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Bail-in - Corte di Giustizia dell’Unione Europea: non viola il diritto dell’Unione la ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il principio della tutela del legittimo affidamento, il diritto di proprietà e le norme in materia di aiuti di Stato contenute nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, devono essere interpretate nel senso che non ostano ai punti della comunicazione sul settore bancario riguardanti una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

Allo stesso modo vanno interpretate, secondo la Corte, le norme della direttiva sul coordinamento delle garanzie richieste negli Stati membri alle società a scopo di lucro, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa.

Infine la Corte ha stabilito che la comunicazione sul settore bancario non ha effetti vincolanti nei confronti degli Stati membri e che le misure di conversione o svalutazione del capitale ibrido e dei debiti subordinati previste da essa non debbano andare oltre quanto è necessario per il superamento della carenza del capitale della banca interessata.

Nel caso di specie la Banca Centrale di Slovenia, nell’anno 2013, adottò talune decisioni che introducevano misure straordinarie per cinque banche slovene: la ricapitalizzazione per due di esse, il salvataggio di una e la liquidazione delle due rimanenti.

Tali misure comprendevano aiuti di Stato, previamente comunicati dalle Autorità Slovene alla Commissione e da essa autorizzate: in particolare, si trattava della liquidazione del capitale degli azionisti, del capitale ibrido e dei debiti subordinati.

Tali titoli subordinati consistevano in strumenti finanziari con caratteristiche di prodotti obbligazionari e di strumenti di partecipazione al capitale: “in caso di insolvenza o di liquidazione dell’emittente, i detentori di titoli subordinati […]sono rimborsati dopo i detentori di obbligazioni ordinarie, ma prima degli azionisti”, ma peraltro tali strumenti finanziari “offrono un rendimento più elevato, quale contropartita del rischio finanziario così assunto dai loro detentori.

Il Consiglio di Stato Sloveno, il Difensore dei diritti dell’uomo ed altri singoli soggetti depositarono numerose domande di legittimità costituzionale eccependo la violazione, da parte della comunicazione sul settore bancario, non solo della Costituzione slovena rispetto ai principi di irretroattività, di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, ma anche del diritto di proprietà previsto all’art 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nonché delle direttive 2012/30, riguardante la tutela degli interessi dei soci e dei terzi nella costituzione della società per azioni e la salvaguardia e modificazione del capitale sociale della stessa, e 2001/24 in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi.

La Corte Costituzionale Slovena “Ustavno sodišče” decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia diverse questioni pregiudiziali.

Per quanto concerne la prima questione la Corte di Giustizia, interrogata in merito all’effetto vincolante della comunicazione nei confronti degli Stati membri, ha stabilito che “la comunicazione sul settore bancario non è idonea a creare obblighi autonomi in capo agli Stati membri.

La Commissione, infatti, può, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, adottare orientamenti al fine di stabilire i criteri in base ai quali essa intende valutare la compatibilità con il mercato interno di misure di aiuto previste dagli Stati membri.

Pertanto l’ “adozione delle norme di comportamento contenute nella citata comunicazione ha avuto un effetto circoscritto all’autolimitazione della Commissione nell’esercizio del proprio potere discrezionale, nel senso che, se uno Stato membro notifica alla Commissione un progetto di aiuto di Stato che è conforme a dette norme, quest’ultima, in linea di principio, deve autorizzare tale progetto.

Nel caso di specie si è, quindi, limitata “a stabilire condizioni che mirano a garantire la compatibilità̀ con il mercato interno di aiuti di Stato, accordati alle banche nel contesto della crisi finanziaria, di cui la Commissione deve tener conto nell’esercizio dell’ampio margine di discrezionalità̀ di cui essa dispone ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

Per quanto riguarda la seconda questione i giudici hanno stabilito che le misure di ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati in vista dell’autorizzazione di un aiuto di Stato da parte della Commissione, mirano a garantire che “prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, le banche in carenza di capitale operino, con i propri investitori, una riduzione di tale deficit, in particolare attraverso la raccolta di capitale nonché attraverso contributi dei creditori subordinati. Simili misure sono atte a limitare l’entità dell’aiuto di Stato concesso.

Una diversa soluzione rischierebbe di provocare distorsioni della concorrenza, in quanto le banche, i cui azionisti e creditori subordinati non avessero contribuito alla riduzione del deficit di capitale, riceverebbero un aiuto di Stato maggiore rispetto a quanto sarebbe stato sufficiente per colmare il deficit di capitale residuale.

In tali circostanze, un simile aiuto non sarebbe, in linea di principio, conforme al diritto dell’Unione.

Prosegue la Corte: “La circostanza che, nel corso della prima fase della crisi finanziaria internazionale, i creditori subordinati non fossero stati invitati a contribuire al salvataggio degli istituti di credito, come ricordato dalla Commissione al punto 17 della comunicazione sul settore bancario, non consente ai creditori, di cui al procedimento principale, di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento.

