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Tutela del risparmio: obbligazioni, provvedimenti di sequestro e problemi di notifica

Esiste un interessante orientamento dottrinale, supportato da numerose pronunce della più avvertita giurisprudenza, che argomenta sull’applicazione delle categorie e degli istituti civilistici alla Pubblica amministrazione; ciò in un percorso volto a utilizzare l’obbligazione di diritto civile quale paradigma dei rapporti amministrativi: i primi scritti volti ad inquadrare i provvedimenti di concessione di contributi pubblici negli schemi della promessa al pubblico o, in via alternativa, della donazione e del mandato a donare risalgono agli anni sessanta dello scorso secolo.

In questo contesto si colloca anche la problematica relativa all’ammissibilità del sequestro conservativo, nel caso di sospensione dei pagamenti dei titoli obbligazionari emessi dall’amministrazione pubblica.

La giurisprudenza, con riferimento al sequestro dei beni dell’amministrazione, concorda nel ritenere che i beni del demanio e del patrimonio indisponibile non siano sequestrabili, in quanto gli stessi sono destinati ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio (ex plurimis Cass., sez. III, 15.2.2001, in RivistAmbiente, 2002, 1362).

Per i beni del patrimonio disponibile l’inammissibilità di un provvedimento di sequestro viene spesso collegata alla mancanza di un presupposto necessario per la concessione dei provvedimenti, e cioè a quello dell’insolvenza, essendo la P.A., generalmente, ritenuta solvibile.

Se poi si tratta di sequestrare beni appartenenti ad un ente estero la giurisprudenza nega, più in radice, la giurisdizione del giudice italiano: ciò per effetto dei principi di immunità giurisdizionale degli Stati stranieri - fissati dal diritto internazionale consuetudinario - in ordine all’azione esecutiva (o cautelare): così Cass., sez. un., 12.1.1996, n. 173, GC, 1996, I, 1671; Cass., sez. un., 13.5.1993, n. 5425, FI, 1993, I, 2785; Cass., sez. un., 25.5.1989, n. 2502, RFI, 1989; Cass., sez. un., 4.5.1989, n. 2085, FI, 1989, I, 2804; Cass., sez. un., 4.4.1986, n. 2316, FI, 1986, I, 2507.

In realtà ciò è condivisibile, per i beni appartenenti a tali Stati o loro enti pubblici, solo se, ed in quanto, si tratti di beni destinati all’esercizio

delle funzioni sovrane o, comunque, di fini pubblicistici.

Il problema si è concretamente posto in relazione ai bond emessi dalla Repubblica Argentina, la quale, dopo aver privatizzato, negli anni 90 dello scorso secolo, il sistema bancario, ha iniziato, a decorrere dal 2001, a non pagare molte cedole, pur senza dichiarare ufficialmente il default, e cioè l’insolvenza (come invece è accaduto in passato per altri Stati quali Ucraina e Russia): l’Argentina ha dichiarato una moratoria, cercando per questa via di circoscrivere l’insolvenza nei limiti di un evento meramente tecnico.

Del tutto inutile, a fini di tutela dei risparmiatori, si è rivelata la normativa interna in tema di intermediari finanziari, che prevede - in ossequio all’articolo 47 della Costituzione che tutela il risparmio - che tali soggetti (banche e sim) all’atto della stipula del contratto di gestione o prima dell’inizio della prestazione dei servizi di investimento verifichino l’esperienza del cliente in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio. In conseguenza di tale verifica, infatti, nessuno degli intermediari autorizzati si è astenuto dall’effettuare per conto degli investitori operazioni di investimento in obbligazioni altamente rischiose (già nel corso del 2001 il rischio era noto, almeno ai gestori statunitensi, come emerge dal fatto che spesso i bond argentini in euro avevano prezzi molto più elevati di quelli in dollari Usa): tali operazioni, dunque, avrebbero dovuto essere considerate inadeguate, per tipologia, oggetto e dimensione, alle caratteristiche dei piccoli risparmiatori, ed essere riservate agli investitori istituzionali.

