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Famiglia - Cassazione : il genitore assegnatario è garantito contro il terzo acquirente a conoscenza della convivenza

La Prima Sezione Civile, con sentenza dell’11 settembre, ha dato risposta ad una questione da tempo dibattuta in tema di assegnazione della casa familiare, chiarendo la natura giuridica e l’opponibilità a terzi di tale provvedimento. La Cassazione ha così fatto prevalere il diritto sull’immobile dell’ex-compagno o compagna anche nei confronti dei terzi acquirenti consapevoli della pregressa condizione di convivenza

Nel caso di specie, l’ex-convivente vendeva l’immobile di cui era proprietario ad una società immobiliare, prima che lo stesso venisse assegnato a casa familiare. La società conveniva in giudizio la convivente non proprietaria, chiedendone la condanna al rilascio dell’immobile, in quanto ritenuto occupato senza titolo dalla stessa. 

La convenuta, abitante l’immobile con le figlie minori, opponeva l’inammissibilità della domanda a motivo dell’accoglimento dell’azione revocatoria da lei esercitata,e del successivo provvedimento di assegnazione dell’immobile a casa familiare. L’azione revocatoria, è bene ricordarlo, produce l’inefficacia dell’atto compiuto dal debitore, in questo caso l’ex-compagno, nei confronti del creditore procedente, sui presupposti della frode, del danno e, in caso di titolo oneroso, come la compravendita, della malafede del terzo.  

Il giudice di primo grado accoglieva la domanda attorea, sentenza successivamente confermata dalla Corte d’appello, in ragione dell’antecedenza della vendita rispetto all’assegnazione della casa familiare. 

La donna, genitore collocatario dei figli minori, proponeva pertanto ricorso per Cassazione.  

La Corte Suprema ha ribaltato la decisione di merito stabilendo che il genitore con cui vivono i figli “è comunque detentore qualificato dell’immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l’altro convivente”.

L’argomentazione della Corte si fonda sulla sentenza costituzionale cardine in materia (n.166 del 1998) più volte confermata dalla recente giurisprudenza di legittimità, che, facendo leva sul principio di responsabilità genitoriale, afferma il diritto dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti alla conservazione dell’habitat familiare nell’ipotesi di cessazione di un rapporto di convivenza more uxorio

I giudici di legittimità individuano, dunque, nell’accoglimento dell’azione revocatoria l’evidenza della conoscenza legale da parte della società della destinazione particolare impressa all’immobile che permette di riconoscere l’opponibilità della detenzione qualificata della convivente al contratto di trasferimento della proprietà indipendentemente dalle cadenze temporali.  

In conclusione, la preesistente conoscenza della destinazione a casa familiare da parte del terzo e il conseguente pregiudizio agli interessi dei figli minori comportano la preminenza del diritto di godimento dell’ex-compagno rispetto al diritto di proprietà dell’acquirente.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 11 settembre 2015, n. 17971) 

La Prima Sezione Civile, con sentenza dell’11 settembre, ha dato risposta ad una questione da tempo dibattuta in tema di assegnazione della casa familiare, chiarendo la natura giuridica e l’opponibilità a terzi di tale provvedimento. La Cassazione ha così fatto prevalere il diritto sull’immobile dell’ex-compagno o compagna anche nei confronti dei terzi acquirenti consapevoli della pregressa condizione di convivenza

Nel caso di specie, l’ex-convivente vendeva l’immobile di cui era proprietario ad una società immobiliare, prima che lo stesso venisse assegnato a casa familiare. La società conveniva in giudizio la convivente non proprietaria, chiedendone la condanna al rilascio dell’immobile, in quanto ritenuto occupato senza titolo dalla stessa. 

La convenuta, abitante l’immobile con le figlie minori, opponeva l’inammissibilità della domanda a motivo dell’accoglimento dell’azione revocatoria da lei esercitata,e del successivo provvedimento di assegnazione dell’immobile a casa familiare. L’azione revocatoria, è bene ricordarlo, produce l’inefficacia dell’atto compiuto dal debitore, in questo caso l’ex-compagno, nei confronti del creditore procedente, sui presupposti della frode, del danno e, in caso di titolo oneroso, come la compravendita, della malafede del terzo.  

Il giudice di primo grado accoglieva la domanda attorea, sentenza successivamente confermata dalla Corte d’appello, in ragione dell’antecedenza della vendita rispetto all’assegnazione della casa familiare. 

La donna, genitore collocatario dei figli minori, proponeva pertanto ricorso per Cassazione.  

La Corte Suprema ha ribaltato la decisione di merito stabilendo che il genitore con cui vivono i figli “è comunque detentore qualificato dell’immobile ed esercita il diritto di godimento su di esso in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l’altro convivente”.

L’argomentazione della Corte si fonda sulla sentenza costituzionale cardine in materia (n.166 del 1998) più volte confermata dalla recente giurisprudenza di legittimità, che, facendo leva sul principio di responsabilità genitoriale, afferma il diritto dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti alla conservazione dell’habitat familiare nell’ipotesi di cessazione di un rapporto di convivenza more uxorio

I giudici di legittimità individuano, dunque, nell’accoglimento dell’azione revocatoria l’evidenza della conoscenza legale da parte della società della destinazione particolare impressa all’immobile che permette di riconoscere l’opponibilità della detenzione qualificata della convivente al contratto di trasferimento della proprietà indipendentemente dalle cadenze temporali.  

In conclusione, la preesistente conoscenza della destinazione a casa familiare da parte del terzo e il conseguente pregiudizio agli interessi dei figli minori comportano la preminenza del diritto di godimento dell’ex-compagno rispetto al diritto di proprietà dell’acquirente.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 11 settembre 2015, n. 17971)