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Sull’esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Governo nei confronti degli organi degli enti locali

Il Consiglio Comunale di Arezzo in fase di stallo tra tentativi infruttuosi di surrogazione e procedura di scioglimento anticipato
SOMMARIO:

1. La paralisi dell’organo consiliare del Comune di Arezzo.

2. L’ordinanza del TAR Toscana 122/2006.

3. L’incompetenza del Difensore civico regionale: un capitolo chiuso.

4. Il carattere obbligatorio della surrogazione e la libertà di mandato degli eletti.

5. Il potere sostitutivo del Governo: una alternativa difficilmente praticabile.

5.1. Il richiamo all’art. 117 Costituzione.

5.2. L’applicazione dell’art. 120 Costituzione.

1. La paralisi dell’organo consiliare del Comune di Arezzo

In data 7 dicembre 2005 tre consiglieri comunali di Arezzo – tutti appartenenti alla maggioranza di centrodestra che governa il Comune dal 1999 – indagati dalla Magistratura per il loro operato all’interno della commissione “Assetto del territorio”, sono stati arrestati su ordine del GIP sotto l’accusa di concussione continuata in concorso, per aver sistematicamente praticato attività illecite collegate all’iter delle pratiche urbanistiche. Nelle settimane successive l’inchiesta si è estesa all’attività urbanistico-edilizia dell’ultimo quinquennio, coinvolgendo ambienti amministrativi, professionali e produttivi in una vicenda giudiziaria – definita dalla stampa Variantopoli – che ha portato alla luce, secondo gli inquirenti, una situazione di pervasiva concussione ambientale, i cui inquietanti contorni si sono andati estendendo parallelamente all’intensificazione dell’indagine giudiziaria. Ulteriori avvisi di garanzia sono stati recapitati ad un quarto consigliere, ad un noto imprenditore, a professionisti ed intermediari. Il Sindaco stesso, suo figlio (titolare dello studio Lucherini Consulting) ed il titolare di uno studio professionale che gli inquirenti ritengono “collegato”, sono stati iscritti nel registro degli indagati per abuso d’ufficio in concorso.

Le dimissioni dei tre consiglieri tratti in arresto hanno fatto precipitare, nella seconda metà di dicembre, la già precaria situazione del Consiglio Comunale. Il funzionamento dell’organo consiliare aveva già mostrato, sin dall’inizio del mandato, segni di notevole criticità. La situazione di sostanziale equilibrio delle forze al suo interno (21 componenti alla coalizione di centrodestra, 20 allo schieramento di opposizione), derivante dal fatto che i risultati elettorali del turno 2004 non avevano fatto scattare il premio di maggioranza, aveva messo a nudo l’intrinseca vulnerabilità del bipolarismo in un contesto di “anatra zoppa”. L’opposizione si era ri-fiutata programmaticamente di garantire la legalità delle sedute, ossia il raggiungimento del quorum strutturale, che la maggioranza, da parte sua, non riusciva a mantenere sia per ragioni fisiologiche, sia per contrasti politici interni. Le sedute consiliari mancate o interrotte per deserzione si susseguivano (10 su 25 dall’inizio del mandato), sia per iniziativa dell’opposizione, sia della stessa maggioranza, ogniqualvolta la medesima – per dissidi interni, assenze o obbligo di astensione – vedeva venir meno la risicata superiorità numerica.

A seguito della cessazione dei consiglieri arrestati, i componenti dell’opposizione si sono dichiarati indisponibili al ripristino del plenum del Consiglio Comunale, considerato irrimediabilmente delegittimato, provocandone la definitiva paralisi operativa. Una prima adunanza è andata deserta in data 16.12.2005 a causa dell’iscrizione delle pratiche di surroga in seduta riservata, infelice decisione contestata dalla minoranza come tentativo di sottrarre l’attività del Consiglio, investito dallo tsunami giudiziario, al controllo politico dei cittadini. Una seconda seduta, convocata in data 11.1.2006, non ha potuto aver luogo per mancato raggiungimento del quorum strutturale, causa il rifiuto di partecipazione di 18 dei 20 consiglieri di opposizione.

Contemporaneamente, i consiglieri di opposizione hanno tentato di porre termine al mandato amministrativo, avanzando richiesta al Prefetto di avviare la procedura di scioglimento del CC, in conformità all’art. 141 del TUEL, sostenendo la necessità di restituire al corpo elettorale – con il turno del 2006 – la facoltà di autodeterminarsi.

I titolari degli organi esecutivi del Comune hanno avanzato al Difensore civico regionale – indicato dall’art. 136 del TUEL come titolare dei poteri sostitutivi – la richiesta di nomina di un commissario ad acta per la surrogazione dei dimissionari ed il ripristino della funzionalità del CC, in forza del principio che nessun organo può omettere l’adozione di atti dovuti, privi di discrezionalità.

A metà di gennaio il Difensore civico toscano – inutilmente raggiunto da una memoria giuridica dello schieramento di centrosinistra tesa a metterne in dubbio la competenza – ha avviato il procedimento sostitutivo con diffida formale ad adempiere entro nove giorni e minaccia di trasmissione degli atti alla procura della Corte dei conti. I consiglieri di opposizione hanno replicato con una formale diffida ad interrompere il procedimento sostitutivo, ad astenersi da ulteriori atti lesivi e a dichiarare l’improcedibilità della richiesta di surrogazione per incompetenza dell’organo adito. Un ricorso formale è stato contestualmente depositato al TAR della Toscana, con richiesta di sospensione cautelare.

In data 26.1.2006 il Difensore civico regionale, constatata l’infruttuosa scadenza del termine assegnato, ha proceduto alla nomina del commissario ad acta nella persona del dr. Paolo Di Carlo. Questi non ha tuttavia proceduto all’adempimento del suo incarico, per ragioni cautelari, essendo divenuta nota, nel frattempo, la data dell’udienza nel corso della quale il TAR avrebbe esaminato la richiesta di sospensiva.

In data 2 febbraio 2006 la seconda sezione del TAR Toscana (presidente relatore Petruzzelli) ha concesso ai ricorrenti la sospensione cautelare, bloccando l’esecuzione dei provvedimenti impugnati [1].

2. L’ordinanza del TAR Toscana 122/2006

La decisione assunta dai giudici del TAR della Toscana si discosta nettamente dalla giurisprudenza precedente in materia (peraltro scarna), costituita dalla sentenza con la quale il TAR dell’Abruzzo ha ritenuto di respingere le censure nei confronti del procedimento sostitutivo attivato dal Difensore civico regionale nei confronti del Comune di Martinsicuro (TE) in conseguenza della mancata surrogazione di un consigliere comunale dimissionario per ostru-zionismo della minoranza [2].

Il ricorso contro l’intervento sostitutivo del Difensore civico regionale era stato promosso da cinque consiglieri comunali ricoprenti la carica di capigruppo e quattro cittadini portatori di un interesse esponenziale, in qualità di dirigenti di strutture di partito operanti sul territorio aretino. Oggetto del gravame gli atti preliminari del procedimento sostitutivo emanati dal Difensore civico regionale: la diffida del 16.1.2006 e la nomina del commissario ad acta del 26.1.2006, censurati perché adottati in violazione degli artt. 114, 117 e 120 della Costituzione, viziati da incompetenza perché fondati su norme di legge regionale dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, ulteriormente viziati da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e violazione del giusto procedimento.

Udite le parti, i giudici della seconda sezione del TAR Toscana hanno richiamato tre principi:

- la surroga dei Consiglieri Comunali dimissionari da parte dei candidati che seguono nella medesima lista elettorale è obbligatoria per legge (art. 38, c. 8 del TUEL approvato con D. Lgs. 18.2.2000, n. 267) e, pertanto, il relativo diritto deve essere garantito attraverso anche l’intervento sostitutivo del Consiglio Comunale inerte;

- il Difensore civico, come più volte affermato dalla Corte costituzionale (cfr. per tutte la sent. n. 43/2004), non rivestendo, lo stesso, natura né di organo regionale né, a maggior ragione, di organo di governo, non ha alcun potere sostitutivo nei confronti dell’ente locale nella materia di cui è questione;

- ai sensi dell’art. 117, c. 2°, lett. p), della carta costituzionale, tale potere non può che far capo in via esclusiva allo Stato e, per esso, al Governo, il quale potrà intervenire avvalendosi di commissario “ad acta”. Fermo restando la facoltà dei soggetti titolari del dirit-to soggettivo di surroga di ricorrere all’autorità giudiziaria avvalendosi dei mezzi messi a disposizione dalle leggi vigenti.

Tutto ciò premesso, il Tribunale amministrativo ha ritenuto che il ricorso appare “prima facie” non privo di consistenti elementi di “fumus boni juris” e ha ravvisato altresì sussistente l’invocato pregiudizio grave ed irreparabile in ordine al corretto esercizio dell’azione poli-tico-amministrativa del maggior organo collegiale del Comune.

In base a tali motivi il TAR Toscana accoglie la suindicata domanda incidentale di sospensione, ai sensi dell’art. 21, della legge 6.12.1971 n. 1034, come modificato dall’art. 3 della L. 205/2000 coordinato con l’art. 1 della legge stessa e, per l’effetto, sospende l’esecuzione dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale e con l’atto di motivi aggiunti; salva e impregiudicata la facoltà del Comune di invocare l’intervento del Governo al fine di rendere effettiva la surroga obbligatoria dei consiglieri comunali dimissionari, anche avvalendosi di commissario “ad acta”.