Il rilievo si collega a problematiche ulteriori, quali quella dell’attendibilità dei responsi delle agenzie (internazionali e private) di valutazione del merito di credito, che vedono frequenti conflitti di interessi fra analisti e analizzati - problemi ai quali cerca, in qualche modo, di dare una risposta il recente disegno di legge a "Tutela del risparmio", il quale prevede, all’art. 1, la creazione di un Authority unica del risparmio, alla quale è affidato anche l’innovativo compito di redigere lo Statuto del risparmiatore e dell’investitore.

A soluzione favorevole al sequestro dei beni dell’Argentina è giunto il Tribunale di Roma, con provvedimento in data 22.7.2002, riferito a titoli del debito pubblico emessi da tale Repubblica, sequestro richiesto da sottoscrittori delle obbligazioni argentine colpite da insolvenza tecnica (comunque dal mancato pagamento di una cedola o di un rimborso).

Al dubbio relativo all’ammissibilità del provvedimento di sequestro il Tribunale ha dato risposta positiva, attribuendo natura giuridica privatistica all’attività di emissione di titoli obbligazionari statali.

Il Tribunale ha equiparato, nel caso di specie, l’operazione di finanziamento promossa dallo Stato (estero) ad una normale emissione obbligazionaria, ritenendo che la causa e la finalità pubblica dell’operazione (risanamento del deficit statale) siano inidonei a piegare in senso pubblicistico la causa del negozio utilizzato (contratto di diritto privato).

Conseguente alla ritenuta natura privata del rapporto obbligatorio, sul piano processuale, è l’ammissibilità del provvedimento di sequestro conservativo dei beni dell’ente che ha emesso i titoli, effettivamente ordinato dal Tribunale di Roma a seguito della situazione di sospensione dei pagamenti dei titoli obbligazionari emessi da tale Stato.

Problemi processuali ulteriori riguardano, oltre al foro competente (quello indicato nel prospetto delle obbligazioni de quo è spesso all’estero), la notificazione.

Atteso che il diritto internazionale (consuetudinario e convenzionale) riconosce l’inviolabilità dei locali delle rappresentanze diplomatiche, e che la Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche e quella sulle Relazioni Consolari riconoscono l’immunità di giurisdizione e di esecuzione delle Rappresentanze Diplomatiche e degli Uffici Consolari, la notificazione dell’azione giudiziaria presentata per il sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili, dei conti bancari e dei crediti di proprietà di uno Stato estero in Italia non può essere effettuata in modo diretto, nella sede di una Rappresentanza Consolare: la stessa deve essere effettuata per via diplomatica, al fine di salvaguardare la condizione sovrana dello Stato straniero (giacché la notificazione tramite il Ministero degli Affari Esteri assicura il principio di diritto internazionale che riconosce l’uguaglianza sovrana degli Stati).

De iure condendo. Vi sono due principali proposte di legge presentate alla Camera dei Deputati con lo scopo di introdurre anche nell’ordinamento itaiano l’azione collettiva (class-action).

Ciò potrebbe avvenire, secondo le proposte (nn. 3838 e 3839), novellando l’art. 3 della legge n. 281/98 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti), prevedendo la possibilità di ricorrere al giudice anche per accertare la lesione di diritti ed interessi di quelli una pluralità di consumatori o di utenti danneggiati in conseguenza di uno stesso fatto o più fatti aventi un’origine comune: l’esito dell’azione collettiva potrà essere la sentenza di condanna al risarcimento dei danni subiti, nella quale il giudice potrà stabilire l’importo dovuto a ciascun consumatore e cioé i criteri in base ai quali determinare l’importo da liquidare in favore dei singoli danneggiati.

Questo il testo dell’art. 1 della proposta di legge n. 3838 presentata alla Camera:

"All’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 30 luglio 1998, n. 281, sono aggiunte le seguenti parole: " ivi compresi il risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori e utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi dal professionista ovvero di inadempimenti o di violazioni da esso commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile, che ledono i diritti di una pluralità di consumatori e di utenti".

