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Risarcimento - Cassazione: liquidazione del danno in via equitativa solo se la prova è difficile o impossibile

I giudici di Piazza Cavour, con la sentenza in disamina, ribadiscono che la liquidazione in via equitativa del danno rappresenta un potere discrezionale del giudice, il cui esercizio è subordinato ai presupposti della particolare difficoltà o impossibilità della prova del danno stesso.

Nel caso di specie la società attrice chiede l’adempimento o in subordine la risoluzione del contratto avente ad oggetto due espositori non ricevuti sebbene fosse stata versata una somma di denaro a titolo di acconto. La convenuta si costituiva negando di aver concluso il contratto e affermando di aver concluso altro contratto avente ad oggetto la fornitura e il montaggio di mobili per una sala mostra. Chiedeva che fosse dichiarata la risoluzione dello stesso per inadempimento della controparte, la quale non era receduta dal contratto, ma si era limitata a chiederne la sospensione. Il Tribunale rigettava la domanda della società attrice e dichiarava risolto il contratto.

Anche la Corte d’appello Milanese si pronunciava a sostegno delle ragioni della società convenuta, affermando che la prima, pur avendo dato la prova dell’esistenza del contratto non aveva provato l’ammontare dei danni subiti. Né tantomeno era possibile liquidare il danno in via equitativa in quanto la prova del danno non era né impossibile né eccessivamente difficoltosa.

Entrambe le società hanno promosso ricorso per cassazione, in via principale e incidentale e in entrambi i casi le doglianze sono risultate prive di pregio.  

In particolar modo la ricorrente in via principale ha lamentato che il giudice, dopo aver riconosciuto la conclusione, la validità e l’efficacia del contratto, nonché la sua risoluzione per inadempimento, riteneva che non fosse stata data prova dei danni. Secondo la società ricorrente tale prova era da individuarsi nei testimoni escussi che avevano confermato l’esistenza di danni consistenti nell’approvvigionamento di materiali per predisporre la struttura dell’arredamento convenuto, poi rimasti invenduti. Aggiunge che erano, inoltre, presenti i presupposti per la liquidazione in via equitativa del danno.

La Suprema Corte, esaminando il ricorso, ha affermato che il giudice di merito non aveva negato la prova del danno nell’an, bensì evidenziato la mancanza nella fattispecie dei presupposti per la sua liquidazione in via equitativa. Secondo la Cassazione, quest’ultima “è un potere discrezionale conferito ai giudici e l’esercizio di tale potere dà luogo a un giudizio di diritto caratterizzato dalla c.d. equità giudiziale correttiva od integrativa, che presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili, nonché che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare. Non è possibile in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza.”

Per queste ragioni, la Cassazione, allineandosi alla posizione della corte territoriale, ha rigettato sia il ricorso principale, che quello in via incidentale e compensato le spese.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 18 giugno 2015, n. 17752)

I giudici di Piazza Cavour, con la sentenza in disamina, ribadiscono che la liquidazione in via equitativa del danno rappresenta un potere discrezionale del giudice, il cui esercizio è subordinato ai presupposti della particolare difficoltà o impossibilità della prova del danno stesso.

Nel caso di specie la società attrice chiede l’adempimento o in subordine la risoluzione del contratto avente ad oggetto due espositori non ricevuti sebbene fosse stata versata una somma di denaro a titolo di acconto. La convenuta si costituiva negando di aver concluso il contratto e affermando di aver concluso altro contratto avente ad oggetto la fornitura e il montaggio di mobili per una sala mostra. Chiedeva che fosse dichiarata la risoluzione dello stesso per inadempimento della controparte, la quale non era receduta dal contratto, ma si era limitata a chiederne la sospensione. Il Tribunale rigettava la domanda della società attrice e dichiarava risolto il contratto.

Anche la Corte d’appello Milanese si pronunciava a sostegno delle ragioni della società convenuta, affermando che la prima, pur avendo dato la prova dell’esistenza del contratto non aveva provato l’ammontare dei danni subiti. Né tantomeno era possibile liquidare il danno in via equitativa in quanto la prova del danno non era né impossibile né eccessivamente difficoltosa.

Entrambe le società hanno promosso ricorso per cassazione, in via principale e incidentale e in entrambi i casi le doglianze sono risultate prive di pregio.  

In particolar modo la ricorrente in via principale ha lamentato che il giudice, dopo aver riconosciuto la conclusione, la validità e l’efficacia del contratto, nonché la sua risoluzione per inadempimento, riteneva che non fosse stata data prova dei danni. Secondo la società ricorrente tale prova era da individuarsi nei testimoni escussi che avevano confermato l’esistenza di danni consistenti nell’approvvigionamento di materiali per predisporre la struttura dell’arredamento convenuto, poi rimasti invenduti. Aggiunge che erano, inoltre, presenti i presupposti per la liquidazione in via equitativa del danno.

La Suprema Corte, esaminando il ricorso, ha affermato che il giudice di merito non aveva negato la prova del danno nell’an, bensì evidenziato la mancanza nella fattispecie dei presupposti per la sua liquidazione in via equitativa. Secondo la Cassazione, quest’ultima “è un potere discrezionale conferito ai giudici e l’esercizio di tale potere dà luogo a un giudizio di diritto caratterizzato dalla c.d. equità giudiziale correttiva od integrativa, che presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili, nonché che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare. Non è possibile in tal modo surrogare il mancato accertamento della prova della responsabilità del debitore o la mancata individuazione della prova del danno nella sua esistenza.”

Per queste ragioni, la Cassazione, allineandosi alla posizione della corte territoriale, ha rigettato sia il ricorso principale, che quello in via incidentale e compensato le spese.

(Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 18 giugno 2015, n. 17752)