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Rinnovabili: la Corte Costituzionale censura l’individuazione di aree idonee

La sentenza della Corte Costituzionale, 11 ottobre 2012 n. 224, riguarda l’individuazione di aree non idonee sul territorio regionale da parte delle Regioni, ed i limiti di tale determinazione. Nel caso di specie, oggetto di censura è stata una legge sarda che, nel “ribaltare” il principio dell’individuazione delle aree non idonee, aveva invece individuato le “aree idonee”, in tal modo escludendo tutte le altre. Vista la natura dell’Ente di Regione a Statuto speciale, si sono inoltre poste al vaglio dei Giudici questioni concernenti la competenza legislativa nelle diverse materie oggetto di valutazione: ambiente, paesaggio, energia. Le conclusioni della Corte Costituzionale mettono in evidenza l’impossibilità di ribaltare i principi fissati dal d. lgs. n. 387/2003 indicando “aree idonee” ed implicitamente escludendo tutte le altre e la necessità di adeguate e concrete ragioni di tutela paesaggistica per giustificare le esclusioni, senza la possibilità di invocare, per la Regione, una competenza primaria circa tali questioni, che coinvolgono plurimi interessi.Corte Costituzionale, 11 ottobre 2012, n. 224 (massime a cura dell’Autore)

Energia – Impianti eolici – Individuazione di aree non idonee – Principi generali d. lgs. 387/2003 – Necessaria osservanza

La competenza primaria attribuita ad una Regione speciale o ad una Provincia autonoma in materia di tutela del paesaggio rende inapplicabili alle suddette autonomie speciali le linee guida di cui al d. lgs. n. 387/2003 nella loro interezza, ma non esonera le medesime dall’osservanza delle disposizioni a carattere generale.

Energia – Impianti eolici – Individuazione aree non idonee – Ratio normativa – Massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili

La ratio ispiratrice del criterio residuale di indicazione delle aree non destinabili alla installazione di impianti eolici deve essere individuata nel principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, derivante dalla normativa europea.

Energia – Impianti eolici – Individuazione aree non idonee – eccezioni alla massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili – Regione Sardegna – necessità di concrete ragioni di tutela paesaggistica

L’inserimento di eccezioni al principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili dovrebbe essere sorretto da adeguate e concrete ragioni di tutela paesaggistica, mentre la generale esclusione di tutto il territorio – tranne le aree tassativamente indicate – esime dalla individuazione della ratio che presiede alla dichiarazione di inidoneità di specifiche tipologie di aree.

Il caso

Il caso che ha originato il giudizio di legittimità costituzionale dal quale è scaturita la sentenza in commento riguardava l’impugnazione innanzi al TAR Sardegna da parte di un Comune e di una società di un provvedimento regionale che, in attuazione del disposto della legge della Regione autonoma Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 in materia[1], vietava la realizzazione di un impianto eolico. La costruzione dell’impianto eolico interessava tre Comuni, l’uno ricorrente unitamente all’impresa che avrebbe realizzato l’opera (sostenendo una violazione dei principi generali in materia di fonti energetiche rinnovabili) e gli altri resistenti, unitamente alla Regione (sostenendo la legittimità del provvedimento viste anche le particolari competenze della Regione Sardegna in materia). Il giudice rimettente, visti gli importanti profili concernenti la competenza nelle diverse materie interessate dal provvedimento (energia, ambiente, paesaggio) e vista la necessità di comprendere il rapporto con la normativa nazionale di cui al d. lgs. n. 387/2003, ha ravvisato la necessità di delineare, ai fini della decisione, la legittimità costituzionale della normativa regionale di riferimento che, onde individuare le aree non idonee alla installazione di impianti eolici[2], si limitava ad indicare la possibilità di costruire tali impianti nelle aree industriali, retroindustriali e limitrofe od in aree già compromesse a livello ambientale, in tal modo implicitamente individuando come aree non idonee tutte le altre. La questione di legittimità costituzionale ha interessato, dunque, tale normativa regionale in relazione al disposto dell’art. 117, secondo comma lett. s) e terzo comma della Costituzione[3], nonché degli artt. 3 e 4 dello Statuto speciale per la Sardegna[4].

