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La riforma della previdenza complementare per i lavoratori subordinati e la destinazione del TFR

Evoluzione della previdenza obbligatoria

Si seguito vengono schematizzate le fasi principali del sistema di previdenza obbligatoria e della previdenza complementare.

  • 1898 Viene istituita una Cassa di previdenza per l’invalidità e vecchiaia degli operai in forma libera e volontaria

  • 1919 L’assicurazione per invalidità e vecchiaia diventa obbligatoria, con età pensionabile fissata in 65 anni per uomini e donne. Contributo ripartito tra datore di lavoro, Stato e dipendente. La previdenza nasce in forma di capitalizzazione

  • 1933 Nasce l’INPS

  • 1939 Viene istituita la pensione di reversibilità (a favore di vedove ed orfani dell’assicurato). L’età pensionabile viene abbassata a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne

  • 1943 Inflazione bellica e conseguente riduzione accantonamenti previdenziali. Crisi del sistema a capitalizzazione

  • 1952 Nasce il trattamento minimo di pensione

  • 1968 Riforma Brodoloni: realizzazione della pensione retributiva, abbandono di ogni residua forma di capitalizzazione, nascita pensione sociale (cittadini con più di 65 anni senza reddito), istituita la pensione di anzianità per coloro che hanno 35 anni di contribuzione

  • 1973 Introduzioni pensioni baby nel pubblico (diritto alla pensione dopo 20 anni di contribuzione, ridotti a 15 per le donne)

  • 1992 Riforma Amato (decreto legislativo 503/1992): innalzamento età per pensione di vecchiaia da 55 a 60 per donne e da 60 a 65 per uomini, base di calcolo della prestazione pensionistica e la media degli ultimi 10 anni (prima erano 5)

  • 1993 Decreto Legislativo 21.04.93 n. 124: disciplina delle forme pensionistiche complementari

  • 1995 Riforma Dini (legge 335/1995): pensioni calcolate sull’ammontare dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa: sistema retributivo per chi al 31.12.95 aveva almeno 18 anni di contribuzioni (calcoli sulle ultime retribuzioni), contributivo per coloro che iniziano a lavorare successivamente al 01.01.96 (prestazioni in funzione dei contributi versati)

  • 1997 Riforma Prodi (legge 449/1997): pensione di anzianità da 57 anni a partire dal 2002

  • 2004 Riforma Maroni (legge delega n. 243/2004 - decreto legislativo n. 252/2005): innalzamento età per pensione di anzianità a 60 anni a partire dal 2008 (co), fermo restando il requisito contributivo di 35 anni. Nel 2010 il requisito di età salirà a 61 anni e nel 2014 a 62. Requisito alternativo a partire dal 2008, come già fissato dalla legge 335/95, per l’accesso al pensionamento saranno i 40 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica.

Il sistema pensionistico pubblico si evolve quindi dallo schema a capitalizzazione, in cui i contributi versati vengono economizzati per lunghi periodi ai fini di un futuro pagamento di pensione, ad uno schema a ripartizione, in cui i contributi versati vengono immediatamente riutilizzati per il pagamento di prestazioni e la generazione che opera attivamente nella vita professionale provvede, con il versamento dei suoi contributi, al finanziamento delle attuali pensioni (contratto generazionale). Il contratto generazionale necessità di alcuni presupposti: rapporto lavoratori/pensionati elevato, natalità elevata, bassa disoccupazione. Tali condizioni dagli anni ’80 sono notevolmente affievolite rispetto agli anni precedenti, per cui si pone un problema di sostenibilità di lungo periodo del sistema. Lo Stato può intervenire sulle variabili che determinano la spesa pensionistica, ad esempio alzando le aliquote contributive (ma già oggi con un prelevamento del 33% in Italia c’è un record mondiale), intervendo sulla natalità con politiche sulla famiglia (ma osserviamo invece che l’Italia è una nazione con popolazione che invecchia e con alte aspettative di vita), intervenendo sull’occupazione per alzare il rapporto lavoratori/pensionati. Altro intervento può essere quello di abbassare la spesa pensionistica e quindi abbassare le pensioni. In effetti la Riforma Dini crea con il calcolo della pensione con il metodo contributivo un abbassamento della pensione, a parità di contribuzioni, di circa il 60%, per cui se un lavoratore con 40 anni di contribuzioni aveva un’aspettativa di prestazione pensionistica pari circa al 70%-80% dell’ultimo stipendio, il tasso di sostituzione dei futuri pensionati con il metodo contributivo sarà pari al 35%-50% dell’ultima retribuzione. Ovviamente se si diminuiscono gli anni di contribuzioni (per periodi di disoccupazione, pensionamenti prima dei 65 anni, lavoro con basse contribuzioni come le collaborazioni coordinate e continuative), essendo la pensione calcolata tenendo conto di tutta la vita lavorativa, la prestazione pensionistica sarà ancora più bassa.

