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Recht auf Freizügigkeit - Cenni sulla legislazione austriaca e su quella di alcuni altri Stati europei

Tra i diritti fondamentali (Grundrechte) garantiti dall'ordinamento giuridico austriaco a tutti i cittadini (Staatsbürger) va annoverata la Freizügigkeit der Person und des Vermögens. Il presente articolo avrà per oggetto esclusivamente la Freizügigkeit der Person, la quale comprende sia la persönliche Bewegungsfreiheit innerhalb des Staatsgebietes (libertà di circolazione all´ interno del territorio dello Stato) che può subire restrizioni per effetto dell’applicazione dell’articolo 2 del Pers.Fr.BVG (Festnahme risp. Anhaltung qualora alle stesse si possa procedere nei casi tassativamente previsti per legge), sia la freie Wahl des Wohnortes (libera scelta del luogo di residenza) sia il Recht, den Staat ohne Behinderung zu verlassen (diritto di lasciare il territorio dello Stato senza alcun impedimento, anche per espatriare);  quest’ultimo diritto è anche assicurato dall’articolo 2, comma 2, del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificato anche dall’Austria.

Dispone l’articolo 4 dello StGG (Staatsgrundgesetz) del 1867: “Die Freizügigkeit der Person und des Vermögens innerhalb des Staatsgebietes unterliegt keiner Beschränkung” (la libertà della persona e del patrimonio, entro il territorio dello Stato, non è soggetta ad alcuna restrizione); lo stesso articolo 4  del citato StGG prevede che il diritto di espatrio può subire limitazioni soltanto per effetto dell’obbligo di prestazione del servizio militare.

L’articolo 6 StGG sancisce il diritto di ogni cittadino di avere la propria dimora risp. la propria residenza in qualsiasi luogo del territorio dello Stato. Al cittadino austriaco, per effetto dell’ articolo 3, comma 2 del Protocollo addizionale alla CEDU, è riconosciuto anche il diritto incondizionato di entrare (e rientrare) nel territorio statale. È vietata l’espulsione di cittadini austriaci, sia essa collettiva che individuale. Per quanto concerne l’estradizione di cittadini austriaci, essa è ammessa nei casi in cui sussistono i presupposti previsti dalla legge federale concernente l’esecuzione di un mandato di arresto europeo (§§ 5 e 33) e qualora debba essere dato seguito a quanto previsto dal § 7 della legge federale che disciplina la collaborazione con la Corte penale internazionale.

Fondamentale è la distinzione tra diritti spettanti a coloro che possiedono la cittadinanza e gli extracomunitari. Anche per il Recht auf Freizügigkeit (come per tutti i diritti auf persönliche Freiheit) vale la riserva di legge. Inoltre va notato che se vi è contrasto tra innerstaatliche Normen e norme contenute nella CEDU, trova applicazione il c.d. Günstigkeitsprinzip (o Günstigkeitsklausel), vale a dire che deve essere applicata la norma più favorevole al ricorrente.

Il diritto auf Freizügigkeit der Person garantisce sia il cittadino che i pubblici poteri - fatta eccezione per i casi sopra indicati. In particolare per quelli previsti dal Pers.Fr.BVG - non possono disporre che al cittadino venga impedito di recarsi in un determinato luogo del territorio dello Stato o di soggiornarvi.

Nonostante la dizione (articolo 4, comma 1., StGG) secondo la quale la “Freizügigkeit der Person unterliegt keiner Beschränkung”, l´interpretazione che la Corte costituzionale dà di questa norma, è nel senso che la tutela accordata non è assoluta (“wird kein grenzenloser Schutz gewährt”). Il diritto alla Freizügigkeit può essere esercitato soltanto im Rahmen der Rechtsordnung, anche se le restrizioni imposte sono soggette al principio della Verhältnismäßigkeit ai sensi dell’articolo 2 del IV° Protocollo addizionale alla CEDU; inoltre devono trovare la propria giustificazione in esigenze dettate da “öffentlichen Rücksichten”. L’articolo 6, comma 1 StGG viene interpretato dalla Corte costituzionale nel senso che anche le persone giuridiche sono libere nel determinare il luogo della loro sede.