Il quadro delle competenze

Prima di analizzare le statuizioni della Corte Costituzionale nella decisione in commento, è bene delineare in estrema sintesi il quadro di competenze relativo alle materie interessate dalla legge regionale sarda oggetto di vaglio di legittimità costituzionale.

Scorrendo la sentenza, si comprende infatti che nel caso di specie i contenuti della legge regionale concernevano:

i) questioni di carattere paesistico, materia di competenza primaria della Regione Sardegna[5];

ii) questioni di carattere ambientale, materia di competenza esclusiva statale;

iii) questioni di normativa energetica, materia di competenza concorrente.

Ciò posto, vediamo ora le affermazioni della Corte Costituzionale nel caso di specie.

Le statuizioni della Corte Costituzionale

Le affermazioni della Corte Costituzionale nella sentenza in commento possono, sinteticamente, essere così elencate:

· la competenza esclusiva della Regione Sardegna in materia di tutela del paesaggio deve essere contemperata con le esigenze di tutela ambientale e, soprattutto nel caso di specie, con i principi fondamentali dettati in materia di energia; perfetto contemperamento è il disposto dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003, applicabile anche alla Regione Sardegna;

· la Regione, nel rispetto dei principi fissati dall’art. 12 comma 10 del d. lgs. 387/2003 (riconosciuti come fondamentali) può indicare le aree non idonee alla realizzazione di impianti alimentati a fonti energetiche rinnovabili, ma non ribaltare tale disposizione, indicando le “aree idonee” ed implicitamente escludendo tutte le altre;

· effetto di una siffatta esclusione “a contrario” è l’esclusione indiscriminata dell’intero territorio regionale, tolte le limitate aree idonee individuate; tale esclusione è illegittima in quanto lesiva del principio europeo di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, contrastante col disposto dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003, non giustificata sulla base di ragioni di carattere paesistico e, comunque, troppo generica per individuare una ratio alla base dell’esclusione.

La prima affermazione dei Giudici deriva sia dall’analisi degli interessi coinvolti ed incisi dalla normativa sarda, sia dalla precedente giurisprudenza costituzionale in materia.

Come visto, il quadro di competenze nel caso di specie risulta complesso. A complicare ulteriormente il quadro, si è poi innestato l’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003, che ha statuito la possibilità per le Regioni, previa approvazione di linee guida ministeriali (approvate soltanto con DM 10 settembre 1010, successivamente alla legge regionale oggetto di vaglio di legittimità) di indicare “aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti”.

Nella decisione oggetto di commento, la difesa giudiziale della Regione ha fatto leva sull’art. 19 del d. lgs. 387/2003, che faceva salve le specifiche competenze delle Regioni a Statuto speciale, per escludere l’applicabilità del disposto di tale decreto alla Regione Sardegna. Ciò, onde evidenziare che l’intervento normativo regionale sarebbe dunque stato legittimo in quanto espressione della competenza primaria in materia paesisitica.

Sul punto però, la giurisprudenza della Corte Costituzionale aveva già riconosciuto in passato all’art. 12 comma 10 il ruolo di principio fondamentale nella materia dell’energia, di competenza concorrente, nonché di perfetto contemperamento di competenze in tale ambito[6].

Nel caso di specie, stabilito che “l’attribuzione allo Stato della competenza a porre i principi fondamentali della materia energia non annulla quella della Regione Sardegna a tutelare il paesaggio, così come la competenza regionale in materia paesaggistica non rende inapplicabili alla medesima Regione i principi di cui sopra” e ribadita la competenza esclusiva statale in materia ambientale, la Corte ha confermato la visione dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003 come disposizione:

i) di equilibrio, che trova la perfetta sintesi del quadro di competenze suddetto nell’ambito della “determinazione di aree non idonee”;

ii) che corrisponde ad un principio fondamentale della materia “energia”, con ciò applicabile anche alle Regioni a statuto speciale “superando” il limite dettato dall’art. 19 delle linee guida di cui al d. lgs. n. 387/2003.

