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L’adempimento dell’obbligazione pecuniaria con assegno circolare: il contrasto al vaglio della Cassazione e le possibili soluzioni

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Terza Civile, Ordinanza 28 giugno 2006, n. 14957
1. Cenni sull’assegno circolare e sulla distinzione con l’assegno bancario.

L’assegno circolare è un titolo di credito all’ordine, emesso da un istituto autorizzato, a favore di un determinato beneficiario e previa costituzione della relativa provvista da parte del richiedente; sotto il profilo contenutistico, l’assegno circolare si sostanzia nella promessa, da parte dell’emittente, di eseguire un pagamento a favore di un determinato soggetto, con conseguente venuta ad esistenza di una obbligazione cambiaria a carico dell’emittente stesso: ciò differenzia l’assegno circolare dall’assegno bancario; quest’ultimo, infatti, contiene l’ordine del traente al trattario di eseguire il pagamento a favore del prenditore, senza costituzione di una obbligazione cambiaria a carico dell’istituto trattario. Ne deriva di conseguenza che, in caso di insussistenza della provvista, il portatore qualificato di un assegno bancario non potrà agire con l’azione cartolare nei confronti dell’istituto trattario, ma solamente nei confronti del traente e dei successivi giranti.

Per quel che attiene alla natura giuridica del pagamento di un’obbligazione pecuniaria tramite assegno circolare, l’orientamento prevalente prospetta un’ipotesi di datio in solutum, da intendere quale contratto solutorio di natura reale, con il quale le parti del rapporto obbligatorio convengono di estinguere la precedente obbligazione con l’esecuzione di una prestazione diversa da quella originariamente pattuita; tuttavia, va ricordata l’opinione dottrinale che critica l’inquadramento generalizzato del pagamento con assegno all’interno dell’istituto della datio in solutum: si sostiene, infatti, che rientri nello schema della datio la sola ipotesi di consegna di assegno pro soluto, nel qual caso l’obbligazione originaria si estingue al momento della consegna del titolo e non al momento della riscossione delle somme; diversamente, quando il rilascio del titolo è effettuato pro solvendo, l’estinzione dell’originaria obbligazione non si determina sino a quando le somme non sono riscosse dal creditore, con conseguente incompatibilità con lo schema della datio in solutum che comporta l’immediata estinzione del rapporto obbligatorio con l’esecuzione della diversa prestazione, ovvero con il rilascio del titolo (e non con la successiva riscossione delle somme).

2. Il problema della possibilità di pagamento con assegno circolare, senza il consenso del creditore: a) la tesi tradizionale di segno negativo.

La questione dell’ammissibilità o meno del pagamento con assegno circolare anche in caso di mancanza del consenso del creditore è stata recentemente rimessa al primo presidente per la assegnazione alle Sezioni Unite (Cass. ord. 28/06/06 n. 14957). Ciò si è reso necessario al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza sorto sulla questione in esame e tradizionalmente risolto nel senso dell’inammissibilità di pagamento con assegno nel caso in cui manchi il consenso del creditore; recentemente, tuttavia, in alcune occasioni la Corte di legittimità (Cass. 10/06/05 n. 12324) ha manifestato alcune aperture alla tesi possibilista, per poi riprendere, in altre decisioni, la strada tracciata dall’orientamento tradizionale, di segno negativo; quest’ultimo, tutt’ora prevalente, è sostenuto da una pluralità di argomentazioni: in primo luogo si sottolinea il dato letterale dell’art. 1277 c.c. il quale dispone che il pagamento delle obbligazioni pecuniarie si effettua in moneta avente corso legale nel territorio dello Stato al tempo dell’adempimento; in secondo luogo si richiama la disposizione (art. 1182 c.c.) che stabilisce che il luogo di adempimento delle obbligazioni pecuniarie è il domicilio del creditore, mentre, in caso di pagamento con assegno circolare, il luogo del pagamento sarebbe la sede della banca nella quale l’assegno viene incassato; in terzo luogo, sotto il profilo strutturale, si afferma che la dazione di un assegno costituisce ipotesi di datio in solutum che, in quanto tale, presuppone necessariamente l’accordo con il creditore; da ultimo, si fa riferimento alla recente normativa antiriciclaggio che, ai fini della c.d. tracciabilità dei pagamenti, prevede, expressis verbis, l’adempimento attraverso titoli di credito, interpretando tale normativa nel senso che l’ espressa equiparazione si è resa necessaria proprio perchè il pagamento con titoli di credito non è generalmente equiparato al pagamento in moneta.

