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Cassazione Lavoro: è indennizzabile l’infortunio in bicicletta avvenuto fra casa e lavoro

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’incidente occorso al lavoratore in bici sul tragitto fra casa e ufficio va sempre risarcito, anche se la distanza da percorrere è breve e ben si potrebbero usare i mezzi pubblici o andare a piedi.

Nel caso in esame, mentre il Tribunale di Livorno accoglieva la domanda di condanna dell’INAIL da parte di un lavoratore, la Corte d’Appello di Firenze negava al ricorrente il riconoscimento di un infortunio in itinere in bici mentre stava facendo ritorno a casa al termine di un turno mattiniero. Il Giudice della citata Corte sosteneva che il lavoratore non avesse provato la contingente necessità dedotta per fare ricorso al mezzo privato, potendo percorrere il tragitto a piedi in pochi minuti.

Il lavoratore, ricorrendo in Cassazione, ha lamentato la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 38 del 2000, in quanto “nell’infortunio in itinere l’uso della bicicletta per recarsi a lavoro è incluso nella tutela assicurativa in relazione alla necessità protetta dell’ordinamento di favorire spostamenti che riducano costi economici, ambientali e sociali”.

Con la disciplina dettata dall’articolo 12 del suddetto decreto legislativo, la tutela assicurativa gestita dall’INAIL è stata estesa all’infortunio che accada al lavoratore lungo il percorso che collega l’abitazione al lavoro e viceversa.

La Suprema Corte ha messo in evidenza come la nuova normativa ha ampliato la tutela a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro. Si parla di un percorso normale: non è richiesto né che la strada sia disagevole, né che presenti rischi particolari e diversi da quelli normali.

Inoltre, il Giudice d’Appello ha parametrato la legittimità del ricorso al mezzo privato soltanto in relazione al criterio della distanza che separa l’abitazione dal luogo di lavoro. A tal proposito, la Cassazione ha affermato che “la distanza, non può essere ritenuto in assoluto un criterio selettivo da solo sufficiente ad individuare la necessità dell’uso del mezzo privato”, ed ha precisato che  l’utilizzo della bicicletta da parte del lavoratore per recarsi al lavoro deve essere valutato in relazione al costume sociale, alle normali esigenze familiari del lavoratore, alla presenza di mezzi pubblici, alla modalità di organizzazione dei servizi pubblici di trasporto nei luoghi in cui più è diffuso l’utilizzo della bicicletta, alla tipologia del percorso effettuato, alla conformazione dei luoghi, alle condizioni climatiche in atto, alla tendenza presente nell’ordinamento e rivolta all’incentivazione dell’uso della bicicletta”.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Firenze anche per la liquidazione delle spese.

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Lavoro, Sentenza 13 aprile 2016, n. 7313)

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’incidente occorso al lavoratore in bici sul tragitto fra casa e ufficio va sempre risarcito, anche se la distanza da percorrere è breve e ben si potrebbero usare i mezzi pubblici o andare a piedi.

Nel caso in esame, mentre il Tribunale di Livorno accoglieva la domanda di condanna dell’INAIL da parte di un lavoratore, la Corte d’Appello di Firenze negava al ricorrente il riconoscimento di un infortunio in itinere in bici mentre stava facendo ritorno a casa al termine di un turno mattiniero. Il Giudice della citata Corte sosteneva che il lavoratore non avesse provato la contingente necessità dedotta per fare ricorso al mezzo privato, potendo percorrere il tragitto a piedi in pochi minuti.

Il lavoratore, ricorrendo in Cassazione, ha lamentato la violazione e la falsa applicazione del Decreto Legislativo n. 38 del 2000, in quanto “nell’infortunio in itinere l’uso della bicicletta per recarsi a lavoro è incluso nella tutela assicurativa in relazione alla necessità protetta dell’ordinamento di favorire spostamenti che riducano costi economici, ambientali e sociali”.

Con la disciplina dettata dall’articolo 12 del suddetto decreto legislativo, la tutela assicurativa gestita dall’INAIL è stata estesa all’infortunio che accada al lavoratore lungo il percorso che collega l’abitazione al lavoro e viceversa.

La Suprema Corte ha messo in evidenza come la nuova normativa ha ampliato la tutela a qualsiasi infortunio verificatosi lungo il percorso da casa al luogo di lavoro. Si parla di un percorso normale: non è richiesto né che la strada sia disagevole, né che presenti rischi particolari e diversi da quelli normali.

Inoltre, il Giudice d’Appello ha parametrato la legittimità del ricorso al mezzo privato soltanto in relazione al criterio della distanza che separa l’abitazione dal luogo di lavoro. A tal proposito, la Cassazione ha affermato che “la distanza, non può essere ritenuto in assoluto un criterio selettivo da solo sufficiente ad individuare la necessità dell’uso del mezzo privato”, ed ha precisato che  l’utilizzo della bicicletta da parte del lavoratore per recarsi al lavoro deve essere valutato in relazione al costume sociale, alle normali esigenze familiari del lavoratore, alla presenza di mezzi pubblici, alla modalità di organizzazione dei servizi pubblici di trasporto nei luoghi in cui più è diffuso l’utilizzo della bicicletta, alla tipologia del percorso effettuato, alla conformazione dei luoghi, alle condizioni climatiche in atto, alla tendenza presente nell’ordinamento e rivolta all’incentivazione dell’uso della bicicletta”.

Pertanto, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d’Appello di Firenze anche per la liquidazione delle spese.

(Corte di Cassazione - Quarta Sezione Lavoro, Sentenza 13 aprile 2016, n. 7313)