x

x

Sulle modalità di interpretazione del bando di gara; rassegna degli orientamenti giurisprudenziali

bando di gara
bando di gara

Sulle modalità di interpretazione del bando di gara; rassegna degli orientamenti giurisprudenziali


Nell’ambito delle procedure concorsuali per l’affidamento di appalti pubblici, di varia natura, occupa una posizione preminente il bando di gara che costituisce, de facto, la lex specialis dell’affidamento che, di volta in volta, viene in rilievo.

Nel descritto contesto occorre evidenziare, in via preliminare, quale natura e quale valenza giuridica sia da attribuire al bando di gara, con particolare riferimento all’ipotesi di una eventuale etero-integrazione dello stesso.

Una recente pronuncia del massimo organo di giustizia ammnistrativa, si veda Cons.Stato, sentenza n.1439 del 13.02.2024, resa dalla sez. V, ribadisce come  la regola cui fare riferimento per la risoluzione della questione in esame sia, tenuto conto del c.d. “principio della gerarchia delle fonti” delle procedure di evidenza pubblica, che, nell’ambito dell’autonomia e della specifica funzione connotante l’adozione degli atti di indizione di un appalto pubblico assegna al bando la fissazione delle regole di gara, al disciplinare l’enucleazione dei dettagli procedimentali, ed al capitolato la sola eventuale integrazione delle disposizioni del bando, di regola con particolare riferimento agli aspetti tecnici, anche in funzione dell’assumendo vincolo contrattuale (tra tante, Cons. Stato,  sez. V, 30.08.2022, n. 7573).

La fondatezza dell’assunto sopra esplicitato rinviene la propria genesi nel costante orientamento giurisprudenziale a mente del quale, ai fini dell’interpretazione delle clausole di un bando di gara, debbano essere applicate le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 c.c., che esclude che esse possano essere assoggettate a un procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretta a evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, imponendo che la loro interpretazione fondi sul significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione, fermo restando che, laddove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, debba prescegliersi, in forza del principio del favor partecipationis, il significato più favorevole al concorrente (ex plurimis: Cons. Stato, sez. V, 29.11.2022, n. 10491; 04.10.2022, n. 8481; 02.03.2022 n.1486; 06.08.2021, n. 5781; 08.04.2021, n. 2844; 08.01.2021, n. 298; sez. III, 24.11.2020, n. 7345; 15.02.2021, n. 1322;  sez. VI, 06.03.2018, n. 1447;  sez. V, 27.05.2014, n. 2709).

Riprendendo argomentazioni in parte già accennate giova evidenziare che il bando, il disciplinare e il capitolato speciale d’appalto hanno ciascuno una propria autonomia ed una propria specifica funzione nell’economia della procedura di appalto.

Al riguardo si rileva che bando ha, anzitutto, la funzione di rendere adeguatamente informati i soggetti potenzialmente interessati dell’intendimento della stazione appaltante di contrattare (avendo, sotto questo profilo, funzione indittiva) e, a tal fine, scolpisce, sul piano formale, le “regole fondamentali” della procedura evidenziale, sul piano sostanziale, l’oggetto del contratto e le relative prestazioni (funzione precontrattuale).

Il bando di gara, dunque, provvede a definire non solo la disciplina in base quale i candidati dovranno attenersi nel confronto competitivo e nella formulazione della propria offerta, ma anche l’insieme delle regole procedimentali che la stessa stazione appaltante sarà chiamata a rispettare, nella concorrente logica (pubblicistica) dell’autovincolo e in quella (privatistica) della promessa affidante in incertam personam.

È, perciò, anzitutto nel bando di gara che devono essere con precisione individuati i requisiti di idoneità professionale e di capacità tecnica ed economica che gli operatori economici devono possedere per l’accesso alla procedura concorrenziale.

 Ad ogni buon conto risulta acclarato, altresì, che l’insieme delle regole fondamentali di gara, che valgono a delineare la c.d. lex specialis della selezione, può essere ricavato anche dagli atti “allegati” al bando (capitolato speciale d’appalto e/o disciplinare di gara), a condizione che, come ha precisato con consolidato orientamento, la giurisprudenza amministrativa, nel bando sia individuato in modo chiaro un criterio certo ed inequivoco di reperimento degli stessi.