Esiste un interessante orientamento dottrinale, supportato da numerose pronunce della più avvertita giurisprudenza, che argomenta sull’applicazione delle categorie e degli istituti civilistici alla Pubblica amministrazione; ciò in un percorso volto a utilizzare l’obbligazione di diritto civile quale paradigma dei rapporti amministrativi: i primi scritti volti ad inquadrare i provvedimenti di concessione di contributi pubblici negli schemi della promessa al pubblico o, in via alternativa, della donazione e del mandato a donare risalgono agli anni sessanta dello scorso secolo.

In questo contesto si colloca anche la problematica relativa all’ammissibilità del sequestro conservativo, nel caso di sospensione dei pagamenti dei titoli obbligazionari emessi dall’amministrazione pubblica.

La giurisprudenza, con riferimento al sequestro dei beni dell’amministrazione, concorda nel ritenere che i beni del demanio e del patrimonio indisponibile non siano sequestrabili, in quanto gli stessi sono destinati ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio (ex plurimis Cass., sez. III, 15.2.2001, in RivistAmbiente, 2002, 1362).

Per i beni del patrimonio disponibile l’inammissibilità di un provvedimento di sequestro viene spesso collegata alla mancanza di un presupposto necessario per la concessione dei provvedimenti, e cioè a quello dell’insolvenza, essendo la P.A., generalmente, ritenuta solvibile.

Se poi si tratta di sequestrare beni appartenenti ad un ente estero la giurisprudenza nega, più in radice, la giurisdizione del giudice italiano: ciò per effetto dei principi di immunità giurisdizionale degli Stati stranieri - fissati dal diritto internazionale consuetudinario - in ordine all’azione esecutiva (o cautelare): così Cass., sez. un., 12.1.1996, n. 173, GC, 1996, I, 1671; Cass., sez. un., 13.5.1993, n. 5425, FI, 1993, I, 2785; Cass., sez. un., 25.5.1989, n. 2502, RFI, 1989; Cass., sez. un., 4.5.1989, n. 2085, FI, 1989, I, 2804; Cass., sez. un., 4.4.1986, n. 2316, FI, 1986, I, 2507.

In realtà ciò è condivisibile, per i beni appartenenti a tali Stati o loro enti pubblici, solo se, ed in quanto, si tratti di beni destinati all’esercizio

delle funzioni sovrane o, comunque, di fini pubblicistici.

Il problema si è concretamente posto in relazione ai bond emessi dalla Repubblica Argentina, la quale, dopo aver privatizzato, negli anni 90 dello scorso secolo, il sistema bancario, ha iniziato, a decorrere dal 2001, a non pagare molte cedole, pur senza dichiarare ufficialmente il default, e cioè l’insolvenza (come invece è accaduto in passato per altri Stati quali Ucraina e Russia): l’Argentina ha dichiarato una moratoria, cercando per questa via di circoscrivere l’insolvenza nei limiti di un evento meramente tecnico.

Del tutto inutile, a fini di tutela dei risparmiatori, si è rivelata la normativa interna in tema di intermediari finanziari, che prevede - in ossequio all’articolo 47 della Costituzione che tutela il risparmio - che tali soggetti (banche e sim) all’atto della stipula del contratto di gestione o prima dell’inizio della prestazione dei servizi di investimento verifichino l’esperienza del cliente in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché la sua propensione al rischio. In conseguenza di tale verifica, infatti, nessuno degli intermediari autorizzati si è astenuto dall’effettuare per conto degli investitori operazioni di investimento in obbligazioni altamente rischiose (già nel corso del 2001 il rischio era noto, almeno ai gestori statunitensi, come emerge dal fatto che spesso i bond argentini in euro avevano prezzi molto più elevati di quelli in dollari Usa): tali operazioni, dunque, avrebbero dovuto essere considerate inadeguate, per tipologia, oggetto e dimensione, alle caratteristiche dei piccoli risparmiatori, ed essere riservate agli investitori istituzionali.

Il rilievo si collega a problematiche ulteriori, quali quella dell’attendibilità dei responsi delle agenzie (internazionali e private) di valutazione del merito di credito, che vedono frequenti conflitti di interessi fra analisti e analizzati - problemi ai quali cerca, in qualche modo, di dare una risposta il recente disegno di legge a "Tutela del risparmio", il quale prevede, all’art. 1, la creazione di un Authority unica del risparmio, alla quale è affidato anche l’innovativo compito di redigere lo Statuto del risparmiatore e dell’investitore.