La seconda affermazione della Corte Costituzionale costituisce la vera novità contenuta nella sentenza in commento ed inserisce un altro tassello nel variegato mosaico delle declaratorie di illegittimità costituzionale sul tema dell’individuazione di aree non idonee. Se, infatti, sino ad oggi si erano affrontati casi di leggi regionali individuanti aree non idonee, illegittime sia per i contenuti che, di frequente, per l’essere state emanate prima del DM 10 settembre 2010[7], la decisione in commento ha riguardato il singolare caso di individuazione di “aree idonee” esplicitamente escludente tutte le altre aree. Orbene, la Corte ha ravvisato già in questo un illegittimo “rovesciamento” della disciplina dettata dal d. lgs. n. 387/2003.

Tale “rovesciamento metodologico” ha, peraltro, importanti effetti, che la Corte ha puntualmente valutato e censurato.

Infatti, la terza affermazione dei Giudici deriva dalla valutazione circa la sussistenza, nell’individuazione di “aree idonee” operata dalla Regione Sardegna, dei requisiti in termini di specificità, motivazione e connessione con comprovate esigenze territoriali giurisprudenzialmente e, dopo il DM 10 settembre 2010, normativamente richiesti per una legittima individuazione delle aree non idonee.

Sul punto, la Corte ha concluso indicando:

i) che l’esclusione implicita dell’intero territorio regionale, tolte le poche aree idonee, è indiscriminata e generica[8];

ii) ancor di più, che è assente una puntuale giustificazione di tale esclusione; sottolinea infatti la Corte che, vista la competenza primaria regionale in tema di tutela paesaggistica, “bene avrebbe potuto la Regione Sardegna individuare le aree non idonee all’inserimento di impianti eolici con riferimento specifico alla propria competenza primaria in materia paesistica, differenziandosi così dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita”;

iii) quanto al rapporto con il principio di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, principio fondamentale di origine comunitaria in materia energetica, che nel caso di specie un’esclusione con i predetti caratteri confligge palesemente con il principio medesimo[9].

Brevi considerazioni

In disparte dalle valutazioni circa il ritardo (circa 7 anni) del legislatore nell’indicazione di criteri in materia di individuazione di aree non idonee, avvenuta solo attraverso le “linee guida” di cui al DM 10 settembre 2010, paiono condivisibili le statuizioni della Corte in ordine all’assenza di giustificazione nonché alla eccessiva genericità ed indeterminatezza di una individuazione di “aree idonee” come quella oggetto di valutazione. La ratio normativa era, ed è, quella di una esclusione puntuale, precisa e giustificata da comprovate esigenze nonché il più possibile limitata di “aree non idonee”.

Positiva, anche , l’assenza di enfasi circa l’emanazione della normativa in precedenza rispetto alle linee guida di riferimento, aspetto che, visto il ritardo nell’emanazione di tali linee guida, ove posto alla base della decisione ne avrebbe ridotto la portata.

Importanti, in ultimo, le valutazioni circa il riparto di competenze, pur nella persistente difficoltà di individuare una gerarchia, o comunque un ordine di valutazione, tra ambiente, paesaggio ed energia, vista la poco chiara normativa sul punto e la giurisprudenza non sempre allineata.

Oggi, il DM 10 settembre 2010, ed il suo allegato III, dovrebbero fungere da importante riferimento per le Regioni, le quali hanno un margine decisionale ed operativo in termini di individuazione di aree non idonee alla realizzazione di impianti meglio delineato. Le disposizioni del decreto, certamente, non possono fugare tutti i dubbi in merito, ma ove accostate alle, ormai numerose, statuizioni della Corte Costituzionale[10], compresa la presente, possono fornire un importante spunto per legittimi interventi normativi.

