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Matrimonio - Cassazione Civile: valido il matrimonio in via telematica

La Cassazione ha stabilito che: “il matrimonio celebrato all’estero è valido nel nostro ordinamento, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione, o dalla legge nazionale di almeno uno dei nubendi al momento della celebrazione, o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento”.

In altre parole, nel caso di specie, riguardante un matrimonio celebrato in via telematica tra cittadina italiana e un cittadino del Pakistan, secondo la Cassazione: “se l’atto matrimoniale è valido per l’ordinamento straniero, in quanto da esso considerato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, esso non può ritenersi contrastante con l’ordine pubblico solo perché celebrato in una forma non prevista dall’ordinamento italiano”.

La Cassazione ha così rigettato l’impugnazione del Ministero dell’Interno, fondata sulla tesi secondo la quale: “la modalità di celebrazione del matrimonio, da parte dell’ufficiale pakistano, con la presenza del solo sposo, avendo la sposa partecipato al rito in via telematica, non garantirebbe la genuinità dell’espressione del consenso, rendendo l’atto non riconoscibile come matrimonio”.

Avverso l’argomento della contrarietà all’ordine pubblico italiano, la Cassazione ha ricordato che: “Il giudizio di compatibilità con l’ordine pubblico dev’essere riferito, invece, al nucleo essenziale dei valori del nostro ordinamento che non sarebbe consentito nemmeno al legislatore ordinario interno di modificare o alterare, ostandovi principi costituzionali inderogabili”.

Inoltre, e più in particolare, rilevando che: “il rispetto dell’ordine pubblico dev’essere garantito, in sede di delibazione, avendo esclusivo riguardo “agli effetti” dell’atto straniero, senza possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito ne’ di correttezza della soluzione adottata alla luce dell’ordinamento straniero o di quello italiano”.

Per consultare il testo integrale della sentenza si veda qui.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 25 luglio 2016, n. 15343)

La Cassazione ha stabilito che: “il matrimonio celebrato all’estero è valido nel nostro ordinamento, quanto alla forma, se è considerato tale dalla legge del luogo di celebrazione, o dalla legge nazionale di almeno uno dei nubendi al momento della celebrazione, o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento”.

In altre parole, nel caso di specie, riguardante un matrimonio celebrato in via telematica tra cittadina italiana e un cittadino del Pakistan, secondo la Cassazione: “se l’atto matrimoniale è valido per l’ordinamento straniero, in quanto da esso considerato idoneo a rappresentare il consenso matrimoniale dei nubendi in modo consapevole, esso non può ritenersi contrastante con l’ordine pubblico solo perché celebrato in una forma non prevista dall’ordinamento italiano”.

La Cassazione ha così rigettato l’impugnazione del Ministero dell’Interno, fondata sulla tesi secondo la quale: “la modalità di celebrazione del matrimonio, da parte dell’ufficiale pakistano, con la presenza del solo sposo, avendo la sposa partecipato al rito in via telematica, non garantirebbe la genuinità dell’espressione del consenso, rendendo l’atto non riconoscibile come matrimonio”.

Avverso l’argomento della contrarietà all’ordine pubblico italiano, la Cassazione ha ricordato che: “Il giudizio di compatibilità con l’ordine pubblico dev’essere riferito, invece, al nucleo essenziale dei valori del nostro ordinamento che non sarebbe consentito nemmeno al legislatore ordinario interno di modificare o alterare, ostandovi principi costituzionali inderogabili”.

Inoltre, e più in particolare, rilevando che: “il rispetto dell’ordine pubblico dev’essere garantito, in sede di delibazione, avendo esclusivo riguardo “agli effetti” dell’atto straniero, senza possibilità di sottoporlo ad un sindacato di tipo contenutistico o di merito ne’ di correttezza della soluzione adottata alla luce dell’ordinamento straniero o di quello italiano”.

Per consultare il testo integrale della sentenza si veda qui.

(Corte di Cassazione - Sezione Prima Civile, Sentenza 25 luglio 2016, n. 15343)