A soluzione favorevole al sequestro dei beni dell’Argentina è giunto il Tribunale di Roma, con provvedimento in data 22.7.2002, riferito a titoli del debito pubblico emessi da tale Repubblica, sequestro richiesto da sottoscrittori delle obbligazioni argentine colpite da insolvenza tecnica (comunque dal mancato pagamento di una cedola o di un rimborso).

Al dubbio relativo all’ammissibilità del provvedimento di sequestro il Tribunale ha dato risposta positiva, attribuendo natura giuridica privatistica all’attività di emissione di titoli obbligazionari statali.

Il Tribunale ha equiparato, nel caso di specie, l’operazione di finanziamento promossa dallo Stato (estero) ad una normale emissione obbligazionaria, ritenendo che la causa e la finalità pubblica dell’operazione (risanamento del deficit statale) siano inidonei a piegare in senso pubblicistico la causa del negozio utilizzato (contratto di diritto privato).

Conseguente alla ritenuta natura privata del rapporto obbligatorio, sul piano processuale, è l’ammissibilità del provvedimento di sequestro conservativo dei beni dell’ente che ha emesso i titoli, effettivamente ordinato dal Tribunale di Roma a seguito della situazione di sospensione dei pagamenti dei titoli obbligazionari emessi da tale Stato.

Problemi processuali ulteriori riguardano, oltre al foro competente (quello indicato nel prospetto delle obbligazioni de quo è spesso all’estero), la notificazione.

Atteso che il diritto internazionale (consuetudinario e convenzionale) riconosce l’inviolabilità dei locali delle rappresentanze diplomatiche, e che la Convenzione di Vienna sulle Relazioni Diplomatiche e quella sulle Relazioni Consolari riconoscono l’immunità di giurisdizione e di esecuzione delle Rappresentanze Diplomatiche e degli Uffici Consolari, la notificazione dell’azione giudiziaria presentata per il sequestro conservativo dei beni mobili ed immobili, dei conti bancari e dei crediti di proprietà di uno Stato estero in Italia non può essere effettuata in modo diretto, nella sede di una Rappresentanza Consolare: la stessa deve essere effettuata per via diplomatica, al fine di salvaguardare la condizione sovrana dello Stato straniero (giacché la notificazione tramite il Ministero degli Affari Esteri assicura il principio di diritto internazionale che riconosce l’uguaglianza sovrana degli Stati).

De iure condendo. Vi sono due principali proposte di legge presentate alla Camera dei Deputati con lo scopo di introdurre anche nell’ordinamento itaiano l’azione collettiva (class-action).

Ciò potrebbe avvenire, secondo le proposte (nn. 3838 e 3839), novellando l’art. 3 della legge n. 281/98 (Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti), prevedendo la possibilità di ricorrere al giudice anche per accertare la lesione di diritti ed interessi di quelli una pluralità di consumatori o di utenti danneggiati in conseguenza di uno stesso fatto o più fatti aventi un’origine comune: l’esito dell’azione collettiva potrà essere la sentenza di condanna al risarcimento dei danni subiti, nella quale il giudice potrà stabilire l’importo dovuto a ciascun consumatore e cioé i criteri in base ai quali determinare l’importo da liquidare in favore dei singoli danneggiati.

Questo il testo dell’art. 1 della proposta di legge n. 3838 presentata alla Camera:

"All’articolo 3, comma 1, lettera b), della legge 30 luglio 1998, n. 281, sono aggiunte le seguenti parole: " ivi compresi il risarcimento dei danni e la restituzione di somme dovute direttamente ai singoli consumatori e utenti interessati, in conseguenza di atti illeciti plurioffensivi commessi dal professionista ovvero di inadempimenti o di violazioni da esso commessi nell’ambito di rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalità previste dall’articolo 1342 del codice civile, che ledono i diritti di una pluralità di consumatori e di utenti".