3. Segue: b) le possibili tesi alternative.

Se tali sono gli argomenti della soluzione tradizionale negativa, non mancano, tuttavia, argomenti a sostegno della contrapposta tesi che equipara il pagamento con assegno al pagamento in moneta: da un lato, si fa leva sul principio di correttezza e buona fede, ex art. 1175 c.c., per affermare che il creditore è obbligato a prestare la sua collaborazione all’adempimento dell’obbligazione, accettando il pagamento tramite assegno, salvo che sussistano particolari ragioni ostative; dall’altro lato, si rileva la crescente diffusione sociale di metodi alternativi di pagamento non più legati alla moneta tradizionale, tale da permettere di ipotizzare, in taluni specifici contesti, un vero e proprio uso negoziale, ex art. 1340 c.c.; da ultimo, si fa riferimento all’incremento delle disposizioni normative in cui il legislatore espressamente prevede la possibilità di pagamento con assegni o con altri metodi alternativi alla moneta, per giungere alla conclusione che ormai non è più possibile considerare come regola generale il pagamento con moneta contante e come eccezione il pagamento con assegno. A queste condizioni, dunque, l’offerta di assegno andrebbe equiparata all’offerta di moneta contante. Ad ogni modo, il ventaglio di soluzioni che si aprono innanzi alle Sezioni Unite non è limitato a queste due possibilità: oltre alle soluzioni estreme, quella formalistica tradizionale tendente a non attribuire alcun effetto all’offerta di assegno circolare se manchi il consenso del creditore e quella liberale tendente, viceversa, alla totale equiparazione delle due modalità di pagamento, sono state elaborate diverse letture intermedie.

Secondo una prima tesi, pur non potendo l’offerta di assegno essere equiparata in toto all’offerta della somma contante, poiché l’estinzione dell’obbligazione sarebbe non immediata, ma subordinata alla fruttuosa riscossione delle somme indicate nell’assegno, tuttavia il rifiuto del creditore di accettare l’assegno sarebbe contrario a buona fede laddove questi non avesse ragione di dubitare della regolarità ed autenticità dei titoli offerti; seguendo tale lettura ermeneutica si introduce, a carico del creditore, l’onere di provare, al fine di escludere il carattere solutorio del pagamento, che il suo rifiuto di ricevere il pagamento con assegno non è contrario a correttezza e buona fede, ma si fonda su circostanze tali da indurre a dubitare della regolarità ed autenticità dei titoli.

Secondo una diversa ricostruzione l’offerta di assegno, pur non estinguendo il rapporto obbligatorio, potrebbe svolgere la funzione di escludere l’inadempimento del debitore poiché rappresenterebbe ipotesi di offerta non formale della prestazione che, ai sensi dell’art. 1220 c.c, esclude la mora del debitore, salvo che sussistano motivi legittimi a sostegno del rifiuto.

Ad analoga soluzione di esclusione della mora del debitore si giunge altresì seguendo un diverso percorso: si esclude l’inadempimento del debitore non in applicazione della disposizione che regola l’offerta non formale della prestazione, bensì in ragione della vigenza del generale principio dell’imputazione soggettiva dell’inadempimento; a questa stregua, infatti, il comportamento del debitore, per qualificarsi come inadempimento deve essere sorretto, sotto il profilo soggettivo, dal dolo o dalla colpa; tuttavia, nel caso in esame, mancherebbe la colpa del debitore laddove le circostanze di fatto e la prassi generalizzata facciano presumere ragionevolmente la volontà del creditore di accettare il pagamento tramite assegno.

Come detto, le ultime due soluzioni convergono nel risultato finale prodotto dall’offerta di pagamento tramite assegno non accettata dal creditore: l’esclusione dell’inadempimento del debitore, nel primo caso facendo leva sulla norma che regola l’offerta non formale della prestazione, nel secondo caso applicando il principio della necessaria imputazione soggettiva dell’inadempimento.

In via ulteriore è stato affermato che aderire all’una o all’altra di tali due spiegazioni non è privo di conseguenze rilevanti: sostenendo la tesi dell’offerta non formale, se il debitore offra l’assegno nonostante il creditore abbia manifestato la volontà di non accettare questo metodo di pagamento, ciò nonostante deve escludersi l’inadempimento del debitore ove il creditore non esplichi il motivo legittimo posto a base del suo rifiuto; l’art. 1220 c.c., infatti, con l’inciso “a meno che il creditore l’abbia rifiutata per un motivo legittimo” impone al creditore, per far scattare la mora del debitore in caso di offerta non formale della prestazione, l’onere di provare la sussistenza di legittimi motivi posti a base del suo rifiuto. Al contrario, aderendo alla spiegazione della necessaria imputazione soggettiva, se il creditore abbia manifestato la volontà di rifiutare il pagamento con assegno, per ciò solo il debitore che offra il pagamento tramite assegno sarà inadempiente, senza che assuma rilievo l’ esplicazione dei legittimi motivi posti a base del rifiuto da parte del creditore.

