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Václav Havel: l’ordinamento giuridico come strumento di comunicazione rituale

Come l’ideologia anche l’ordinamento giuridico è uno strumento insostituibile di comunicazione rituale interna del potere. Non è forse quello che dà forma, ambito, regola all'esercizio del potere, che permette a tutti i suoi membri di intendersi, di auto-certificarsi, di legittimarsi, che fornisce a tutto questo gioco le “regole” e agli addetti ai lavori la tecnologia? Si può forse immaginare l’esercizio del potere post-totalitario senza questo rituale universale che lo rende possibile e collega tutti gli elementi del potere come una sorta di linguaggio comune?

Quanto più importante è la posizione dell’apparato repressivo nella struttura del potere, tanto più importante è la presenza di un ordinamento formale che gli permetta di funzionare! Come potrebbero degli uomini essere imprigionati così facilmente, senza clamore e complicazioni, per il solo fatto di aver copiato dei libri se non ci fossero giudici, procuratori, inquirenti, avvocati difensori, cancellieri e voluminosi atti e se tutto questo non fosse collegato da un saldo ordinamento? E soprattutto se non ci fosse quel paragrafo 100, apparentemente innocente, sulla sobillazione? Certamente tutto questo potrebbe accadere ance senza l’intero apparato, solo però in qualche effimera dittatura retta da un bandito ugandese... Ma in un sistema che interessa una grande parte del mondo civile e che si presenta oggi come parte integrante, solida e rispettata del mondo moderno, sarebbe impensabile, semplicemente sarebbe impossibile da punto di vista tecnico. Senza l’ordinamento giuridico con la sua funzione di rituale vincolante, questo sistema non potrebbe esistere.

[Václav Havel, Il potere dei senza potere, La casa di Matriona, Itaca, 2013, pp. 102-103]

Come l’ideologia anche l’ordinamento giuridico è uno strumento insostituibile di comunicazione rituale interna del potere. Non è forse quello che dà forma, ambito, regola all'esercizio del potere, che permette a tutti i suoi membri di intendersi, di auto-certificarsi, di legittimarsi, che fornisce a tutto questo gioco le “regole” e agli addetti ai lavori la tecnologia? Si può forse immaginare l’esercizio del potere post-totalitario senza questo rituale universale che lo rende possibile e collega tutti gli elementi del potere come una sorta di linguaggio comune?

Quanto più importante è la posizione dell’apparato repressivo nella struttura del potere, tanto più importante è la presenza di un ordinamento formale che gli permetta di funzionare! Come potrebbero degli uomini essere imprigionati così facilmente, senza clamore e complicazioni, per il solo fatto di aver copiato dei libri se non ci fossero giudici, procuratori, inquirenti, avvocati difensori, cancellieri e voluminosi atti e se tutto questo non fosse collegato da un saldo ordinamento? E soprattutto se non ci fosse quel paragrafo 100, apparentemente innocente, sulla sobillazione? Certamente tutto questo potrebbe accadere ance senza l’intero apparato, solo però in qualche effimera dittatura retta da un bandito ugandese... Ma in un sistema che interessa una grande parte del mondo civile e che si presenta oggi come parte integrante, solida e rispettata del mondo moderno, sarebbe impensabile, semplicemente sarebbe impossibile da punto di vista tecnico. Senza l’ordinamento giuridico con la sua funzione di rituale vincolante, questo sistema non potrebbe esistere.

[Václav Havel, Il potere dei senza potere, La casa di Matriona, Itaca, 2013, pp. 102-103]