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Edilizia - Consiglio di Stato: l’inconsapevolezza del proprietario dell’abuso edilizio commesso dal locatario non osta all’acquisizione dell’immobile da parte del Comune

Il Consiglio di Stato ha valutato la posizione del proprietario di immobile rispetto alle opere abusive realizzate dal locatario, stabilendo che l’estraneità del proprietario nonché la sua incolpevolezza con riferimento alle opere poste in essere dal locatario o da chi è in possesso dell’immobile, non ostano all’acquisizione del bene al patrimonio comunale.

In particolare, con riferimento al proprietario dell’immobile, secondo il Consiglio di Stato è “necessario che questi provi la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, dimostrino anche un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide ovvero in altre attività di carattere ultimativo, anche sul piano della risoluzione contrattuale, nei confronti del conduttore autore dell’illecito edilizio”. In sostanza: “un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali, con mere dichiarazioni o affermazioni solo di dissociazione o manifestazioni di intenti, senza alcuna attività materiale o almeno giuridica di attivazione diretta ad eliminare l’abuso (per esempio, risoluzione giudiziaria per inadempimento, diffida ad eliminare l’abuso, attività di ripristino, a maggior ragione se l’ordine non viene contestato), non sono sufficienti a dimostrare l’estraneità del proprietario, in quanto, altrimenti, la tutela degli abusi rimarrebbe inefficace.”.

Del resto ampia giurisprudenza in materia (su tutte sentenza n. 2211 del 4 maggio 2015 in Filodiritto) aveva già elaborato l’orientamento, ritenendo che: “secondo i principi affermati dalla giurisprudenza che regolano la materia, il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31 del testo unico dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso (e in ciò si può convenire con la parte appellante), siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa. Perché vi siano misure concretanti le “azioni idonee” ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, si ritiene necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore (“che si sia adoperato, una volta venutone a conoscenza, per la cessazione dell’abuso”, tra tante, si veda Cassazione penale, 10 novembre 1998, n.2948), al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali.

(Consiglio di Stato - Sesta Sezione, Sentenza 7 agosto 2015, n. 3897)

Il Consiglio di Stato ha valutato la posizione del proprietario di immobile rispetto alle opere abusive realizzate dal locatario, stabilendo che l’estraneità del proprietario nonché la sua incolpevolezza con riferimento alle opere poste in essere dal locatario o da chi è in possesso dell’immobile, non ostano all’acquisizione del bene al patrimonio comunale.

In particolare, con riferimento al proprietario dell’immobile, secondo il Consiglio di Stato è “necessario che questi provi la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, dimostrino anche un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide ovvero in altre attività di carattere ultimativo, anche sul piano della risoluzione contrattuale, nei confronti del conduttore autore dell’illecito edilizio”. In sostanza: “un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali, con mere dichiarazioni o affermazioni solo di dissociazione o manifestazioni di intenti, senza alcuna attività materiale o almeno giuridica di attivazione diretta ad eliminare l’abuso (per esempio, risoluzione giudiziaria per inadempimento, diffida ad eliminare l’abuso, attività di ripristino, a maggior ragione se l’ordine non viene contestato), non sono sufficienti a dimostrare l’estraneità del proprietario, in quanto, altrimenti, la tutela degli abusi rimarrebbe inefficace.”.

Del resto ampia giurisprudenza in materia (su tutte sentenza n. 2211 del 4 maggio 2015 in Filodiritto) aveva già elaborato l’orientamento, ritenendo che: “secondo i principi affermati dalla giurisprudenza che regolano la materia, il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31 del testo unico dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso (e in ciò si può convenire con la parte appellante), siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa. Perché vi siano misure concretanti le “azioni idonee” ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, si ritiene necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore (“che si sia adoperato, una volta venutone a conoscenza, per la cessazione dell’abuso”, tra tante, si veda Cassazione penale, 10 novembre 1998, n.2948), al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali.

(Consiglio di Stato - Sesta Sezione, Sentenza 7 agosto 2015, n. 3897)