Secondo il Verfassungsgerichtshof, il divieto “der Schaffung von Freizeitwohnsitzen” contrasterebbe col disposto dell’articolo 6, comma 1., StGG; non invece l’imposizione di tasse differenti per queste residenze “secondarie”. La Niederlassungsfreiheit viene ritenuta un “Grundrecht mit immanenten Gewährleistungsschranken” nel senso che a questo diritto fondamentale non devono essere imposti limiti diretti ed essi sono ammissibili, se necessari per la tutela di un altro Rechtsgut e comunque con il rispetto del principio della Verhältnismäßigkeit.

Il diritto di libera scelta della propria residenza e di libera circolazione è assicurato pure in base all’articolo 2, comma1 , del IV° Protocollo addizionale alla CEDU; restrizioni sono ammissibili soltanto nei limiti della riserva di legge di cui ai commi 3 e 4 del citato articolo.

Diversa è la posizione giuridica degli stranieri extracomunitari per quanto concerne la Freizügigkeit. Indiscusso è il loro diritto all’espatrio. Sono invece vietate le espulsioni collettive (articolo 4 del Protocollo  addizionale alla CEDU). Quelle individuali (Einzelmaßnahmen) sono ammesse ma, per coloro che si trovano legittimamente sul territorio dello Stato, devono essere osservate garanzie procedimentali minime nel senso che l’espulsione può avvenire soltanto a seguito di un procedimento con crismi di legalità e previa facoltà di conoscere i motivi del provvedimento, di farli esaminare, di poter controdedurre e di farsi rappresentare da persona di fiducia.

Allo straniero extracomunitario non spetta né la libertà di stabilire il luogo della propria residenza, né quella di soggiornare in un determinato luogo, di libera scelta, del territorio dello Stato, a meno che non abbia titolo valido per soggiornare in base a quanto previsto dal Fremdenpolizeigesetz o dall´Asylgesetz.

Secondo la Corte costituzionale, lo straniero (extracomunitario) non può invocare un verfassungsgesetzlich gewährleistetes Recht (un diritto costituzionalmente garantito) di entrare nel territorio austriaco o di soggiornarvi. La materia è disciplinata da leggi nazionali e al legislatore è riconosciuta un’ampia discrezionalità.

L’articolo 21 del Trattato UE, come modificato dal Trattato di Lisbona, prevede –in linea di principio – il diritto di ogni cittadino di uno Stato membro dell’UE  di soggiornare (si parla in proposito di “unionsweites Aufenthaltsrecht”) e di circolare liberamente in ogni Stato comunitario. Vengono fatte salve restrizioni derivanti dal Trattato o da norme c.d. secondarie. I cittadini comunitari (con l’ eccezione che vedremo) che esercitano un’attività lavorativa e i loro familiari hanno diritto di entrare e di soggiornare in ogni Stato dell’UE; agli altri cittadini comunitari questi diritti spettano, a condizione di disporre di sufficienti mezzi propri per mantenersi, senza dover ricorrere all’assistenza sociale. Secondo la Corte di giustizia dell’UE, a carico di un cittadino comunitario  un’espulsione senza limite temporale non può essere disposta; inoltre i cittadini comunitari possono invocare, in loro favore, la normativa antidiscriminazione.

La pressione migratoria verso Stati comunitari con un elevato standard di vita e con prestazioni sociali notevoli, sta aumentando da alcuni anni, complice non ultima la crisi economica. Così ad esempio tra il 2009 ed il 2012 in Gran Bretagna è stata registrata l´immigrazione di oltre 2.100.000 di persone. In Inghilterra si attende un’immigrazione di massa specie dalla Romania e dalla Bulgaria da parte di ceti sociali particolarmente bisognosi (c.d. Armutsmigration) dopo l’entrata in vigore – anche per questi due Stati – del diritto alla Freizügigkeit in ambito comunitario.

In Olanda vivono  (e lavorano)  attualmente circa 35.000 persone provenienti dall’est europeo, specie dalla Polonia, impiegate in larga prevalenza nel settore agricolo. Quali cittadini di uno Stato comunitario, per i quali non vigono più le restrizioni finora operanti per la Romania e per la Bulgaria, per l’ingresso nel territorio olandese al fine di potervi svolgere attività lavorativa, dal 2007, non abbisognano più di un permesso di lavoro.

