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Stampa - Tribunale di Bologna: responsabilità dell’autore dell’articolo e del direttore del giornale per pubblicazione di uno scritto diffamatorio

Stampa - Tribunale di Bologna: responsabilità dell’autore dell’articolo e del direttore del giornale per pubblicazione di uno scritto diffamatorio
Stampa - Tribunale di Bologna: responsabilità dell’autore dell’articolo e del direttore del giornale per pubblicazione di uno scritto diffamatorio

L’interesse particolare del caso risiede nel fatto che l’articolo giornalistico di cronaca giudiziaria si riferiva alla fase di indagini preliminari.

 I fatti

Tizio ha presentato al Tribunale la domanda per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali a seguito della pubblicazione di un articolo che lo riguarda, a suo avviso diffamatorio. L’accusa è stata quella di illiceità della condotta dell’autore dello scritto (nonché del direttore del giornale, come da articolo 57 del Codice Penale) per violazione dei principi che regolano la libertà di stampa.

Egli ha affermato infatti la falsità della notizia circa il suo rinvio a giudizio per il reato di istigazione all’odio razziale.

I convenuti hanno respinto la tesi dell’attore, contestando la sua infondatezza in fatto ed in diritto e ritenendo comunque insufficienti le prove presentate. A sostegno della loro difesa hanno invocato l’esimente come da articolo  51 del Codice Penale ossia, nel caso di specie, l’esercizio del diritto di cronaca.

Tre condizioni per la legittimità del potere-dovere di cronaca

Nel valutare la pretesa attrice, è spettato al giudice “vagliare la legittimità della notizia ai fini dell’esimente del diritto di cronaca” stante la mancanza di indicazione, nell’articolo, delle fonti e/o delle circostanze in cui l’autore ha avuto conoscenza dei fatti stessi.

Per farlo, ha richiamato innanzitutto le tre condizioni in presenza delle quali si può affermare la legittimità del potere-dovere di cronaca: la verità sostanziale della notizia pubblicata, la c.d. pertinenza (vale a dire l’interesse generale alla conoscenza del fatto) e la c.d. continenza (ossia la correttezza formale dell’esposizione).

Quanto al primo punto, è necessario che l’autore segua i canoni di lealtà e buona fede al fine di stabilire la corrispondenza tra fatto e notizia, e dunque la verità del primo.

La verità putativa

Esiste in ogni caso, ha proseguito il Tribunale, la possibilità di configurare l’esimente anche nel caso di “verità putativa”, ma in questo caso è altresì necessario che l’autore dia prova dei “fatti che hanno reso involontario l’errore” e del controllo professionale da lui adottato “sulle fonti della notizia, assicurandosi della sua attendibilità”.

Nel caso di specie è stata però necessaria una precisazione: trattandosi di cronaca giudiziaria, il giornalista ha il dovere di illustrare i fatti in modo che sia chiaro che la colpevolezza della persona sottoposta alle indagini non è stata ancora accertata – per non suscitare errati convincimenti.

Qualora poi la notizia riguardi indagini preliminari, in cui manca un provvedimento formale in senso proprio, allora l’autore è tenuto alla “fedele riproduzione del contenuto dell’addebito, [...] idoneo ad integrare il requisito della verità oggettiva”.

La decisione

Nel merito, il Tribunale ha osservato che l’articolo in questione era stato pubblicato ben prima dell’udienza preliminare (al termine della quale, peraltro, Tizio era stato prosciolto con formula piena) e, pertanto, ha negato l’esimente della verità oggettiva.

Ha escluso anche l’ipotesi di verità putativa, giacché nello scritto si fa riferimento al “diverso trattamento” che la Procura di Roma ha riservato al caso rispetto a quello attuato dalla Procura di Bologna. Ciò sarebbe sufficiente a dimostrare che i convenuti erano già a conoscenza che in realtà si era trattato di una mera richiesta di rinvio a giudizio.

Alla luce di queste considerazioni, l’organo giudicante ha dichiarato la responsabilità dei due convenuti per avere pubblicato e diffuso la notizia del “rinvio a giudizio” di Tizio senza preventivo controllo circa la sua veridicità. Essi sono stati dunque condannati al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dall’attore, sulla base dell’articolo 185 del Codice Penale.

Ciononostante, il Tribunale felsineo ha limitato l’ammontare del danno alla somma di euro 1.000,00, alla luce della tiratura del quotidiano e di altre considerazioni in ordine all’articolo incriminato.