Si crea quindi la necessità per coloro che non avevano 18 anni di contribuzioni obbligatorie al 1 gennaio 1996 di integrare la pensione.

Il sistema viene strutturato con un primo pilastro pubblico a ripartizione, che eroga la prestazione pensionistica per tutti i lavoratori e le lavoratrici, e un secondo pilastro a capitalizzazione ad adesione volontaria, che eroga una prestazione pensionistica integrativa di quella pubblica.

La previdenza complementare

I fondi pensione

I fondi pensione sono stati regolamentati dal decreto legislativo 124/1993. Sono finalizzati all’erogazione di prestazioni previdenziali, principalmente sotto forma di rendite vitalizie da erogarsi al momento in cui il soggetto raggiunge il diritto alla pensione pubblica. Al fondo comfluiscono le contribuzioni del lavoratore e/o del datore di lavoro e tali contribuzioni vengono investite in strumenti finanziari di investimento (gestione per comparti). I fondi si suddividono in fondi chiusi (o negoziali o contrattuali), fondi aperti e PIP (piani individuali di previdenza).

I primi trovano la loro fonte istitutiva nella contrattazione collettiva ed elemento comune dei fondi chiusi è l’ambito definito (i potenziali aderenti sono elencati fra i destinatari nello statuto ai fini dell’iscrizione). I fondi chiusi possono essere settoriali, se rivolti ai lavoratori di un determinato settore di attività (Cometa, Previmoda, Fonchim), aziendali se hanno come ambito di riferimento una singola azienda (Fondo capi Fiat), o territoriali se alla base dell’accordo di riferimento ci sono i datori di lavoro e lavoratori di un’area geografica (Solidarietà Veneto).

L’istituzione di un fondo pensione chiuso può avvenire: 

  • dalla contrattazione collettiva nei vari livelli (nazionale, territoriale, aziendale) 

  • da regolamento aziendale (nel caso in cui non ci sia un CCNL di riferimento) 

  • da accordi tra lavoratori (prevalentemente utilizzato dai lavoratori autonomi, professionisti)

I fondi pensione aperti sono caratterizzati dal non avere un ambito di riferimento definito, ossia di non essere rivolti ad una platea di soggetti individuati. Nascono per diverse esigenze: per le categorie di lavoratori che non hanno un fondo negoziale, per coloro che non hanno più i requisiti per il mantenimento dell’iscrizione al fondo chiuso oppure perché non sono soddisfatti dell’andamento del fondo chiuso. Non hanno personalità giuridica ma rappresentano uno strumento nuovo nell’attività di intermediazione finanziaria dei soggetti promotori che possono essere banche, SIM, società di gestione o compagnie di assicurazione.

Finanziamento (contribuzione)

L’articolo 11 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 prevede che “Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente e at-traverso il conferimento del TFR maturando.”

Fino al 28 aprile 1993 la contribuzione avveniva attraverso i contributi a carico del dipendente e dell’azienda; il decreto legislativo 124 del 1993 ha consentito il finanziamento anche attraverso il TFR. Il decreto legislativo 252 del 2005 inverte l’importanza del finanziamento attraverso il TFR facendolo divenire la contribuzione principale e condizione per l’adesione alla previdenza complementare. Inoltre quest’ultimo decreto legislativo permette la contribuzione anche solo attraverso il TFR e senza quindi il contributo del dipendente o dell’azienda. Nei fondi chiusi, le modalità e la misura dei contributi da versare a carico del dipendente e del datore di lavoro possono essere stabiliti dagli accordi collettivi.

Prestazioni

Il diritto alla prestazione pensionistica complementare si acquisisce, per i soggetti che hanno almeno 5 anni di partecipazione ai fondi, al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni del regime obbligatorio. Semplificando sono quindi necessari due requisiti:

  • maturazione dei requisiti per la pensione pubblica (in regime retributivo la pensione di vecchiaia si matura nel 2007 con 65 anni per uomini e 60 per donne assieme a 20 anni di contribuzioni; la pensione di anzianità si matura con 35 anni di contribuzioni e 57 di età, oppure 39 di contributi)

  • almeno cinque anni di contribuzione al fondo di previdenza complementare

Per il conteggio dei cinque anni sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme complementari.

In presenza di questi due requisiti, l’aderente ha facoltà di richiedere la liquidazione della prestazione pensionistica sotto forma di capitale nel limite massimo del 50% al netto di eventuali anticipazioni richieste e non reintegrate. Se ad esempio un lavoratore ha accantonato centomila euro di montante ed ha ottenuto anticipazioni per ventimila euro, potrà farsi liquidare in capitale al massimo quarantamila euro (centomila meno ventimila al 50 per cento). Viene erogato tutto il capitale nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione del 70% del montante sia inferiore alla metà dell’assegno sociale, per cui per il 2007 quando la rendita è inferiore a 194,68.