Ad Eindhoven è stato creato (e reso operativo) un centro per migranti europei che si propone di assistere questi immigrati. Va notato che i lavoratori “stranieri” in Olanda sono comunque ben trattati e benvoluti in quanto i cittadini di questo Stato sono ben consapevoli delle gravi conseguenze per l’economia dell’ Olanda se si dovesse far a meno della forza lavoro proveniente dagli Stati comunitari e dall’est europeo.

Attualmente circa 12.000.000 di persone aventi cittadinanza UE vivono in uno Stato membro diverso da quello di origine.

Anche in Germania si è registrato, ultimamente, un notevole aumento degli immigrati. Secondo l’Ufficio Federale di Statistica, nel primo semestre del 2012, vi è stato un incremento pari al 19% rispetto al primo semestre del 2011. In toto, il numero degli immigrati è stato di circa 435.000. Provengono in gran parte dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo e vengono impiegati prevalentemente nel Dienstleistungssektor, nell’edilizia e nell’industria.

Particolarmente discusso è un provvedimento del governo elvetico, adottato – unilateralmente – verso la fine di aprile di quest’anno, in base al quale viene introdotto il contingentamento delle persone che possono recarsi  in Svizzera per motivi di lavoro; ciò vale anche per i cittadini comunitari provenienti da determinati Stati dell’UE. Per mettere in atto un limite all’accesso al mercato del lavoro svizzero, la Confederazione elvetica ha invocato, nei confronti dell’UE, la c.d. Ventilklausel, contenuta nel Freizügigkeitsabkommen (FZA) concluso con l’UE.  A decorrere dal primo giugno 2013, è stato introdotto – per la durata di un anno –  il contingentamento delle c.d. B-Bewilligungen (permessi di lavoro di durata quinquennale) per i cittadini comunitari dell’Europa dell’ovest (c. d. EU-17)** e, nel contempo, è stata disposta la proroga, per un anno, del contingentamento per i cittadini comunitari dell’Europa dell’est (c.d. EU-8),  già in atto da un anno.

Presupposto per l’applicazione della c.d. Ventilklausel, è che la media dei permessi di soggiorno rilasciati dalla Svizzera a cittadini dell´ UE nel triennio anteriore all´ attuazione di questa misura restrittiva, sia stata superiore al 5% (superamento del c.d. Schwellenwert).

** Com’è noto la Svizzera non ha aderito all’UE, ma fa parte dello SEE.

Il contingentamento comporta che i lavoratori provenienti dagli Stati comunitari c. d. UE-8 e richiedenti il rilascio di una B-Bewilligung, non potranno superare per un anno 2.180 unità;  le B-Bewilligungen a cittadini comunitari della c.d. UE-17, non saranno più rilasciati una volta superata la quota complessiva di 53.700 unità. Senza attuazione della Ventilklausel, secondo il governo elvetico, il numero degli immigrati in un anno avrebbe superato le 65.000 unità. Le restrizioni in attuazione del contingentamento in base alla Ventilklausel non potranno avere durata oltre il 31 maggio 2014.

Nel maggio di quest’anno gli immigrati in Svizzera – dagli Stati dell’UE – erano circa 1.200.000 e la Confederazione elvetica, attuando unilateralmente il suddetto contingentamento, ha voluto, secondo fonti governative, tenere conto dell “Unbehagen in der Bevölkerung über die gestiegene Zuwanderungszahlen” (del disagio riscontrato nella popolazione (residente) a causa dell’incremento del numero degli immigrati).

La Ventilklausel prevista nel Freizügigkeitsabkommen (FAZ) non è stata invece attuata – nei confronti dei cittadini dell’UE-17 – per quanto concerne le c.d. Kurzaufenthaltsbewilligungen, dette anche L-Bewilligungen (che autorizzano un soggiorno in Svizzera per motivi di lavoro della durata di un anno).

Richiamandosi al Freizügigkeitsabkommen concluso con l´UE, la Confederazione elvetica – secondo quanto detto dalla Bundesrätin Sommaruga – ha voluto procedere ad una “Steuerung der Zuwanderung” (vale a dire a pilotare l’immigrazione), a rendere l’immigrazione di lavoratori “wirtschafts-und gesellschaftsverträglich” (cioè compatibile sotto l’aspetto economico e sociale) per la Svizzera. Ad avviso della BR Sommaruga, la Svizzera, attuando la Ventilklausel, non ha compiuto un “unfreundlichen Akt” nei confronti degli Stati-membro dell´UE, ma si è attenuta a quanto convenuto nel FZA. Si dice che questo membro del governo elvetico, alla domanda, se l’introduzione di restrizioni anche per i cittadini dell’UE-17, potesse avere effetti negativi sui rapporti diplomatici tra l’Unione e la Confederazione elvetica, sarebbe stato perentorio, asserendo che per il governo della Svizzera non si pone la domanda se ciò piaccia o meno all’UE.

