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Giudice di Pace: condannata la società Juventus calcio a risarcire un tifoso del Napoli per cori razzisti e disagi morali

L’attore aveva richiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali deducendo che si era recato allo stadio per assistere alla partita e che, unitamente ad altri tifosi napoletani, era stato oggetto di cori ed invettive violenti volgari ed intimidatorie, con l’esibizione di striscioni offensivi inneggianti all’eruzione del Vesuvio ed alla morte del Popolo Napoletano senza che nessun dipendente o addetto al controllo ed alla sicurezza nello stadio, si adoperasse per far cessare gli insulti e/o per  rimuovere gli striscioni.

Precisava, altresì, che in conseguenza della descritta situazione ambientale, unitamente agli altri tifosi napoletani, era stato costretto a lasciare lo stadio prima della fine dell’incontro calcistico.

Il Giudice di Pace Dott. Francesco Buonocore, qualificando il rapporto di chiara natura contrattuale e non essendovi alcun dubbio sulla qualità di consumatore dell’istante,  ha in primo luogo ritenuto  l’applicabilità del foro del consumatore ai sensi degli articoli 3, 33 e  63 del Decreto Legislativo n. 206/2005, richiamando le decisioni della Corte di Cassazione n. 14669/2003 e 1464/2014.

La domanda è stata ritenuta fondata a seguito delle risultanze istruttorie precise e concordanti, tra cui una deposizione testimoniale, numerosi  “report” degli organi di stampa, e le sanzioni irrogate dagli organi di giustizia sportiva della FGCI.

In particolare il giudicante, escludendo una responsabilità oggettiva della società sportiva per i fatti posti in essere dalla sua tifoseria, ha, tuttavia ravvisato un grave inadempimento contrattuale e la mancanza di ordinaria diligenza prescritta dall’articolo 1176 del codice civile per non essersi adoperata per far cessare o almeno tentare di far cessare le inqualificabili intemperanze della tifoseria juventina ponendo in essere ogni iniziativa utile allo scopo mostrando almeno un chiaro segno di dissenso e di condanna verso tali comportamenti.

All’attore è stato liquidato sia il danno patrimoniale consistente nel costo del biglietto, delle spese di trasporto e del pernottamento sia il danno non patrimoniale liquidato equitativamente per i disagi provocati per l’accesso allo stadio, per lo stress e la frustrazione vissuta per i fatti verificatisi all’interno dello stadio.

La società sportiva proponeva appello ma lo stesso è stato dichiarato inammissibile perché proposto fuori termine.     

La decisione si inserisce sulla questione della risarcibilità del danno non patrimoniale, dopo il superamento della concezione secondo cui, ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile, il danno non patrimoniale poteva essere risarcito solo se derivante da fatto reato.

Con l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale è stata avvertita l’esigenza di tutelare altresì la lesione di diritti costituzionalmente garantiti, dei diritti inviolabili, dei diritti fondamentali della persona e, in particolare, dei diritti all’integrità psico-fisica ed alla salute, all’onore, alla reputazione, all’integrità familiare (Cass. 31 maggio 2003, n. 8827,  espressamente richiamata nella decisione del Giudice di Pace).

Come è noto con le sentenze di San Martino (n. 26972 dell’11 novembre 2008, analogamente  ad altre tre sentenze emesse in pari data), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, superando definitivamente la nozione del danno-evento in favore del danno-conseguenza, hanno precisato che: a) il danno biologico deve intendersi come lesione del bene salute; b) il danno morale si sostanzia nel patema d’animo o nella sofferenza interiore subita dalla vittima dell’illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana; c) il danno esistenziale è costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato.

In particolare, le Sezioni Unite, elaborando la nozione di “personalizzazione” del danno hanno sancito che la sofferenza psichica ed il dolore intimo costituiscono, al pari del danno esistenziale, solamente “voci” del danno biologico, con la conseguenza che, pur essendo ammissibile la risarcibilità della sofferenza morale e/o degli aspetti esistenziali violati, rimane comunque esclusa la possibilità di riconoscere nel danno morale e nel danno esistenziale autonome categorie di danno.

Tale decisione è stata assunta probabilmente per “regolamentare” una serie di decisioni della giurisprudenza di merito che riconosceva la risarcibilità del danno c.d. “esistenziale” anche a questioni “bagattellari”.  

Tuttavia la giurisprudenza successiva alle Sezioni Unite, si è  discostata da tale orientamento ribadendo nuovamente l’autonomia del danno morale ed esistenziale rispetto al danno biologico.

Infatti, con la Sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, gli ermellini - hanno affermato che la categoria del danno non patrimoniale presenta natura composita, articolandosi nelle voci del danno biologico, del danno morale e del danno esistenziale - ed ha sancito che tutte le voci di danno sono suscettibili di liquidazione purché venga evitata una duplicazione, che si configura solo allorquando lo stesso aspetto (ovvero, la stessa voce) venga computato due o più volte, sulla base di diverse e meramente formali denominazioni.

La Corte di Cassazione ha comunque, ribadito che il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale non può prescindere dall’allegazione, da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio.