(Tribunale Ordinario di Bologna - Prima Sezione Civile, Sentenza del 30 novembre 2016, n. 2931)

L’interesse particolare del caso risiede nel fatto che l’articolo giornalistico di cronaca giudiziaria si riferiva alla fase di indagini preliminari.

 I fatti

Tizio ha presentato al Tribunale la domanda per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali a seguito della pubblicazione di un articolo che lo riguarda, a suo avviso diffamatorio. L’accusa è stata quella di illiceità della condotta dell’autore dello scritto (nonché del direttore del giornale, come da articolo 57 del Codice Penale) per violazione dei principi che regolano la libertà di stampa.

Egli ha affermato infatti la falsità della notizia circa il suo rinvio a giudizio per il reato di istigazione all’odio razziale.

I convenuti hanno respinto la tesi dell’attore, contestando la sua infondatezza in fatto ed in diritto e ritenendo comunque insufficienti le prove presentate. A sostegno della loro difesa hanno invocato l’esimente come da articolo  51 del Codice Penale ossia, nel caso di specie, l’esercizio del diritto di cronaca.

Tre condizioni per la legittimità del potere-dovere di cronaca

Nel valutare la pretesa attrice, è spettato al giudice “vagliare la legittimità della notizia ai fini dell’esimente del diritto di cronaca” stante la mancanza di indicazione, nell’articolo, delle fonti e/o delle circostanze in cui l’autore ha avuto conoscenza dei fatti stessi.

Per farlo, ha richiamato innanzitutto le tre condizioni in presenza delle quali si può affermare la legittimità del potere-dovere di cronaca: la verità sostanziale della notizia pubblicata, la c.d. pertinenza (vale a dire l’interesse generale alla conoscenza del fatto) e la c.d. continenza (ossia la correttezza formale dell’esposizione).

Quanto al primo punto, è necessario che l’autore segua i canoni di lealtà e buona fede al fine di stabilire la corrispondenza tra fatto e notizia, e dunque la verità del primo.

La verità putativa

Esiste in ogni caso, ha proseguito il Tribunale, la possibilità di configurare l’esimente anche nel caso di “verità putativa”, ma in questo caso è altresì necessario che l’autore dia prova dei “fatti che hanno reso involontario l’errore” e del controllo professionale da lui adottato “sulle fonti della notizia, assicurandosi della sua attendibilità”.

Nel caso di specie è stata però necessaria una precisazione: trattandosi di cronaca giudiziaria, il giornalista ha il dovere di illustrare i fatti in modo che sia chiaro che la colpevolezza della persona sottoposta alle indagini non è stata ancora accertata – per non suscitare errati convincimenti.

Qualora poi la notizia riguardi indagini preliminari, in cui manca un provvedimento formale in senso proprio, allora l’autore è tenuto alla “fedele riproduzione del contenuto dell’addebito, [...] idoneo ad integrare il requisito della verità oggettiva”.

La decisione

Nel merito, il Tribunale ha osservato che l’articolo in questione era stato pubblicato ben prima dell’udienza preliminare (al termine della quale, peraltro, Tizio era stato prosciolto con formula piena) e, pertanto, ha negato l’esimente della verità oggettiva.

Ha escluso anche l’ipotesi di verità putativa, giacché nello scritto si fa riferimento al “diverso trattamento” che la Procura di Roma ha riservato al caso rispetto a quello attuato dalla Procura di Bologna. Ciò sarebbe sufficiente a dimostrare che i convenuti erano già a conoscenza che in realtà si era trattato di una mera richiesta di rinvio a giudizio.

Alla luce di queste considerazioni, l’organo giudicante ha dichiarato la responsabilità dei due convenuti per avere pubblicato e diffuso la notizia del “rinvio a giudizio” di Tizio senza preventivo controllo circa la sua veridicità. Essi sono stati dunque condannati al risarcimento del danno non patrimoniale sofferto dall’attore, sulla base dell’articolo 185 del Codice Penale.

Ciononostante, il Tribunale felsineo ha limitato l’ammontare del danno alla somma di euro 1.000,00, alla luce della tiratura del quotidiano e di altre considerazioni in ordine all’articolo incriminato.

(Tribunale Ordinario di Bologna - Prima Sezione Civile, Sentenza del 30 novembre 2016, n. 2931)