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Arbitrato - Cassazione Civile: la violazione del contradditorio non è condizione di nullità del lodo se occorsa in un arbitrato irrituale

La violazione del contraddittorio non può essere eccepita in un arbitrato irrituale poiché tale tipologia di lodo è impugnabile esclusivamente per violazione del mandato conferito agli arbitri, che sfocia nella violazione della volontà negoziale ai sensi dell’articolo 1429 Codice Civile che, peraltro, comporterebbe un riesame del merito improcedibile in Cassazione.

Lo ha stabilito la Cassazione che, nel caso in esame, era chiamata a statuire sulla domanda di annullamento, per violazione del principio del contradditorio, di un lodo arbitrale irrituale, sottoscritto all’esito di un giudizio volto all’accertamento delle provvigioni maturate da un soggetto privato nei confronti di una società.

Nel caso in esame, il ricorrente in primo grado chiedeva la nullità del lodo arbitrale irrituale per errore essenziale ai sensi dell’articolo 1428 Codice Civile. Non riconosciutagli tale pretesa dal Tribunale di Roma, faceva ricorso in appello, dove veniva riconfermata la sentenza di primo grado poiché, data la natura irrituale dell’arbitrato, non poteva invocarsi tale tipologia di errore, essendo tali presunti vizi del volere arbitrale privi del carattere necessario di essenzialità e riconoscibilità. Inoltre, la corte territoriale affermava che la violazione del principio del contradditorio non poteva rilevare in un arbitrato irrituale.

Lamentando un errore della Corte di Appello di Roma, in considerazione della presunta rilevabilità d’ufficio del principio del contraddittorio durante l’ arbitrato, il ricorrente ricorreva per Cassazione.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamentava il mancato accertamento del carattere rituale del lodo, sulla base delle argomentazioni svolte nel processo, premessa la rilevabilità d’ufficio di tale elemento. Tuttavia, ad avviso della Corte, il ricorrente non aveva menzionato il alcun modo la questione della ritualità dell’arbitrato in esame, lasciando proseguire il giudicato in senso opposto. Inoltre la stessa Corte aveva già stabilito in precedenza che: “L’eccezione di arbitrato irrituale, come peraltro quella di arbitrato rituale, non è rilevabile d’ufficio dal giudice e deve essere proposta dalla parte interessata, la quale, versandosi in materia di facoltà e diritti disponibili, ben può rinunciare ad avvalersene, anche tacitamente, ponendo in essere comportamenti incompatibili con la volontà di avvalersi del compromesso”.

Oltre ciò la Corte, sempre in relazione al primo motivo di ricorso, ha evidenziato che, se il ricorrente avesse ritenuto di trovarsi di fronte ad un arbitrato rituale, non avrebbe dovuto, come invece ha fatto, adire al tribunale per la proposizione del giudizio di annullamento, ma avrebbe dovuto rivolgersi direttamente alla corte d’appello, in quanto il lodo scaturente da un arbitrato rituale, secondo la nuova concezione giurisprudenziale, equivale ad una sentenza del giudice ordinario “l’attività degli arbitri rituali ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario”.

In secondo luogo, il ricorrente, premessa l’applicabilità anche all’arbitrato irrituale del principio del contraddittorio, contestava una violazione di tale principio per omessa valutazione delle prove. Gli Ermellini ritengono la questione infondata. Infatti, secondo la Cassazione, in questo caso si cerca una censura della decisione della Corte di Appello, sotto le mentite spoglie di una violazione del principio del contradditorio. Con riferimento alla pretesa rilevabilità d’ufficio della violazione del contradittorio, la Corte ribadisce il proprio orientamento, secondo cui qualora sia intervenuta nel processo ordinario provoca la nullità della “sentenza rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, qualora si verifichi nel corso di un arbitrato irrituale rileva esclusivamente ai fini di una impugnazione del lodo, non già per nullità o per revocazione, ma ai sensi dell’art. 1429 c.c. e cioè come un errore che, procedendo da violazione dei limiti del mandato conferito agli arbitri, abbia inficiato la volontà contrattuale da costoro espressa, con la conseguenza che la sua deduzione comporta un’indagine sull’effettivo contenuto del mandato stesso ed apprezzamenti riservati al giudice del merito e non censurabili in Cassazione, se correttamente motivati ed ispirati ai criteri legali di ermeneutica contrattuale” (Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza n.595/1992).

