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Cassazione Civile: rigetto pronuncia nullità matrimoniale contraria a ordine pubblico interno

La Corte di  Cassazione, con sentenza del 27 Gennaio 2015, ha respinto la domanda di riconoscimento di efficacia del provvedimento ecclesiastico di nullità di matrimonio concordatario per contrarietà al canone dell’ordine pubblico interno.

Nel caso in esame, la Corte territoriale respingeva la pronuncia di nullità matrimoniale per immaturità psicologica e impotentia coeundi nei confronti di una coppia la cui convivenza era durata 12 anni. Durante questo periodo, il convenuto, affetto da un grave disturbo psicopatologico irreversibile e preesistente al matrimonio, era stato quotidianamente assistito dalla moglie in adempimento ai propri doveri di assistenza materiale e morale. Le condizioni di menomazione del marito, tuttavia, non avevano mai comportato alcuna incidenza in ordine alla qualità o alla sostanza della convivenza, rendendo dunque irrilevante la considerazione di tale incapacità psichica come elemento dirimente alla vita coniugale. La ricorrente proponeva ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte, esprimendosi a sostegno della decisione di rigetto dell’Appello, ha sottolineato come l’ordinamento italiano riservi alla validità dell’unione coniugale un favor imprescindibile che limita in modo molto stringente la proponibilità delle azioni di nullità matrimoniale. In particolare, in ossequio al canone dell’ordine pubblico interno, il prolungato protrarsi del matrimonio per almeno tre anni sarebbe da considerarsi elemento ostativo alla dichiarazione di efficacia della sentenza, principio peraltro già affermato dalle Sezioni Unite con Sentenza n. 16379 del 2014. A tal proposito, l’esistenza di un’incapacità psichica originaria astrattamente idonea a viziare il matrimonio non poteva comunque passare in secondo piano rispetto alla valutazione dei parametri di ordine pubblico sui quali il matrimonio ed il suo il rilievo costitutivo per la convivenza sociale si fondano.

Punto centrale della sentenza riguarda la definizione giuridica del concetto di ‘convivenza matrimoniale’, che la Suprema Corte pone in evidenza come elemento essenziale del matrimonio-rapporto, che si manifesta come consuetudine di vita coniugale comune, stabile e continua nel tempo, esteriormente riconoscibile attraverso specifici fatti e comportamenti dei coniugi, nonché fonte di una pluralità di diritti inviolabili, doveri inderogabili, responsabilità genitoriali, aspettative legittime e legittimi affidamenti degli stessi coniugi e dei figli, sia come singoli che nelle reciproche relazioni familiari.  Convivenza coniugale dunque come elemento centrale del rapporto matrimoniale che fonda il vincolo del matrimonio e la sua stabile durata nel tempo, come già peraltro delineato da Costituzione (articoli 2, 3, 29 e 30), CEDU (articoli 8 e 14) e Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (articolo 9).

In conclusione, il bilanciamento di valore tra malattie impeditive della vita coniugale e principi interni di ordine pubblico vede prevalere nettamente il secondo elemento, anche a discapito del meccanismo della delibazione; la Corte ha dunque sostenuto la tesi della Corte territoriale rigettando il ricorso presentato.

Per approfondimenti si rinvia a Affectio maritalis versus delibazione della sentenza di nullità del matrimonio canonico.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 27 gennaio 2015, n. 1494)

La Corte di  Cassazione, con sentenza del 27 Gennaio 2015, ha respinto la domanda di riconoscimento di efficacia del provvedimento ecclesiastico di nullità di matrimonio concordatario per contrarietà al canone dell’ordine pubblico interno.

Nel caso in esame, la Corte territoriale respingeva la pronuncia di nullità matrimoniale per immaturità psicologica e impotentia coeundi nei confronti di una coppia la cui convivenza era durata 12 anni. Durante questo periodo, il convenuto, affetto da un grave disturbo psicopatologico irreversibile e preesistente al matrimonio, era stato quotidianamente assistito dalla moglie in adempimento ai propri doveri di assistenza materiale e morale. Le condizioni di menomazione del marito, tuttavia, non avevano mai comportato alcuna incidenza in ordine alla qualità o alla sostanza della convivenza, rendendo dunque irrilevante la considerazione di tale incapacità psichica come elemento dirimente alla vita coniugale. La ricorrente proponeva ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte, esprimendosi a sostegno della decisione di rigetto dell’Appello, ha sottolineato come l’ordinamento italiano riservi alla validità dell’unione coniugale un favor imprescindibile che limita in modo molto stringente la proponibilità delle azioni di nullità matrimoniale. In particolare, in ossequio al canone dell’ordine pubblico interno, il prolungato protrarsi del matrimonio per almeno tre anni sarebbe da considerarsi elemento ostativo alla dichiarazione di efficacia della sentenza, principio peraltro già affermato dalle Sezioni Unite con Sentenza n. 16379 del 2014. A tal proposito, l’esistenza di un’incapacità psichica originaria astrattamente idonea a viziare il matrimonio non poteva comunque passare in secondo piano rispetto alla valutazione dei parametri di ordine pubblico sui quali il matrimonio ed il suo il rilievo costitutivo per la convivenza sociale si fondano.

Punto centrale della sentenza riguarda la definizione giuridica del concetto di ‘convivenza matrimoniale’, che la Suprema Corte pone in evidenza come elemento essenziale del matrimonio-rapporto, che si manifesta come consuetudine di vita coniugale comune, stabile e continua nel tempo, esteriormente riconoscibile attraverso specifici fatti e comportamenti dei coniugi, nonché fonte di una pluralità di diritti inviolabili, doveri inderogabili, responsabilità genitoriali, aspettative legittime e legittimi affidamenti degli stessi coniugi e dei figli, sia come singoli che nelle reciproche relazioni familiari.  Convivenza coniugale dunque come elemento centrale del rapporto matrimoniale che fonda il vincolo del matrimonio e la sua stabile durata nel tempo, come già peraltro delineato da Costituzione (articoli 2, 3, 29 e 30), CEDU (articoli 8 e 14) e Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (articolo 9).

In conclusione, il bilanciamento di valore tra malattie impeditive della vita coniugale e principi interni di ordine pubblico vede prevalere nettamente il secondo elemento, anche a discapito del meccanismo della delibazione; la Corte ha dunque sostenuto la tesi della Corte territoriale rigettando il ricorso presentato.

Per approfondimenti si rinvia a Affectio maritalis versus delibazione della sentenza di nullità del matrimonio canonico.

(Corte di Cassazione - Prima Sezione Civile, Sentenza 27 gennaio 2015, n. 1494)