 

[1] La norma regionale indica l’eslusione delle “aree industriali, retroindustriali e limitrofe, anche se ricadenti negli ambiti di paesaggio costieri oltre la fascia dei 300 metri” e le “aree già compromesse dal punto di vista ambientale, da individuarsi puntualmente nello studio specifico di cui all’articolo 112 delle norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale”.[2] In attuazione del disposto dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. 387/2003 seppur prima dell’emanazione del DM 10 settembre 2010

[3] L’art. 117, secondo comma, lett. s), delinea la potestà legislativa esclusiva dello Stato per la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. Il terzo comma individua come materia di legislazione concorrente “trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”.

[4] L’art. 4 dello Statuto indica come materia nella quale la Regione Sardegna emana normative “la produzione e distribuzione dell’energia elettrica”. L’art. 3, invece, riconosce potestà legislativa primaria in tema di edilizia ed urbanistica.

[5] Il punto non è contestato in sentenza. Infatti, la Corte Costituzionale aveva riconosciuto con sentenza n. 51/2006 che la Regione Sardegna disponesse “nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia e urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale” .

Peraltro, nel giudizio si è rafforzato tale assunto mediante le disposizioni di cui agli articoli 5 e 6 del Dpr 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna). Tali previsioni stabiliscono che spetta alla Regione Sardegna l’approvazione dei piani territoriali di coordinamento e che sono trasferite competenze a tal fine funzionali.

La difesa giudiziale della Regione ha, inoltre, sottolineato il disposto dell’articolo 1 della legge regione Sardegna 25 novembre 2004, n. 8 (Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale), rubricato “Pianificazione paesaggistica regionale”, che stabilisce che la Giunta regionale adotta il piano paesaggistico regionale (P.p.r.) quale principale strumento della pianificazione territoriale regionale al fine di assicurare un’adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio, e che il piano paesaggistico regionale costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale

[6] Nella sentenza in commento si legge “sia lo Stato sia le Regioni a statuto speciale e le Province autonome non devono travalicare i limiti delle rispettive competenze, adeguandosi all’equilibrio prescritto dall’articolo 12, comma 10, del Dlgs n. 387 del 2003, che questa Corte ha già riconosciuto – con la sentenza n. 275 del 2011 – rispettoso di tutte le competenze degli enti chiamati a disciplinare, a diverso titolo, la materia della installazione degli impianti eolici”.

[7] Tale aspetto, sussistente anche nel caso di specie, non è stato curiosamente oggetto di valutazione da parte dei Giudici, che hanno evidentemente preferito approfondire profili di carattere sostanziale relativi ai contenuti della normativa, piuttosto che accentuare la data di emanazione della stessa e l’assenza di linee guida. Ciò, forse, anche in ragione del “colpevole” ritardo nell’emanazione delle linee guida di cui al DM 10 settembre 2010, che ha posto significativi problemi per la normativa in tema di fonti energetiche rinnovabili.

[8] Ciò, seppure nel caso di specie la normativa regionale richiedesse la redazione di uno studio specifico in relazione alle aree ambientalmente compromesse per l’individuazione di aree idonee.

[9] A nulla è parsa rilevare la circostanza della attuale presenza di numerosi impianti in Regione Sardegna, aspetto sottolineato dalla difesa giudiziale dell’Ente.

[10] Si vedano, ad esempio, Corte Costituzionale, 6 novembre 2009, n. 282; Corte Costituzionale 26 marzo 2010 n.119; Corte Costituzionale, 28 aprile 2010, n. 168 (quest’ultima, più volte richiamata nella sentenza in commento).