Il residuo viene erogato nella forma della rendita vitalizia, per erogare la quale i fondi pensione stipulano delle convenzioni con imprese di assicurazione. Lo statuto del fondo può inoltre prevedere, nel caso di morte del beneficiario, la reversibilità della prestazione a favore dei beneficiari indicati dallo stesso o la restituzione del montante residuo.

La rendita verrà determinata in base ai seguenti elementi: anni di contribuzione, entità contribuzioni, tipo di investimento scelto e rendimento, tipo di rendita desiderato.

Trasferimenti

La portabilità, ossia la possibilità di trasferire su base volontaria la propria posizione da un fondo a un altro è stata modificata dal 01/01/2007 dai precedenti cinque anni a due anni. In caso di perdita dei requisiti (ad esempio per cessazione del rapporto di lavoro) è possibile invece il trasferimento della posizione alla forma pensionistica accessibile in relazione alla nuova attività, indipendentemente dall’anzianità di iscrizione.

Anticipazioni

La legge stabilisce tre ipotesi con le quali è possibile richiedere un’anticipazione al fondo:

  • per spese sanitarie: tale anticipazione può essere richiesta in qualsiasi momento per un importo non superiore al 75% dell’accantonato, a seguito di spese sanitarie per gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e figli

  • acquisto prima casa per sé o figli e interventi di ristrutturazione: tale anticipo può essere richiesto decorsi otto anni di iscrizione a qualsiasi fondo di previdenza complementare, per un importo non superiore al 75%, previa presentazione della documentazione (atto notarile per l’acquisto o documenti previsti per il riconoscimento del credito d’imposta per gli interventi di ristrutturazione) 

  • per ulteriori esigenze: tale anticipazione è ammessa decorsi otto anni di iscrizione per ogni esigenza del lavoratore; l’importo non può essere superiore al 30% dell’accumulato

Ai fini del calcolo dell’anzianità di iscrizione, sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.

Tali anticipazioni possono essere richieste anche più di una volta, rispettando comunque il limite del 75% massimo complessivo dei versamenti effettuati, maggiorati delle plusvalenze realizzate. E’ possibile poi reintegrare tali anticipazioni anche eccedendo il limite di deducibilità fiscale di euro 5.164,57. Sulle somme reintegrate è riconosciuto un credito di imposta pari alle imposte pagate al momento della fruizione.

Riscatti

In alternativa al trasferimento è possibile il riscatto totale o parziale della posizione individuale maturata, sia per ipotesi tassativamente previste dal decreto legislativo 252/2007 che per eventuali ipotesi previste dallo statuto del fondo di appartenenza. Si evidenza che le ipotesi di riscatto previste dal decreto hanno una tassazione agevolata, mentre le altre somme percepite a titolo di riscatto per “cause diverse” hanno una tassazione meno favorevole. Tale risvolti fiscali verranno analizzati si seguito nella sezione dedicata alla fiscalità.

I riscatti tipizzati sono:

  • riscatto parziale del 50% per cessazione del rapporto di lavoro che comporti l’inoccupazione per un periodo compreso fra 12 mesi e 48 mesi, oppure quando il datore di lavoro ricorre a procedure di mobilità e di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria

  • riscatto totale nei casi di invalidità permanente che comporta una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo, oppure inoccupazione superiore a 48 mesi (non possibile nei cinque anni che precedono la pensione)

  • riscatto totale in caso di morte dell’aderente da parte degli eredi

  • acquisizione dei diritti di accesso alla pensione obbligatoria con meno di cinque anni di contribuzione alla previdenza complementare

  • rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante inferiore al 50% dell’assegno sociale (l’importo dell’assegno per il 2007 è di 5.061,68 euro, cioè 389,36 euro per 13 mesi)

Gli obblighi delle imprese

Ai sensi dell’articolo 8 comma 8 del decreto legislativo n. 252/2005, entro il 31 dicembre 2006 i datori di lavoro dovevano informare i lavoratori dipendenti sulle diverse scelte possibili in tema di conferimento del TFR maturando alla previdenza complementare. Parimenti all’atto dell’assunzione di un nuovo lavoratore successiva al 31 dicembre 2006, i datori di lavoro devono informare il neoassunto sulle scelte possibili. Trenta giorni prima della scadenza dei sei mesi utili per la scelta, il datore di lavoro deve informare i lavoratori che non si siano espressi sulla destinazione del loro trattamento di fine rapporto, in particolare in quale fondo di previdenza complementare tale TFR confluirà per effetto del meccanismo del silenzio-assenso.

Adempimenti collaterali per le imprese consistono nel versamento dei contributi ai fondi prescelti dai lavoratori e, per coloro che occupano più di 50 dipendenti, il versamento mensile al fondo di tesoreria gestito dall’INPS per le quote che i dipendenti hanno deciso di lasciare in azienda. Al versamento a tale fondo INPS si applicano le disposizioni in materia di accertamento e riscossione dei contributi obbligatori, con sanzioni per omessi o tardivi versamenti e gli importi non versati potranno essere iscritti a ruolo.