3. L’incompetenza del Difensore civico regionale: un capitolo chiuso

Rovesciando l’orientamento giurisprudenziale instaurato dalla recente sentenza 667/2005 del TAR dell’Abruzzo, il Tribunale amministrativo toscano ha fatto chiarezza sulla questione della impossibile sopravvivenza dei poteri sostitutivi del Difensore civico regionale dopo le molteplici sentenze della Corte costituzionale che hanno soppresso – dichiarandole illegittime rispetto al nuovo assetto della Carta conseguente alla revisione del titolo V operata con legge cost. 3/2001 – le leggi regionali che ne costituivano il fondamento [3]. E, assieme ad esse, l’art. 136 del TUEL [4], che, come molte altre disposizioni del medesimo testo unico, mai abrogate formalmente dal legislatore nazionale, né colpite direttamente dalla scure della Corte (si pensi alla disciplina dei Co.Re.Co.), disciplinano ormai istituti fantasma, alcuni dei quali soppressi da un quinquennio, regolando rapporti e funzioni che non trovano più riscontro nella realtà istituzionale del Paese. E la cui contraddizione con l’ordinamento vigente è stata neutralizzata nell’unico modo logico e possibile: applicando il criterio dell’abrogazione tacita ex art. 15 preleggi, per cessazione della vigenza delle norme costituzionali a cui le disposizioni del TU erano collegate e davano esecuzione, ovvero per incompatibilità con le successive norme costituzionali.

Com’è noto, uno dei principi coerentemente sviluppati dalla giurisprudenza della Corte concerne il criterio di individuazione dell’organo al quale le leggi regionali hanno affidato, a seguito della soppressione dei Co.Re.Co. conseguente alla riforma del titolo V della Costituzione, la titolarità dei poteri sostitutivi e conseguentemente della nomina del commissario ad acta. Alla questione fanno infatti riferimento, in modo univoco, le sentenze 112/2004 (Regio-ne Marche, LR 10/2002), 173/2004 (Regione Toscana, LR 35/2002), 167/2005 (Regione A-bruzzo, LR 4/2004). Ciascuna delle pronunce ha dichiarato, sulla base di un unico, assorbente profilo, l’illegittimità costituzionale delle norme di legge con cui le tre Regioni avevano affi-dato l’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali ai rispettivi Difensori civici.

Con buona pace del titolare dell’Ufficio di difesa civica toscano, la sentenza 173/2004 – rivolta espressamente ad annullare la fonte legislativa delle sue competenze – non lasciava spazio ad alcun dubbio interpretativo:

Nel prevedere ipotesi di interventi sostitutivi, da configurarsi come eccezionali rispetto al normale esercizio delle funzioni, la legge regionale è tenuta al rispetto di alcuni principi derivanti dall’esigenza di salvaguardare, pur nella sostituzione, il valore costituzionale dell’autonomia degli enti locali. Tra questi principi, rileva nel caso in esame quello secondo il quale l’esercizio del potere sostitutivo deve essere affidato a un organo di governo della Regione o deve comunque svolgersi sulla base di una decisione di questo (cfr. sentenze n. 313 del 2003, n. 342 del 1994, n. 460 del 1989), stante l’attitudine dell’intervento a incidere sull’autonomia co-stituzionale dell’ente sostituito. […]

La natura del Difensore civico e le funzioni da esso esercitate impediscono dunque la sua configurazione alla stregua di un organo di governo regionale, che, sola, consente di esercitare nei confronti degli enti locali interventi di tipo sostitutivo. Questi ultimi, infatti, per il loro tradursi in spostamenti eccezionali di competenze, e per la loro incidenza diretta sull’autonomia costituzionalmente garantita di enti politicamente rappresentativi, non possono non provenire dagli organi regionali di vertice, cui istituzionalmente competono le determinazioni di politica generale delle quali essi stessi assumono la responsabilità [5].

Sorprende che il titolare di un istituto creato per la difesa della legalità e della correttezza dell’operato della pubblica amministrazione potesse nutrire dubbi sulla immediata cessazione di efficacia della normativa regionale. E di conseguenza sulla possibilità di continuare ad e-sercitare – nell’incomprensibile acquiescenza degli organi politici della Regione – una compe-tenza che la Corte costituzionale ha dichiarato per tre volte illegittima. Un organo di garanzia operante a tutela dei cittadini dovrebbe avere ben chiaro che la dichiarazione di illegittimità costituzionale annulla la disposizione illegittima erga omnes, imponendo che la norma non venga più applicata in nessun caso e per nessuna ragione. Non lasciando, dunque, alcun margine per l’attesa di futuri sviluppi giurisprudenziali alternativi.

Ad ogni modo, la sentenza del TAR ha sgomberato il campo da ogni incertezza ed ambiguità. L’effetto immediato della concessione della sospensiva è quello del blocco del procedimento avviato dal Difensore civico e della inattivazione della nomina del commissario ad acta, che non potrà procedere alla surrogazione dei consiglieri dimissionari ed al reintegro del plenum del Consiglio Comunale. Diversamente, come ha riconosciuto il TAR, si sarebbero determinate lesioni all’autonomia del Comune interessato le cui conseguenze, come è facile comprendere, avrebbero potuto innescare conseguenze irreparabili.

4. Il carattere obbligatorio della surrogazione e la libertà di mandato degli eletti

L’ordinanza del TAR Toscana non fa mistero del carattere obbligatorio del procedimento di surrogazione dei consiglieri comunali dimissionari. Il dispositivo dell’art. 38 comma 8 del TUEL [6], risultato finale di una lunga serie di ritocchi ad una disciplina delicata e controversa, dà forma legislativa ad un principio incontrovertibile: l’esistenza di un interesse preminente al mantenimento della piena funzionalità dell’organo elettivo collegiale, garanzia di uno svolgimento corretto, imparziale, tempestivo ed efficace delle funzioni attribuite alla sua competenza.

Il giudice amministrativo appare talmente convinto della prevalenza di tale interesse rispetto agli altri aspetti coinvolti (talora in posizione concorrenziale), da spingersi a rilevare la “facoltà dei soggetti titolari del diritto soggettivo di surroga di ricorrere all’autorità giudiziaria avvalendosi dei mezzi messi a disposizione dalle leggi vigenti”.

Tralasciando quest’ultimo filone del ragionamento del TAR, che prospetta una ipotesi “privatistica” di soluzione del caso, certamente interessante, ma collaterale rispetto all’argomento centrale della presente memoria, è difficile non rilevare gli ostacoli oggettivi che in determinate situazioni possono opporsi all’attuazione dell’obbligo posto dall’art. 38. Fino al punto di renderne assai problematica l’applicazione al caso specifico.

Nei successivi paragrafi passeremo in rassegna le difficoltà, in una situazione di lacuna legislativa conseguente alla recente modifica costituzionale del titolo V, di garantire un legittimo esercizio del potere sostitutivo sugli organi degli enti locali, sia da parte della Regione che dello Stato. Ma ancora prima di aprire tale capitolo, sembra opportuno riflettere sulla contraddizione di principio, insita nel vigente ordinamento, tra la tutela del funzionamento dell’organo collegiale (riflesso del principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione) e la salvaguardia (altrettanto costituzionalmente protetta) di un libero esercizio del mandato elettorale.

Fino a quando il legislatore assoggetterà l’entrata in carica degli eletti, in sede di primo in-sediamento dell’organo come in occasione delle successive cessazioni/surrogazioni, alla con-statazione dell’insussistenza delle condizioni di ineleggibilità ed incompatibilità con la carica – accertamento che potrebbe essere affidato assai più efficacemente ad un procedimento d’ufficio, anziché ad una procedura di autovalidazione da parte dell’organo – l’esito di tale proce-dimento non potrà mai essere predeterminato [7]. Per quanto possa sembrare paradossale, l’universale convinzione che la conclusione dell’accertamento debba essere positiva, qualora non sussistano dubbi sulle condizioni di eleggibilità e compatibilità dell’eletto, si scontra con il fatto che tale decisione non è la conclusione di un procedimento formale, privo di discrezionalità e quindi vincolato nell’an, nel quid, nel quomodo e nel quando, ma l’imprevedibile risultato di un concorso di libere volontà, espresse tramite il voto dai componenti di un organo collegiale. Ed è proprio in questo elemento – la formazione della volontà dell’organo tramite e-spressione di voto – che trova un ostacolo insormontabile l’illusoria certezza circa l’esito dovuto del procedimento. Non sarà infatti mai possibile – e sarebbe del resto una contraddizione in termini, oltre che un inconcepibile vulnus ai principi fondanti della democrazia – raggiungere la certezza di poter indurre un determinato quorum dei componenti di un organo collegiale ad esprimere il proprio voto in maniera predeterminata. Tanto più in un sistema elettorale di tipo bipolare e maggioritario, che ha fatto svanire la fattibilità di preziose intese istituzionali bipartisan, annullate come neve al sole dall’occupazione totale del potere, dall’annullamento del dialogo politico, dalla devastante pratica dello spoil system.

E’ esperienza comune che ogniqualvolta un procedimento originariamente non discrezionale acquista, direttamente o indirettamente, una qualsiasi valenza politica, i principi del giusto procedimento e quelli del libero esercizio dell’elettorato passivo (sul quale non può pesare, non lo si dimentichi, alcun vincolo di mandato, per principio costituzionale, per prassi consolidata e per norma statutaria della maggior parte degli enti locali) entrano irrimediabilmente in collisione. E a questo punto, nei confronti dell’organo “disobbediente” rispetto ad un atto dovuto per legge, e conseguentemente inerte, ritardatario od omissivo, a poco valgono le petizioni di principio. L’ordinamento dispone infatti di due tipi di rimedio giuridico: l’esercizio dei poteri sostitutivi, quando e se esercitabili, oppure lo scioglimento dell’organo stesso per impossibilità di funzionamento.

5. Il potere sostitutivo del Governo: una alternativa difficilmente praticabile

Il dispositivo dell’ordinanza del TAR dichiara dunque “salva e impregiudicata la facoltà del Comune di invocare l’intervento del Governo al fine di rendere effettiva la surroga obbli-gatoria dei consiglieri comunali dimissionari, anche avvalendosi di commissario “ad acta”. L’affermazione è strettamente collegata con il richiamo, contenuto nelle motivazioni della decisione, all’art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione [8], invocato per sostenere che “tale potere [sostitutivo] non può che far capo in via esclusiva allo Stato e, per esso, al Governo, il quale potrà intervenire avvalendosi di commissario “ad acta”.

In realtà, i due riferimenti delineano procedimenti differenti ed alternativi per raggiungere l’obiettivo del reintegro del plenum del Consiglio Comunale (ritenuto obbligatorio per legge, e quindi perseguibile anche attraverso interventi sostitutivi dell’organo inerte): e in entrambi i casi sembrano trascurare i considerevoli ostacoli giuridici che si frappongono lungo il percorso e minacciano di renderli assai poco realistici.

