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Non viola il diritto d'autore il link ad opere protette messe a disposizione su un altro sito liberamente accessibile

Il 13 febbraio 2014 la Quarta Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea veniva chiamata a pronunciarsi sulla seguente questione pregiudiziale: “si chiede se l’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE debba essere interpretato nel senso che costituisce un atto di comunicazione al pubblico, come previsto da tale disposizione, la fornitura su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere protette disponibili su un altro sito Internet, fermo restando che le opere di cui trattasi sono liberamente accessibili da questo altro sito”.

I ricorrenti nella causa principale, tutti giornalisti, citavano una società che gestiva un sito Internet in cui venivano forniti collegamenti ipertestuali verso articoli pubblicati su altri siti.
I giornalisti chiedevano il risarcimento del danno subito per effetto della pubblicazione - non autorizzata - sul sito della società di link ad alcuni articoli presenti sul loro sito e sui quali essi vantavano il diritto d’autore.
Gli articoli messi a disposizione sul sito dei ricorrenti erano tutti liberamente accessibili da chiunque.
In primo grado i ricorrenti sostenevano che cliccando sul collegamento ipertestuale presente sul sito della società, il cliente non poteva accorgersi di essere trasferito sul sito in cui era effettivamente presente l’opera; la società, in sua difesa, eccepiva l'esatto contrario.
Dopo essersi visti respingere la domanda in primo grado, i giornalisti proponevano appello asserendo che la società aveva violato il diritto esclusivo di messa a disposizione del pubblico dei loro articoli. La società appellata, invece, sosteneva che la mera fornitura di link verso opere messe a disposizione del pubblico su altri siti Internet non determinava alcuna lesione del diritto d’autore; in aggiunta, dichiarava di essersi limitata a segnalare ai suoi clienti i siti Internet in cui si trovavano le opere di loro interesse, senza effettuare alcuna trasmissione di qualsiasi opera protetta.

Nel pronunciarsi in merito alla questione sollevata, la Corte specificava che la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE, si costituisce di due elementi:

• l’«atto di comunicazione» di un’opera;
• la comunicazione dell'opera a un «pubblico».

Affermava la Corte che la nozione di «atto di comunicazione» deve essere intesa in senso ampio, al fine di garantire un elevato livello di protezione ai titolari del diritto d’autore.
Inoltre, richiamando il contenuto di una precedente Sentenza (C-306/05), la Corte aggiungeva che per aversi «atto di comunicazione» è sufficiente “che l'opera sia messa a disposizione del pubblico, in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso, senza che sia determinante che utilizzino o meno tale possibilità”.
In applicazione dei predetti principi, l’Organo Giurisdizionale Europeo definiva che la fornitura di collegamenti ipertestuali verso opere tutelate costituisce «atto di comunicazione» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, Direttiva 2001/29/CE.

Affinché si possa parlare di «comunicazione al pubblico» non basta che l’opera sia oggetto di un «atto di comunicazione», ma è necessario che essa sia comunicata a un numero considerevole e indeterminato di destinatari potenziali (il «pubblico»).
Secondo la Corte, l’attività esercitata dalla società si rivolgeva ad un numero considerevole e indeterminato di soggetti ed era, conseguentemente, comunicazione al pubblico.

Tuttavia, in conformità ad una costante giurisprudenza, la Corte precisava che “per ricadere nella nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29, occorre che una comunicazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante le stesse opere della comunicazione iniziale ed effettuata in Internet come la comunicazione iniziale, quindi con le stesse modalità tecniche, sia rivolta ad un pubblico nuovo, cioè ad un pubblico che i titolari del diritto d’autore non abbiano considerato, al momento in cui abbiano autorizzato la comunicazione iniziale al pubblico”.
Nel caso di specie, la Corte di Giustizia non riconosceva come «nuovo» il pubblico destinatario dell’attività posta in essere dalla società, in quanto l'accesso al sito principale (sul quale erano pubblicate le opere dei ricorrenti), non essendo assoggettato ad alcuna misura restrittiva, era aperto a chiunque, compresi gli stessi clienti del sito gestito dalla resistente.

Tanto premesso, la Corte statuiva che “l’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, deve essere interpretato nel senso che non costituisce un atto di comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, la messa a disposizione su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito Internet”.

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è consultabile sul sito Curia.europa.eu cliccando qui.

(Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Quarta sezione, 13 febbraio 2014, causa C 466/12)

Dott. Leonardo Befi

Il 13 febbraio 2014 la Quarta Sezione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea veniva chiamata a pronunciarsi sulla seguente questione pregiudiziale: “si chiede se l’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE debba essere interpretato nel senso che costituisce un atto di comunicazione al pubblico, come previsto da tale disposizione, la fornitura su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere protette disponibili su un altro sito Internet, fermo restando che le opere di cui trattasi sono liberamente accessibili da questo altro sito”.

I ricorrenti nella causa principale, tutti giornalisti, citavano una società che gestiva un sito Internet in cui venivano forniti collegamenti ipertestuali verso articoli pubblicati su altri siti.
I giornalisti chiedevano il risarcimento del danno subito per effetto della pubblicazione - non autorizzata - sul sito della società di link ad alcuni articoli presenti sul loro sito e sui quali essi vantavano il diritto d’autore.
Gli articoli messi a disposizione sul sito dei ricorrenti erano tutti liberamente accessibili da chiunque.
In primo grado i ricorrenti sostenevano che cliccando sul collegamento ipertestuale presente sul sito della società, il cliente non poteva accorgersi di essere trasferito sul sito in cui era effettivamente presente l’opera; la società, in sua difesa, eccepiva l'esatto contrario.
Dopo essersi visti respingere la domanda in primo grado, i giornalisti proponevano appello asserendo che la società aveva violato il diritto esclusivo di messa a disposizione del pubblico dei loro articoli. La società appellata, invece, sosteneva che la mera fornitura di link verso opere messe a disposizione del pubblico su altri siti Internet non determinava alcuna lesione del diritto d’autore; in aggiunta, dichiarava di essersi limitata a segnalare ai suoi clienti i siti Internet in cui si trovavano le opere di loro interesse, senza effettuare alcuna trasmissione di qualsiasi opera protetta.

Nel pronunciarsi in merito alla questione sollevata, la Corte specificava che la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE, si costituisce di due elementi:

• l’«atto di comunicazione» di un’opera;
• la comunicazione dell'opera a un «pubblico».

Affermava la Corte che la nozione di «atto di comunicazione» deve essere intesa in senso ampio, al fine di garantire un elevato livello di protezione ai titolari del diritto d’autore.
Inoltre, richiamando il contenuto di una precedente Sentenza (C-306/05), la Corte aggiungeva che per aversi «atto di comunicazione» è sufficiente “che l'opera sia messa a disposizione del pubblico, in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso, senza che sia determinante che utilizzino o meno tale possibilità”.
In applicazione dei predetti principi, l’Organo Giurisdizionale Europeo definiva che la fornitura di collegamenti ipertestuali verso opere tutelate costituisce «atto di comunicazione» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, Direttiva 2001/29/CE.

Affinché si possa parlare di «comunicazione al pubblico» non basta che l’opera sia oggetto di un «atto di comunicazione», ma è necessario che essa sia comunicata a un numero considerevole e indeterminato di destinatari potenziali (il «pubblico»).
Secondo la Corte, l’attività esercitata dalla società si rivolgeva ad un numero considerevole e indeterminato di soggetti ed era, conseguentemente, comunicazione al pubblico.

Tuttavia, in conformità ad una costante giurisprudenza, la Corte precisava che “per ricadere nella nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29, occorre che una comunicazione, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante le stesse opere della comunicazione iniziale ed effettuata in Internet come la comunicazione iniziale, quindi con le stesse modalità tecniche, sia rivolta ad un pubblico nuovo, cioè ad un pubblico che i titolari del diritto d’autore non abbiano considerato, al momento in cui abbiano autorizzato la comunicazione iniziale al pubblico”.
Nel caso di specie, la Corte di Giustizia non riconosceva come «nuovo» il pubblico destinatario dell’attività posta in essere dalla società, in quanto l'accesso al sito principale (sul quale erano pubblicate le opere dei ricorrenti), non essendo assoggettato ad alcuna misura restrittiva, era aperto a chiunque, compresi gli stessi clienti del sito gestito dalla resistente.

Tanto premesso, la Corte statuiva che “l’articolo 3, paragrafo 1, della Direttiva 2001/29/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, deve essere interpretato nel senso che non costituisce un atto di comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, la messa a disposizione su un sito Internet di collegamenti cliccabili verso opere liberamente disponibili su un altro sito Internet”.

La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea è consultabile sul sito Curia.europa.eu cliccando qui.

(Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Quarta sezione, 13 febbraio 2014, causa C 466/12)

Dott. Leonardo Befi