La sentenza della Corte Costituzionale, 11 ottobre 2012 n. 224, riguarda l’individuazione di aree non idonee sul territorio regionale da parte delle Regioni, ed i limiti di tale determinazione. Nel caso di specie, oggetto di censura è stata una legge sarda che, nel “ribaltare” il principio dell’individuazione delle aree non idonee, aveva invece individuato le “aree idonee”, in tal modo escludendo tutte le altre. Vista la natura dell’Ente di Regione a Statuto speciale, si sono inoltre poste al vaglio dei Giudici questioni concernenti la competenza legislativa nelle diverse materie oggetto di valutazione: ambiente, paesaggio, energia. Le conclusioni della Corte Costituzionale mettono in evidenza l’impossibilità di ribaltare i principi fissati dal d. lgs. n. 387/2003 indicando “aree idonee” ed implicitamente escludendo tutte le altre e la necessità di adeguate e concrete ragioni di tutela paesaggistica per giustificare le esclusioni, senza la possibilità di invocare, per la Regione, una competenza primaria circa tali questioni, che coinvolgono plurimi interessi.Corte Costituzionale, 11 ottobre 2012, n. 224 (massime a cura dell’Autore)

Energia – Impianti eolici – Individuazione di aree non idonee – Principi generali d. lgs. 387/2003 – Necessaria osservanza

La competenza primaria attribuita ad una Regione speciale o ad una Provincia autonoma in materia di tutela del paesaggio rende inapplicabili alle suddette autonomie speciali le linee guida di cui al d. lgs. n. 387/2003 nella loro interezza, ma non esonera le medesime dall’osservanza delle disposizioni a carattere generale.

Energia – Impianti eolici – Individuazione aree non idonee – Ratio normativa – Massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili

La ratio ispiratrice del criterio residuale di indicazione delle aree non destinabili alla installazione di impianti eolici deve essere individuata nel principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, derivante dalla normativa europea.

Energia – Impianti eolici – Individuazione aree non idonee – eccezioni alla massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili – Regione Sardegna – necessità di concrete ragioni di tutela paesaggistica

L’inserimento di eccezioni al principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili dovrebbe essere sorretto da adeguate e concrete ragioni di tutela paesaggistica, mentre la generale esclusione di tutto il territorio – tranne le aree tassativamente indicate – esime dalla individuazione della ratio che presiede alla dichiarazione di inidoneità di specifiche tipologie di aree.

Il caso

Il caso che ha originato il giudizio di legittimità costituzionale dal quale è scaturita la sentenza in commento riguardava l’impugnazione innanzi al TAR Sardegna da parte di un Comune e di una società di un provvedimento regionale che, in attuazione del disposto della legge della Regione autonoma Sardegna 29 maggio 2007, n. 2 in materia[1], vietava la realizzazione di un impianto eolico. La costruzione dell’impianto eolico interessava tre Comuni, l’uno ricorrente unitamente all’impresa che avrebbe realizzato l’opera (sostenendo una violazione dei principi generali in materia di fonti energetiche rinnovabili) e gli altri resistenti, unitamente alla Regione (sostenendo la legittimità del provvedimento viste anche le particolari competenze della Regione Sardegna in materia). Il giudice rimettente, visti gli importanti profili concernenti la competenza nelle diverse materie interessate dal provvedimento (energia, ambiente, paesaggio) e vista la necessità di comprendere il rapporto con la normativa nazionale di cui al d. lgs. n. 387/2003, ha ravvisato la necessità di delineare, ai fini della decisione, la legittimità costituzionale della normativa regionale di riferimento che, onde individuare le aree non idonee alla installazione di impianti eolici[2], si limitava ad indicare la possibilità di costruire tali impianti nelle aree industriali, retroindustriali e limitrofe od in aree già compromesse a livello ambientale, in tal modo implicitamente individuando come aree non idonee tutte le altre. La questione di legittimità costituzionale ha interessato, dunque, tale normativa regionale in relazione al disposto dell’art. 117, secondo comma lett. s) e terzo comma della Costituzione[3], nonché degli artt. 3 e 4 dello Statuto speciale per la Sardegna[4].

