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Imposte - Cassazione SU: non esiste un obbligo generale al contraddittorio endoprocedimentale

Le Sezioni Unite negano un obbligo generalizzato alla instaurazione del contraddittorio preventivo nella conduzione del processo tributario.

La contesa trae origine da un accertamento analitico-induttivo, eseguito nei confronti di una società dedita ad operazioni di compravendita immobiliare, per il recupero dell’IRPEG, IRAP ed IVA in riferimento al periodo d’imposta 2003. In particolare, l’impresa lamenta un mancato rispetto dell’articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000 (“Legge”), non essendo pervenuto il verbale di chiusura delle verifiche e dei controlli eseguiti.  

Avverso la sentenza d’appello emessa dalla Commissione Tributaria Regionale, l’Agenzia delle Entrate decide di proporre ricorso in Cassazione domandando se la previsione di cui alla citata disposizione sia da applicare a tutti gli accertamenti. La questione è così rimessa dalla Sesta Sezione Tributaria della Suprema Corte alle Sezioni Unite.

Preliminarmente, la Corte traccia la distinzione tra tributi armonizzati e non armonizzati da cui si fa discendere due conseguenze: (1) un obbligo generalizzato al contraddittorio preventivo si può rinvenire solo nei tributi armonizzati; (2) in questi ultimi, inoltre, la presunta violazione dell’obbligo deve essere dimostrata dal contribuente.

Nel caso di specie, la lettera dell’articolo 12, comma 7 della Legge non prevede una estensione generalizzata del contraddittorio endoprocedimentale: quest’ultimo si ritrova soltanto in accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali, e non anche negli accertamenti condotti “a tavolino” dalla Amministrazione finanziaria.

Dunque le Sezioni Unite accolgono il ricorso presentato dalla Agenzia delle Entrate, cassano la sentenza di secondo grado rimandando la definizione della controversia alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione.   

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 9 dicembre 2015 n. 24823)

Le Sezioni Unite negano un obbligo generalizzato alla instaurazione del contraddittorio preventivo nella conduzione del processo tributario.

La contesa trae origine da un accertamento analitico-induttivo, eseguito nei confronti di una società dedita ad operazioni di compravendita immobiliare, per il recupero dell’IRPEG, IRAP ed IVA in riferimento al periodo d’imposta 2003. In particolare, l’impresa lamenta un mancato rispetto dell’articolo 12, comma 7, della legge n. 212/2000 (“Legge”), non essendo pervenuto il verbale di chiusura delle verifiche e dei controlli eseguiti.  

Avverso la sentenza d’appello emessa dalla Commissione Tributaria Regionale, l’Agenzia delle Entrate decide di proporre ricorso in Cassazione domandando se la previsione di cui alla citata disposizione sia da applicare a tutti gli accertamenti. La questione è così rimessa dalla Sesta Sezione Tributaria della Suprema Corte alle Sezioni Unite.

Preliminarmente, la Corte traccia la distinzione tra tributi armonizzati e non armonizzati da cui si fa discendere due conseguenze: (1) un obbligo generalizzato al contraddittorio preventivo si può rinvenire solo nei tributi armonizzati; (2) in questi ultimi, inoltre, la presunta violazione dell’obbligo deve essere dimostrata dal contribuente.

Nel caso di specie, la lettera dell’articolo 12, comma 7 della Legge non prevede una estensione generalizzata del contraddittorio endoprocedimentale: quest’ultimo si ritrova soltanto in accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali, e non anche negli accertamenti condotti “a tavolino” dalla Amministrazione finanziaria.

Dunque le Sezioni Unite accolgono il ricorso presentato dalla Agenzia delle Entrate, cassano la sentenza di secondo grado rimandando la definizione della controversia alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione.   

(Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 9 dicembre 2015 n. 24823)