5.1. Il richiamo all’art. 117 Costituzione

Il richiamo all’art. 117 Cost. intende rimarcare come la materia del contendere – il reintegro di un organo di governo del Comune – rientri tra quelle sulle quali lo Stato, nell’architettura costituzionale riformata dalla modifica del titolo V, mantiene competenza legislativa esclusiva. Nella fattispecie ciò significa che:

- le Regioni che si sono viste falcidiare dalla Corte costituzionale le leggi con le quali disciplinavano i poteri sostitutivi del Difensore civico nei confronti degli enti locali non po-trebbero, pur volendolo, colmare il vuoto normativo venutosi a creare; in caso contrario si verificherebbe una violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato;

- in assenza di norme di legge – nazionali o regionali – che ne disciplinino in maniera rigorosa l’esercizio, ne stabiliscano i limiti e le condizioni, impongano il rispetto dei principi di sussidiarietà, autonomia e leale collaborazione, nessun potere sostitutivo può essere e-sercitato, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale;

- solo lo Stato può esercitare la riserva di legge per disciplinare i poteri sostitutivi ordinari inerenti gli organi di governo degli enti locali.

In termini non dissimili si è espresso lo stesso Governo, che attraverso il Sottosegretario di Stato per l’Interno, on. Michele Saponara, ha ammesso l’esistenza di una lacuna legislativa insormontabile, dichiarando alla Camera, nella seduta del 12.5.2005, in risposta ad una interpellanza urgente circa la situazione di paralisi del Comune di Martinsicuro (TE):

In conclusione, sono convinto che la lacuna legislativa senza dubbio esistente possa essere affrontata in sede di emanazione del decreto legislativo di cui all’articolo 2 della legge n. 131 del 2003 (di adeguamento dell’attuale ordinamento degli enti locali alla riforma del titolo V della Costituzione), ristrutturando, sotto il profilo normativo, le forme di intervento sostitutivo attualmente previste, in modo coerente con il nuovo quadro costituzionale, come appare emergere anche dal consolidato orientamento della Corte costituzionale [9].

In effetti, lo Stato sta già esercitando la sua competenza legislativa esclusiva – allo scopo di dare attuazione all’art. 117 Costituzione – in sede di revisione del TUEL. Ma a distanza di oltre due anni dalla delega legislativa inserita nell’art. 2 della legge La Loggia 131/2003 [10], il Governo non è ancora riuscito a riformulare il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali in maniera definitiva. La soluzione alla tacita abrogazione dell’art. 136, divenuto inapplicabile come dimostra l’ordinanza del TAR Toscana, ha trovato, per il momento, attuazione nell’inserimento di un testo novellato all’art. 17 comma 3 della proposta di D. Lgs. di revisione e adeguamento del TUEL, licenziata dal Consiglio dei Ministri in data 2.12.2005 ed avviata all’esame delle competenti commissioni. Il nuovo testo stabilisce che il comma 1 dell’art. 136 del TUEL è sostituito come segue: “Lo statuto [dell’ente locale] individua sistemi e modalità di controllo sostitutivo, secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza, al fine di assicurare, in caso di ritardo od omissione, il compimento di atti obbligatori per legge”.

La formulazione proposta è conforme all’art. 4 comma 2 della L. 131/2003, che recita: “Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i princìpi generali in materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce i princìpi di organizzazione e fun-zionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare.” Ma è evidente che la soluzione dei casi aperti, come quello del Consiglio Comunale di Arezzo, non potrà essere raggiunta in tempo utile per tale strada.

Il cammino della norma si preannuncia infatti ancora lungo e contrastato. Con ogni evidenza, la revisione del TUEL sarà una delle riforme che l’attuale legislatura lascerà in eredità a quella che uscirà dalle urne il 9 aprile 2006. Com’è ovvio, la nuova disciplina, qualora superi la fase istruttoria, potrà essere applicata soltanto dopo la sua emanazione ed entrata in vigore. Fino a quel momento eventuali interventi sostitutivi dello Stato nei confronti degli enti locali saranno privi di una copertura legislativa che ne legittimi l’esercizio.

In prospettiva, comunque, appare assai significativa la propensione del legislatore ad affi-dare all’autonomia statutaria degli enti locali soggetti ad eventuali interventi sostitutivi la de-terminazione dei sistemi e modalità del controllo: una scelta in assoluta discontinuità con il precedente assetto normativo, che pone al riparo da ingerenze non più compatibili con la nuo-va posizione costituzionale dei poteri locali.

5.2. L’applicazione dell’art. 120 Costituzione

Richiamando il potere sostitutivo che “non può che far capo in via esclusiva allo Stato e, per esso, al Governo, il quale potrà intervenire avvalendosi di commissario “ad acta”, l’argomentazione del giudice amministrativo toscano coinvolge necessariamente, pur non richiamandolo esplicitamente, l’art. 120 comma 2 della Costituzione [11]. Il quale, a differenza dell’art. 117, ha trovato nella legge 131/2003, all’art. 8 [12], la normativa di attuazione. Se così non fosse, l’indicazione contenuta nell’ordinanza del TAR apparirebbe incongrua e priva di fondamento: il comma 2° dell’art. 117 Cost. non disciplina, infatti, alcun potere sostitutivo dello Stato, concernendo invece, come sottolineato sopra, il riparto della competenza legislativa esclusiva in materia di organi degli enti locali.

Com’è noto, il comma 2 dell’articolo 120 Cost. ha recepito il contenuto del D. Lgs. 112/1998 (art. 5), con cui si riservava al Presidente del Consiglio dei Ministri la titolarità di un potere sostitutivo a carattere straordinario, da far valere nei confronti degli enti locali e delle Regioni, in caso di inattività che comportasse “inadempimento agli obblighi derivanti dall’adesione all’UE o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali”. Si trattava di una norma di chiusura posta a garanzia degli interessi generali/nazionali, in un quadro istituzionale di progressiva introduzione di elementi di decentramento e di federalismo e di conseguente ridimensionamento degli apparati di coordinamento verticale dello Stato: con il D. Lgs. 112 si era regolato infatti il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione della L. 59/1977, meglio nota come Bassanini 1.

Sulla portata e i limiti dell’art. 120 ha avuto modo di soffermarsi la giurisprudenza della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla questione – oggetto di ripetute impugnazioni di leggi regionali – se tale istituto non esaurisca, dopo la modifica del titolo V, le varie fattispecie degli interventi sostitutivi nei confronti degli enti locali.

Concepito per la tutela di interessi unitari, in un ordinamento ormai basato su una netta separazione di competenze legislative (tra Stato e Regioni) ed amministrative (tra tutti i livelli di governo), il potere sostitutivo ex art. 120 – ha stabilito la Corte con la sentenza 43/2004 – costituisce un istituto a carattere straordinario, riservato al più alto livello di governo, che non riassorbe l’intera casistica dei poteri sostitutivi ordinari previsti dalla legislazione, statale e regionale, di settore.

Il nuovo articolo 120, secondo comma, della Costituzione si inserisce in questo contesto, con la previsione esplicita del potere del Governo “di sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni” in determinate ipotesi, sulla base di presupposti che vengono definiti nella stessa norma costituzionale […].

La nuova norma deriva palesemente dalla preoccupazione di assicurare comunque, in un sistema di più largo decentramento di funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilità di tutelare, anche al di là degli specifici ambiti delle materie coinvolte e del riparto costituzionale delle attribuzioni amministrative, taluni interessi essenziali – il rispetto degli obblighi interna-zionali e comunitari, la salvaguardia dell’incolumità e della sicurezza pubblica, la tutela in tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello Stato. […]

Ma l’articolo 120, secondo comma, non può essere inteso nel senso che esaurisca, concen-trandole tutte in capo allo Stato, le possibilità di esercizio dei poteri sostitutivi. In realtà, esso prevede solo un potere sostitutivo straordinario, in capo al Governo, da esercitarsi sulla base dei presupposti e per la tutela degli interessi ivi esplicitamente indicati […].

Il carattere straordinario e “aggiuntivo” degli interventi governativi previsti dall’articolo 120, secondo comma, risulta […] dal fatto che esso allude a emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportano rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della Repubbli-ca […] [13].

Sul carattere straordinario e residuale del potere sostitutivo riservato alla Stato ex art. 120 Costituzione, e sui limiti al suo concreto esercizio – “emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportino rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della repubblica”, “mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria”, “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”, “tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” – la giurisprudenza della Corte costituzionale non lascia margine ad incertezze. Sotto questo profilo, appare giuridicamente impossibile che la funzionalità di un Consiglio Comunale, per quanto si configuri come interesse rilevante per la comunità di riferimento, possa essere ripristinata attraverso i poteri straordinari conferiti al Governo dall’art. 120. L’iniziativa violerebbe, peraltro, il principio di proporzionalità tra i provvedimenti sostitutivi e le finalità perseguite, imposto dall’art. 8 comma 5 della legge di attuazione 131/2003.

Il medesimo orientamento è stato correttamente espresso dallo stesso Governo, che per bocca del Sottosegretario di Stato per l’Interno, on. Michele Saponara, ha dichiarato alla Ca-mera, nella già citata seduta del 12.5.2005, dedicata alla situazione di paralisi dell’amministrazione comunale di Martinsicuro (TE):

Quanto, poi, alla fattibilità di un intervento sostitutivo del Governo, che colmi la lacuna normativa in atto, il Ministero dell’Interno ritiene che sulla base della disciplina attualmente vigente, non sussistano i presupposti previsti dall’art. 120 della Costituzione per l’esercizio del potere sostitutivo affidato allo Stato in quanto organismo di chiusura del sistema. La stessa Corte costituzionale ha, d’altra parte, evidenziato (con la sentenza n. 43 del 2004 ed in altre successive pronunce) il carattere straordinario e “aggiuntivo” degli interventi governativi previsti dall’art. 120, secondo comma, che, come chiarisce la Corte, si riferiscono ad emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportano rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della Repubblica.” [14].