1. Cenni sull’assegno circolare e sulla distinzione con l’assegno bancario.

L’assegno circolare è un titolo di credito all’ordine, emesso da un istituto autorizzato, a favore di un determinato beneficiario e previa costituzione della relativa provvista da parte del richiedente; sotto il profilo contenutistico, l’assegno circolare si sostanzia nella promessa, da parte dell’emittente, di eseguire un pagamento a favore di un determinato soggetto, con conseguente venuta ad esistenza di una obbligazione cambiaria a carico dell’emittente stesso: ciò differenzia l’assegno circolare dall’assegno bancario; quest’ultimo, infatti, contiene l’ordine del traente al trattario di eseguire il pagamento a favore del prenditore, senza costituzione di una obbligazione cambiaria a carico dell’istituto trattario. Ne deriva di conseguenza che, in caso di insussistenza della provvista, il portatore qualificato di un assegno bancario non potrà agire con l’azione cartolare nei confronti dell’istituto trattario, ma solamente nei confronti del traente e dei successivi giranti.

Per quel che attiene alla natura giuridica del pagamento di un’obbligazione pecuniaria tramite assegno circolare, l’orientamento prevalente prospetta un’ipotesi di datio in solutum, da intendere quale contratto solutorio di natura reale, con il quale le parti del rapporto obbligatorio convengono di estinguere la precedente obbligazione con l’esecuzione di una prestazione diversa da quella originariamente pattuita; tuttavia, va ricordata l’opinione dottrinale che critica l’inquadramento generalizzato del pagamento con assegno all’interno dell’istituto della datio in solutum: si sostiene, infatti, che rientri nello schema della datio la sola ipotesi di consegna di assegno pro soluto, nel qual caso l’obbligazione originaria si estingue al momento della consegna del titolo e non al momento della riscossione delle somme; diversamente, quando il rilascio del titolo è effettuato pro solvendo, l’estinzione dell’originaria obbligazione non si determina sino a quando le somme non sono riscosse dal creditore, con conseguente incompatibilità con lo schema della datio in solutum che comporta l’immediata estinzione del rapporto obbligatorio con l’esecuzione della diversa prestazione, ovvero con il rilascio del titolo (e non con la successiva riscossione delle somme).

2. Il problema della possibilità di pagamento con assegno circolare, senza il consenso del creditore: a) la tesi tradizionale di segno negativo.

La questione dell’ammissibilità o meno del pagamento con assegno circolare anche in caso di mancanza del consenso del creditore è stata recentemente rimessa al primo presidente per la assegnazione alle Sezioni Unite (Cass. ord. 28/06/06 n. 14957). Ciò si è reso necessario al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza sorto sulla questione in esame e tradizionalmente risolto nel senso dell’inammissibilità di pagamento con assegno nel caso in cui manchi il consenso del creditore; recentemente, tuttavia, in alcune occasioni la Corte di legittimità (Cass. 10/06/05 n. 12324) ha manifestato alcune aperture alla tesi possibilista, per poi riprendere, in altre decisioni, la strada tracciata dall’orientamento tradizionale, di segno negativo; quest’ultimo, tutt’ora prevalente, è sostenuto da una pluralità di argomentazioni: in primo luogo si sottolinea il dato letterale dell’art. 1277 c.c. il quale dispone che il pagamento delle obbligazioni pecuniarie si effettua in moneta avente corso legale nel territorio dello Stato al tempo dell’adempimento; in secondo luogo si richiama la disposizione (art. 1182 c.c.) che stabilisce che il luogo di adempimento delle obbligazioni pecuniarie è il domicilio del creditore, mentre, in caso di pagamento con assegno circolare, il luogo del pagamento sarebbe la sede della banca nella quale l’assegno viene incassato; in terzo luogo, sotto il profilo strutturale, si afferma che la dazione di un assegno costituisce ipotesi di datio in solutum che, in quanto tale, presuppone necessariamente l’accordo con il creditore; da ultimo, si fa riferimento alla recente normativa antiriciclaggio che, ai fini della c.d. tracciabilità dei pagamenti, prevede, expressis verbis, l’adempimento attraverso titoli di credito, interpretando tale normativa nel senso che l’ espressa equiparazione si è resa necessaria proprio perchè il pagamento con titoli di credito non è generalmente equiparato al pagamento in moneta.