In forza delle riportate motivazioni, essendo stata omessa nei giudizi di merito l’impugnazione del lodo secondo l’articolo 1429 Codice Civile e comportando questa un indagine sul merito non effettuabile in Cassazione, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 21 gennaio 2016, n. 1097)

La violazione del contraddittorio non può essere eccepita in un arbitrato irrituale poiché tale tipologia di lodo è impugnabile esclusivamente per violazione del mandato conferito agli arbitri, che sfocia nella violazione della volontà negoziale ai sensi dell’articolo 1429 Codice Civile che, peraltro, comporterebbe un riesame del merito improcedibile in Cassazione.

Lo ha stabilito la Cassazione che, nel caso in esame, era chiamata a statuire sulla domanda di annullamento, per violazione del principio del contradditorio, di un lodo arbitrale irrituale, sottoscritto all’esito di un giudizio volto all’accertamento delle provvigioni maturate da un soggetto privato nei confronti di una società.

Nel caso in esame, il ricorrente in primo grado chiedeva la nullità del lodo arbitrale irrituale per errore essenziale ai sensi dell’articolo 1428 Codice Civile. Non riconosciutagli tale pretesa dal Tribunale di Roma, faceva ricorso in appello, dove veniva riconfermata la sentenza di primo grado poiché, data la natura irrituale dell’arbitrato, non poteva invocarsi tale tipologia di errore, essendo tali presunti vizi del volere arbitrale privi del carattere necessario di essenzialità e riconoscibilità. Inoltre, la corte territoriale affermava che la violazione del principio del contradditorio non poteva rilevare in un arbitrato irrituale.

Lamentando un errore della Corte di Appello di Roma, in considerazione della presunta rilevabilità d’ufficio del principio del contraddittorio durante l’ arbitrato, il ricorrente ricorreva per Cassazione.

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente lamentava il mancato accertamento del carattere rituale del lodo, sulla base delle argomentazioni svolte nel processo, premessa la rilevabilità d’ufficio di tale elemento. Tuttavia, ad avviso della Corte, il ricorrente non aveva menzionato il alcun modo la questione della ritualità dell’arbitrato in esame, lasciando proseguire il giudicato in senso opposto. Inoltre la stessa Corte aveva già stabilito in precedenza che: “L’eccezione di arbitrato irrituale, come peraltro quella di arbitrato rituale, non è rilevabile d’ufficio dal giudice e deve essere proposta dalla parte interessata, la quale, versandosi in materia di facoltà e diritti disponibili, ben può rinunciare ad avvalersene, anche tacitamente, ponendo in essere comportamenti incompatibili con la volontà di avvalersi del compromesso”.

Oltre ciò la Corte, sempre in relazione al primo motivo di ricorso, ha evidenziato che, se il ricorrente avesse ritenuto di trovarsi di fronte ad un arbitrato rituale, non avrebbe dovuto, come invece ha fatto, adire al tribunale per la proposizione del giudizio di annullamento, ma avrebbe dovuto rivolgersi direttamente alla corte d’appello, in quanto il lodo scaturente da un arbitrato rituale, secondo la nuova concezione giurisprudenziale, equivale ad una sentenza del giudice ordinario “l’attività degli arbitri rituali ha natura giurisdizionale e sostitutiva della funzione del giudice ordinario”.

In secondo luogo, il ricorrente, premessa l’applicabilità anche all’arbitrato irrituale del principio del contraddittorio, contestava una violazione di tale principio per omessa valutazione delle prove. Gli Ermellini ritengono la questione infondata. Infatti, secondo la Cassazione, in questo caso si cerca una censura della decisione della Corte di Appello, sotto le mentite spoglie di una violazione del principio del contradditorio. Con riferimento alla pretesa rilevabilità d’ufficio della violazione del contradittorio, la Corte ribadisce il proprio orientamento, secondo cui qualora sia intervenuta nel processo ordinario provoca la nullità della “sentenza rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, qualora si verifichi nel corso di un arbitrato irrituale rileva esclusivamente ai fini di una impugnazione del lodo, non già per nullità o per revocazione, ma ai sensi dell’art. 1429 c.c. e cioè come un errore che, procedendo da violazione dei limiti del mandato conferito agli arbitri, abbia inficiato la volontà contrattuale da costoro espressa, con la conseguenza che la sua deduzione comporta un’indagine sull’effettivo contenuto del mandato stesso ed apprezzamenti riservati al giudice del merito e non censurabili in Cassazione, se correttamente motivati ed ispirati ai criteri legali di ermeneutica contrattuale” (Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza n.595/1992).

In forza delle riportate motivazioni, essendo stata omessa nei giudizi di merito l’impugnazione del lodo secondo l’articolo 1429 Codice Civile e comportando questa un indagine sul merito non effettuabile in Cassazione, la Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 21 gennaio 2016, n. 1097)