L’immigrazione per motivi di lavoro in Svizzera verrà “stoppata” una volta che in un quadrimestre sarà superato il numero di 13.425 richiedenti la c.d. B-Bewilligung provenienti dall’Europa dell’Ovest (EU-17) per riprendere poi di nuovo all’inizio del successivo quadrimestre e proseguire fino al raggiungimento del fatidico numero 13.425. Analogamente si è proceduto per quanto concerne i cittadini UE provenienti dall’Est europeo (EU-8), consentendo l’ ingresso – in un quadrimestre – ad un numero non superiore a 545 unità.

Secondo il Bundesrat, il notevole incremento delle domande volte ad ottenere – da parte di cittadini dell´ UE – un permesso di lavoro in Svizzera, è dovuto anche al fatto che, nell’ambito della stessa UE, negli ultimi anni il “Wohlstandsgefälle” è considerevolmente aumentato “spingendo” i cittadini degli Stati membri “poveri” ad emigrare negli Stati (dello SEE) con un tenore di vita – e con possibilità di guadagno – molto elevati. Un tentativo diretto a modificate la normativa interna della Confederazione elvetica nel senso che la decisione di attuare o meno la Ventilklausel potesse essere presa – oltre che dal Bundesrat – anche dal Parlamento svizzero, non ha avuto l’esito sperato dalle forze xenofobe, anche se, secondo indiscrezioni, i contrasti nell’ambito del Bundesrat, sarebbero stati notevoli.

Nell’aprile dell’anno corrente si è profilata, in seno al Governo svizzero, una maggioranza, dato che i dati statistici degli ultimi 2-3 anni avevano dimostrato che il numero degli immigrati tendeva a superare  quello di 70.000 unità. Oltre alla c.d. Kontingentierung, la Svizzera ha emanato, nel corso dell’anno passato, norme contro la c.d. Scheinsebstständigkeit, il Lohndumping e ha introdotto la Solidarhaftung von Erstunternehmern.

Il passo compiuto – si noti unilateralmente – dal Bundesrat elvetico ha destato non poca sorpresa negli ambienti dell’Ue, anche perché la Svizzera, nel 2008 e nel 2009, benché, secondo il Freizügigkeitsabkommen concluso con l’UE, ci fossero stati i presupposti, non aveva attuato la Ventilklausel. Lo sconcerto avvertito a Bruxelles è stato notevole dal momento che, attuando la Ventilklausel, la Svizzera ha operato una distinzione tra gli Stati  EU-17 ed EU-8, distinzione che a Bruxelles è stata percepita come una discriminazione nei confronti degli Stati membri dell’Est europeo.

Le restrizioni già attuate per effetto della Ventilklausel nei confronti dei c.d. Stati UE-8 (dell’Est europeo) hanno già avuto effetti concreti in quanto le B-Bewilligungen rilasciate a cittadini di questi Stati, sono diminuite in un anno nella misura del 67%. È stato invece registrato un aumento del 60 % circa delle L-Bewilligungen (cioè dei premessi di lavoro rilasciati per la durata di un anno). Il loro considerevole aumento viene visto come un tentativo di aggirare le restrizioni attuate con il rilascio – in minor numero – di B-Bewilligungen.