Dalle superiori argomentazioni discende che è proprio il bando di gara a rappresentare il “documento fondamentale” del procedimento di evidenza pubblica, al quale è rimesso di individuare i necessari riferimenti e gli eventuali collegamenti agli (ulteriori, correlati e successivi) atti di gara, i quali derivano il proprio contenuto (e la propria “legittimazione” funzionale) necessariamente dal primo.

È per questo che si è precisato, e giova ribadirlo riprendendo considerazioni già sopra sviluppate, che ognuno dei predetti atti (bando, disciplinare e capitolato) ha una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell’economia della procedura di evidenza pubblica, il primo fissando le regole di gara, il secondo disciplinando in particolare i dettagli procedimentali, il terzo (eventualmente) integrando le disposizioni del bando, di norma con particolare riferimento agli aspetti tecnici anche in funzione dell’assumendo vincolo contrattuale.

Alla luce di quanto sopra rappresentato discende che sussiste, de facto et de iure, una gerarchia differenziata  all’interno della complessiva documentazione di gara che, con specifico riguardo alla risoluzione di concreti contrasti interni tra le varie disposizioni della lex specialis, impone di dare la prevalenza alle previsioni del bando, evidenziando come le disposizioni del capitolato (o del disciplinare) possano soltanto integrare, ma non modificare le prime (cfr., tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 3 marzo 2021, n. 1804; sez. III, 29 aprile 2015, n. 2186;  sez. III, 11 luglio 2013 n. 3735;  sez. V, 24 gennaio 2013 n. 439; sez. V, 17 ottobre 2012 n. 5297; sez. V, 23 giugno 2010 n. 3963).

A riprova della fondatezza dell’assunto che precede si rammenta che la problematica interpretativa delle clausole della lex specialis risulta sostanzialmente definita, in termini sostanzialmente inequivoci e come tali integranti la fattispecie dello ius receptum, in quanto il Consiglio di Stato, con una pluralità di sentenze da esso adottate, ritiene che le previsioni del bando di gara, eventualmente, vincolino tanto i concorrenti quanto la stazione appaltante, in capo alla quale non sussiste alcun margine di discrezionalità per la loro concreta attuazione: in effetti l’Ente che ha indetto la procedura di gara non potrebbe disapplicare le regole da esso determinate e ciò nemmeno qualora risultino formulate in modo inopportuno o incongruo, potendo, in tal caso, al più, ricorrere all’autotutela annullando il bando di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19.09.2011, n. 5282).

Alla luce dell’arresto di cui sopra giova evidenziare come il richiamato rigore formale che caratterizza la disciplina delle procedure di gara, rinviene la propria genesi “nelle inderogabili esigenze di certezza e celerità dell’azione amministrativa, che nella necessità di garantire l’imparzialità dell’azione amministrativa e la par condicio fra i concorrenti: di conseguenza, un’interpretazione diversa da quella letterale può essere effettuata soltanto qualora una disposizione contenuta nel bando di gara o nella lettera di invito sia formulata in modo equivoco (cfr. Cons. Stato, sez. V, 02.08.2010, n. 5075)”.

Le richiamate esigenze di certezza dell’azione amministrativa, soprattutto in sede di procedure ad evidenza pubblica, impongono di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara, delle quali va preclusa qualsiasi esegesi non giustificata da un’oggettiva incertezza del loro significato; parimenti, si devono reputare comunque preferibili, a tutela dell’affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle previsioni da chiarire, evitando che il procedimento ermeneutico conduca all’integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale (Cons. Stato, sez. IV, 05.10.2005, n. 5367; sez. V, 15.04.2004, n. 2162).

In sede di interpretazione delle clausole del bando per l’aggiudicazione di un contratto della pubblica amministrazione, “deve darsi, pertanto, prevalenza alle espressioni letterali in esse contenute, escludendo ogni procedimento ermeneutico in funzione integrativa diretto ad evidenziare pretesi significati e ad ingenerare incertezze nell’applicazione” (Cons. Stato, sez. V, 30.08.2005, n. 4431)”.