E’ pur vero che dal Viminale sono stati inviati, a seguito dell’esplosione della Variantopoli aretina, segnali alquanto contraddittori, che apparirebbero in stridente contrasto con le affermazioni del Sottosegretario Saponara.

In data 17.1.2006 il titolare della direzione centrale per le autonomie (Sportello delle Autonomie), del medesimo Ministero ha operato un acrobatico salto della quaglia, sostenendo di “condividere la posizione assunta dal Difensore civico toscano in ordine alla perdurante atti-vabilità del potere sostitutivo di cui all’art. 136 del TUEL”:

In merito, poi, al citato art. 136 va rilevato che nonostante i dubbi sulla compatibilità di tale norma con il nuovo quadro costituzionale sollevati a seguito di recenti pronunciamenti della Corte costituzionale […], il difensore civico in talune realtà regionali si è ancora di recente avvalso del potere sostitutivo ivi previsto proprio per procedere ad una surroga a mezzo di apposito commissario ad acta e tale provvedimento sostitutivo è stato ritenuto legittimo dal giudice amministrativo (cfr. TAR Abruzzo, 30 luglio 2005, 667) il quale ha precisato che la Corte costituzionale, nel dichiarare la incostituzionalità di alcune discipline regionali del potere sostitutivo […] non ha mai nulla osservato, direttamente o indirettamente, sulla vigenza del menzionato articolo 136 del TUEL […]

L’eccesso di fiducia dell’ufficio ministeriale sulla sopravvivenza dei poteri sostitutivi del Difensore civico regionale, nel momento in cui un altro Difensore civico, messa in non cale la pronuncia della Corte costituzionale, si apprestava ad abusare dei medesimi, appare veramen-te singolare. Ma su tale questione il TAR Toscana si è già pronunciato con l’ordinanza 122/2006.

A seguito di quest’ultima, invece, un altro Sottosegretario all’Interno, l’on. Antonio D’Alì, avrebbe assicurato al presidente del CC di Arezzo (secondo la versione di quest’ultimo) la disponibilità del Governo a provvedere tempestivamente, tramite la locale Prefettura, alla nomi-na di un commissario ad acta che porti a termine il procedimento interrotto ex abrupto dall’ordinanza del TAR [15]. E’ forse questo il senso della sibillina risposta (“La situazione del Comune di Arezzo è attentamente valutata e seguita dalla Prefettura locale e nel caso in cui dovessero verificarsi i presupposti non si mancherà di adottare gli interventi previsti dalla legge”) con cui il Sottosegretario per la Giustizia on. Giuseppe Valentino replicava alla fine del mese di gennaio ad una precedente interpellanza dell’on. Fanfani? Se così fosse, gli sviluppi della situazione prometterebbero profili di illegittimità ancora più evidenti di quelli emersi nell’operato del Difensore civico.

Come si vede, grande è il disordine sotto il cielo. Anche perché il termine del 24 febbraio, discrimine per l’eventuale effettuazione delle elezioni amministrative anticipate nel turno della primavera 2006, si avvicina a grandi passi. E di conseguenza, l’alternativa tra il reintegro forzato dei consiglieri tramite commissario ad acta (da chiunque nominato) e lo scioglimento dell’organo ex art. 141 TUEL cessa di essere percepita come questione di interpretazione giuridica, per mostrare il suo vero volto di scontro politico tra quanti intendono proseguire a tutti i costi il mandato amministrativo fino alla scadenza naturale del 2009 e quanti lavorano per chiudere una amministrazione ormai delegittimata e restituire la parola al corpo elettorale.

[1]  Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana. Ordinanza nella Camera di consiglio, 2.2.2006, n. 112.

[2] Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, L’aquila. Sentenza in forma semplificata, 15.6.2005, n. 667.

[3] Sull’argomento della legittimità dell’esercizio di poteri sostitutivi da parte delle Regioni, regolati con legge statale o regionale, la Corte si è espressa a più riprese, sia prima (sentenze 117/1988, 338/1989, 460/1989, 342/1994), sia, in maniera sistematica, dopo la riforma del titolo V (sentenze 39/2003, 313/2003, 43/2004, 69/2004, 70/2004, 71/2004, 72/2004, 73/2004, 112/2004, 173/2004, 167/2005).

[4] D. Lgs. 18.8.2000, n. 267. Art. 136. Poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori. 1. Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal Difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell’incarico.

Corte Costituzionale, sentenza 9.6.2004, n. 173.

[5] D. Lgs. 18.8.2000, n. 267. Art. 38. Consigli comunali e provinciali. […] 8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d’atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo a surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell’articolo 141. […]

[6] D. Lgs. 18.8.2000, n. 267. Art. 41. Adempimenti della prima seduta. 1. Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi oggetto, ancorché non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall’articolo 69. […]

[7] Costituzione della Repubblica Italiana (come modificata dalla L. Cost. 18.10.2001, n. 3). Art. 117. […] Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: […] p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; […].

[8] Camera dei Deputati, resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta n. 625 del 12.5.2005. Svolgimento di inter-pellanze urgenti. Interpellanza n. 2-01554, primo firmatario on. Crisci.

[9] L. 5.6.2003, n. 131. Art. 2. Delega al Governo per l’attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 31 dicembre 2005, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le riforme istituzionali e la devoluzione e dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi diretti alla individuazione delle funzioni fondamentali, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane, nonché per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento. 2. Con i decreti legislativi di cui al comma 1 si provvede, altresì, nell’ambito della competenza legislativa dello Stato, alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, per adeguarle alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. […] 4. Nell’attuazione della delega di cui ai commi 1 e 2, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: […] g) procedere alla revisione delle disposizioni legislative sugli enti locali, comprese quelle contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 200, n. 267, limitatamente alle norme che contrastano con il sistema costituzionale degli enti locali definito dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attraverso la modificazione, l’integrazione, la soppressone e il coordinamento formale delle disposizioni vigenti, anche al fine di assicurare la coerenza sistematica della normativa, l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo […]

[10] Costituzione della Repubblica Italiana (come modificata dalla L. Cost. 18.10.2001, n. 3). Art. 120. 2. Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel casi di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

[11] L. 5.6.2003, n. 131. Art. 8. Attuazione dell’articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo. 1 Nei casi e per le finalità previsti dall’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento. […] 3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l’esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organismo sia stato istituito. 4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame. 5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite. […]

[12] Corte Costituzionale, sentenza 20.1.2004, n. 43. Presidente Zagrebelsky, relatore Onida. Oggetto del giudizio: LR Veneto 4.11.2002, n. 33, art. 33, 34, 43, 51, 54, 60, 90, 91.

[13] Sull’argomento cfr., tra i contributi dottrinali più recenti, MASSIMO CARLI, “Potere sostitutivo, Difensore civico e cer-tezza del diritto”, Giustizia amministrativa, 2004, <http://www.giustamm.it>; GIUSEPPE CARUSO, “L’intervento sosti-tutivo regionale non tutela l’autonomia dei Comuni”, Guida agli enti locali. Il Sole-24 ore, 2004, fasc. 16; IRENE MANZI, “Il Difensore civico: storia e prospettive dell’Ombudsman italiano”, Diritto & Diritti, Portale giuridico, <http//www.diritto.it>, luglio 2004; SALVATORE MEZZACAPO, “Interventi solo in casi eccezionali a tutela dell’autonomia comunale”, Guida agli enti locali. Il Sole-24 ore, 2004, fasc. 29; PAOLO PASSAGLIA, “In tema di Difensore civico regionale e poteri sostitutivi”, Il Foro italiano, 2004, fasc. 9; ELEONORA RINALDI, “Potere esercitabile solo da organi di governo”, Guida agli enti locali. Il Sole-24 ore, 2005, fasc. 20; MARCO RUOTOLO, “Recentissme dalla Corte costituzionale”, Giurisprudenza italiana, 2004, fasc. 5; RAFFAELE BIFULCO, “Sostituzione e sussidiarietà nel nuovo Titolo V: note alla sentenza 43 del 2004”, Giurisprudenza italiana, 2005, fasc. 1; STEFANO BRIZI, “Il potere sostitutivo nelle leggi regionali”, L’Amministrazione italiana”, 2005, fasc. 2; GLORIA MARCHETTI, “I poteri sostitutivi nel quadro del nuovo assetto dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali”, Rassegna parlamentare, 2005, fasc. 1; MARISA PERUZZINI, “In tema di poteri sostitutivi ex art. 120 della Costituzione”, Nuove Autonomie, 2005, fasc. 3; MARIO R. SPASIANO, “Continua la deriva del Difensore civico nella generale indifferenza. Breve nota a commento della sentenza della Corte costituzionale n. 167 del 29.4.2005”, Nuove Autonomie, 2005, fasc. 1-2; FRANCO ROSSI, “Il controverso esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Difensore civico regionale alla luce della giurisprudenza della Corte co-stituzionale”, <http//www.ergaomnes.net>, gennaio 2005.

[14] Camera dei Deputati, resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta n. 625 del 12.5.2005.

[15] Di conseguenza senza le garanzie procedurali di cui ai commi 1 e 3 dell’art. 8 della legge 131/2003. Ma si tratta di informazioni di seconda mano, probabilmente dettate dal clima preelettorale dominante in una compagine di governo giunta al termine del proprio mandato. L’indiscrezione è stata comunque presa in seria considerazione dai parlamentari aretini on. Giuseppe Fanfani e sen. Monica Bettoni, che hanno presentato alla Camera ed al Senato due interrogazioni parallele, nelle quali si ricordano al Governo i limiti del potere sostitutivo ex art. 120 Cost. e si reclama dall’esecutivo un atteggiamento di coerenza, rigore ed imparzialità rispetto alla posizione assunta in materia da un anno a questa parte.