Si evince da consolidata giurisprudenza - infatti - che il diritto di avvalersi di tale principio presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti dell’Unione.

Inoltre il contributo degli azionisti a coprire le perdite subite in rimedio alla sottocapitalizzazione di una banca, come previsto dalla comunicazione sul settore bancario, non integra violazione del diritto di proprietà di questi, in quanto responsabili per le passività della banca fino a concorrenza del capitale sociale della stessa.

Sulla quinta questione la Corte ha rilevato che laddove la comunicazione prevede che talune modifiche del capitale sociale delle banche non debbano essere decise o approvate dall'assemblea, la comunicazione stessa non è incompatibile con detta direttiva 2012/30.

Infatti l’adozione di misure di ripartizione degli oneri senza il consenso dell’assemblea dei soci può avvenire solamentein un contesto di grave turbamento dell'economia di uno Stato membro nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e assicurare la stabilità del sistema finanziario.

Sulla sesta questione la Corte ha stabilito che uno “Stato membro non è […]obbligato ad imporre alle banche in difficoltà, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, di convertire in capitale i titoli subordinati o svalutarli, né di impiegare integralmente tali titoli per assorbire le perdite. In siffatti casi - però - non si potrà tuttavia ritenere che l’aiuto di Stato di cui trattasi sia stato limitato al minimo necessario, come richiede il punto 15 della comunicazione sul settore bancario.

Lo Stato membro, come le banche beneficiarie degli aiuti di Stato di cui trattasi, si assume il rischio di vedersi opporre una decisione della Commissione che dichiara l’incompatibilità di tali aiuti con il mercato interno.

Infine sulla settima ed ultima questione la Corte ha dichiarato che le misure di ripartizione degli oneri sono ricomprese nella nozione di «provvedimenti di risanamento» ai sensi della direttiva in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi.

Infatti, poiché dette misure mirano a risanare la posizione patrimoniale degli istituti di credito e a superare la carenza di capitale degli stessi, esse hanno lo scopo di salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio.

(Corte di Giustizia dell’Unione Europea - Grande Sezione, Sentenza del 19/07/2016 n. C-526/14

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il principio della tutela del legittimo affidamento, il diritto di proprietà e le norme in materia di aiuti di Stato contenute nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, devono essere interpretate nel senso che non ostano ai punti della comunicazione sul settore bancario riguardanti una condizione di condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati ai fini dell’autorizzazione di un aiuto di Stato.

Allo stesso modo vanno interpretate, secondo la Corte, le norme della direttiva sul coordinamento delle garanzie richieste negli Stati membri alle società a scopo di lucro, per tutelare gli interessi dei soci e dei terzi per quanto riguarda la costituzione della società per azioni, nonché la salvaguardia e le modificazioni del capitale sociale della stessa.

Infine la Corte ha stabilito che la comunicazione sul settore bancario non ha effetti vincolanti nei confronti degli Stati membri e che le misure di conversione o svalutazione del capitale ibrido e dei debiti subordinati previste da essa non debbano andare oltre quanto è necessario per il superamento della carenza del capitale della banca interessata.

Nel caso di specie la Banca Centrale di Slovenia, nell’anno 2013, adottò talune decisioni che introducevano misure straordinarie per cinque banche slovene: la ricapitalizzazione per due di esse, il salvataggio di una e la liquidazione delle due rimanenti.

Tali misure comprendevano aiuti di Stato, previamente comunicati dalle Autorità Slovene alla Commissione e da essa autorizzate: in particolare, si trattava della liquidazione del capitale degli azionisti, del capitale ibrido e dei debiti subordinati.

Tali titoli subordinati consistevano in strumenti finanziari con caratteristiche di prodotti obbligazionari e di strumenti di partecipazione al capitale: “in caso di insolvenza o di liquidazione dell’emittente, i detentori di titoli subordinati […]sono rimborsati dopo i detentori di obbligazioni ordinarie, ma prima degli azionisti”, ma peraltro tali strumenti finanziari “offrono un rendimento più elevato, quale contropartita del rischio finanziario così assunto dai loro detentori.

Il Consiglio di Stato Sloveno, il Difensore dei diritti dell’uomo ed altri singoli soggetti depositarono numerose domande di legittimità costituzionale eccependo la violazione, da parte della comunicazione sul settore bancario, non solo della Costituzione slovena rispetto ai principi di irretroattività, di tutela del legittimo affidamento, di proporzionalità, ma anche del diritto di proprietà previsto all’art 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nonché delle direttive 2012/30, riguardante la tutela degli interessi dei soci e dei terzi nella costituzione della società per azioni e la salvaguardia e modificazione del capitale sociale della stessa, e 2001/24 in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi.

La Corte Costituzionale Slovena “Ustavno sodišče” decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di Giustizia diverse questioni pregiudiziali.