In ogni caso, a fronte di una clausola cui si riconnette una portata escludente ed a fronte del carattere non univoco della disposizione in essa racchiusa, l’interprete deve conformare la propria attività interpretativa al criterio del favor partecipationis, favorendo l’applicazione della disposizione che consenta la massima partecipazione possibile alla procedura (cfr.: T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 03.12.2020, n.12968; Cons. Stato, sez. V, 14.04.2020 n. 2400), escludendosi, per contro, una  soluzione ermeneutica “soppressiva” contrastante con il principio di conservazione degli atti giuridici, previsto quale criterio di interpretazione dei contratti dall’art. 1367 c.c. e pacificamente applicabile anche agli atti e provvedimenti amministrativi, inclusi gli atti delle gare pubbliche (Cons. Stato, sez. III, 25.11.2016, n. 4991 e 10.12.2013, n. 5917; sez. V, 13.03.2014, n. 1177) e ciò in quanto  il principio di conservazione, sancito anche a livello di normazione amministrativa dall’art. 21nonies, comma 2, della l. n. 241/1990, costituisce espressione del principio di economicità ed efficacia dell’attività amministrativa di cui all’art. 1, comma 1, della stessa legge n. 241 (cosi Cons. Stato, zez. III, 10.07.2015, n. 3488).[1]

Ad ulteriore sostegno circa la corretta interpretazione degli atti amministrativi, fra i quali rientrano i bandi di gara, si evidenzia come la giurisprudenza, in modo pressocché unanime, abbia affermato che essa “soggiace alle stesse regole dettate dall’art. 1362 e ss. c.c. per l’interpretazione dei contratti, tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale, in quanto compatibile con il provvedimento amministrativo, perché gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure, soprattutto quando da esse possano derivare conseguenze negative”.

Da ciò discende che le espressioni letterali, se chiare ed inequivoche, contenute nel bando escludono, in radice, ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e precludono il ricorso ad un’estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione; mentre invece le ragioni immanenti, di matrice eurounitaria, di garanzia della concorrenza che presiedono al settore delle commesse pubbliche vogliono favorire la massima partecipazione delle imprese alla selezione, perché attraverso la più ampia concorrenza degli oo.ee. si finisce con il realizzare un interesse specifico della stazione appaltante (in termini si vedano Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3811 e Cons. Stato, Sez. V, 12 settembre 2017, n. 4307).

Ad ulteriore riprova di quanto già sopra esposto si ritiene opportuno, ad abundantiam, richiamare la pronuncia resa dalla sez. V del Tar Campania, sede di Napoli, n. 5971/2021 laddove si giunge ad affermare che “le preminenti esigenze di certezza connesse allo svolgimento delle procedure concorsuali di selezione dei partecipanti impongono di ritenere di stretta interpretazione le clausole del bando di gara: ne va perciò preclusa qualsiasi lettura che non sia in sé giustificata da un’obiettiva incertezza del loro significato letterale”; per cui “secondo la stessa logica, sono comunque preferibili, a garanzia dell’affidamento dei destinatari, le espressioni letterali delle varie previsioni, affinché la via del procedimento ermeneutico non conduca a un effetto, indebito, di integrazione delle regole di gara aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua espressione testuale” (cfr.: Cons. Stato, sez. V, 25.06.2021, n. 4863; Cons. Stato, sez. V, 31.03.2021, n. 2710; 26.03.020, n. 2130; 29.11.2019, n. 8167; 12.09.2017, n. 4307).

Il canone ermeneutico letterale riveste, dunque, il primato nell’interpretazione delle prescrizioni connotanti la disciplina della gara, con la conseguenza ulteriore che dette prescrizioni vincolano non solo i concorrenti ma anche la stessa Amministrazione, che non conserva alcun margine di discrezionalità nella loro concreta attuazione, dovendosi garantire, unitamente alle esigenze di certezza, l’imparzialità dell’azione amministrativa e la parità di condizioni tra i concorrenti. Da ciò scaturisce il corollario secondo cui, solo in presenza di un’equivoca formulazione della lettera di invito o del bando di gara, può ammettersi un’interpretazione diversa da quella letterale (cfr.: Cons.  Stato, sez. V, 25.06.2014, n. 3220, 18.12.2017, n. 5944 e 31.05.2018, n. 3267).

Non risulta, quindi, possibile addivenire in via interpretativa ad una integrazione delle regole di gara, aggiungendo significati del bando in realtà non chiaramente e sicuramente rintracciabili nella sua formulazione letterale, fermo restando, peraltro, il ricorso all’etero-integrazione del bando (a titolo meramente esemplificativo si consideri l’omessa previsione dell’attivazione del soccorso istruttorio), con particolare richiamo a tutti gli istituti ritenuti obbligatori dai diversi decreti legislativi che hanno disciplinato, nel corso del tempo, le procedure di appalto.

