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Ricettazione, incauto acquisto, sanzioni amministrative e depenalizzazione

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 10 aprile 2007 , n. 8700
Il 19 febbraio 2003, il Tribunale di Mondovì, accoglie l’opposizione proposta dalla Banca Regionale Europea S.p.A., con il quale il Dirigente Generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) aveva ingiunto alla società il pagamento di una ingente sanzione amministrativa per la violazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni finanziarie eseguite da diversi soggetti.

Il giudice stabilì che le operazioni segnalate dalla G.d.F. rientravano in un “giro di assegni” che la banca aveva consentito, sperando in un miglioramento della situazione economica dei soggetti coinvolti nell’operazione; tali operazioni non apparivano sospette ne’ insinuavano il dubbio che il denaro potesse provenire da uno dei delitti di cui agli artt. 648 - bis e ter, c.p.. Il MEF è ricorso alla Cassazione e la Banca Regionale Europea ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso medesimo e proponendo contestualmente un motivo di ricorso incidentale condizionato.

La Corte di Cassazione si è pronunciata con sentenza 8700/2007.

Il ricorso principale si basa sul fatto che la sentenza impugnata aveva disconosciuto la sufficienza anche del solo sospetto della provenienza illecita delle somme a fare sorgere l’obbligo di segnalazione delle operazioni che le concernevano, e, oltre ad escludere erroneamente da tali operazioni quelle di prelievo, con una motivazione imprecisa, aveva negato che potesse destare sospetto di riciclaggio un sistematico “giro assegni”, che la banca aveva consentito nonostante fosse a conoscenza che la provenienza delle somme movimentate non trovasse fondamento nella situazione patrimoniale, decisamente compromessa, dei titolari dei conti correnti interessati dal giro dei loro familiari. Si ricorda (n.d.r.) che, al contrario, una siffatta operatività dovrebbe destare attenzione rispondente ad una diligenza qualificata non solo dalla normativa antiriciclaggio, bensì dalla regolamentazione di vigilanza per le banche in tema di assegni e rischio di credito.

Infatti, la normativa antiriciclaggio pone a carico degli intermediari bancari e finanziari l’obbligo di segnalare ai titolari delle attività ogni operazione che, per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività del soggetto cui era riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il denaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possa provenire da taluno dei reati indicati nell’art. 648 - bis c.p. (e art. 648 - ter c.p.).

Inoltre, tra dette caratteristiche è compresa, in particolare, l’effettuazione di una pluralità di operazioni non giustificata dall’attività svolta da parte della stessa persona o da parte di persone appartenenti allo stesso nucleo familiare, o dipendenti o collaboratori di una stessa impresa. Per ridurre i margini di incertezza, connessi con valutazioni soggettive, nell’individuazione di operazioni sospette, la Banca d’Italia ha emanato delle “Istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio” (cd. decalogo).

Con tali istruzioni l’Autorità di vigilanza ha introdotto una casistica di anomalie riguardanti la forma oggettiva delle operazioni bancarie, comprendendo anche le movimentazioni tra loro collegate, in presenza delle quali, per risultando “innocue”, si possano dissimulare attività di riciclaggio; inoltre, esse vanno rapportate alla capacità economica o all’attività del cliente, imponendo all’intermediario di effettuare specifiche indagini per valutare la loro effettiva natura.

La valutazione che l’intermediario finanziario fornisce, anche se risultato di un’analisi soggettiva, deve avere natura impersonale ed è puramente tecnica; la segnalazione ha la funzione di mero filtro, poichè l’Ufficio italiano dei cambi (UIC) eserciterà un’ulteriore attività di approfondimento, che può concludersi anche con una archiviazione.

La sentenza impugnata, richiamando la volontà di non creare un “ingolfamento” dell’UIC, ha escluso (assai discutibilmente!) l’esistenza dell’obbligo di segnalazioni di operazioni formalmente anomale, secondo gli indici di anomalia ricavabili dalla casistica delle istruzioni operative della Banca d’Italia. N.D.R. Sul fatto che non si debba ingolfare l’UIC tutti d’accordo, ma questa non è – notoriamente – una discriminante da utilizzarsi per eludere l’obbligo in parola!!

Allo stesso tempo, la decisione non resiste alla censura di vizio di motivazione, affrontata soltanto con l’affermazione che l’impostazione difensiva era troppo semplicistica. Inoltre, il ricorso incidentale deduce l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, avendo la sentenza escluso la tardività della contestazione della violazione, pur essendo decorso, tra la comunicazione del rapporto della G.d.F. al Ministero e la notifica all’interessato degli estremi dell’accertamento, il termine previsto di 90 giorni e non essendo giustificata l’inerzia dell’Amministrazione protrattasi per 5 mesi.

