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Stalking - Cassazione Penale: anche le telefonate “mute” possono integrare il reato di stalking o, quantomeno, di molestie, purché ripetute con una certa frequenza

Stalking - Cassazione Penale: anche le telefonate “mute” possono integrare il reato di stalking o, quantomeno, di molestie, purché ripetute con una certa frequenza
Stalking - Cassazione Penale: anche le telefonate “mute” possono integrare il reato di stalking o, quantomeno, di molestie, purché ripetute con una certa frequenza

La Corte di Cassazione ha stabilito che affinché si possa ritenere integrata la fattispecie di reato di cui all’articolo 612-bis del Codice Penale è necessario che si realizzi una condotta di logoramento psicologico ed intimidazione atta a suscitare turbamento apprezzabile nella psiche ed abitudini di vita della parte lesa. Ciò può avvenire anche attraverso reiterate telefonate “mute”, purché idonee a cagionare un danno così come definito dalla norma incriminatrice. In ogni caso, tale condotta può integrare il reato di molestie.

Il caso

Nel caso in esame, il Giudice dell’Udienza Preliminare pronunciava sentenza di non doversi procedere nei riguardi di un imputato del reato di cui all’articolo 612-bis del Codice Penale (“Atti persecutori”), accusato di aver ripetutamente chiamato sull’utenza telefonica in uso alla parte offesa per circa venti mesi. Tali telefonate, generalmente mute, erano effettuate anche in orari notturni ma erano considerate in numero troppo esiguo per poter cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, così come richiesto dalla norma incriminatrice.

Avverso tale decisione, il difensore della parte civile proponeva ricorso per Cassazione, denunciando violazione di legge in relazione all’ipotesi delittuosa contestata e ritenendo integrata almeno la contravvenzione di cui all’articolo 660 del Codice Penale (“Molestia o disturbo alle persone”), in virtù del fatto che le telefonate erano effettuate in orari notturni.

La decisione della Cassazione 

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, pur ritenendo corretto il ragionamento del giudice di prime cure sulla insussistenza del reato di cui all’articolo 612-bis del Codice Penale, per l’esiguità del numero di telefonate effettuate dall’imputato in rapporto all’ampio arco temporale oggetto di accertamento (venti mesi), ritenute non idonee in concreto a costituire una “condotta di logoramento psichico ed intimidazione atta a suscitare turbamento apprezzabile nella psiche ed abitudini di vita della parte lesa”, sebbene in astratto tale condotta possa integrare la fattispecie in esame.

Ciononostante, il fatto che le telefonate fossero molteplici ed effettuate di notte può costituire condotta punibile ex articolo 660 del Codice Penale, valutazione non effettuata dal giudice di merito e ragione per cui i giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso.

Conseguentemente, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rimettendo il procedimento al Tribunale per un nuovo esame, che dovrà tener conto della possibilità di riqualificare il fatto contestato nella contravvenzione di cui all’articolo 660 del Codice Penale.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 28 ottobre 2016, n. 45547)

La Corte di Cassazione ha stabilito che affinché si possa ritenere integrata la fattispecie di reato di cui all’articolo 612-bis del Codice Penale è necessario che si realizzi una condotta di logoramento psicologico ed intimidazione atta a suscitare turbamento apprezzabile nella psiche ed abitudini di vita della parte lesa. Ciò può avvenire anche attraverso reiterate telefonate “mute”, purché idonee a cagionare un danno così come definito dalla norma incriminatrice. In ogni caso, tale condotta può integrare il reato di molestie.

Il caso

Nel caso in esame, il Giudice dell’Udienza Preliminare pronunciava sentenza di non doversi procedere nei riguardi di un imputato del reato di cui all’articolo 612-bis del Codice Penale (“Atti persecutori”), accusato di aver ripetutamente chiamato sull’utenza telefonica in uso alla parte offesa per circa venti mesi. Tali telefonate, generalmente mute, erano effettuate anche in orari notturni ma erano considerate in numero troppo esiguo per poter cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita, così come richiesto dalla norma incriminatrice.

Avverso tale decisione, il difensore della parte civile proponeva ricorso per Cassazione, denunciando violazione di legge in relazione all’ipotesi delittuosa contestata e ritenendo integrata almeno la contravvenzione di cui all’articolo 660 del Codice Penale (“Molestia o disturbo alle persone”), in virtù del fatto che le telefonate erano effettuate in orari notturni.

La decisione della Cassazione 

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, pur ritenendo corretto il ragionamento del giudice di prime cure sulla insussistenza del reato di cui all’articolo 612-bis del Codice Penale, per l’esiguità del numero di telefonate effettuate dall’imputato in rapporto all’ampio arco temporale oggetto di accertamento (venti mesi), ritenute non idonee in concreto a costituire una “condotta di logoramento psichico ed intimidazione atta a suscitare turbamento apprezzabile nella psiche ed abitudini di vita della parte lesa”, sebbene in astratto tale condotta possa integrare la fattispecie in esame.

Ciononostante, il fatto che le telefonate fossero molteplici ed effettuate di notte può costituire condotta punibile ex articolo 660 del Codice Penale, valutazione non effettuata dal giudice di merito e ragione per cui i giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso.

Conseguentemente, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rimettendo il procedimento al Tribunale per un nuovo esame, che dovrà tener conto della possibilità di riqualificare il fatto contestato nella contravvenzione di cui all’articolo 660 del Codice Penale.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 28 ottobre 2016, n. 45547)