Misure compensative per le imprese

L’avvio della previdenza complementare, assieme al principio di smobilizzo del TFR per le aziende con più di 50 lavoratori, comporterà per le imprese la fuoriuscita del TFR maturando dal 2007 dalle casse aziendali, eliminando quindi un’importante forma di autofinanziamento a tassi contenuti, corrispondenti alla rivalutazione del TFR. Sono state quindi creati degli incentivi per sopperire a tali disagi per le aziende. L’articolo 11 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 prevede le misure compensative per le imprese che possono essere così riassunte:

- deduzione dal reddito di impresa del 4% delle quote di TFR smobilizzato (6% per le aziende fino a 49 addetti)

- riduzione del contributo previdenziale al fondo di garanzia del TFR del 0,2% pari alle quote di TFR smobilizzato

- esonero dal 2008 dal versamento degli oneri impropri

Si ricorda inoltre che sul TFR smobilizzato l’impresa non pagherà più la rivalutazione del TFR.

Una norma di carattere generale, ribadita dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 252/2005, comporta invece un aggravio dei costi aziendali. Sulle somme a carico del datore di lavoro, destinate ai fondi di previdenza complementare, è infatti applicato il contributo di solidarietà previsto nella misura del 10 per cento.

Aspetti fiscali

La “spinta” verso la previdenza complementare si fonda su agevolazioni fiscali. In effetti le contribuzioni sono deducibili dal reddito fino 5.164,57, le prestazioni sono tassate ad un’aliquota variabile dal 15% al 9%, le rendite finanziarie sono tassate all’11%. Dal 2007 il TFR sarà sottoposto ad una tassazione che varierà mediamente dal 27% al 35%, fermo restando la tassazione della rivalutazione all’11%. E’ dal confronto con il mantenimento del TFR in azienda che è possibile verificare la congruità di tale leva fiscale.

Il sistema è delineato su uno schema definito ETT (esenzione-tassazione-tassazione), distinguendo la fiscalità dei seguenti elementi:

  • contributi 

  • rendimenti 

  • prestazioni

Il regime fiscale dei contributi versati alla previdenza complementare

Ai sensi dell’articolo 10 comma 1 lettera e-bis del TUIR in vigore fino al 31/12/2006 i contributi versati alla previdenza complementare erano deducibili dal reddito nella misura del 12% del reddito complessivo, nel limite di 5.164,57 (comprensivo delle somme versate dal datore di lavoro e dal dipendente, ad esclusione del TFR) e per un importo che non fosse superiore al doppio della quota di TFR destinata alle forme pensionistiche collettive.

Ai sensi dell’articolo 8 comma 4 del decreto legislativo n. 252/2005, la disciplina fiscale dei contributi versati alla previdenza complementare dal 1 gennaio 2007 risulta notevolmente semplificata, in quanto è stato eliminato il limite di deducibilità al 12% del reddito ed il limite della deducibilità pari al massimo al doppio del TFR. Eventuali contributi non dedotti, comprese le eccedenze al limite di 5.164,57 vanno comunicati entro il 31/12 dell’anno successivo alla forma pensionistica complementare, al fine di permettere al fondo di costituire la quota di prestazione che non dovrà essere tassata (principio di correlazione fiscale in base al quale un reddito viene assoggettato ad imposta se e nella misura in cui il relativo onere sia stato dedotto).

L’articolo 8 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 introduce inoltre un ulteriore agevolazione per i lavoratori di prima occupazione successiva al 1 gennaio 2007:

“… limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui.”

Ipotizziamo ad esempio che un lavoratore assunto il 30 giugno 2007 versi alla previdenza complementare per i 5 anni 1.000 euro oltre al TFR. La deducibilità utilizzata dal 2007 al 2011 è quindi di 5.000 euro. Nei successivi 20 anni e quindi fino al 2031, saranno deducibili ulteriori 20.822,85, con un limite anno di euro 7.746,86 pari ai 5.164,57 più l’ulteriore limite di 2.582,29. 

Il regime fiscale dei rendimenti 

I rendimenti dei fondi pensione sono soggetti ad imposta sostitutiva dell’11% (analogamente alla rivalutazione del TFR), applicata sul risultato maturato in ogni periodo. Per quanto riguarda le contribuzioni e le prestazioni, verranno approfondite nei paragrafi seguenti.

Il regime fiscale delle prestazioni, anticipazioni, riscatti

L’articolo 11 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 prevede che “Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali”. Analoga ritenuta è prevista nel caso di anticipazione per spese mediche, riscatto parziale del 50% per in occupazione, riscatto totale per invalidità o in occupazione superiore a 48 mesi, morte dell’aderente. Per le anticipazioni previste decorsi otto anni di iscrizione per l’acquisto di prima casa, per le anticipazioni previste per ulteriori esigenze, per i riscatti per cause diverse si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento.