Il motivo è infondato.

In materia di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata, la conclusione dell’accertamento della violazione non coincide con la conoscenza dei fatti nella loro materialità, ma si perfeziona con l’acquisizione da parte dell’Autorità alla quale è stato trasmesso il rapporto di tutti i dati riguardanti gli elementi oggettivo e soggettivo della violazione e con la valutazione di essi indispensabile ai fini di una corretta formulazione della contestazione e con l’ingiustificato inutile decorso del tempo che sia ritenuto necessario per dette acquisizione e valutazione.

Il principio sancito dalla norma, che impone di contestare l’infrazione quando non è possibile farlo immediatamente, entro un preciso termine di decadenza, al fine di consentire l’esercizio da parte dell’interessato del diritto di difesa, non vale, infatti, a superare il rilievo che la pura constatazione dei fatti non coincide necessariamente con l’accertamento e che vi sono ambiti, come quello del riciclaggio, nei quali, richiedendo l’accertamento una attività istruttoria e valutativa successiva alla constatazione, l’osservanza del termine deve essere individuato secondo le particolarità dei singoli casi e indipendentemente dalla data compilazione della nota informativa degli organi, preposti al controllo sull’osservanza delle disposizioni di vigilanza, e dalla data di ricezione della stessa da parte dell’Autorità competente all’accertamento.

A tale principio si è attenuta la sentenza impugnata, che ha ravvisato nell’oggetto della segnalazione della G.d.F. una particolare complessità, della quale ha dato ampiamente conto nell’esporre gli argomenti a sostegno della decisione, e della congruità del tempo trascorso tra la ricezione del rapporto e la notifica degli estremi della violazione, dovendo il Ministero verificare la sussistenza degli elementi accertati, qualificare la violazione ed identificarne i responsabili.

Alla fondatezza dell’unico motivo, seguono l’accoglimento del ricorso principale e il rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Torino, che, dopo una nuova valutazione dei fatti, applicherà il principio che: “la segnalazione di operazioni, non è subordinata all’evidenziazione dalle indagini preliminari dell’operatore e degli intermediari di un quadro indiziario di riciclaggio e neppure all’esclusioni in base ad un loro personale convincimento dell’estraneità delle operazioni ad una attività delittuosa, ma ad un giudizio obiettivo sulla idoneità di esse, valutati gli elementi oggettivi e soggettivi che la caratterizzano, ad essere strumento di elusione alle disposizioni dirette a prevenire e punire l’attività di riciclaggio”.

Il 19 febbraio 2003, il Tribunale di Mondovì, accoglie l’opposizione proposta dalla Banca Regionale Europea S.p.A., con il quale il Dirigente Generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) aveva ingiunto alla società il pagamento di una ingente sanzione amministrativa per la violazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni finanziarie eseguite da diversi soggetti.

Il giudice stabilì che le operazioni segnalate dalla G.d.F. rientravano in un “giro di assegni” che la banca aveva consentito, sperando in un miglioramento della situazione economica dei soggetti coinvolti nell’operazione; tali operazioni non apparivano sospette ne’ insinuavano il dubbio che il denaro potesse provenire da uno dei delitti di cui agli artt. 648 - bis e ter, c.p.. Il MEF è ricorso alla Cassazione e la Banca Regionale Europea ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso medesimo e proponendo contestualmente un motivo di ricorso incidentale condizionato.

La Corte di Cassazione si è pronunciata con sentenza 8700/2007.

Il ricorso principale si basa sul fatto che la sentenza impugnata aveva disconosciuto la sufficienza anche del solo sospetto della provenienza illecita delle somme a fare sorgere l’obbligo di segnalazione delle operazioni che le concernevano, e, oltre ad escludere erroneamente da tali operazioni quelle di prelievo, con una motivazione imprecisa, aveva negato che potesse destare sospetto di riciclaggio un sistematico “giro assegni”, che la banca aveva consentito nonostante fosse a conoscenza che la provenienza delle somme movimentate non trovasse fondamento nella situazione patrimoniale, decisamente compromessa, dei titolari dei conti correnti interessati dal giro dei loro familiari. Si ricorda (n.d.r.) che, al contrario, una siffatta operatività dovrebbe destare attenzione rispondente ad una diligenza qualificata non solo dalla normativa antiriciclaggio, bensì dalla regolamentazione di vigilanza per le banche in tema di assegni e rischio di credito.