(Giudice di Pace Castellammare Di Stabia, Sentenza 18 luglio 2014, n. 2347 e Tribunale di Torre Annunziata, Sentenza 3 marzo 2015, n. 218)

L’attore aveva richiesto il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali deducendo che si era recato allo stadio per assistere alla partita e che, unitamente ad altri tifosi napoletani, era stato oggetto di cori ed invettive violenti volgari ed intimidatorie, con l’esibizione di striscioni offensivi inneggianti all’eruzione del Vesuvio ed alla morte del Popolo Napoletano senza che nessun dipendente o addetto al controllo ed alla sicurezza nello stadio, si adoperasse per far cessare gli insulti e/o per  rimuovere gli striscioni.

Precisava, altresì, che in conseguenza della descritta situazione ambientale, unitamente agli altri tifosi napoletani, era stato costretto a lasciare lo stadio prima della fine dell’incontro calcistico.

Il Giudice di Pace Dott. Francesco Buonocore, qualificando il rapporto di chiara natura contrattuale e non essendovi alcun dubbio sulla qualità di consumatore dell’istante,  ha in primo luogo ritenuto  l’applicabilità del foro del consumatore ai sensi degli articoli 3, 33 e  63 del Decreto Legislativo n. 206/2005, richiamando le decisioni della Corte di Cassazione n. 14669/2003 e 1464/2014.

La domanda è stata ritenuta fondata a seguito delle risultanze istruttorie precise e concordanti, tra cui una deposizione testimoniale, numerosi  “report” degli organi di stampa, e le sanzioni irrogate dagli organi di giustizia sportiva della FGCI.

In particolare il giudicante, escludendo una responsabilità oggettiva della società sportiva per i fatti posti in essere dalla sua tifoseria, ha, tuttavia ravvisato un grave inadempimento contrattuale e la mancanza di ordinaria diligenza prescritta dall’articolo 1176 del codice civile per non essersi adoperata per far cessare o almeno tentare di far cessare le inqualificabili intemperanze della tifoseria juventina ponendo in essere ogni iniziativa utile allo scopo mostrando almeno un chiaro segno di dissenso e di condanna verso tali comportamenti.

All’attore è stato liquidato sia il danno patrimoniale consistente nel costo del biglietto, delle spese di trasporto e del pernottamento sia il danno non patrimoniale liquidato equitativamente per i disagi provocati per l’accesso allo stadio, per lo stress e la frustrazione vissuta per i fatti verificatisi all’interno dello stadio.

La società sportiva proponeva appello ma lo stesso è stato dichiarato inammissibile perché proposto fuori termine.     

La decisione si inserisce sulla questione della risarcibilità del danno non patrimoniale, dopo il superamento della concezione secondo cui, ai sensi dell’articolo 2059 del codice civile, il danno non patrimoniale poteva essere risarcito solo se derivante da fatto reato.

Con l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale è stata avvertita l’esigenza di tutelare altresì la lesione di diritti costituzionalmente garantiti, dei diritti inviolabili, dei diritti fondamentali della persona e, in particolare, dei diritti all’integrità psico-fisica ed alla salute, all’onore, alla reputazione, all’integrità familiare (Cass. 31 maggio 2003, n. 8827,  espressamente richiamata nella decisione del Giudice di Pace).

Come è noto con le sentenze di San Martino (n. 26972 dell’11 novembre 2008, analogamente  ad altre tre sentenze emesse in pari data), le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, superando definitivamente la nozione del danno-evento in favore del danno-conseguenza, hanno precisato che: a) il danno biologico deve intendersi come lesione del bene salute; b) il danno morale si sostanzia nel patema d’animo o nella sofferenza interiore subita dalla vittima dell’illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana; c) il danno esistenziale è costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato.

In particolare, le Sezioni Unite, elaborando la nozione di “personalizzazione” del danno hanno sancito che la sofferenza psichica ed il dolore intimo costituiscono, al pari del danno esistenziale, solamente “voci” del danno biologico, con la conseguenza che, pur essendo ammissibile la risarcibilità della sofferenza morale e/o degli aspetti esistenziali violati, rimane comunque esclusa la possibilità di riconoscere nel danno morale e nel danno esistenziale autonome categorie di danno.

Tale decisione è stata assunta probabilmente per “regolamentare” una serie di decisioni della giurisprudenza di merito che riconosceva la risarcibilità del danno c.d. “esistenziale” anche a questioni “bagattellari”.  

Tuttavia la giurisprudenza successiva alle Sezioni Unite, si è  discostata da tale orientamento ribadendo nuovamente l’autonomia del danno morale ed esistenziale rispetto al danno biologico.

Infatti, con la Sentenza n. 1361 del 23 gennaio 2014, gli ermellini - hanno affermato che la categoria del danno non patrimoniale presenta natura composita, articolandosi nelle voci del danno biologico, del danno morale e del danno esistenziale - ed ha sancito che tutte le voci di danno sono suscettibili di liquidazione purché venga evitata una duplicazione, che si configura solo allorquando lo stesso aspetto (ovvero, la stessa voce) venga computato due o più volte, sulla base di diverse e meramente formali denominazioni.

La Corte di Cassazione ha comunque, ribadito che il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale non può prescindere dall’allegazione, da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l’esistenza e l’entità del pregiudizio.

(Giudice di Pace Castellammare Di Stabia, Sentenza 18 luglio 2014, n. 2347 e Tribunale di Torre Annunziata, Sentenza 3 marzo 2015, n. 218)