Il regime fiscale dei riscatti è regolamentato dall’articolo 14 comma 4 e comma 5 del decreto legislativo n. 252/2005. In particolare “è operata una ritenuta a titolo di imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali” nel caso di:

  • riscatto parziale per cessazione dell’attività lavorativa con inoccupazione di durata tra 12 mesi e 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità e cassa integrazione guadagni

  • il riscatto totale della posizione maturata per casi di invalidità permanente con riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo ovvero seguito di cessazione dell’attività lavorativa che con inoccupazione superiore a 48 mesi

  • In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare

Sulle somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23.

Nella tabella di seguito vengono riepilogati i regimi di tassazione.

Fattispecie

Motivazione

Tassazione

Riscatto parziale del 50%

cessazione attività lavorativa con inoccupazione superiore a 12 mesi e inferiore a 48 mesi

è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali

Ricorso del datore a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria

Riscatto totale

Invalidità permanente con riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo

cessazione attività lavorativa con inoccupazione superiore a 48 mesi

Prestazione pensionistica

 

Anticipazioni

In qualsiasi momento, per spese sanitarie per gravissime situazioni

Decorsi 8 anni, per l’acquisto della prima abitazione o per realizzazione interventi

Sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento

Decorsi 8 anni, per ulteriori esigenze

Riscatti

Ulteriori ipotesi

Di seguito un’analisi su un campione di 128 dipendenti che hanno contributo alla previdenza complementare nel 2006. Il campione è stato estratto escludendo i dirigenti ed i dipendenti assunti o cessati in corso d’anno. I dati sotto indicati riportano la media del campione

Numero dipendenti

Contributo dipendente

Contributo azienda

Quota TFR

Reddito fiscale

128

362,26

238,96

806,57

26.296,13

Su tale campione l’adesione alla previdenza complementare comporta le seguenti agevolazioni:

contribuzione azienda (fondi chiusi)

238,96

Minor carico fiscale per versamento dipendente (considerando un’aliquota marginale del 27%)

97,81

Minor carico fiscale rispetto alla tassazione del TFR (considerando una tassazione separata del TFR con aliquota del 27% contro una tassazione della prestazione al 15%)

96,79

TOTALE

433,56

Il totale può essere maggiore considerando una tassazione della prestazione che può essere al 9%, mentre si è ritenuto neutro l’andamento gestionale del fondo e quindi pari alla rivalutazione del TFR (ipotesi pessimistica).

Destinazione del trattamento di fine rapporto (TFR)

La fonte principale di finanziamento della previdenza complementare per i lavoratori subordinati è il trattamento di fine rapporto (d’ora in poi TFR). Una novità della riforma consiste nel meccanismo del silenzio-assenso, per cui mentre prima del 2007 i dipendenti aderivano solo esplicitamente, ora devono pronunciarsi.

Il principio ispiratore rimane quello della libertà di scelta, il meccanismo messo a punto prevede però due modalità di adesione, una esplicita ed una tacita. I lavoratore ha quindi le seguenti possibilità:

  • adesione a un fondo chiuso di categoria (se esiste)
  • adesione ad un fondo aperto oppure ad un Pip (piano individuale pensionistico) ovvero un contratto di assicurazione a contenuto previdenziale
  • dichiarare di non voler aderire, lasciando quindi il TFR in azienda 
  • nessuna comunicazione, lasciando quindi che il TFR confluisca quindi al fondo di categoria

Ai fini della destinazione del TFR, le scelte del lavoratore possono essere quindi classificate nel modo seguente:

Data assunzione

Caratteristiche lavoratore

Opzioni di scelta

lavoratori assunti entro il 31/12/06

iscritti alla previdenza obbligatoria successivamente al 28 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 non versino il TFR ad una forma di P.C.

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 versino una quota di TFR ad una forma di P.C.

Conferma quota di conferimento

TFR integralmente conferito alla P.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 non versino il TFR ad una forma di P.C. e ai quali si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

TFR conferito nella misura prevista dal CCNL

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 non versino il TFR ad una forma di P.C. e ai quali non si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

Conferimento di almeno il 50% del TFR alla P.C.

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

lavoratori assunti dopo il 31/12/06

iscritti alla previdenza obbligatoria successivamente al 28 aprile 1993

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 ai quali si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

TFR conferito nella misura prevista dal CCNL

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 ai quali non si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

Conferimento di almeno il 50% del TFR alla P.C.

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

Il riferimento all’articolo 2120 codice civile nelle opzioni di scelta sta a significare che il trattamento di fine rapporto non venga destinato ad una forma pensionistica complementare e continui dunque ad essere regolato secondo le previsioni dell’articolo 2120 del codice civile. Per i lavoratori occupati presso datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze almeno 50 addetti, il TFR viene versato al Fondo istituito presso la Tesoreria dello Stato e gestito dall’INPS che assicura le stesse prestazioni previste dall’articolo 2120 codice civile.