Infatti, la normativa antiriciclaggio pone a carico degli intermediari bancari e finanziari l’obbligo di segnalare ai titolari delle attività ogni operazione che, per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività del soggetto cui era riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il denaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possa provenire da taluno dei reati indicati nell’art. 648 - bis c.p. (e art. 648 - ter c.p.).

Inoltre, tra dette caratteristiche è compresa, in particolare, l’effettuazione di una pluralità di operazioni non giustificata dall’attività svolta da parte della stessa persona o da parte di persone appartenenti allo stesso nucleo familiare, o dipendenti o collaboratori di una stessa impresa. Per ridurre i margini di incertezza, connessi con valutazioni soggettive, nell’individuazione di operazioni sospette, la Banca d’Italia ha emanato delle “Istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio” (cd. decalogo).

Con tali istruzioni l’Autorità di vigilanza ha introdotto una casistica di anomalie riguardanti la forma oggettiva delle operazioni bancarie, comprendendo anche le movimentazioni tra loro collegate, in presenza delle quali, per risultando “innocue”, si possano dissimulare attività di riciclaggio; inoltre, esse vanno rapportate alla capacità economica o all’attività del cliente, imponendo all’intermediario di effettuare specifiche indagini per valutare la loro effettiva natura.

La valutazione che l’intermediario finanziario fornisce, anche se risultato di un’analisi soggettiva, deve avere natura impersonale ed è puramente tecnica; la segnalazione ha la funzione di mero filtro, poichè l’Ufficio italiano dei cambi (UIC) eserciterà un’ulteriore attività di approfondimento, che può concludersi anche con una archiviazione.

La sentenza impugnata, richiamando la volontà di non creare un “ingolfamento” dell’UIC, ha escluso (assai discutibilmente!) l’esistenza dell’obbligo di >Il 19 febbraio 2003, il Tribunale di Mondovì, accoglie l’opposizione proposta dalla Banca Regionale Europea S.p.A., con il quale il Dirigente Generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) aveva ingiunto alla società il pagamento di una ingente sanzione amministrativa per la violazione dell’obbligo di segnalazione delle operazioni finanziarie eseguite da diversi soggetti.

Il giudice stabilì che le operazioni segnalate dalla G.d.F. rientravano in un “giro di assegni” che la banca aveva consentito, sperando in un miglioramento della situazione economica dei soggetti coinvolti nell’operazione; tali operazioni non apparivano sospette ne’ insinuavano il dubbio che il denaro potesse provenire da uno dei delitti di cui agli artt. 648 - bis e ter, c.p.. Il MEF è ricorso alla Cassazione e la Banca Regionale Europea ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso medesimo e proponendo contestualmente un motivo di ricorso incidentale condizionato.

La Corte di Cassazione si è pronunciata con sentenza 8700/2007.

Il ricorso principale si basa sul fatto che la sentenza impugnata aveva disconosciuto la sufficienza anche del solo sospetto della provenienza illecita delle somme a fare sorgere l’obbligo di segnalazione delle operazioni che le concernevano, e, oltre ad escludere erroneamente da tali operazioni quelle di prelievo, con una motivazione imprecisa, aveva negato che potesse destare sospetto di riciclaggio un sistematico “giro assegni”, che la banca aveva consentito nonostante fosse a conoscenza che la provenienza delle somme movimentate non trovasse fondamento nella situazione patrimoniale, decisamente compromessa, dei titolari dei conti correnti interessati dal giro dei loro familiari. Si ricorda (n.d.r.) che, al contrario, una siffatta operatività dovrebbe destare attenzione rispondente ad una diligenza qualificata non solo dalla normativa antiriciclaggio, bensì dalla regolamentazione di vigilanza per le banche in tema di assegni e rischio di credito.

Infatti, la normativa antiriciclaggio pone a carico degli intermediari bancari e finanziari l’obbligo di segnalare ai titolari delle attività ogni operazione che, per caratteristiche, entità, natura, o per qualsivoglia altra circostanza conosciuta a ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell’attività del soggetto cui era riferita, induca a ritenere, in base agli elementi a sua disposizione, che il denaro, i beni o le utilità oggetto delle operazioni medesime possa provenire da taluno dei reati indicati nell’art. 648 - bis c.p. (e art. 648 - ter c.p.).

Inoltre, tra dette caratteristiche è compresa, in particolare, l’effettuazione di una pluralità di operazioni non giustificata dall’attività svolta da parte della stessa persona o da parte di persone appartenenti allo stesso nucleo familiare, o dipendenti o collaboratori di una stessa impresa. Per ridurre i margini di incertezza, connessi con valutazioni soggettive, nell’individuazione di operazioni sospette, la Banca d’Italia ha emanato delle “Istruzioni operative per l’individuazione delle operazioni sospette di riciclaggio” (cd. decalogo).