A proposito dell’interpretazione del FZA sussistono divergenze tra l’UE e la Svizzera, la quale ritiene che l’immigrazione di forze di lavoro non può “dem Arbeitsmarkt allein überlassen werden” anche se la richiesta di lavoratori nel settore turistico e di lavoratori specializzati in Svizzera è tuttora notevole. La Confederazione elvetica, con un tasso di disoccupazione tra i più bassi sul continente europeo e con retribuzioni relativamente alte, ha una forte attrazione per i cittadini di Stati come la Grecia, la Spagna ed il Portogallo, caratterizzati da una disoccupazione notevole e da salari bassi. Tra i diritti fondamentali (Grundrechte) garantiti dall'ordinamento giuridico austriaco a tutti i cittadini (Staatsbürger) va annoverata la Freizügigkeit der Person und des Vermögens. Il presente articolo avrà per oggetto esclusivamente la Freizügigkeit der Person, la quale comprende sia la persönliche Bewegungsfreiheit innerhalb des Staatsgebietes (libertà di circolazione all´ interno del territorio dello Stato) che può subire restrizioni per effetto dell’applicazione dell’articolo 2 del Pers.Fr.BVG (Festnahme risp. Anhaltung qualora alle stesse si possa procedere nei casi tassativamente previsti per legge), sia la freie Wahl des Wohnortes (libera scelta del luogo di residenza) sia il Recht, den Staat ohne Behinderung zu verlassen (diritto di lasciare il territorio dello Stato senza alcun impedimento, anche per espatriare);  quest’ultimo diritto è anche assicurato dall’articolo 2, comma 2, del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificato anche dall’Austria.

Dispone l’articolo 4 dello StGG (Staatsgrundgesetz) del 1867: “Die Freizügigkeit der Person und des Vermögens innerhalb des Staatsgebietes unterliegt keiner Beschränkung” (la libertà della persona e del patrimonio, entro il territorio dello Stato, non è soggetta ad alcuna restrizione); lo stesso articolo 4  del citato StGG prevede che il diritto di espatrio può subire limitazioni soltanto per effetto dell’obbligo di prestazione del servizio militare.

L’articolo 6 StGG sancisce il diritto di ogni cittadino di avere la propria dimora risp. la propria residenza in qualsiasi luogo del territorio dello Stato. Al cittadino austriaco, per effetto dell’ articolo 3, comma 2 del Protocollo addizionale alla CEDU, è riconosciuto anche il diritto incondizionato di entrare (e rientrare) nel territorio statale. È vietata l’espulsione di cittadini austriaci, sia essa collettiva che individuale. Per quanto concerne l’estradizione di cittadini austriaci, essa è ammessa nei casi in cui sussistono i presupposti previsti dalla legge federale concernente l’esecuzione di un mandato di arresto europeo (§§ 5 e 33) e qualora debba essere dato seguito a quanto previsto dal § 7 della legge federale che disciplina la collaborazione con la Corte penale internazionale.

Fondamentale è la distinzione tra diritti spettanti a coloro che possiedono la cittadinanza e gli extracomunitari. Anche per il Recht auf Freizügigkeit (come per tutti i diritti auf persönliche Freiheit) vale la riserva di legge. Inoltre va notato che se vi è contrasto tra innerstaatliche Normen e norme contenute nella CEDU, trova applicazione il c.d. Günstigkeitsprinzip (o Günstigkeitsklausel), vale a dire che deve essere applicata la norma più favorevole al ricorrente.

Il diritto auf Freizügigkeit der Person garantisce sia il cittadino che i pubblici poteri - fatta eccezione per i casi sopra indicati. In particolare per quelli previsti dal Pers.Fr.BVG - non possono disporre che al cittadino venga impedito di recarsi in un determinato luogo del territorio dello Stato o di soggiornarvi.

Nonostante la dizione (articolo 4, comma 1., StGG) secondo la quale la “Freizügigkeit der Person unterliegt keiner Beschränkung”, l´interpretazione che la Corte costituzionale dà di questa norma, è nel senso che la tutela accordata non è assoluta (“wird kein grenzenloser Schutz gewährt”). Il diritto alla Freizügigkeit può essere esercitato soltanto im Rahmen der Rechtsordnung, anche se le restrizioni imposte sono soggette al principio della Verhältnismäßigkeit ai sensi dell’articolo 2 del IV° Protocollo addizionale alla CEDU; inoltre devono trovare la propria giustificazione in esigenze dettate da “öffentlichen Rücksichten”. L’articolo 6, comma 1 StGG viene interpretato dalla Corte costituzionale nel senso che anche le persone giuridiche sono libere nel determinare il luogo della loro sede.