Per quanto concerne la prima questione la Corte di Giustizia, interrogata in merito all’effetto vincolante della comunicazione nei confronti degli Stati membri, ha stabilito che “la comunicazione sul settore bancario non è idonea a creare obblighi autonomi in capo agli Stati membri.

La Commissione, infatti, può, nell'esercizio del proprio potere discrezionale, adottare orientamenti al fine di stabilire i criteri in base ai quali essa intende valutare la compatibilità con il mercato interno di misure di aiuto previste dagli Stati membri.

Pertanto l’ “adozione delle norme di comportamento contenute nella citata comunicazione ha avuto un effetto circoscritto all’autolimitazione della Commissione nell’esercizio del proprio potere discrezionale, nel senso che, se uno Stato membro notifica alla Commissione un progetto di aiuto di Stato che è conforme a dette norme, quest’ultima, in linea di principio, deve autorizzare tale progetto.

Nel caso di specie si è, quindi, limitata “a stabilire condizioni che mirano a garantire la compatibilità̀ con il mercato interno di aiuti di Stato, accordati alle banche nel contesto della crisi finanziaria, di cui la Commissione deve tener conto nell’esercizio dell’ampio margine di discrezionalità̀ di cui essa dispone ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

Per quanto riguarda la seconda questione i giudici hanno stabilito che le misure di ripartizione degli oneri tra azionisti e creditori subordinati in vista dell’autorizzazione di un aiuto di Stato da parte della Commissione, mirano a garantire che “prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, le banche in carenza di capitale operino, con i propri investitori, una riduzione di tale deficit, in particolare attraverso la raccolta di capitale nonché attraverso contributi dei creditori subordinati. Simili misure sono atte a limitare l’entità dell’aiuto di Stato concesso.

Una diversa soluzione rischierebbe di provocare distorsioni della concorrenza, in quanto le banche, i cui azionisti e creditori subordinati non avessero contribuito alla riduzione del deficit di capitale, riceverebbero un aiuto di Stato maggiore rispetto a quanto sarebbe stato sufficiente per colmare il deficit di capitale residuale.

In tali circostanze, un simile aiuto non sarebbe, in linea di principio, conforme al diritto dell’Unione.

Prosegue la Corte: “La circostanza che, nel corso della prima fase della crisi finanziaria internazionale, i creditori subordinati non fossero stati invitati a contribuire al salvataggio degli istituti di credito, come ricordato dalla Commissione al punto 17 della comunicazione sul settore bancario, non consente ai creditori, di cui al procedimento principale, di avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento.

Si evince da consolidata giurisprudenza - infatti - che il diritto di avvalersi di tale principio presuppone che rassicurazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate ed affidabili, siano state fornite all’interessato dalle autorità competenti dell’Unione.

Inoltre il contributo degli azionisti a coprire le perdite subite in rimedio alla sottocapitalizzazione di una banca, come previsto dalla comunicazione sul settore bancario, non integra violazione del diritto di proprietà di questi, in quanto responsabili per le passività della banca fino a concorrenza del capitale sociale della stessa.

Sulla quinta questione la Corte ha rilevato che laddove la comunicazione prevede che talune modifiche del capitale sociale delle banche non debbano essere decise o approvate dall'assemblea, la comunicazione stessa non è incompatibile con detta direttiva 2012/30.

Infatti l’adozione di misure di ripartizione degli oneri senza il consenso dell’assemblea dei soci può avvenire solamentein un contesto di grave turbamento dell'economia di uno Stato membro nonché allo scopo di evitare un rischio sistemico e assicurare la stabilità del sistema finanziario.

Sulla sesta questione la Corte ha stabilito che uno “Stato membro non è […]obbligato ad imporre alle banche in difficoltà, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, di convertire in capitale i titoli subordinati o svalutarli, né di impiegare integralmente tali titoli per assorbire le perdite. In siffatti casi - però - non si potrà tuttavia ritenere che l’aiuto di Stato di cui trattasi sia stato limitato al minimo necessario, come richiede il punto 15 della comunicazione sul settore bancario.

Lo Stato membro, come le banche beneficiarie degli aiuti di Stato di cui trattasi, si assume il rischio di vedersi opporre una decisione della Commissione che dichiara l’incompatibilità di tali aiuti con il mercato interno.

Infine sulla settima ed ultima questione la Corte ha dichiarato che le misure di ripartizione degli oneri sono ricomprese nella nozione di «provvedimenti di risanamento» ai sensi della direttiva in materia di risanamento e liquidazione degli enti creditizi.

Infatti, poiché dette misure mirano a risanare la posizione patrimoniale degli istituti di credito e a superare la carenza di capitale degli stessi, esse hanno lo scopo di salvaguardare o risanare la situazione finanziaria di un ente creditizio.

(Corte di Giustizia dell’Unione Europea - Grande Sezione, Sentenza del 19/07/2016 n. C-526/14