SOMMARIO:

1. La paralisi dell’organo consiliare del Comune di Arezzo.

2. L’ordinanza del TAR Toscana 122/2006.

3. L’incompetenza del Difensore civico regionale: un capitolo chiuso.

4. Il carattere obbligatorio della surrogazione e la libertà di mandato degli eletti.

5. Il potere sostitutivo del Governo: una alternativa difficilmente praticabile.

5.1. Il richiamo all’art. 117 Costituzione.

5.2. L’applicazione dell’art. 120 Costituzione.

1. La paralisi dell’organo consiliare del Comune di Arezzo

In data 7 dicembre 2005 tre consiglieri comunali di Arezzo – tutti appartenenti alla maggioranza di centrodestra che governa il Comune dal 1999 – indagati dalla Magistratura per il loro operato all’interno della commissione “Assetto del territorio”, sono stati arrestati su ordine del GIP sotto l’accusa di concussione continuata in concorso, per aver sistematicamente praticato attività illecite collegate all’iter delle pratiche urbanistiche. Nelle settimane successive l’inchiesta si è estesa all’attività urbanistico-edilizia dell’ultimo quinquennio, coinvolgendo ambienti amministrativi, professionali e produttivi in una vicenda giudiziaria – definita dalla stampa Variantopoli – che ha portato alla luce, secondo gli inquirenti, una situazione di pervasiva concussione ambientale, i cui inquietanti contorni si sono andati estendendo parallelamente all’intensificazione dell’indagine giudiziaria. Ulteriori avvisi di garanzia sono stati recapitati ad un quarto consigliere, ad un noto imprenditore, a professionisti ed intermediari. Il Sindaco stesso, suo figlio (titolare dello studio Lucherini Consulting) ed il titolare di uno studio professionale che gli inquirenti ritengono “collegato”, sono stati iscritti nel registro degli indagati per abuso d’ufficio in concorso.

Le dimissioni dei tre consiglieri tratti in arresto hanno fatto precipitare, nella seconda metà di dicembre, la già precaria situazione del Consiglio Comunale. Il funzionamento dell’organo consiliare aveva già mostrato, sin dall’inizio del mandato, segni di notevole criticità. La situazione di sostanziale equilibrio delle forze al suo interno (21 componenti alla coalizione di centrodestra, 20 allo schieramento di opposizione), derivante dal fatto che i risultati elettorali del turno 2004 non avevano fatto scattare il premio di maggioranza, aveva messo a nudo l’intrinseca vulnerabilità del bipolarismo in un contesto di “anatra zoppa”. L’opposizione si era ri-fiutata programmaticamente di garantire la legalità delle sedute, ossia il raggiungimento del quorum strutturale, che la maggioranza, da parte sua, non riusciva a mantenere sia per ragioni fisiologiche, sia per contrasti politici interni. Le sedute consiliari mancate o interrotte per deserzione si susseguivano (10 su 25 dall’inizio del mandato), sia per iniziativa dell’opposizione, sia della stessa maggioranza, ogniqualvolta la medesima – per dissidi interni, assenze o obbligo di astensione – vedeva venir meno la risicata superiorità numerica.

A seguito della cessazione dei consiglieri arrestati, i componenti dell’opposizione si sono dichiarati indisponibili al ripristino del plenum del Consiglio Comunale, considerato irrimediabilmente delegittimato, provocandone la definitiva paralisi operativa. Una prima adunanza è andata deserta in data 16.12.2005 a causa dell’iscrizione delle pratiche di surroga in seduta riservata, infelice decisione contestata dalla minoranza come tentativo di sottrarre l’attività del Consiglio, investito dallo tsunami giudiziario, al controllo politico dei cittadini. Una seconda seduta, convocata in data 11.1.2006, non ha potuto aver luogo per mancato raggiungimento del quorum strutturale, causa il rifiuto di partecipazione di 18 dei 20 consiglieri di opposizione.

Contemporaneamente, i consiglieri di opposizione hanno tentato di porre termine al mandato amministrativo, avanzando richiesta al Prefetto di avviare la procedura di scioglimento del CC, in conformità all’art. 141 del TUEL, sostenendo la necessità di restituire al corpo elettorale – con il turno del 2006 – la facoltà di autodeterminarsi.

I titolari degli organi esecutivi del Comune hanno avanzato al Difensore civico regionale – indicato dall’art. 136 del TUEL come titolare dei poteri sostitutivi – la richiesta di nomina di un commissario ad acta per la surrogazione dei dimissionari ed il ripristino della funzionalità del CC, in forza del principio che nessun organo può omettere l’adozione di atti dovuti, privi di discrezionalità.

A metà di gennaio il Difensore civico toscano – inutilmente raggiunto da una memoria giuridica dello schieramento di centrosinistra tesa a metterne in dubbio la competenza – ha avviato il procedimento sostitutivo con diffida formale ad adempiere entro nove giorni e minaccia di trasmissione degli atti alla procura della Corte dei conti. I consiglieri di opposizione hanno replicato con una formale diffida ad interrompere il procedimento sostitutivo, ad astenersi da ulteriori atti lesivi e a dichiarare l’improcedibilità della richiesta di surrogazione per incompetenza dell’organo adito. Un ricorso formale è stato contestualmente depositato al TAR della Toscana, con richiesta di sospensione cautelare.

In data 26.1.2006 il Difensore civico regionale, constatata l’infruttuosa scadenza del termine assegnato, ha proceduto alla nomina del commissario ad acta nella persona del dr. Paolo Di Carlo. Questi non ha tuttavia proceduto all’adempimento del suo incarico, per ragioni cautelari, essendo divenuta nota, nel frattempo, la data dell’udienza nel corso della quale il TAR avrebbe esaminato la richiesta di sospensiva.

In data 2 febbraio 2006 la seconda sezione del TAR Toscana (presidente relatore Petruzzelli) ha concesso ai ricorrenti la sospensione cautelare, bloccando l’esecuzione dei provvedimenti impugnati [1].

2. L’ordinanza del TAR Toscana 122/2006

La decisione assunta dai giudici del TAR della Toscana si discosta nettamente dalla giurisprudenza precedente in materia (peraltro scarna), costituita dalla sentenza con la quale il TAR dell’Abruzzo ha ritenuto di respingere le censure nei confronti del procedimento sostitutivo attivato dal Difensore civico regionale nei confronti del Comune di Martinsicuro (TE) in conseguenza della mancata surrogazione di un consigliere comunale dimissionario per ostru-zionismo della minoranza [2].

Il ricorso contro l’intervento sostitutivo del Difensore civico regionale era stato promosso da cinque consiglieri comunali ricoprenti la carica di capigruppo e quattro cittadini portatori di un interesse esponenziale, in qualità di dirigenti di strutture di partito operanti sul territorio aretino. Oggetto del gravame gli atti preliminari del procedimento sostitutivo emanati dal Difensore civico regionale: la diffida del 16.1.2006 e la nomina del commissario ad acta del 26.1.2006, censurati perché adottati in violazione degli artt. 114, 117 e 120 della Costituzione, viziati da incompetenza perché fondati su norme di legge regionale dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, ulteriormente viziati da eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e violazione del giusto procedimento.

Udite le parti, i giudici della seconda sezione del TAR Toscana hanno richiamato tre principi:

- la surroga dei Consiglieri Comunali dimissionari da parte dei candidati che seguono nella medesima lista elettorale è obbligatoria per legge (art. 38, c. 8 del TUEL approvato con D. Lgs. 18.2.2000, n. 267) e, pertanto, il relativo diritto deve essere garantito attraverso anche l’intervento sostitutivo del Consiglio Comunale inerte;

- il Difensore civico, come più volte affermato dalla Corte costituzionale (cfr. per tutte la sent. n. 43/2004), non rivestendo, lo stesso, natura né di organo regionale né, a maggior ragione, di organo di governo, non ha alcun potere sostitutivo nei confronti dell’ente locale nella materia di cui è questione;

- ai sensi dell’art. 117, c. 2°, lett. p), della carta costituzionale, tale potere non può che far capo in via esclusiva allo Stato e, per esso, al Governo, il quale potrà intervenire avvalendosi di commissario “ad acta”. Fermo restando la facoltà dei soggetti titolari del dirit-to soggettivo di surroga di ricorrere all’autorità giudiziaria avvalendosi dei mezzi messi a disposizione dalle leggi vigenti.

Tutto ciò premesso, il Tribunale amministrativo ha ritenuto che il ricorso appare “prima facie” non privo di consistenti elementi di “fumus boni juris” e ha ravvisato altresì sussistente l’invocato pregiudizio grave ed irreparabile in ordine al corretto esercizio dell’azione poli-tico-amministrativa del maggior organo collegiale del Comune.

In base a tali motivi il TAR Toscana accoglie la suindicata domanda incidentale di sospensione, ai sensi dell’art. 21, della legge 6.12.1971 n. 1034, come modificato dall’art. 3 della L. 205/2000 coordinato con l’art. 1 della legge stessa e, per l’effetto, sospende l’esecuzione dei provvedimenti impugnati con il ricorso principale e con l’atto di motivi aggiunti; salva e impregiudicata la facoltà del Comune di invocare l’intervento del Governo al fine di rendere effettiva la surroga obbligatoria dei consiglieri comunali dimissionari, anche avvalendosi di commissario “ad acta”.

3. L’incompetenza del Difensore civico regionale: un capitolo chiuso

Rovesciando l’orientamento giurisprudenziale instaurato dalla recente sentenza 667/2005 del TAR dell’Abruzzo, il Tribunale amministrativo toscano ha fatto chiarezza sulla questione della impossibile sopravvivenza dei poteri sostitutivi del Difensore civico regionale dopo le molteplici sentenze della Corte costituzionale che hanno soppresso – dichiarandole illegittime rispetto al nuovo assetto della Carta conseguente alla revisione del titolo V operata con legge cost. 3/2001 – le leggi regionali che ne costituivano il fondamento [3]. E, assieme ad esse, l’art. 136 del TUEL [4], che, come molte altre disposizioni del medesimo testo unico, mai abrogate formalmente dal legislatore nazionale, né colpite direttamente dalla scure della Corte (si pensi alla disciplina dei Co.Re.Co.), disciplinano ormai istituti fantasma, alcuni dei quali soppressi da un quinquennio, regolando rapporti e funzioni che non trovano più riscontro nella realtà istituzionale del Paese. E la cui contraddizione con l’ordinamento vigente è stata neutralizzata nell’unico modo logico e possibile: applicando il criterio dell’abrogazione tacita ex art. 15 preleggi, per cessazione della vigenza delle norme costituzionali a cui le disposizioni del TU erano collegate e davano esecuzione, ovvero per incompatibilità con le successive norme costituzionali.