Secondo il Verfassungsgerichtshof, il divieto “der Schaffung von Freizeitwohnsitzen” contrasterebbe col disposto dell’articolo 6, comma 1., StGG; non invece l’imposizione di tasse differenti per queste residenze “secondarie”. La Niederlassungsfreiheit viene ritenuta un “Grundrecht mit immanenten Gewährleistungsschranken” nel senso che a questo diritto fondamentale non devono essere imposti limiti diretti ed essi sono ammissibili, se necessari per la tutela di un altro Rechtsgut e comunque con il rispetto del principio della Verhältnismäßigkeit.

Il diritto di libera scelta della propria residenza e di libera circolazione è assicurato pure in base all’articolo 2, comma1 , del IV° Protocollo addizionale alla CEDU; restrizioni sono ammissibili soltanto nei limiti della riserva di legge di cui ai commi 3 e 4 del citato articolo.

Diversa è la posizione giuridica degli stranieri extracomunitari per quanto concerne la Freizügigkeit. Indiscusso è il loro diritto all’espatrio. Sono invece vietate le espulsioni collettive (articolo 4 del Protocollo  addizionale alla CEDU). Quelle individuali (Einzelmaßnahmen) sono ammesse ma, per coloro che si trovano legittimamente sul territorio dello Stato, devono essere osservate garanzie procedimentali minime nel senso che l’espulsione può avvenire soltanto a seguito di un procedimento con crismi di legalità e previa facoltà di conoscere i motivi del provvedimento, di farli esaminare, di poter controdedurre e di farsi rappresentare da persona di fiducia.

Allo straniero extracomunitario non spetta né la libertà di stabilire il luogo della propria residenza, né quella di soggiornare in un determinato luogo, di libera scelta, del territorio dello Stato, a meno che non abbia titolo valido per soggiornare in base a quanto previsto dal Fremdenpolizeigesetz o dall´Asylgesetz.

Secondo la Corte costituzionale, lo straniero (extracomunitario) non può invocare un verfassungsgesetzlich gewährleistetes Recht (un diritto costituzionalmente garantito) di entrare nel territorio austriaco o di soggiornarvi. La materia è disciplinata da leggi nazionali e al legislatore è riconosciuta un’ampia discrezionalità.

L’articolo 21 del Trattato UE, come modificato dal Trattato di Lisbona, prevede –in linea di principio – il diritto di ogni cittadino di uno Stato membro dell’UE  di soggiornare (si parla in proposito di “unionsweites Aufenthaltsrecht”) e di circolare liberamente in ogni Stato comunitario. Vengono fatte salve restrizioni derivanti dal Trattato o da norme c.d. secondarie. I cittadini comunitari (con l’ eccezione che vedremo) che esercitano un’attività lavorativa e i loro familiari hanno diritto di entrare e di soggiornare in ogni Stato dell’UE; agli altri cittadini comunitari questi diritti spettano, a condizione di disporre di sufficienti mezzi propri per mantenersi, senza dover ricorrere all’assistenza sociale. Secondo la Corte di giustizia dell’UE, a carico di un cittadino comunitario  un’espulsione senza limite temporale non può essere disposta; inoltre i cittadini comunitari possono invocare, in loro favore, la normativa antidiscriminazione.

La pressione migratoria verso Stati comunitari con un elevato standard di vita e con prestazioni sociali notevoli, sta aumentando da alcuni anni, complice non ultima la crisi economica. Così ad esempio tra il 2009 ed il 2012 in Gran Bretagna è stata registrata l´immigrazione di oltre 2.100.000 di persone. In Inghilterra si attende un’immigrazione di massa specie dalla Romania e dalla Bulgaria da parte di ceti sociali particolarmente bisognosi (c.d. Armutsmigration) dopo l’entrata in vigore – anche per questi due Stati – del diritto alla Freizügigkeit in ambito comunitario.

In Olanda vivono  (e lavorano)  attualmente circa 35.000 persone provenienti dall’est europeo, specie dalla Polonia, impiegate in larga prevalenza nel settore agricolo. Quali cittadini di uno Stato comunitario, per i quali non vigono più le restrizioni finora operanti per la Romania e per la Bulgaria, per l’ingresso nel territorio olandese al fine di potervi svolgere attività lavorativa, dal 2007, non abbisognano più di un permesso di lavoro.

