, secondo cui la mancata accettazione del consumatore delle condizioni predisposte unilateralmente dall’altro contraente equivale alla mancata adesione al contratto di licenza d’uso del software, che conseguentemente non deve intendersi concluso. D’altronde, era la stessa previsione contrattuale, predisposta dal produttore, a prevedere che, in caso di mancata adesione alla licenza d’uso suddetta, l’utente avesse comunque il diritto di avviare la procedura di restituzione e rimborso del prodotto.

Una diversa e contraria interpretazione di tale contratto, tra l’altro, contrasterebbe con la disciplina di tutela della libertà di scelta del consumatore finale e di libertà di concorrenza tra imprese ex articolo 101 Tratt. FUE, già articolo 81 Tratt. Ist. CE e articolo 1 Legge 287/90.

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è consultabile sul sito Curia.europa.eu 

(Sentenza della Corte (Grande Sezione), 13 maggio 2014, Causa C-131/12)

Avv. Francesco Di Tano

Con la rilevante Sentenza n. 19161 dell’11 settembre 2014, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione si è pronunciata, in termini perentori, sull’annosa questione della scindibilità tra contratto di compravendita di hardware (nel caso di specie, un notebook Hewlett-Packard) e licenza d’uso del software (nel caso di specie, il sistema operativo Windows XP Home Edition e il software applicativo Microsoft Works 8) già preinstallato dal produttore dell’hardware in quest’ultimo.

La controversia prende le mosse dalla richiesta di pagamento di un consumatore, rivolta ad Hewlett-Packard, a titolo di rimborso di quanto da lui pagato per le licenze d’uso del sistema operativo preinstallato e del software applicativo sopra menzionati, forniti insieme al notebook da lui contestualmente acquistato. Il Giudice di Pace di Firenze, prima, e il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice d’appello, poi, rispettivamente accoglieva la domanda del consumatore e rigettava il gravame proposto da Hewlett-Packard.

La Suprema Corte, infine, definitivamente pronunciandosi sul ricorso presentato dalla multinazionale americana, ha confermato quanto statuito dai Giudicanti dei gradi precedenti.

In particolare, rilevato che si stesse trattando non di un software commercializzato direttamente dal produttore, bensì di un software relativo a un sistema operativo preinstallato sul computer dalla stessa casa produttrice di quest’ultimo, in forza di accordi economici e commerciali direttamente stipulati tra la casa produttrice del software e la casa produttrice dell’hardware, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, sulla base della clausola di riferimento contenuta nel contratto di licenza relativo all’utilizzo del software di sistema preinstallato nel notebook, “è il produttore-concessionario Hewlett-Packard, e non Microsoft, che l’utente finale che non accetti le condizioni di licenza deve ‘contattare prontamente’ in vista della ‘restituzione del prodotto o dei prodotti’ e del rimborso del prezzo ‘in conformità alle disposizioni stabilite dal produttore stesso’”.

Il suddetto contratto attribuirebbe, inoltre, al software preinstallato la rilevanza di bene a sé stante, prevedendo solamente la preclusione per l’utente di utilizzarlo su un PC differente rispetto a quello in cui è stato preinstallato e non invece l’impossibilità tecnica che quel PC possa essere utilizzato con un diverso sistema operativo, circostanza tra l’altro riconosciuta dalla stessa HP. “L’integrazione tra software e hardware, in altri termini, non si fonda su un’esigenza di natura tecnologica ma unicamente commerciale”. Scopo del compratore, invece, è stato individuato nell’acquisto non di quello specifico sistema operativo, bensì di quello specifico hardware-PC.

A detta degli ermellini, “nella fattispecie non è dato trarre alcun elemento […] circa l’effettivo perseguimento da parte dei contraenti ‘di un fine ulteriore’ autonomo e trascendente rispetto agli effetti tipici separatamente riconducibili, per un verso, alla compravendita del notebook e, per l’altro, all’utilizzo di un determinato sistema operativo. Il quale non è componente indissolubile né ‘qualità essenziale’ del computer, ma opera dell’ingegno di autonoma considerazione; verso la cui adozione l’utente viene sì sospinto, ma solo sul piano della sollecitazione ad un auspicato comportamento commerciale, non già all’adempimento di un obbligo negoziale”.

Difatti, nel caso in cui l’utente dovesse esprimere, all’avvio del computer, una manifestazione negativa di volontà, l’effetto del mancato consenso si ripercuote unicamente sulla licenza d’uso del software, non anche sul contratto di compravendita dell’hardware.

L’oggetto del caso di specie ‒ chiarisce la Corte – non era tanto il recesso dell’utente finale dall’acquisizione del software e dalla relativa licenza d’uso, quanto piuttosto l’originaria mancata formazione del consenso su tale acquisizione.  E, in particolare, è stato ribadito e confermato quanto osservato, in secondo grado, dal Tribunale di Firenze, secondo cui la mancata accettazione del consumatore delle condizioni predisposte unilateralmente dall’altro contraente equivale alla mancata adesione al contratto di licenza d’uso del software, che conseguentemente non deve intendersi concluso. D’altronde, era la stessa previsione contrattuale, predisposta dal produttore, a prevedere che, in caso di mancata adesione alla licenza d’uso suddetta, l’utente avesse comunque il diritto di avviare la procedura di restituzione e rimborso del prodotto.

Una diversa e contraria interpretazione di tale contratto, tra l’altro, contrasterebbe con la disciplina di tutela della libertà di scelta del consumatore finale e di libertà di concorrenza tra imprese ex articolo 101 Tratt. FUE, già articolo 81 Tratt. Ist. CE e articolo 1 Legge 287/90.

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è consultabile sul sito Curia.europa.eu 

(Sentenza della Corte (Grande Sezione), 13 maggio 2014, Causa C-131/12)

Avv. Francesco Di Tano