Il silenzio-assenso

A tali opzioni di scelta esplicita si affianca la possibilità che il lavoratore non effettui alcuna scelta in maniera espressa. In tal caso il trattamento di fine rapporto del dipendente silente che maturerà a decorrere dal mese successivo ai sei mesi utili per decidere, verrà destinato integralmente alla prima forma pensionistica complementare applicabile al caso specifico, individuata ai sensi dell’articolo 8, comma 7, lettera b), del decreto legislativo n. 252/2005:

  • forma pensionistica collettiva di riferimento (fondo negoziale o fondo aperto con adesione collettiva) prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo diverso accordo aziendale 
  • in caso di più forme pensionistiche collettive applicabili, quella con il maggior numero di adesioni di lavoratori dell’azienda, salvo diverso accordo aziendale
  • forma pensionistica istituita presso l’INPS (articolo 9 decreto legislativo 252/2005)

Modulistica

La manifestazione della volontà del lavoratore deve avvenire attraverso i moduli TFR1 e TFR2 allegati al decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale del 30.01.2007, di cui all’articolo 1, comma 765, della. legge 27 dicembre 2006, n. 296. Sono esclusi dall’onere di compilazione dei modelli i soggetti che avevano già aderito alla previdenza complementare al 31/12/2006 con versamento integrale del TFR. Poiché l’adesione alla previdenza complementare comporta l’adesione al fondo relativo, il lavoratore deve consegnare assieme al modulo predisposto dal ministero anche l’adesione al fondo.

Effetti della scelta

Gli effetti di tale decisione sono diversi: se si decide di conservare il TFR in azienda la scelta è revocabile in qualsiasi momento, invece la decisione di destinare il TFR alla previdenza complementare è irrevocabile. Ciò implica che il lavoratore, nel caso in cui cambi azienda, ha l’onere di comunicare la scelta effettuata anche ai futuri datori di lavoro.

Schema riepilogativo della scelta

Oggetto

Decidere se lasciare il TFR in azienda o dirottarlo ai fondi pensione

Interessati

Lavoratori dipendenti

Tempi

La riforma è entrata in vigore il 1 gennaio 2007 e la scelta va effettuata entro 6 mesi

Quale TFR

La scelta riguarda il TFR futuro (maturando)

Quali fondi

Il TFR può essere versato ad un fondo di categoria, un fondo aperto, un piano individuale previdenziale

La modulistica

La scelta deve essere fatta con i modelli TFR1 o TFR2 con allegata l’eventuale adesione al fondo

La scelta per il fondo

La decisione è irrevocabile

La scelta per l’azienda

La decisione può essere rivista in qualsiasi momento

Evoluzione della previdenza obbligatoria

Si seguito vengono schematizzate le fasi principali del sistema di previdenza obbligatoria e della previdenza complementare.

  • 1898 Viene istituita una Cassa di previdenza per l’invalidità e vecchiaia degli operai in forma libera e volontaria

  • 1919 L’assicurazione per invalidità e vecchiaia diventa obbligatoria, con età pensionabile fissata in 65 anni per uomini e donne. Contributo ripartito tra datore di lavoro, Stato e dipendente. La previdenza nasce in forma di capitalizzazione

  • 1933 Nasce l’INPS

  • 1939 Viene istituita la pensione di reversibilità (a favore di vedove ed orfani dell’assicurato). L’età pensionabile viene abbassata a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne

  • 1943 Inflazione bellica e conseguente riduzione accantonamenti previdenziali. Crisi del sistema a capitalizzazione

  • 1952 Nasce il trattamento minimo di pensione

  • 1968 Riforma Brodoloni: realizzazione della pensione retributiva, abbandono di ogni residua forma di capitalizzazione, nascita pensione sociale (cittadini con più di 65 anni senza reddito), istituita la pensione di anzianità per coloro che hanno 35 anni di contribuzione

  • 1973 Introduzioni pensioni baby nel pubblico (diritto alla pensione dopo 20 anni di contribuzione, ridotti a 15 per le donne)

  • 1992 Riforma Amato (decreto legislativo 503/1992): innalzamento età per pensione di vecchiaia da 55 a 60 per donne e da 60 a 65 per uomini, base di calcolo della prestazione pensionistica e la media degli ultimi 10 anni (prima erano 5)

  • 1993 Decreto Legislativo 21.04.93 n. 124: disciplina delle forme pensionistiche complementari

  • 1995 Riforma Dini (legge 335/1995): pensioni calcolate sull’ammontare dei versamenti effettuati durante tutta la vita lavorativa: sistema retributivo per chi al 31.12.95 aveva almeno 18 anni di contribuzioni (calcoli sulle ultime retribuzioni), contributivo per coloro che iniziano a lavorare successivamente al 01.01.96 (prestazioni in funzione dei contributi versati)

  • 1997 Riforma Prodi (legge 449/1997): pensione di anzianità da 57 anni a partire dal 2002

  • 2004 Riforma Maroni (legge delega n. 243/2004 - decreto legislativo n. 252/2005): innalzamento età per pensione di anzianità a 60 anni a partire dal 2008 (co), fermo restando il requisito contributivo di 35 anni. Nel 2010 il requisito di età salirà a 61 anni e nel 2014 a 62. Requisito alternativo a partire dal 2008, come già fissato dalla legge 335/95, per l’accesso al pensionamento saranno i 40 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica.