Com’è noto, uno dei principi coerentemente sviluppati dalla giurisprudenza della Corte concerne il criterio di individuazione dell’organo al quale le leggi regionali hanno affidato, a seguito della soppressione dei Co.Re.Co. conseguente alla riforma del titolo V della Costituzione, la titolarità dei poteri sostitutivi e conseguentemente della nomina del commissario ad acta. Alla questione fanno infatti riferimento, in modo univoco, le sentenze 112/2004 (Regio-ne Marche, LR 10/2002), 173/2004 (Regione Toscana, LR 35/2002), 167/2005 (Regione A-bruzzo, LR 4/2004). Ciascuna delle pronunce ha dichiarato, sulla base di un unico, assorbente profilo, l’illegittimità costituzionale delle norme di legge con cui le tre Regioni avevano affi-dato l’esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti degli enti locali ai rispettivi Difensori civici.

Con buona pace del titolare dell’Ufficio di difesa civica toscano, la sentenza 173/2004 – rivolta espressamente ad annullare la fonte legislativa delle sue competenze – non lasciava spazio ad alcun dubbio interpretativo:

Nel prevedere ipotesi di interventi sostitutivi, da configurarsi come eccezionali rispetto al normale esercizio delle funzioni, la legge regionale è tenuta al rispetto di alcuni principi derivanti dall’esigenza di salvaguardare, pur nella sostituzione, il valore costituzionale dell’autonomia degli enti locali. Tra questi principi, rileva nel caso in esame quello secondo il quale l’esercizio del potere sostitutivo deve essere affidato a un organo di governo della Regione o deve comunque svolgersi sulla base di una decisione di questo (cfr. sentenze n. 313 del 2003, n. 342 del 1994, n. 460 del 1989), stante l’attitudine dell’intervento a incidere sull’autonomia co-stituzionale dell’ente sostituito. […]

La natura del Difensore civico e le funzioni da esso esercitate impediscono dunque la sua configurazione alla stregua di un organo di governo regionale, che, sola, consente di esercitare nei confronti degli enti locali interventi di tipo sostitutivo. Questi ultimi, infatti, per il loro tradursi in spostamenti eccezionali di competenze, e per la loro incidenza diretta sull’autonomia costituzionalmente garantita di enti politicamente rappresentativi, non possono non provenire dagli organi regionali di vertice, cui istituzionalmente competono le determinazioni di politica generale delle quali essi stessi assumono la responsabilità [5].

Sorprende che il titolare di un istituto creato per la difesa della legalità e della correttezza dell’operato della pubblica amministrazione potesse nutrire dubbi sulla immediata cessazione di efficacia della normativa regionale. E di conseguenza sulla possibilità di continuare ad e-sercitare – nell’incomprensibile acquiescenza degli organi politici della Regione – una compe-tenza che la Corte costituzionale ha dichiarato per tre volte illegittima. Un organo di garanzia operante a tutela dei cittadini dovrebbe avere ben chiaro che la dichiarazione di illegittimità costituzionale annulla la disposizione illegittima erga omnes, imponendo che la norma non venga più applicata in nessun caso e per nessuna ragione. Non lasciando, dunque, alcun margine per l’attesa di futuri sviluppi giurisprudenziali alternativi.

Ad ogni modo, la sentenza del TAR ha sgomberato il campo da ogni incertezza ed ambiguità. L’effetto immediato della concessione della sospensiva è quello del blocco del procedimento avviato dal Difensore civico e della inattivazione della nomina del commissario ad acta, che non potrà procedere alla surrogazione dei consiglieri dimissionari ed al reintegro del plenum del Consiglio Comunale. Diversamente, come ha riconosciuto il TAR, si sarebbero determinate lesioni all’autonomia del Comune interessato le cui conseguenze, come è facile comprendere, avrebbero potuto innescare conseguenze irreparabili.

4. Il carattere obbligatorio della surrogazione e la libertà di mandato degli eletti

L’ordinanza del TAR Toscana non fa mistero del carattere obbligatorio del procedimento di surrogazione dei consiglieri comunali dimissionari. Il dispositivo dell’art. 38 comma 8 del TUEL [6], risultato finale di una lunga serie di ritocchi ad una disciplina delicata e controversa, dà forma legislativa ad un principio incontrovertibile: l’esistenza di un interesse preminente al mantenimento della piena funzionalità dell’organo elettivo collegiale, garanzia di uno svolgimento corretto, imparziale, tempestivo ed efficace delle funzioni attribuite alla sua competenza.

Il giudice amministrativo appare talmente convinto della prevalenza di tale interesse rispetto agli altri aspetti coinvolti (talora in posizione concorrenziale), da spingersi a rilevare la “facoltà dei soggetti titolari del diritto soggettivo di surroga di ricorrere all’autorità giudiziaria avvalendosi dei mezzi messi a disposizione dalle leggi vigenti”.

Tralasciando quest’ultimo filone del ragionamento del TAR, che prospetta una ipotesi “privatistica” di soluzione del caso, certamente interessante, ma collaterale rispetto all’argomento centrale della presente memoria, è difficile non rilevare gli ostacoli oggettivi che in determinate situazioni possono opporsi all’attuazione dell’obbligo posto dall’art. 38. Fino al punto di renderne assai problematica l’applicazione al caso specifico.

Nei successivi paragrafi passeremo in rassegna le difficoltà, in una situazione di lacuna legislativa conseguente alla recente modifica costituzionale del titolo V, di garantire un legittimo esercizio del potere sostitutivo sugli organi degli enti locali, sia da parte della Regione che dello Stato. Ma ancora prima di aprire tale capitolo, sembra opportuno riflettere sulla contraddizione di principio, insita nel vigente ordinamento, tra la tutela del funzionamento dell’organo collegiale (riflesso del principio costituzionale del buon andamento della pubblica amministrazione) e la salvaguardia (altrettanto costituzionalmente protetta) di un libero esercizio del mandato elettorale.

Fino a quando il legislatore assoggetterà l’entrata in carica degli eletti, in sede di primo in-sediamento dell’organo come in occasione delle successive cessazioni/surrogazioni, alla con-statazione dell’insussistenza delle condizioni di ineleggibilità ed incompatibilità con la carica – accertamento che potrebbe essere affidato assai più efficacemente ad un procedimento d’ufficio, anziché ad una procedura di autovalidazione da parte dell’organo – l’esito di tale proce-dimento non potrà mai essere predeterminato [7]. Per quanto possa sembrare paradossale, l’universale convinzione che la conclusione dell’accertamento debba essere positiva, qualora non sussistano dubbi sulle condizioni di eleggibilità e compatibilità dell’eletto, si scontra con il fatto che tale decisione non è la conclusione di un procedimento formale, privo di discrezionalità e quindi vincolato nell’an, nel quid, nel quomodo e nel quando, ma l’imprevedibile risultato di un concorso di libere volontà, espresse tramite il voto dai componenti di un organo collegiale. Ed è proprio in questo elemento – la formazione della volontà dell’organo tramite e-spressione di voto – che trova un ostacolo insormontabile l’illusoria certezza circa l’esito dovuto del procedimento. Non sarà infatti mai possibile – e sarebbe del resto una contraddizione in termini, oltre che un inconcepibile vulnus ai principi fondanti della democrazia – raggiungere la certezza di poter indurre un determinato quorum dei componenti di un organo collegiale ad esprimere il proprio voto in maniera predeterminata. Tanto più in un sistema elettorale di tipo bipolare e maggioritario, che ha fatto svanire la fattibilità di preziose intese istituzionali bipartisan, annullate come neve al sole dall’occupazione totale del potere, dall’annullamento del dialogo politico, dalla devastante pratica dello spoil system.

E’ esperienza comune che ogniqualvolta un procedimento originariamente non discrezionale acquista, direttamente o indirettamente, una qualsiasi valenza politica, i principi del giusto procedimento e quelli del libero esercizio dell’elettorato passivo (sul quale non può pesare, non lo si dimentichi, alcun vincolo di mandato, per principio costituzionale, per prassi consolidata e per norma statutaria della maggior parte degli enti locali) entrano irrimediabilmente in collisione. E a questo punto, nei confronti dell’organo “disobbediente” rispetto ad un atto dovuto per legge, e conseguentemente inerte, ritardatario od omissivo, a poco valgono le petizioni di principio. L’ordinamento dispone infatti di due tipi di rimedio giuridico: l’esercizio dei poteri sostitutivi, quando e se esercitabili, oppure lo scioglimento dell’organo stesso per impossibilità di funzionamento.

5. Il potere sostitutivo del Governo: una alternativa difficilmente praticabile

Il dispositivo dell’ordinanza del TAR dichiara dunque “salva e impregiudicata la facoltà del Comune di invocare l’intervento del Governo al fine di rendere effettiva la surroga obbli-gatoria dei consiglieri comunali dimissionari, anche avvalendosi di commissario “ad acta”. L’affermazione è strettamente collegata con il richiamo, contenuto nelle motivazioni della decisione, all’art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione [8], invocato per sostenere che “tale potere [sostitutivo] non può che far capo in via esclusiva allo Stato e, per esso, al Governo, il quale potrà intervenire avvalendosi di commissario “ad acta”.

In realtà, i due riferimenti delineano procedimenti differenti ed alternativi per raggiungere l’obiettivo del reintegro del plenum del Consiglio Comunale (ritenuto obbligatorio per legge, e quindi perseguibile anche attraverso interventi sostitutivi dell’organo inerte): e in entrambi i casi sembrano trascurare i considerevoli ostacoli giuridici che si frappongono lungo il percorso e minacciano di renderli assai poco realistici.