3. Segue: b) le possibili tesi alternative.

Se tali sono gli argomenti della soluzione tradizionale negativa, non mancano, tuttavia, argomenti a sostegno della contrapposta tesi che equipara il pagamento con assegno al pagamento in moneta: da un lato, si fa leva sul principio di correttezza e buona fede, ex art. 1175 c.c., per affermare che il creditore è obbligato a prestare la sua collaborazione all’adempimento dell’obbligazione, accettando il pagamento tramite assegno, salvo che sussistano particolari ragioni ostative; dall’altro lato, si rileva la crescente diffusione sociale di metodi alternativi di pagamento non più legati alla moneta tradizionale, tale da permettere di ipotizzare, in taluni specifici contesti, un vero e proprio uso negoziale, ex art. 1340 c.c.; da ultimo, si fa riferimento all’incremento delle disposizioni normative in cui il legislatore espressamente prevede la possibilità di pagamento con assegni o con altri metodi alternativi alla moneta, per giungere alla conclusione che ormai non è più possibile considerare come regola generale il pagamento con moneta contante e come eccezione il pagamento con assegno. A queste condizioni, dunque, l’offerta di assegno andrebbe equiparata all’offerta di moneta contante. Ad ogni modo, il ventaglio di soluzioni che si aprono innanzi alle Sezioni Unite non è limitato a queste due possibilità: oltre alle soluzioni estreme, quella formalistica tradizionale tendente a non attribuire alcun effetto all’offerta di assegno circolare se manchi il consenso del creditore e quella liberale tendente, viceversa, alla totale equiparazione delle due modalità di pagamento, sono state elaborate diverse letture intermedie.

Secondo una prima tesi, pur non potendo l’offerta di assegno essere equiparata in toto all’offerta della somma contante, poiché l’estinzione dell’obbligazione sarebbe non immediata, ma subordinata alla fruttuosa riscossione delle somme indicate nell’assegno, tuttavia il rifiuto del creditore di accettare l’assegno sarebbe contrario a buona fede laddove questi non avesse ragione di dubitare della regolarità ed autenticità dei titoli offerti; seguendo tale lettura ermeneutica si introduce, a carico del creditore, l’onere di provare, al fine di escludere il carattere solutorio del pagamento, che il suo rifiuto di ricevere il pagamento con assegno non è contrario a correttezza e buona fede, ma si fonda su circostanze tali da indurre a dubitare della regolarità ed autenticità dei titoli.

Secondo una diversa ricostruzione l’offerta di assegno, pur non estinguendo il rapporto obbligatorio, potrebbe svolgere la funzione di escludere l’inadempimento del debitore poiché rappresenterebbe ipotesi di offerta non formale della prestazione che, ai sensi dell’art. 1220 c.c, esclude la mora del debitore, salvo che sussistano motivi legittimi a sostegno del rifiuto.

Ad analoga soluzione di esclusione della mora del debitore si giunge altresì seguendo un diverso percorso: si esclude l’inadempimento del debitore non in applicazione della disposizione che regola l’offerta non formale della prestazione, bensì in ragione della vigenza del generale principio dell’imputazione soggettiva dell’inadempimento; a questa stregua, infatti, il comportamento del debitore, per qualificarsi come inadempimento deve essere sorretto, sotto il profilo soggettivo, dal dolo o dalla colpa; tuttavia, nel caso in esame, mancherebbe la colpa del debitore laddove le circostanze di fatto e la prassi generalizzata facciano presumere ragionevolmente la volontà del creditore di accettare il pagamento tramite assegno.

Come detto, le ultime due soluzioni convergono nel risultato finale prodotto dall’offerta di pagamento tramite assegno non accettata dal creditore: l’esclusione dell’inadempimento del debitore, nel primo caso facendo leva sulla norma che regola l’offerta non formale della prestazione, nel secondo caso applicando il principio della necessaria imputazione soggettiva dell’inadempimento.

In via ulteriore è stato affermato che aderire all’una o all’altra di tali due spiegazioni non è privo di conseguenze rilevanti: sostenendo la tesi dell’offerta non formale, se il debitore offra l’assegno nonostante il creditore abbia manifestato la volontà di non accettare questo metodo di pagamento, ciò nonostante deve escludersi l’inadempimento del debitore ove il creditore non esplichi il motivo legittimo posto a base del suo rifiuto; l’art. 1220 c.c., infatti, con l’inciso “a meno che il creditore l’abbia rifiutata per un motivo legittimo” impone al creditore, per far scattare la mora del debitore in caso di offerta non formale della prestazione, l’onere di provare la sussistenza di legittimi motivi posti a base del suo rifiuto. Al contrario, aderendo alla spiegazione della necessaria imputazione soggettiva, se il creditore abbia manifestato la volontà di rifiutare il pagamento con assegno, per ciò solo il debitore che offra il pagamento tramite assegno sarà inadempiente, senza che assuma rilievo l’ esplicazione dei legittimi motivi posti a base del rifiuto da parte del creditore.