Il quadro delle competenze

Prima di analizzare le statuizioni della Corte Costituzionale nella decisione in commento, è bene delineare in estrema sintesi il quadro di competenze relativo alle materie interessate dalla legge regionale sarda oggetto di vaglio di legittimità costituzionale.

Scorrendo la sentenza, si comprende infatti che nel caso di specie i contenuti della legge regionale concernevano:

i) questioni di carattere paesistico, materia di competenza primaria della Regione Sardegna[5];

ii) questioni di carattere ambientale, materia di competenza esclusiva statale;

iii) questioni di normativa energetica, materia di competenza concorrente.

Ciò posto, vediamo ora le affermazioni della Corte Costituzionale nel caso di specie.

Le statuizioni della Corte Costituzionale

Le affermazioni della Corte Costituzionale nella sentenza in commento possono, sinteticamente, essere così elencate:

· la competenza esclusiva della Regione Sardegna in materia di tutela del paesaggio deve essere contemperata con le esigenze di tutela ambientale e, soprattutto nel caso di specie, con i principi fondamentali dettati in materia di energia; perfetto contemperamento è il disposto dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003, applicabile anche alla Regione Sardegna;

· la Regione, nel rispetto dei principi fissati dall’art. 12 comma 10 del d. lgs. 387/2003 (riconosciuti come fondamentali) può indicare le aree non idonee alla realizzazione di impianti alimentati a fonti energetiche rinnovabili, ma non ribaltare tale disposizione, indicando le “aree idonee” ed implicitamente escludendo tutte le altre;

· effetto di una siffatta esclusione “a contrario” è l’esclusione indiscriminata dell’intero territorio regionale, tolte le limitate aree idonee individuate; tale esclusione è illegittima in quanto lesiva del principio europeo di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, contrastante col disposto dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003, non giustificata sulla base di ragioni di carattere paesistico e, comunque, troppo generica per individuare una ratio alla base dell’esclusione.

La prima affermazione dei Giudici deriva sia dall’analisi degli interessi coinvolti ed incisi dalla normativa sarda, sia dalla precedente giurisprudenza costituzionale in materia.

Come visto, il quadro di competenze nel caso di specie risulta complesso. A complicare ulteriormente il quadro, si è poi innestato l’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003, che ha statuito la possibilità per le Regioni, previa approvazione di linee guida ministeriali (approvate soltanto con DM 10 settembre 1010, successivamente alla legge regionale oggetto di vaglio di legittimità) di indicare “aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti”.

Nella decisione oggetto di commento, la difesa giudiziale della Regione ha fatto leva sull’art. 19 del d. lgs. 387/2003, che faceva salve le specifiche competenze delle Regioni a Statuto speciale, per escludere l’applicabilità del disposto di tale decreto alla Regione Sardegna. Ciò, onde evidenziare che l’intervento normativo regionale sarebbe dunque stato legittimo in quanto espressione della competenza primaria in materia paesisitica.

Sul punto però, la giurisprudenza della Corte Costituzionale aveva già riconosciuto in passato all’art. 12 comma 10 il ruolo di principio fondamentale nella materia dell’energia, di competenza concorrente, nonché di perfetto contemperamento di competenze in tale ambito[6].

Nel caso di specie, stabilito che “l’attribuzione allo Stato della competenza a porre i principi fondamentali della materia energia non annulla quella della Regione Sardegna a tutelare il paesaggio, così come la competenza regionale in materia paesaggistica non rende inapplicabili alla medesima Regione i principi di cui sopra” e ribadita la competenza esclusiva statale in materia ambientale, la Corte ha confermato la visione dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. n. 387/2003 come disposizione:

i) di equilibrio, che trova la perfetta sintesi del quadro di competenze suddetto nell’ambito della “determinazione di aree non idonee”;

ii) che corrisponde ad un principio fondamentale della materia “energia”, con ciò applicabile anche alle Regioni a statuto speciale “superando” il limite dettato dall’art. 19 delle linee guida di cui al d. lgs. n. 387/2003.