Il sistema pensionistico pubblico si evolve quindi dallo schema a capitalizzazione, in cui i contributi versati vengono economizzati per lunghi periodi ai fini di un futuro pagamento di pensione, ad uno schema a ripartizione, in cui i contributi versati vengono immediatamente riutilizzati per il pagamento di prestazioni e la generazione che opera attivamente nella vita professionale provvede, con il versamento dei suoi contributi, al finanziamento delle attuali pensioni (contratto generazionale). Il contratto generazionale necessità di alcuni presupposti: rapporto lavoratori/pensionati elevato, natalità elevata, bassa disoccupazione. Tali condizioni dagli anni ’80 sono notevolmente affievolite rispetto agli anni precedenti, per cui si pone un problema di sostenibilità di lungo periodo del sistema. Lo Stato può intervenire sulle variabili che determinano la spesa pensionistica, ad esempio alzando le aliquote contributive (ma già oggi con un prelevamento del 33% in Italia c’è un record mondiale), intervendo sulla natalità con politiche sulla famiglia (ma osserviamo invece che l’Italia è una nazione con popolazione che invecchia e con alte aspettative di vita), intervenendo sull’occupazione per alzare il rapporto lavoratori/pensionati. Altro intervento può essere quello di abbassare la spesa pensionistica e quindi abbassare le pensioni. In effetti la Riforma Dini crea con il calcolo della pensione con il metodo contributivo un abbassamento della pensione, a parità di contribuzioni, di circa il 60%, per cui se un lavoratore con 40 anni di contribuzioni aveva un’aspettativa di prestazione pensionistica pari circa al 70%-80% dell’ultimo stipendio, il tasso di sostituzione dei futuri pensionati con il metodo contributivo sarà pari al 35%-50% dell’ultima retribuzione. Ovviamente se si diminuiscono gli anni di contribuzioni (per periodi di disoccupazione, pensionamenti prima dei 65 anni, lavoro con basse contribuzioni come le collaborazioni coordinate e continuative), essendo la pensione calcolata tenendo conto di tutta la vita lavorativa, la prestazione pensionistica sarà ancora più bassa.

Si crea quindi la necessità per coloro che non avevano 18 anni di contribuzioni obbligatorie al 1 gennaio 1996 di integrare la pensione.

Il sistema viene strutturato con un primo pilastro pubblico a ripartizione, che eroga la prestazione pensionistica per tutti i lavoratori e le lavoratrici, e un secondo pilastro a capitalizzazione ad adesione volontaria, che eroga una prestazione pensionistica integrativa di quella pubblica.

La previdenza complementare

I fondi pensione

I fondi pensione sono stati regolamentati dal decreto legislativo 124/1993. Sono finalizzati all’erogazione di prestazioni previdenziali, principalmente sotto forma di rendite vitalizie da erogarsi al momento in cui il soggetto raggiunge il diritto alla pensione pubblica. Al fondo comfluiscono le contribuzioni del lavoratore e/o del datore di lavoro e tali contribuzioni vengono investite in strumenti finanziari di investimento (gestione per comparti). I fondi si suddividono in fondi chiusi (o negoziali o contrattuali), fondi aperti e PIP (piani individuali di previdenza).

I primi trovano la loro fonte istitutiva nella contrattazione collettiva ed elemento comune dei fondi chiusi è l’ambito definito (i potenziali aderenti sono elencati fra i destinatari nello statuto ai fini dell’iscrizione). I fondi chiusi possono essere settoriali, se rivolti ai lavoratori di un determinato settore di attività (Cometa, Previmoda, Fonchim), aziendali se hanno come ambito di riferimento una singola azienda (Fondo capi Fiat), o territoriali se alla base dell’accordo di riferimento ci sono i datori di lavoro e lavoratori di un’area geografica (Solidarietà Veneto).

L’istituzione di un fondo pensione chiuso può avvenire: 

  • dalla contrattazione collettiva nei vari livelli (nazionale, territoriale, aziendale) 

  • da regolamento aziendale (nel caso in cui non ci sia un CCNL di riferimento) 

  • da accordi tra lavoratori (prevalentemente utilizzato dai lavoratori autonomi, professionisti)

I fondi pensione aperti sono caratterizzati dal non avere un ambito di riferimento definito, ossia di non essere rivolti ad una platea di soggetti individuati. Nascono per diverse esigenze: per le categorie di lavoratori che non hanno un fondo negoziale, per coloro che non hanno più i requisiti per il mantenimento dell’iscrizione al fondo chiuso oppure perché non sono soddisfatti dell’andamento del fondo chiuso. Non hanno personalità giuridica ma rappresentano uno strumento nuovo nell’attività di intermediazione finanziaria dei soggetti promotori che possono essere banche, SIM, società di gestione o compagnie di assicurazione.