Ad Eindhoven è stato creato (e reso operativo) un centro per migranti europei che si propone di assistere questi immigrati. Va notato che i lavoratori “stranieri” in Olanda sono comunque ben trattati e benvoluti in quanto i cittadini di questo Stato sono ben consapevoli delle gravi conseguenze per l’economia dell’ Olanda se si dovesse far a meno della forza lavoro proveniente dagli Stati comunitari e dall’est europeo.

Attualmente circa 12.000.000 di persone aventi cittadinanza UE vivono in uno Stato membro diverso da quello di origine.

Anche in Germania si è registrato, ultimamente, un notevole aumento degli immigrati. Secondo l’Ufficio Federale di Statistica, nel primo semestre del 2012, vi è stato un incremento pari al 19% rispetto al primo semestre del 2011. In toto, il numero degli immigrati è stato di circa 435.000. Provengono in gran parte dalla Grecia, dalla Spagna e dal Portogallo e vengono impiegati prevalentemente nel Dienstleistungssektor, nell’edilizia e nell’industria.

Particolarmente discusso è un provvedimento del governo elvetico, adottato – unilateralmente – verso la fine di aprile di quest’anno, in base al quale viene introdotto il contingentamento delle persone che possono recarsi  in Svizzera per motivi di lavoro; ciò vale anche per i cittadini comunitari provenienti da determinati Stati dell’UE. Per mettere in atto un limite all’accesso al mercato del lavoro svizzero, la Confederazione elvetica ha invocato, nei confronti dell’UE, la c.d. Ventilklausel, contenuta nel Freizügigkeitsabkommen (FZA) concluso con l’UE.  A decorrere dal primo giugno 2013, è stato introdotto – per la durata di un anno –  il contingentamento delle c.d. B-Bewilligungen (permessi di lavoro di durata quinquennale) per i cittadini comunitari dell’Europa dell’ovest (c. d. EU-17)** e, nel contempo, è stata disposta la proroga, per un anno, del contingentamento per i cittadini comunitari dell’Europa dell’est (c.d. EU-8),  già in atto da un anno.

Presupposto per l’applicazione della c.d. Ventilklausel, è che la media dei permessi di soggiorno rilasciati dalla Svizzera a cittadini dell´ UE nel triennio anteriore all´ attuazione di questa misura restrittiva, sia stata superiore al 5% (superamento del c.d. Schwellenwert).

** Com’è noto la Svizzera non ha aderito all’UE, ma fa parte dello SEE.

Il contingentamento comporta che i lavoratori provenienti dagli Stati comunitari c. d. UE-8 e richiedenti il rilascio di una B-Bewilligung, non potranno superare per un anno 2.180 unità;  le B-Bewilligungen a cittadini comunitari della c.d. UE-17, non saranno più rilasciati una volta superata la quota complessiva di 53.700 unità. Senza attuazione della Ventilklausel, secondo il governo elvetico, il numero degli immigrati in un anno avrebbe superato le 65.000 unità. Le restrizioni in attuazione del contingentamento in base alla Ventilklausel non potranno avere durata oltre il 31 maggio 2014.

Nel maggio di quest’anno gli immigrati in Svizzera – dagli Stati dell’UE – erano circa 1.200.000 e la Confederazione elvetica, attuando unilateralmente il suddetto contingentamento, ha voluto, secondo fonti governative, tenere conto dell “Unbehagen in der Bevölkerung über die gestiegene Zuwanderungszahlen” (del disagio riscontrato nella popolazione (residente) a causa dell’incremento del numero degli immigrati).

La Ventilklausel prevista nel Freizügigkeitsabkommen (FAZ) non è stata invece attuata – nei confronti dei cittadini dell’UE-17 – per quanto concerne le c.d. Kurzaufenthaltsbewilligungen, dette anche L-Bewilligungen (che autorizzano un soggiorno in Svizzera per motivi di lavoro della durata di un anno).

Richiamandosi al Freizügigkeitsabkommen concluso con l´UE, la Confederazione elvetica – secondo quanto detto dalla Bundesrätin Sommaruga – ha voluto procedere ad una “Steuerung der Zuwanderung” (vale a dire a pilotare l’immigrazione), a rendere l’immigrazione di lavoratori “wirtschafts-und gesellschaftsverträglich” (cioè compatibile sotto l’aspetto economico e sociale) per la Svizzera. Ad avviso della BR Sommaruga, la Svizzera, attuando la Ventilklausel, non ha compiuto un “unfreundlichen Akt” nei confronti degli Stati-membro dell´UE, ma si è attenuta a quanto convenuto nel FZA. Si dice che questo membro del governo elvetico, alla domanda, se l’introduzione di restrizioni anche per i cittadini dell’UE-17, potesse avere effetti negativi sui rapporti diplomatici tra l’Unione e la Confederazione elvetica, sarebbe stato perentorio, asserendo che per il governo della Svizzera non si pone la domanda se ciò piaccia o meno all’UE.