La seconda affermazione della Corte Costituzionale costituisce la vera novità contenuta nella sentenza in commento ed inserisce un altro tassello nel variegato mosaico delle declaratorie di illegittimità costituzionale sul tema dell’individuazione di aree non idonee. Se, infatti, sino ad oggi si erano affrontati casi di leggi regionali individuanti aree non idonee, illegittime sia per i contenuti che, di frequente, per l’essere state emanate prima del DM 10 settembre 2010[7], la decisione in commento ha riguardato il singolare caso di individuazione di “aree idonee” esplicitamente escludente tutte le altre aree. Orbene, la Corte ha ravvisato già in questo un illegittimo “rovesciamento” della disciplina dettata dal d. lgs. n. 387/2003.

Tale “rovesciamento metodologico” ha, peraltro, importanti effetti, che la Corte ha puntualmente valutato e censurato.

Infatti, la terza affermazione dei Giudici deriva dalla valutazione circa la sussistenza, nell’individuazione di “aree idonee” operata dalla Regione Sardegna, dei requisiti in termini di specificità, motivazione e connessione con comprovate esigenze territoriali giurisprudenzialmente e, dopo il DM 10 settembre 2010, normativamente richiesti per una legittima individuazione delle aree non idonee.

Sul punto, la Corte ha concluso indicando:

i) che l’esclusione implicita dell’intero territorio regionale, tolte le poche aree idonee, è indiscriminata e generica[8];

ii) ancor di più, che è assente una puntuale giustificazione di tale esclusione; sottolinea infatti la Corte che, vista la competenza primaria regionale in tema di tutela paesaggistica, “bene avrebbe potuto la Regione Sardegna individuare le aree non idonee all’inserimento di impianti eolici con riferimento specifico alla propria competenza primaria in materia paesistica, differenziandosi così dalle Regioni cui tale competenza non è attribuita”;

iii) quanto al rapporto con il principio di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili, principio fondamentale di origine comunitaria in materia energetica, che nel caso di specie un’esclusione con i predetti caratteri confligge palesemente con il principio medesimo[9].

Brevi considerazioni

In disparte dalle valutazioni circa il ritardo (circa 7 anni) del legislatore nell’indicazione di criteri in materia di individuazione di aree non idonee, avvenuta solo attraverso le “linee guida” di cui al DM 10 settembre 2010, paiono condivisibili le statuizioni della Corte in ordine all’assenza di giustificazione nonché alla eccessiva genericità ed indeterminatezza di una individuazione di “aree idonee” come quella oggetto di valutazione. La ratio normativa era, ed è, quella di una esclusione puntuale, precisa e giustificata da comprovate esigenze nonché il più possibile limitata di “aree non idonee”.

Positiva, anche , l’assenza di enfasi circa l’emanazione della normativa in precedenza rispetto alle linee guida di riferimento, aspetto che, visto il ritardo nell’emanazione di tali linee guida, ove posto alla base della decisione ne avrebbe ridotto la portata.

Importanti, in ultimo, le valutazioni circa il riparto di competenze, pur nella persistente difficoltà di individuare una gerarchia, o comunque un ordine di valutazione, tra ambiente, paesaggio ed energia, vista la poco chiara normativa sul punto e la giurisprudenza non sempre allineata.

Oggi, il DM 10 settembre 2010, ed il suo allegato III, dovrebbero fungere da importante riferimento per le Regioni, le quali hanno un margine decisionale ed operativo in termini di individuazione di aree non idonee alla realizzazione di impianti meglio delineato. Le disposizioni del decreto, certamente, non possono fugare tutti i dubbi in merito, ma ove accostate alle, ormai numerose, statuizioni della Corte Costituzionale[10], compresa la presente, possono fornire un importante spunto per legittimi interventi normativi.