A conclusione di queste brevi e sintetiche riflessioni si ritiene necessario ed opportuno, per ragioni evidenti di completezza espositiva, affrontare un ultimo tema, ossia gli spazi di manovra che l’ordinamento giuridico riconosce alle stazioni appaltanti mediante l’utilizzo dei cc.dd. chiarimenti.

Al riguardo sovviene la sentenza n. 50 del 02.01.2024, resa dal massimo organo di giustizia amministrativa, sez. V, che afferma il seguente principio di diritto in tema di ricorso ai chiarimenti:, ossia la sussistenza di un limite “del carattere necessariamente non integrativo né modificativo della disposizione di gara oggetto di interpretazione (limite che deriva dai principi di trasparenza, pubblicità e “par condicio” nelle gare di appalto quali presidi di matrice comunitaria della regolarità delle procedure di affidamento)”, che impone che “il chiarimento non possa forzare e andare oltre il possibile ambito semantico della clausola secondo uno dei suoi possibili significati” (Cons. Stato, sez. III, 23.11.2022, n. 10301), evidenziando, altresì, come, nel caso concreto che viene in rilievo,  attraverso detti chiarimenti, la stazione appaltante abbia correttamente specificato la declinazione del vincolo di partecipazione fra le due indicate dalla giurisprudenza (nel senso maggiormente riduttivo della portata dello stesso e quindi ampliativo delle facoltà di partecipazione alla gara), non andando quindi a innovare la portata del vincolo.

In altri e più semplici termini, dunque, nella vicenda de qua, la stazione appaltante non ha innovato il contenuto della lex specialis, ipotesi che avrebbe integrato una fattispecie contra legem e violativa, ex se, delle previsioni normative vigenti ratione temporis, in quanto l’amministrazione indicente la procedura di che trattasi  non ha alterato la lex specialis “ma ne ha piuttosto chiarito il contenuto, rendendo più trasparenti le previsioni di gara senza che sia ravvisabile alcun conflitto con il tenore della lex specialis (Cons. St., sez. V, 16.03.021, n. 2260), così soddisfacendo le esigenze di trasparenza che costituiscono il corollario del principio di parità di trattamento, in conformità alle statuizioni dettate dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. IX, 02.05.2019 n. 309, le cui pronunce sono vincolanti per gli Stati membri dell’U.E. in quanto giuridicamente sovraordinate rispetto alle norme interne dei paesi aderenti all’U.E.[2]

 

[1] Nel dubbio le clausole della lex specialis vanno interpretate in modo da consentire la massima partecipazione; le cause d’esclusione, oltre che tipiche e tassative, devono essere espressamente previste (cfr. Cons. Stato, Ad plen., 06.06.2012, n. 21; Ad plen., 25.02.2014, n. 9); il disciplinare di gara è la fonte principale quando non esclusiva delle disposizioni sui requisiti di ammissione e di qualità delle offerte; il soccorso istruttorio è incombente necessario per dirimere l’equivocità delle disposizioni del bando di gara (cfr., fra le tante, Cons. Stato, V, 11.04.2011, n. 2230 e Cons. Stato, V, 16.03.2016, n. 1039).

[2] A maggior chiarimento si rinvia a Cons. Stato,  sez. III, 27.06.2019 n. 4418, che ha affermato, in conformità con analoghi precedenti giurisprudenziali, come:

  1. la risposta dell’Amministrazione appaltante ad una richiesta di chiarimenti avanzata dai concorrenti non costituisce un’indebita e perciò illegittima modifica delle regole di gara, ma una sorta d’interpretazione autentica con cui la stazione appaltante chiarisce la propria volontà provvedimentale, precisando e meglio delucidando le previsioni della lex specialis;
     
  2. i chiarimenti operano a beneficio di tutti e, laddove trasparenti, tempestivi, ispirati al principio del favor partecipationis e resi pubblici, non comportano alcun pregiudizio per gli aspiranti offerenti, per cui non occorre procedere, a dispetto del principio di economicità, all’autoannullamento del bando e alla sua ripubblicazione.