Con tali istruzioni l’Autorità di vigilanza ha introdotto una casistica di anomalie riguardanti la forma oggettiva delle operazioni bancarie, comprendendo anche le movimentazioni tra loro collegate, in presenza delle quali, per risultando “innocue”, si possano dissimulare attività di riciclaggio; inoltre, esse vanno rapportate alla capacità economica o all’attività del cliente, imponendo all’intermediario di effettuare specifiche indagini per valutare la loro effettiva natura.

La valutazione che l’intermediario finanziario fornisce, anche se risultato di un’analisi soggettiva, deve avere natura impersonale ed è puramente tecnica; la segnalazione ha la funzione di mero filtro, poichè l’Ufficio italiano dei cambi (UIC) eserciterà un’ulteriore attività di approfondimento, che può concludersi anche con una archiviazione.

La sentenza impugnata, richiamando la volontà di non creare un “ingolfamento” dell’UIC, ha escluso (assai discutibilmente!) l’esistenza dell’obbligo di segnalazioni di operazioni formalmente anomale, secondo gli indici di anomalia ricavabili dalla casistica delle istruzioni operative della Banca d’Italia. N.D.R. Sul fatto che non si debba ingolfare l’UIC tutti d’accordo, ma questa non è – notoriamente – una discriminante da utilizzarsi per eludere l’obbligo in parola!!

Allo stesso tempo, la decisione non resiste alla censura di vizio di motivazione, affrontata soltanto con l’affermazione che l’impostazione difensiva era troppo semplicistica. Inoltre, il ricorso incidentale deduce l’omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione, avendo la sentenza escluso la tardività della contestazione della violazione, pur essendo decorso, tra la comunicazione del rapporto della G.d.F. al Ministero e la notifica all’interessato degli estremi dell’accertamento, il termine previsto di 90 giorni e non essendo giustificata l’inerzia dell’Amministrazione protrattasi per 5 mesi.

Il motivo è infondato.

In materia di sanzioni amministrative, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata, la conclusione dell’accertamento della violazione non coincide con la conoscenza dei fatti nella loro materialità, ma si perfeziona con l’acquisizione da parte dell’Autorità alla quale è stato trasmesso il rapporto di tutti i dati riguardanti gli elementi oggettivo e soggettivo della violazione e con la valutazione di essi indispensabile ai fini di una corretta formulazione della contestazione e con l’ingiustificato inutile decorso del tempo che sia ritenuto necessario per dette acquisizione e valutazione.

Il principio sancito dalla norma, che impone di contestare l’infrazione quando non è possibile farlo immediatamente, entro un preciso termine di decadenza, al fine di consentire l’esercizio da parte dell’interessato del diritto di difesa, non vale, infatti, a superare il rilievo che la pura constatazione dei fatti non coincide necessariamente con l’accertamento e che vi sono ambiti, come quello del riciclaggio, nei quali, richiedendo l’accertamento una attività istruttoria e valutativa successiva alla constatazione, l’osservanza del termine deve essere individuato secondo le particolarità dei singoli casi e indipendentemente dalla data compilazione della nota informativa degli organi, preposti al controllo sull’osservanza delle disposizioni di vigilanza, e dalla data di ricezione della stessa da parte dell’Autorità competente all’accertamento.

A tale principio si è attenuta la sentenza impugnata, che ha ravvisato nell’oggetto della segnalazione della G.d.F. una particolare complessità, della quale ha dato ampiamente conto nell’esporre gli argomenti a sostegno della decisione, e della congruità del tempo trascorso tra la ricezione del rapporto e la notifica degli estremi della violazione, dovendo il Ministero verificare la sussistenza degli elementi accertati, qualificare la violazione ed identificarne i responsabili.

Alla fondatezza dell’unico motivo, seguono l’accoglimento del ricorso principale e il rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Torino, che, dopo una nuova valutazione dei fatti, applicherà il principio che: “la segnalazione di operazioni, non è subordinata all’evidenziazione dalle indagini preliminari dell’operatore e degli intermediari di un quadro indiziario di riciclaggio e neppure all’esclusioni in base ad un loro personale convincimento dell’estraneità delle operazioni ad una attività delittuosa, ma ad un giudizio obiettivo sulla idoneità di esse, valutati gli elementi oggettivi e soggettivi che la caratterizzano, ad essere strumento di elusione alle disposizioni dirette a prevenire e punire l’attività di riciclaggio”.