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Omicidio - Cassazione Penale: i fumi della caldaia non a norma uccidono l’inquilino, la responsabilità sussiste in capo a comodatario e proprietario dell’immobile

Omicidio - Cassazione Penale: i fumi della caldaia non a norma uccidono l’inquilino, la responsabilità sussiste in capo a comodatario e proprietario dell’immobile
Omicidio - Cassazione Penale: i fumi della caldaia non a norma uccidono l’inquilino, la responsabilità sussiste in capo a comodatario e proprietario dell’immobile

La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità per omicidio colposo per omessa manutenzione dell’impianto di riscaldamento (in particolare della caldaia), ricade in egual misura su comodatario e proprietario, in presenza di determinate condizioni.

Nel caso di specie tali condizioni sussistono nella stipulazione del contratto di locazione da parte del comodatario e nella percezione dei relativi frutti all’interno di un medesimo conto corrente cointestato a lui e al padre, proprietario dell’immobile, integrando così posizione di garanzia del comodatario concorrente con quella del proprietario.

Il fatto

Un soggetto era accusato di aver cagionato la morte dei due inquilini a cui aveva locato l’immobile in qualità di comodatario; l’immobile era dotato di caldaia non a norma di legge, sia in quanto il locale di installazione era privo di una opportuna aerazione, sia perché il sistema di scarico dei fumi era inadeguato al punto di comportare il reflusso di gas tossico.

Il comodatario ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado per violazione di legge e vizio di motivazione  in riferimento alla posizione di garanzia stabilita a suo carico.

Premettendo che la posizione di garanzia presuppone il potere di controllare determinati beni giuridici e di prevenire situazioni di pericolo, il figlio-comodatario affermava che essa non potesse rilevarsi a suo carico, in quanto l’immobile era interamente gestito ed amministrato dal padre-proprietario, che aveva continuato a gestirlo anche dopo la stipula del contratto di comodato.

Secondo il ricorrente, dunque, difettavano i requisiti della cooperazione colposa, nella quale i correi tendono entrambi consapevolmente verso il medesimo risultato criminoso, mentre lui non era mai stato messo materialmente nel possesso dell’immobile. 

Con un secondo motivo il ricorrente affermava che vi era stata violazione e falsa applicazione dell’Articolo 11 del D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412; la norma richiamata, si assumeva, non esonera il proprietario dalla responsabilità connessa alla manutenzione dell’impianto termico dell’immobile, e per altro verso richiama l’occupante come addetto ai lavori di manutenzione ordinaria dell’abitazione.

Primo motivo di ricorso

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, e infondato il primo.

Secondo la Cassazione, il primo motivo è infondato laddove è stata dedotta la violazione di legge, dal momento che la norma richiamata è diretta a fini di contenimento dei consumi energetici, e di conseguenza non può essere considerata idonea a stabilire in capo a quale soggetto debba essere individuata la posizione di garanzia.

Il vizio di motivazione sul medesimo punto è inammissibile dal momento che esso è stato dedotto per la prima volta in Cassazione. Ciò, infatti, non è possibile ai sensi degli Articoli 606 Comma 3 e 609 Comma 2 del Codice di Procedura Penale, i quali stabiliscono che i motivi nuovi possono essere sollevati per la prima volta di fronte al giudice di legittimità solo se si tratta di questioni rilevabili d’ufficio o impossibili da proporre nei gradi precedenti.

Responsabilità del comodatario

Il giudice di primo grado aveva stabilito la responsabilità del ricorrente sulla base del contratto di comodato che era stato stipulato subito dopo il contratto di locazione con le vittime.

Dal momento che l’istruttoria aveva dimostrato che l’immobile era, di fatto, rimasto nella materiale disponibilità del padre, che si era occupato della manutenzione, per decidere se il figlio-comodatario fosse titolare di posizione di garanzia nei confronti delle vittime, la Suprema Corte ha fatto riferimento alla giurisprudenza della Cassazione Civile su questo tema, la quale ha sempre affermato la responsabilità solidale di proprietario e comodatario nei confronti del conduttore:

Su tale premessa, il dato della sottoscrizione del contratto di locazione da parte del comodatario rappresenta indice rilevante dell’acquisto dell’obbligo di custodia da parte del comodatario nei confronti del conduttore; contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, dalla lettura della sentenza di primo grado emerge, infatti, che il contratto di locazione fosse stato sottoscritto dall’imputato e non dal padre di quest’ultimo[…]

Il rapporto di custodia con la cosa che dia luogo all’evento lesivo postula, infatti, l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere - dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore[...]ove la custodia finisca per fare capo a più soggetti a pari titolo, o a titoli diversi, che importino l’attuale coesistenza di poteri di gestione e di ingerenza sul bene, la responsabilità in via solidale è a carico di tutti[…]”.

Dunque, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, ossia la sottoscrizione da parte del comodatario del contratto di locazione e la destinazione dei frutti del comodato su un conto corrente cointestato al proprietario, “se ne desume una posizione di garanzia del comodatario concorrente con quella del proprietario.”

La Cassazione ha rigettato il ricorso col quale il ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva riformato, limitatamente al trattamento sanzionatorio, la sentenza di primo grado con la quale era stato condannato per omicidio colposo (unitamente al padre, proprietario dell’immobile).

Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, nonché a rimborsare le parti civili per le spese sostenute per il processo per un totale di 6000 euro, più accessori previsti per legge.

(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 17 ottobre 2016, n. 43861)

La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità per omicidio colposo per omessa manutenzione dell’impianto di riscaldamento (in particolare della caldaia), ricade in egual misura su comodatario e proprietario, in presenza di determinate condizioni.

Nel caso di specie tali condizioni sussistono nella stipulazione del contratto di locazione da parte del comodatario e nella percezione dei relativi frutti all’interno di un medesimo conto corrente cointestato a lui e al padre, proprietario dell’immobile, integrando così posizione di garanzia del comodatario concorrente con quella del proprietario.

Il fatto

Un soggetto era accusato di aver cagionato la morte dei due inquilini a cui aveva locato l’immobile in qualità di comodatario; l’immobile era dotato di caldaia non a norma di legge, sia in quanto il locale di installazione era privo di una opportuna aerazione, sia perché il sistema di scarico dei fumi era inadeguato al punto di comportare il reflusso di gas tossico.

Il comodatario ricorreva in Cassazione avverso la sentenza di secondo grado per violazione di legge e vizio di motivazione  in riferimento alla posizione di garanzia stabilita a suo carico.

Premettendo che la posizione di garanzia presuppone il potere di controllare determinati beni giuridici e di prevenire situazioni di pericolo, il figlio-comodatario affermava che essa non potesse rilevarsi a suo carico, in quanto l’immobile era interamente gestito ed amministrato dal padre-proprietario, che aveva continuato a gestirlo anche dopo la stipula del contratto di comodato.

Secondo il ricorrente, dunque, difettavano i requisiti della cooperazione colposa, nella quale i correi tendono entrambi consapevolmente verso il medesimo risultato criminoso, mentre lui non era mai stato messo materialmente nel possesso dell’immobile. 

Con un secondo motivo il ricorrente affermava che vi era stata violazione e falsa applicazione dell’Articolo 11 del D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412; la norma richiamata, si assumeva, non esonera il proprietario dalla responsabilità connessa alla manutenzione dell’impianto termico dell’immobile, e per altro verso richiama l’occupante come addetto ai lavori di manutenzione ordinaria dell’abitazione.

Primo motivo di ricorso

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, e infondato il primo.

Secondo la Cassazione, il primo motivo è infondato laddove è stata dedotta la violazione di legge, dal momento che la norma richiamata è diretta a fini di contenimento dei consumi energetici, e di conseguenza non può essere considerata idonea a stabilire in capo a quale soggetto debba essere individuata la posizione di garanzia.

Il vizio di motivazione sul medesimo punto è inammissibile dal momento che esso è stato dedotto per la prima volta in Cassazione. Ciò, infatti, non è possibile ai sensi degli Articoli 606 Comma 3 e 609 Comma 2 del Codice di Procedura Penale, i quali stabiliscono che i motivi nuovi possono essere sollevati per la prima volta di fronte al giudice di legittimità solo se si tratta di questioni rilevabili d’ufficio o impossibili da proporre nei gradi precedenti.

Responsabilità del comodatario

Il giudice di primo grado aveva stabilito la responsabilità del ricorrente sulla base del contratto di comodato che era stato stipulato subito dopo il contratto di locazione con le vittime.

Dal momento che l’istruttoria aveva dimostrato che l’immobile era, di fatto, rimasto nella materiale disponibilità del padre, che si era occupato della manutenzione, per decidere se il figlio-comodatario fosse titolare di posizione di garanzia nei confronti delle vittime, la Suprema Corte ha fatto riferimento alla giurisprudenza della Cassazione Civile su questo tema, la quale ha sempre affermato la responsabilità solidale di proprietario e comodatario nei confronti del conduttore:

Su tale premessa, il dato della sottoscrizione del contratto di locazione da parte del comodatario rappresenta indice rilevante dell’acquisto dell’obbligo di custodia da parte del comodatario nei confronti del conduttore; contrariamente a quanto dedotto nel ricorso, dalla lettura della sentenza di primo grado emerge, infatti, che il contratto di locazione fosse stato sottoscritto dall’imputato e non dal padre di quest’ultimo[…]

Il rapporto di custodia con la cosa che dia luogo all’evento lesivo postula, infatti, l’effettivo potere sulla cosa, e cioè la disponibilità giuridica e materiale della stessa che comporti il potere - dovere di intervento su di essa, e che compete al proprietario o anche al possessore o detentore[...]ove la custodia finisca per fare capo a più soggetti a pari titolo, o a titoli diversi, che importino l’attuale coesistenza di poteri di gestione e di ingerenza sul bene, la responsabilità in via solidale è a carico di tutti[…]”.

Dunque, tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, ossia la sottoscrizione da parte del comodatario del contratto di locazione e la destinazione dei frutti del comodato su un conto corrente cointestato al proprietario, “se ne desume una posizione di garanzia del comodatario concorrente con quella del proprietario.”

La Cassazione ha rigettato il ricorso col quale il ricorrente aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva riformato, limitatamente al trattamento sanzionatorio, la sentenza di primo grado con la quale era stato condannato per omicidio colposo (unitamente al padre, proprietario dell’immobile).

Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, nonché a rimborsare le parti civili per le spese sostenute per il processo per un totale di 6000 euro, più accessori previsti per legge.

(Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 17 ottobre 2016, n. 43861)