L’immigrazione per motivi di lavoro in Svizzera verrà “stoppata” una volta che in un quadrimestre sarà superato il numero di 13.425 richiedenti la c.d. B-Bewilligung provenienti dall’Europa dell’Ovest (EU-17) per riprendere poi di nuovo all’inizio del successivo quadrimestre e proseguire fino al raggiungimento del fatidico numero 13.425. Analogamente si è proceduto per quanto concerne i cittadini UE provenienti dall’Est europeo (EU-8), consentendo l’ ingresso – in un quadrimestre – ad un numero non superiore a 545 unità.

Secondo il Bundesrat, il notevole incremento delle domande volte ad ottenere – da parte di cittadini dell´ UE – un permesso di lavoro in Svizzera, è dovuto anche al fatto che, nell’ambito della stessa UE, negli ultimi anni il “Wohlstandsgefälle” è considerevolmente aumentato “spingendo” i cittadini degli Stati membri “poveri” ad emigrare negli Stati (dello SEE) con un tenore di vita – e con possibilità di guadagno – molto elevati. Un tentativo diretto a modificate la normativa interna della Confederazione elvetica nel senso che la decisione di attuare o meno la Ventilklausel potesse essere presa – oltre che dal Bundesrat – anche dal Parlamento svizzero, non ha avuto l’esito sperato dalle forze xenofobe, anche se, secondo indiscrezioni, i contrasti nell’ambito del Bundesrat, sarebbero stati notevoli.

Nell’aprile dell’anno corrente si è profilata, in seno al Governo svizzero, una maggioranza, dato che i dati statistici degli ultimi 2-3 anni avevano dimostrato che il numero degli immigrati tendeva a superare  quello di 70.000 unità. Oltre alla c.d. Kontingentierung, la Svizzera ha emanato, nel corso dell’anno passato, norme contro la c.d. Scheinsebstständigkeit, il Lohndumping e ha introdotto la Solidarhaftung von Erstunternehmern.

Il passo compiuto – si noti unilateralmente – dal Bundesrat elvetico ha destato non poca sorpresa negli ambienti dell’Ue, anche perché la Svizzera, nel 2008 e nel 2009, benché, secondo il Freizügigkeitsabkommen concluso con l’UE, ci fossero stati i presupposti, non aveva attuato la Ventilklausel. Lo sconcerto avvertito a Bruxelles è stato notevole dal momento che, attuando la Ventilklausel, la Svizzera ha operato una distinzione tra gli Stati  EU-17 ed EU-8, distinzione che a Bruxelles è stata percepita come una discriminazione nei confronti degli Stati membri dell’Est europeo.

Le restrizioni già attuate per effetto della Ventilklausel nei confronti dei c.d. Stati UE-8 (dell’Est europeo) hanno già avuto effetti concreti in quanto le B-Bewilligungen rilasciate a cittadini di questi Stati, sono diminuite in un anno nella misura del 67%. È stato invece registrato un aumento del 60 % circa delle L-Bewilligungen (cioè dei premessi di lavoro rilasciati per la durata di un anno). Il loro considerevole aumento viene visto come un tentativo di aggirare le restrizioni attuate con il rilascio – in minor numero – di B-Bewilligungen.

A proposito dell’interpretazione del FZA sussistono divergenze tra l’UE e la Svizzera, la quale ritiene che l’immigrazione di forze di lavoro non può “dem Arbeitsmarkt allein überlassen werden” anche se la richiesta di lavoratori nel settore turistico e di lavoratori specializzati in Svizzera è tuttora notevole. La Confederazione elvetica, con un tasso di disoccupazione tra i più bassi sul continente europeo e con retribuzioni relativamente alte, ha una forte attrazione per i cittadini di Stati come la Grecia, la Spagna ed il Portogallo, caratterizzati da una disoccupazione notevole e da salari bassi.