 

[1] La norma regionale indica l’eslusione delle “aree industriali, retroindustriali e limitrofe, anche se ricadenti negli ambiti di paesaggio costieri oltre la fascia dei 300 metri” e le “aree già compromesse dal punto di vista ambientale, da individuarsi puntualmente nello studio specifico di cui all’articolo 112 delle norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale”.[2] In attuazione del disposto dell’art. 12 comma 10 del d. lgs. 387/2003 seppur prima dell’emanazione del DM 10 settembre 2010

[3] L’art. 117, secondo comma, lett. s), delinea la potestà legislativa esclusiva dello Stato per la “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”. Il terzo comma individua come materia di legislazione concorrente “trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”.

[4] L’art. 4 dello Statuto indica come materia nella quale la Regione Sardegna emana normative “la produzione e distribuzione dell’energia elettrica”. L’art. 3, invece, riconosce potestà legislativa primaria in tema di edilizia ed urbanistica.

[5] Il punto non è contestato in sentenza. Infatti, la Corte Costituzionale aveva riconosciuto con sentenza n. 51/2006 che la Regione Sardegna disponesse “nell’esercizio delle proprie competenze statutarie in tema di edilizia e urbanistica, anche del potere di intervenire in relazione ai profili di tutela paesistico-ambientale” .

Peraltro, nel giudizio si è rafforzato tale assunto mediante le disposizioni di cui agli articoli 5 e 6 del Dpr 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna). Tali previsioni stabiliscono che spetta alla Regione Sardegna l’approvazione dei piani territoriali di coordinamento e che sono trasferite competenze a tal fine funzionali.

La difesa giudiziale della Regione ha, inoltre, sottolineato il disposto dell’articolo 1 della legge regione Sardegna 25 novembre 2004, n. 8 (Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale), rubricato “Pianificazione paesaggistica regionale”, che stabilisce che la Giunta regionale adotta il piano paesaggistico regionale (P.p.r.) quale principale strumento della pianificazione territoriale regionale al fine di assicurare un’adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio, e che il piano paesaggistico regionale costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale

[6] Nella sentenza in commento si legge “sia lo Stato sia le Regioni a statuto speciale e le Province autonome non devono travalicare i limiti delle rispettive competenze, adeguandosi all’equilibrio prescritto dall’articolo 12, comma 10, del Dlgs n. 387 del 2003, che questa Corte ha già riconosciuto – con la sentenza n. 275 del 2011 – rispettoso di tutte le competenze degli enti chiamati a disciplinare, a diverso titolo, la materia della installazione degli impianti eolici”.

[7] Tale aspetto, sussistente anche nel caso di specie, non è stato curiosamente oggetto di valutazione da parte dei Giudici, che hanno evidentemente preferito approfondire profili di carattere sostanziale relativi ai contenuti della normativa, piuttosto che accentuare la data di emanazione della stessa e l’assenza di linee guida. Ciò, forse, anche in ragione del “colpevole” ritardo nell’emanazione delle linee guida di cui al DM 10 settembre 2010, che ha posto significativi problemi per la normativa in tema di fonti energetiche rinnovabili.

[8] Ciò, seppure nel caso di specie la normativa regionale richiedesse la redazione di uno studio specifico in relazione alle aree ambientalmente compromesse per l’individuazione di aree idonee.

[9] A nulla è parsa rilevare la circostanza della attuale presenza di numerosi impianti in Regione Sardegna, aspetto sottolineato dalla difesa giudiziale dell’Ente.

[10] Si vedano, ad esempio, Corte Costituzionale, 6 novembre 2009, n. 282; Corte Costituzionale 26 marzo 2010 n.119; Corte Costituzionale, 28 aprile 2010, n. 168 (quest’ultima, più volte richiamata nella sentenza in commento).