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Alimenti: è punibile utilizzare latte “non tracciabile”

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Alimenti: è punibile utilizzare latte “non tracciabile”

L’impiego nella preparazione di alimenti con materie prime “non tracciabili”, nella fattispecie di latte, unitamente ad altra individuata come “sicura”, integra la fattispecie di reato previsto dall’art. 5, lett. b), della legge 30 aprile 1962, n. 283.

Lo ha stabilito la Terza Sezione penale della Corte di cassazione con la sentenza n. 31035 del 9 giugno 2016, depositata in data 20 luglio 2016 in tema di alimenti.

Secondo la Suprema Corte, infatti, la suddetto contravvenzione : “costituisce un tipico reato di pericolo presunto, con anticipazione della soglia di punibilità in ragione della rilevanza del bene-interesse tutelato (la salute umana), tale da prescindere dall’effettivo accertamento di un danno all’oggetto medesimo”.

In sentenza la Cassazione conferma la pronuncia del Tribunale dei riesame di Palermo in tema di alimenti secondo il quale “le citate violazioni «fanno ritenere “pericoloso” (cioè potenzialmente foriero di rischi per la salute) il latte non tracciabile ed, ovviamente, il mischiarlo con quello – invece – “sicuro” – ha fatto sì che sorgesse il pericolo che si introducesse nel latte impiegato nella preparazione dei prodotti caseari un fattore di rischio per la salute umana…con la conseguenza che può parlarsi di cattiva conservazione del latte» medesimo. Dal che, il fumus dell’art. 5, lett. b), in esame, atteso che «si è acquistato latte da aziende non registrate e che non avevano le attrezzature ed i locali idonei a garantire la mungitura e la conservazione del prodotto secondo adeguati standard igienico-sanitari (…); si è “contaminato” il latte “sicuro” con quello “non tracciabile” e (per quanto fin qui esposto) “pericoloso”»,

Più in particolare, la Cassazione rileva che “nell’ottica di un reato di pericolo volto alla tutela della salute umana, la violazione sistematica (consapevole o colposa) delle disposizioni in tema di tracciabilità della materia prima attiene direttamente all’insorgenza del rischio per il bene stesso e, di conseguenza, alla configurabilità del fumus del reato”.

Per consultare il testo integrale della sentenza si veda qui.

(Corte di Cassazione - Sezione Terza Penale, Sentenza 9 giugno - 20 luglio 2016, n. 31035)