5.1. Il richiamo all’art. 117 Costituzione

Il richiamo all’art. 117 Cost. intende rimarcare come la materia del contendere – il reintegro di un organo di governo del Comune – rientri tra quelle sulle quali lo Stato, nell’architettura costituzionale riformata dalla modifica del titolo V, mantiene competenza legislativa esclusiva. Nella fattispecie ciò significa che:

- le Regioni che si sono viste falcidiare dalla Corte costituzionale le leggi con le quali disciplinavano i poteri sostitutivi del Difensore civico nei confronti degli enti locali non po-trebbero, pur volendolo, colmare il vuoto normativo venutosi a creare; in caso contrario si verificherebbe una violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato;

- in assenza di norme di legge – nazionali o regionali – che ne disciplinino in maniera rigorosa l’esercizio, ne stabiliscano i limiti e le condizioni, impongano il rispetto dei principi di sussidiarietà, autonomia e leale collaborazione, nessun potere sostitutivo può essere e-sercitato, alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale;

- solo lo Stato può esercitare la riserva di legge per disciplinare i poteri sostitutivi ordinari inerenti gli organi di governo degli enti locali.

In termini non dissimili si è espresso lo stesso Governo, che attraverso il Sottosegretario di Stato per l’Interno, on. Michele Saponara, ha ammesso l’esistenza di una lacuna legislativa insormontabile, dichiarando alla Camera, nella seduta del 12.5.2005, in risposta ad una interpellanza urgente circa la situazione di paralisi del Comune di Martinsicuro (TE):

In conclusione, sono convinto che la lacuna legislativa senza dubbio esistente possa essere affrontata in sede di emanazione del decreto legislativo di cui all’articolo 2 della legge n. 131 del 2003 (di adeguamento dell’attuale ordinamento degli enti locali alla riforma del titolo V della Costituzione), ristrutturando, sotto il profilo normativo, le forme di intervento sostitutivo attualmente previste, in modo coerente con il nuovo quadro costituzionale, come appare emergere anche dal consolidato orientamento della Corte costituzionale [9].

In effetti, lo Stato sta già esercitando la sua competenza legislativa esclusiva – allo scopo di dare attuazione all’art. 117 Costituzione – in sede di revisione del TUEL. Ma a distanza di oltre due anni dalla delega legislativa inserita nell’art. 2 della legge La Loggia 131/2003 [10], il Governo non è ancora riuscito a riformulare il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali in maniera definitiva. La soluzione alla tacita abrogazione dell’art. 136, divenuto inapplicabile come dimostra l’ordinanza del TAR Toscana, ha trovato, per il momento, attuazione nell’inserimento di un testo novellato all’art. 17 comma 3 della proposta di D. Lgs. di revisione e adeguamento del TUEL, licenziata dal Consiglio dei Ministri in data 2.12.2005 ed avviata all’esame delle competenti commissioni. Il nuovo testo stabilisce che il comma 1 dell’art. 136 del TUEL è sostituito come segue: “Lo statuto [dell’ente locale] individua sistemi e modalità di controllo sostitutivo, secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza, al fine di assicurare, in caso di ritardo od omissione, il compimento di atti obbligatori per legge”.

La formulazione proposta è conforme all’art. 4 comma 2 della L. 131/2003, che recita: “Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i princìpi generali in materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce i princìpi di organizzazione e fun-zionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare.” Ma è evidente che la soluzione dei casi aperti, come quello del Consiglio Comunale di Arezzo, non potrà essere raggiunta in tempo utile per tale strada.

Il cammino della norma si preannuncia infatti ancora lungo e contrastato. Con ogni evidenza, la revisione del TUEL sarà una delle riforme che l’attuale legislatura lascerà in eredità a quella che uscirà dalle urne il 9 aprile 2006. Com’è ovvio, la nuova disciplina, qualora superi la fase istruttoria, potrà essere applicata soltanto dopo la sua emanazione ed entrata in vigore. Fino a quel momento eventuali interventi sostitutivi dello Stato nei confronti degli enti locali saranno privi di una copertura legislativa che ne legittimi l’esercizio.

In prospettiva, comunque, appare assai significativa la propensione del legislatore ad affi-dare all’autonomia statutaria degli enti locali soggetti ad eventuali interventi sostitutivi la de-terminazione dei sistemi e modalità del controllo: una scelta in assoluta discontinuità con il precedente assetto normativo, che pone al riparo da ingerenze non più compatibili con la nuo-va posizione costituzionale dei poteri locali.

5.2. L’applicazione dell’art. 120 Costituzione

Richiamando il potere sostitutivo che “non può che far capo in via esclusiva allo Stato e, per esso, al Governo, il quale potrà intervenire avvalendosi di commissario “ad acta”, l’argomentazione del giudice amministrativo toscano coinvolge necessariamente, pur non richiamandolo esplicitamente, l’art. 120 comma 2 della Costituzione [11]. Il quale, a differenza dell’art. 117, ha trovato nella legge 131/2003, all’art. 8 [12], la normativa di attuazione. Se così non fosse, l’indicazione contenuta nell’ordinanza del TAR apparirebbe incongrua e priva di fondamento: il comma 2° dell’art. 117 Cost. non disciplina, infatti, alcun potere sostitutivo dello Stato, concernendo invece, come sottolineato sopra, il riparto della competenza legislativa esclusiva in materia di organi degli enti locali.

Com’è noto, il comma 2 dell’articolo 120 Cost. ha recepito il contenuto del D. Lgs. 112/1998 (art. 5), con cui si riservava al Presidente del Consiglio dei Ministri la titolarità di un potere sostitutivo a carattere straordinario, da far valere nei confronti degli enti locali e delle Regioni, in caso di inattività che comportasse “inadempimento agli obblighi derivanti dall’adesione all’UE o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali”. Si trattava di una norma di chiusura posta a garanzia degli interessi generali/nazionali, in un quadro istituzionale di progressiva introduzione di elementi di decentramento e di federalismo e di conseguente ridimensionamento degli apparati di coordinamento verticale dello Stato: con il D. Lgs. 112 si era regolato infatti il trasferimento di funzioni dallo Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione della L. 59/1977, meglio nota come Bassanini 1.

Sulla portata e i limiti dell’art. 120 ha avuto modo di soffermarsi la giurisprudenza della Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla questione – oggetto di ripetute impugnazioni di leggi regionali – se tale istituto non esaurisca, dopo la modifica del titolo V, le varie fattispecie degli interventi sostitutivi nei confronti degli enti locali.

Concepito per la tutela di interessi unitari, in un ordinamento ormai basato su una netta separazione di competenze legislative (tra Stato e Regioni) ed amministrative (tra tutti i livelli di governo), il potere sostitutivo ex art. 120 – ha stabilito la Corte con la sentenza 43/2004 – costituisce un istituto a carattere straordinario, riservato al più alto livello di governo, che non riassorbe l’intera casistica dei poteri sostitutivi ordinari previsti dalla legislazione, statale e regionale, di settore.

Il nuovo articolo 120, secondo comma, della Costituzione si inserisce in questo contesto, con la previsione esplicita del potere del Governo “di sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni” in determinate ipotesi, sulla base di presupposti che vengono definiti nella stessa norma costituzionale […].

La nuova norma deriva palesemente dalla preoccupazione di assicurare comunque, in un sistema di più largo decentramento di funzioni quale quello delineato dalla riforma, la possibilità di tutelare, anche al di là degli specifici ambiti delle materie coinvolte e del riparto costituzionale delle attribuzioni amministrative, taluni interessi essenziali – il rispetto degli obblighi interna-zionali e comunitari, la salvaguardia dell’incolumità e della sicurezza pubblica, la tutela in tutto il territorio nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – che il sistema costituzionale attribuisce alla responsabilità dello Stato. […]

Ma l’articolo 120, secondo comma, non può essere inteso nel senso che esaurisca, concen-trandole tutte in capo allo Stato, le possibilità di esercizio dei poteri sostitutivi. In realtà, esso prevede solo un potere sostitutivo straordinario, in capo al Governo, da esercitarsi sulla base dei presupposti e per la tutela degli interessi ivi esplicitamente indicati […].

Il carattere straordinario e “aggiuntivo” degli interventi governativi previsti dall’articolo 120, secondo comma, risulta […] dal fatto che esso allude a emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportano rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della Repubbli-ca […] [13].

Sul carattere straordinario e residuale del potere sostitutivo riservato alla Stato ex art. 120 Costituzione, e sui limiti al suo concreto esercizio – “emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportino rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della repubblica”, “mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria”, “pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica”, “tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” – la giurisprudenza della Corte costituzionale non lascia margine ad incertezze. Sotto questo profilo, appare giuridicamente impossibile che la funzionalità di un Consiglio Comunale, per quanto si configuri come interesse rilevante per la comunità di riferimento, possa essere ripristinata attraverso i poteri straordinari conferiti al Governo dall’art. 120. L’iniziativa violerebbe, peraltro, il principio di proporzionalità tra i provvedimenti sostitutivi e le finalità perseguite, imposto dall’art. 8 comma 5 della legge di attuazione 131/2003.

Il medesimo orientamento è stato correttamente espresso dallo stesso Governo, che per bocca del Sottosegretario di Stato per l’Interno, on. Michele Saponara, ha dichiarato alla Ca-mera, nella già citata seduta del 12.5.2005, dedicata alla situazione di paralisi dell’amministrazione comunale di Martinsicuro (TE):

Quanto, poi, alla fattibilità di un intervento sostitutivo del Governo, che colmi la lacuna normativa in atto, il Ministero dell’Interno ritiene che sulla base della disciplina attualmente vigente, non sussistano i presupposti previsti dall’art. 120 della Costituzione per l’esercizio del potere sostitutivo affidato allo Stato in quanto organismo di chiusura del sistema. La stessa Corte costituzionale ha, d’altra parte, evidenziato (con la sentenza n. 43 del 2004 ed in altre successive pronunce) il carattere straordinario e “aggiuntivo” degli interventi governativi previsti dall’art. 120, secondo comma, che, come chiarisce la Corte, si riferiscono ad emergenze istituzionali di particolare gravità, che comportano rischi di compromissione relativi ad interessi essenziali della Repubblica.” [14].

E’ pur vero che dal Viminale sono stati inviati, a seguito dell’esplosione della Variantopoli aretina, segnali alquanto contraddittori, che apparirebbero in stridente contrasto con le affermazioni del Sottosegretario Saponara.

