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La domanda sulle violazioni ai limiti legali della proprietà è opponibile al terzo solo se trascritta

Nota a Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 12 giugno 2006, n. 13523
Massima

Le domande intese a far valere le violazioni legali della proprietà non solo sono suscettibili di trascrizione ex articolo 2653, n. 1, del Cc, ma devono essere trascritte  perché l’attore possa utilmente opporre la sentenza favorevole ottenuta nei confronti del convenuto anche al terzo acquirente dal convenuto stesso con atto trascritto successivamente alla trascrizione della domanda. Tale principio non può essere applicato qualora con la domanda sia stato chiesto non la riduzione in pristino ma esclusivamente il risarcimento del danno.” 

Commento

Con la sentenza n. 13523/2006, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente risolto il conflitto giurisprudenziale e dottrinario relativo alla trascrivibilità ex art. 2653, n. 1, c.c. della domanda giudiziale diretta a far valere il rispetto dei limiti legali della proprietà.

L’orientamento della Cassazione, consolidato e risalente nel tempo (Cass. n. 1029/60), escludeva la trascrittibilità delle azioni intese a far valere le limitazioni legali al diritto di proprietà, sull’assunto che esse non fossero riconducibili ad alcuna delle ipotesi di cui all’art. 2653, n. 1, c.c., non risolvendosi né in un’azione di rivendica, né in una azione d’accertamento della proprietà o della sussistenza (confessoria servitutis) o della insussistenza (negatoria servitutis) di un diritto reale di godimento.

Questa interpretazione restrittiva della norma, respinta sia dalla dottrina che dalla recente giurisprudenza (Cass. n. 2998/2001, 867/2001 e 12810/92), è stata seguita anche dal giudice di merito, la cui pronuncia è stata, per l’appunto, cassata dalle Sezioni Unite.

Queste ultime, infatti, partono dall’argomento contrario, secondo il quale la domanda de qua non tende ad un mero sterile accertamento dell’esistenza del limite e della sua violazione, bensì mira a salvaguardare il diritto di proprietà dell’attore dalla costituzione d’una servitù di fatto.

Le Sezioni Unite fanno così propria un’argomentazione già espressa dalla Cassazione nella sentenza n. 3902/1979, in forza della quale “quando il proprietario di un immobile denuncia la violazione di un limite legale da parte del vicino, mira non già a far accertare il diritto di proprietà o l’esistenza della tutela vincolistica di essa ma a far valere l’inesistenza di iura in re a carico della detta proprietà suscettibile di dar luogo a una servitù che esoneri il convenuto dal rispetto di tale limite legale, cioè esercita una negatoria servitutis”.

Ne consegue, pertanto, che l’azione diretta al rispetto del limite violato rientra nella previsione dell’articolo 2653 n. 1 c.c., e come tale è soggetta al regime di pubblicità dichiarativa della trascrizione.

In questa prospettiva, le Sezioni Unite hanno inteso tutelare anche i terzi aventi causa a titolo particolare del convenuto in un giudizio.

Le S.U., precisano, infatti, che “la ratio della normativa in materia va ravvisata nell’interesse del terzo avente causa a titolo particolare ad essere posto in grado, prima dell’acquisto del diritto di proprietà o d’un diritto reale di godimento su di un immobile, d’aver cognizione della contestazione sub iudice del diritto del proprio dante causa”, e, allo stesso modo, in quello dell’ “attore che contesta tale diritto in sede giudiziaria ad essere posto in grado di opporre anche al terzo avente causa, resosi acquirente nelle more del giudizio, l’esito a lui favorevole della controversia promossa nei confronti del dante causa”. 

Difatti, ove la pretesa dell’attore venga ritenuta fondata, la sentenza sarà opponibile anche nei confronti dell’avente causa del convenuto solo nel caso in cui la trascrizione della domanda medesima sia stata eseguita antecedentemente alla trascrizione del contrapposto titolo del terzo acquirente.

Massima

Le domande intese a far valere le violazioni legali della proprietà non solo sono suscettibili di trascrizione ex articolo 2653, n. 1, del Cc, ma devono essere trascritte  perché l’attore possa utilmente opporre la sentenza favorevole ottenuta nei confronti del convenuto anche al terzo acquirente dal convenuto stesso con atto trascritto successivamente alla trascrizione della domanda. Tale principio non può essere applicato qualora con la domanda sia stato chiesto non la riduzione in pristino ma esclusivamente il risarcimento del danno.” 

Commento

Con la sentenza n. 13523/2006, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente risolto il conflitto giurisprudenziale e dottrinario relativo alla trascrivibilità ex art. 2653, n. 1, c.c. della domanda giudiziale diretta a far valere il rispetto dei limiti legali della proprietà.

L’orientamento della Cassazione, consolidato e risalente nel tempo (Cass. n. 1029/60), escludeva la trascrittibilità delle azioni intese a far valere le limitazioni legali al diritto di proprietà, sull’assunto che esse non fossero riconducibili ad alcuna delle ipotesi di cui all’art. 2653, n. 1, c.c., non risolvendosi né in un’azione di rivendica, né in una azione d’accertamento della proprietà o della sussistenza (confessoria servitutis) o della insussistenza (negatoria servitutis) di un diritto reale di godimento.

Questa interpretazione restrittiva della norma, respinta sia dalla dottrina che dalla recente giurisprudenza (Cass. n. 2998/2001, 867/2001 e 12810/92), è stata seguita anche dal giudice di merito, la cui pronuncia è stata, per l’appunto, cassata dalle Sezioni Unite.

Queste ultime, infatti, partono dall’argomento contrario, secondo il quale la domanda de qua non tende ad un mero sterile accertamento dell’esistenza del limite e della sua violazione, bensì mira a salvaguardare il diritto di proprietà dell’attore dalla costituzione d’una servitù di fatto.

Le Sezioni Unite fanno così propria un’argomentazione già espressa dalla Cassazione nella sentenza n. 3902/1979, in forza della quale “quando il proprietario di un immobile denuncia la violazione di un limite legale da parte del vicino, mira non già a far accertare il diritto di proprietà o l’esistenza della tutela vincolistica di essa ma a far valere l’inesistenza di iura in re a carico della detta proprietà suscettibile di dar luogo a una servitù che esoneri il convenuto dal rispetto di tale limite legale, cioè esercita una negatoria servitutis”.

Ne consegue, pertanto, che l’azione diretta al rispetto del limite violato rientra nella previsione dell’articolo 2653 n. 1 c.c., e come tale è soggetta al regime di pubblicità dichiarativa della trascrizione.

In questa prospettiva, le Sezioni Unite hanno inteso tutelare anche i terzi aventi causa a titolo particolare del convenuto in un giudizio.

Le S.U., precisano, infatti, che “la ratio della normativa in materia va ravvisata nell’interesse del terzo avente causa a titolo particolare ad essere posto in grado, prima dell’acquisto del diritto di proprietà o d’un diritto reale di godimento su di un immobile, d’aver cognizione della contestazione sub iudice del diritto del proprio dante causa”, e, allo stesso modo, in quello dell’ “attore che contesta tale diritto in sede giudiziaria ad essere posto in grado di opporre anche al terzo avente causa, resosi acquirente nelle more del giudizio, l’esito a lui favorevole della controversia promossa nei confronti del dante causa”. 

Difatti, ove la pretesa dell’attore venga ritenuta fondata, la sentenza sarà opponibile anche nei confronti dell’avente causa del convenuto solo nel caso in cui la trascrizione della domanda medesima sia stata eseguita antecedentemente alla trascrizione del contrapposto titolo del terzo acquirente.