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Camera dei Deputati: approvato il disegno di legge sull’introduzione del reato di tortura

La Camera dei Deputati ha approvato giovedì 9 aprile 2015 l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano con 244 voti favorevoli, 14 contrari e 50 astenuti.

Infatti,la legislazione penale italiana - come sostenuto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella recente sentenza Cestaro c. Italia[1] - “non permette di sanzionare gli atti di tortura e di prevenirne altri[2].

I giudici di Strasburgo hanno deciso all’unanimità che lo Stato italiano ha violato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’uomo, che recita: «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

Il disegno di legge approvato alla Camera dei Deputati si intitola “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano” (Atto Camera 2168-A)[3] ed è stato presentato il 19 giugno del 2013 dal senatore Luigi Manconi, Presidente della Commissione Diritti umani del senato. Dopo l’approvazione in prima lettura al Senato il 5 marzo 2014, l’esame alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati era durato dieci mesi ed erano state apportate delle modifiche. Il 23 marzo 2015 si era tenuta la discussione generale alla Camera con il voto degli emendamenti e giovedì 9 aprile il voto.       Il testo è composto da sei articoli.

Il disegno di legge introduce il reato di tortura come reato comune.

Secondo l’articolo 1 «chiunque, con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni o di infliggere una punizione o di vincere una resistenza, ovvero in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni».

Sono previste anche delle aggravanti.

Infatti, se a commettere il fatto è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio «con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio» «si applica la pena della reclusione da cinque a dodici anni», ma solo se la sofferenza inflitta è «ulteriore» rispetto «all’esecuzione delle legittime misure privative o limitative dei diritti».

Se dal fatto deriva una lesione personale le pene sono aumentate di un terzo se la «lesione personale è grave»; della metà «in caso di lesione personale gravissima».

Se dal fatto deriva la morte «quale conseguenza non voluta», la pena è la reclusione a trent’anni.

Se la morte è causata da un atto volontario, la pena è l’ergastolo.

Il disegno di legge introduce anche il reato di istigazione a commettere tortura: se un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio istiga un collega, la pena è stabilita con la reclusione da sei mesi a tre anni e questo indipendentemente dal fatto che il reato di tortura venga poi effettivamente commesso.

Le dichiarazioni ottenute attraverso il delitto di tortura non sono utilizzabili in un processo penale.

I termini di prescrizione per il delitto di tortura sono raddoppiati.

Si stabilisce anche che «in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali o oggetto di tortura, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione o dalla tortura ovvero da violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani».

Non può essere riconosciuta l’immunità diplomatica «ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale».

 

[1] Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Cestaro c. Italia, requete 6884/11, 7 aprile 2015, in http://www.echr.coe.int

[2] La Convenzione contro la tortura, approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1984 ed entrata in vigore il 26 giugno del 1987, non è ancora stata ratificata. La Convenzione sulla tortura del Consiglio d’Europa, ratificata da 47 Stati europei, non è ancora operativa.

[3] http://www.camera.it/

La Camera dei Deputati ha approvato giovedì 9 aprile 2015 l’introduzione del reato di tortura nell’ordinamento italiano con 244 voti favorevoli, 14 contrari e 50 astenuti.

Infatti,la legislazione penale italiana - come sostenuto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella recente sentenza Cestaro c. Italia[1] - “non permette di sanzionare gli atti di tortura e di prevenirne altri[2].

I giudici di Strasburgo hanno deciso all’unanimità che lo Stato italiano ha violato l’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’uomo, che recita: «Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

Il disegno di legge approvato alla Camera dei Deputati si intitola “Introduzione del delitto di tortura nell’ordinamento italiano” (Atto Camera 2168-A)[3] ed è stato presentato il 19 giugno del 2013 dal senatore Luigi Manconi, Presidente della Commissione Diritti umani del senato. Dopo l’approvazione in prima lettura al Senato il 5 marzo 2014, l’esame alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati era durato dieci mesi ed erano state apportate delle modifiche. Il 23 marzo 2015 si era tenuta la discussione generale alla Camera con il voto degli emendamenti e giovedì 9 aprile il voto.       Il testo è composto da sei articoli.

Il disegno di legge introduce il reato di tortura come reato comune.

Secondo l’articolo 1 «chiunque, con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni o di infliggere una punizione o di vincere una resistenza, ovvero in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni».

Sono previste anche delle aggravanti.

Infatti, se a commettere il fatto è un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio «con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio» «si applica la pena della reclusione da cinque a dodici anni», ma solo se la sofferenza inflitta è «ulteriore» rispetto «all’esecuzione delle legittime misure privative o limitative dei diritti».

Se dal fatto deriva una lesione personale le pene sono aumentate di un terzo se la «lesione personale è grave»; della metà «in caso di lesione personale gravissima».

Se dal fatto deriva la morte «quale conseguenza non voluta», la pena è la reclusione a trent’anni.

Se la morte è causata da un atto volontario, la pena è l’ergastolo.

Il disegno di legge introduce anche il reato di istigazione a commettere tortura: se un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio istiga un collega, la pena è stabilita con la reclusione da sei mesi a tre anni e questo indipendentemente dal fatto che il reato di tortura venga poi effettivamente commesso.

Le dichiarazioni ottenute attraverso il delitto di tortura non sono utilizzabili in un processo penale.

I termini di prescrizione per il delitto di tortura sono raddoppiati.

Si stabilisce anche che «in nessun caso può disporsi l’espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali o oggetto di tortura, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione o dalla tortura ovvero da violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani».

Non può essere riconosciuta l’immunità diplomatica «ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale».

 

[1] Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Cestaro c. Italia, requete 6884/11, 7 aprile 2015, in http://www.echr.coe.int

[2] La Convenzione contro la tortura, approvata dall'Assemblea delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1984 ed entrata in vigore il 26 giugno del 1987, non è ancora stata ratificata. La Convenzione sulla tortura del Consiglio d’Europa, ratificata da 47 Stati europei, non è ancora operativa.

[3] http://www.camera.it/