In data 17.1.2006 il titolare della direzione centrale per le autonomie (Sportello delle Autonomie), del medesimo Ministero ha operato un acrobatico salto della quaglia, sostenendo di “condividere la posizione assunta dal Difensore civico toscano in ordine alla perdurante atti-vabilità del potere sostitutivo di cui all’art. 136 del TUEL”:

In merito, poi, al citato art. 136 va rilevato che nonostante i dubbi sulla compatibilità di tale norma con il nuovo quadro costituzionale sollevati a seguito di recenti pronunciamenti della Corte costituzionale […], il difensore civico in talune realtà regionali si è ancora di recente avvalso del potere sostitutivo ivi previsto proprio per procedere ad una surroga a mezzo di apposito commissario ad acta e tale provvedimento sostitutivo è stato ritenuto legittimo dal giudice amministrativo (cfr. TAR Abruzzo, 30 luglio 2005, 667) il quale ha precisato che la Corte costituzionale, nel dichiarare la incostituzionalità di alcune discipline regionali del potere sostitutivo […] non ha mai nulla osservato, direttamente o indirettamente, sulla vigenza del menzionato articolo 136 del TUEL […]

L’eccesso di fiducia dell’ufficio ministeriale sulla sopravvivenza dei poteri sostitutivi del Difensore civico regionale, nel momento in cui un altro Difensore civico, messa in non cale la pronuncia della Corte costituzionale, si apprestava ad abusare dei medesimi, appare veramen-te singolare. Ma su tale questione il TAR Toscana si è già pronunciato con l’ordinanza 122/2006.

A seguito di quest’ultima, invece, un altro Sottosegretario all’Interno, l’on. Antonio D’Alì, avrebbe assicurato al presidente del CC di Arezzo (secondo la versione di quest’ultimo) la disponibilità del Governo a provvedere tempestivamente, tramite la locale Prefettura, alla nomi-na di un commissario ad acta che porti a termine il procedimento interrotto ex abrupto dall’ordinanza del TAR [15]. E’ forse questo il senso della sibillina risposta (“La situazione del Comune di Arezzo è attentamente valutata e seguita dalla Prefettura locale e nel caso in cui dovessero verificarsi i presupposti non si mancherà di adottare gli interventi previsti dalla legge”) con cui il Sottosegretario per la Giustizia on. Giuseppe Valentino replicava alla fine del mese di gennaio ad una precedente interpellanza dell’on. Fanfani? Se così fosse, gli sviluppi della situazione prometterebbero profili di illegittimità ancora più evidenti di quelli emersi nell’operato del Difensore civico.

Come si vede, grande è il disordine sotto il cielo. Anche perché il termine del 24 febbraio, discrimine per l’eventuale effettuazione delle elezioni amministrative anticipate nel turno della primavera 2006, si avvicina a grandi passi. E di conseguenza, l’alternativa tra il reintegro forzato dei consiglieri tramite commissario ad acta (da chiunque nominato) e lo scioglimento dell’organo ex art. 141 TUEL cessa di essere percepita come questione di interpretazione giuridica, per mostrare il suo vero volto di scontro politico tra quanti intendono proseguire a tutti i costi il mandato amministrativo fino alla scadenza naturale del 2009 e quanti lavorano per chiudere una amministrazione ormai delegittimata e restituire la parola al corpo elettorale.

[1]  Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana. Ordinanza nella Camera di consiglio, 2.2.2006, n. 112.

[2] Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, L’aquila. Sentenza in forma semplificata, 15.6.2005, n. 667.

[3] Sull’argomento della legittimità dell’esercizio di poteri sostitutivi da parte delle Regioni, regolati con legge statale o regionale, la Corte si è espressa a più riprese, sia prima (sentenze 117/1988, 338/1989, 460/1989, 342/1994), sia, in maniera sistematica, dopo la riforma del titolo V (sentenze 39/2003, 313/2003, 43/2004, 69/2004, 70/2004, 71/2004, 72/2004, 73/2004, 112/2004, 173/2004, 167/2005).

[4] D. Lgs. 18.8.2000, n. 267. Art. 136. Poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori. 1. Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal Difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell’incarico.

Corte Costituzionale, sentenza 9.6.2004, n. 173.

[5] D. Lgs. 18.8.2000, n. 267. Art. 38. Consigli comunali e provinciali. […] 8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere presentate personalmente ed assunte immediatamente al protocollo dell’ente nell’ordine temporale di presentazione. Le dimissioni non presentate personalmente devono essere autenticate ed inoltrate al protocollo per il tramite di persona delegata con atto autenticato in data non anteriore a cinque giorni. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d’atto e sono immediatamente efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate deliberazioni, seguendo l’ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo a surroga qualora, ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell’articolo 141. […]

[6] D. Lgs. 18.8.2000, n. 267. Art. 41. Adempimenti della prima seduta. 1. Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi oggetto, ancorché non sia stato prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall’articolo 69. […]

[7] Costituzione della Repubblica Italiana (come modificata dalla L. Cost. 18.10.2001, n. 3). Art. 117. […] Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: […] p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; […].

[8] Camera dei Deputati, resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta n. 625 del 12.5.2005. Svolgimento di inter-pellanze urgenti. Interpellanza n. 2-01554, primo firmatario on. Crisci.

[9] L. 5.6.2003, n. 131. Art. 2. Delega al Governo per l’attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 31 dicembre 2005, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le riforme istituzionali e la devoluzione e dell’economia e delle finanze, uno o più decreti legislativi diretti alla individuazione delle funzioni fondamentali, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane, nonché per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento. 2. Con i decreti legislativi di cui al comma 1 si provvede, altresì, nell’ambito della competenza legislativa dello Stato, alla revisione delle disposizioni in materia di enti locali, per adeguarle alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. […] 4. Nell’attuazione della delega di cui ai commi 1 e 2, il Governo si attiene ai seguenti principi e criteri direttivi: […] g) procedere alla revisione delle disposizioni legislative sugli enti locali, comprese quelle contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 200, n. 267, limitatamente alle norme che contrastano con il sistema costituzionale degli enti locali definito dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attraverso la modificazione, l’integrazione, la soppressone e il coordinamento formale delle disposizioni vigenti, anche al fine di assicurare la coerenza sistematica della normativa, l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo […]

[10] Costituzione della Repubblica Italiana (come modificata dalla L. Cost. 18.10.2001, n. 3). Art. 120. 2. Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel casi di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

[11] L. 5.6.2003, n. 131. Art. 8. Attuazione dell’articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo. 1 Nei casi e per le finalità previsti dall’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento. […] 3. Fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale, qualora l’esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organismo sia stato istituito. 4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame. 5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite. […]

[12] Corte Costituzionale, sentenza 20.1.2004, n. 43. Presidente Zagrebelsky, relatore Onida. Oggetto del giudizio: LR Veneto 4.11.2002, n. 33, art. 33, 34, 43, 51, 54, 60, 90, 91.

[13] Sull’argomento cfr., tra i contributi dottrinali più recenti, MASSIMO CARLI, “Potere sostitutivo, Difensore civico e cer-tezza del diritto”, Giustizia amministrativa, 2004, <http://www.giustamm.it>; GIUSEPPE CARUSO, “L’intervento sosti-tutivo regionale non tutela l’autonomia dei Comuni”, Guida agli enti locali. Il Sole-24 ore, 2004, fasc. 16; IRENE MANZI, “Il Difensore civico: storia e prospettive dell’Ombudsman italiano”, Diritto & Diritti, Portale giuridico, <http//www.diritto.it>, luglio 2004; SALVATORE MEZZACAPO, “Interventi solo in casi eccezionali a tutela dell’autonomia comunale”, Guida agli enti locali. Il Sole-24 ore, 2004, fasc. 29; PAOLO PASSAGLIA, “In tema di Difensore civico regionale e poteri sostitutivi”, Il Foro italiano, 2004, fasc. 9; ELEONORA RINALDI, “Potere esercitabile solo da organi di governo”, Guida agli enti locali. Il Sole-24 ore, 2005, fasc. 20; MARCO RUOTOLO, “Recentissme dalla Corte costituzionale”, Giurisprudenza italiana, 2004, fasc. 5; RAFFAELE BIFULCO, “Sostituzione e sussidiarietà nel nuovo Titolo V: note alla sentenza 43 del 2004”, Giurisprudenza italiana, 2005, fasc. 1; STEFANO BRIZI, “Il potere sostitutivo nelle leggi regionali”, L’Amministrazione italiana”, 2005, fasc. 2; GLORIA MARCHETTI, “I poteri sostitutivi nel quadro del nuovo assetto dei rapporti tra Stato, Regioni ed enti locali”, Rassegna parlamentare, 2005, fasc. 1; MARISA PERUZZINI, “In tema di poteri sostitutivi ex art. 120 della Costituzione”, Nuove Autonomie, 2005, fasc. 3; MARIO R. SPASIANO, “Continua la deriva del Difensore civico nella generale indifferenza. Breve nota a commento della sentenza della Corte costituzionale n. 167 del 29.4.2005”, Nuove Autonomie, 2005, fasc. 1-2; FRANCO ROSSI, “Il controverso esercizio dei poteri sostitutivi da parte del Difensore civico regionale alla luce della giurisprudenza della Corte co-stituzionale”, <http//www.ergaomnes.net>, gennaio 2005.

[14] Camera dei Deputati, resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta n. 625 del 12.5.2005.

[15] Di conseguenza senza le garanzie procedurali di cui ai commi 1 e 3 dell’art. 8 della legge 131/2003. Ma si tratta di informazioni di seconda mano, probabilmente dettate dal clima preelettorale dominante in una compagine di governo giunta al termine del proprio mandato. L’indiscrezione è stata comunque presa in seria considerazione dai parlamentari aretini on. Giuseppe Fanfani e sen. Monica Bettoni, che hanno presentato alla Camera ed al Senato due interrogazioni parallele, nelle quali si ricordano al Governo i limiti del potere sostitutivo ex art. 120 Cost. e si reclama dall’esecutivo un atteggiamento di coerenza, rigore ed imparzialità rispetto alla posizione assunta in materia da un anno a questa parte.