Finanziamento (contribuzione)

L’articolo 11 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 prevede che “Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato mediante il versamento di contributi a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente e at-traverso il conferimento del TFR maturando.”

Fino al 28 aprile 1993 la contribuzione avveniva attraverso i contributi a carico del dipendente e dell’azienda; il decreto legislativo 124 del 1993 ha consentito il finanziamento anche attraverso il TFR. Il decreto legislativo 252 del 2005 inverte l’importanza del finanziamento attraverso il TFR facendolo divenire la contribuzione principale e condizione per l’adesione alla previdenza complementare. Inoltre quest’ultimo decreto legislativo permette la contribuzione anche solo attraverso il TFR e senza quindi il contributo del dipendente o dell’azienda. Nei fondi chiusi, le modalità e la misura dei contributi da versare a carico del dipendente e del datore di lavoro possono essere stabiliti dagli accordi collettivi.

Prestazioni

Il diritto alla prestazione pensionistica complementare si acquisisce, per i soggetti che hanno almeno 5 anni di partecipazione ai fondi, al momento della maturazione dei requisiti di accesso alle prestazioni del regime obbligatorio. Semplificando sono quindi necessari due requisiti:

  • maturazione dei requisiti per la pensione pubblica (in regime retributivo la pensione di vecchiaia si matura nel 2007 con 65 anni per uomini e 60 per donne assieme a 20 anni di contribuzioni; la pensione di anzianità si matura con 35 anni di contribuzioni e 57 di età, oppure 39 di contributi)

  • almeno cinque anni di contribuzione al fondo di previdenza complementare

Per il conteggio dei cinque anni sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme complementari.

In presenza di questi due requisiti, l’aderente ha facoltà di richiedere la liquidazione della prestazione pensionistica sotto forma di capitale nel limite massimo del 50% al netto di eventuali anticipazioni richieste e non reintegrate. Se ad esempio un lavoratore ha accantonato centomila euro di montante ed ha ottenuto anticipazioni per ventimila euro, potrà farsi liquidare in capitale al massimo quarantamila euro (centomila meno ventimila al 50 per cento). Viene erogato tutto il capitale nel caso in cui la rendita derivante dalla conversione del 70% del montante sia inferiore alla metà dell’assegno sociale, per cui per il 2007 quando la rendita è inferiore a 194,68.

Il residuo viene erogato nella forma della rendita vitalizia, per erogare la quale i fondi pensione stipulano delle convenzioni con imprese di assicurazione. Lo statuto del fondo può inoltre prevedere, nel caso di morte del beneficiario, la reversibilità della prestazione a favore dei beneficiari indicati dallo stesso o la restituzione del montante residuo.

La rendita verrà determinata in base ai seguenti elementi: anni di contribuzione, entità contribuzioni, tipo di investimento scelto e rendimento, tipo di rendita desiderato.

Trasferimenti

La portabilità, ossia la possibilità di trasferire su base volontaria la propria posizione da un fondo a un altro è stata modificata dal 01/01/2007 dai precedenti cinque anni a due anni. In caso di perdita dei requisiti (ad esempio per cessazione del rapporto di lavoro) è possibile invece il trasferimento della posizione alla forma pensionistica accessibile in relazione alla nuova attività, indipendentemente dall’anzianità di iscrizione.

Anticipazioni

La legge stabilisce tre ipotesi con le quali è possibile richiedere un’anticipazione al fondo:

  • per spese sanitarie: tale anticipazione può essere richiesta in qualsiasi momento per un importo non superiore al 75% dell’accantonato, a seguito di spese sanitarie per gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e figli

  • acquisto prima casa per sé o figli e interventi di ristrutturazione: tale anticipo può essere richiesto decorsi otto anni di iscrizione a qualsiasi fondo di previdenza complementare, per un importo non superiore al 75%, previa presentazione della documentazione (atto notarile per l’acquisto o documenti previsti per il riconoscimento del credito d’imposta per gli interventi di ristrutturazione) 

  • per ulteriori esigenze: tale anticipazione è ammessa decorsi otto anni di iscrizione per ogni esigenza del lavoratore; l’importo non può essere superiore al 30% dell’accumulato

Ai fini del calcolo dell’anzianità di iscrizione, sono considerati utili tutti i periodi di partecipazione alle forme pensionistiche complementari.

Tali anticipazioni possono essere richieste anche più di una volta, rispettando comunque il limite del 75% massimo complessivo dei versamenti effettuati, maggiorati delle plusvalenze realizzate. E’ possibile poi reintegrare tali anticipazioni anche eccedendo il limite di deducibilità fiscale di euro 5.164,57. Sulle somme reintegrate è riconosciuto un credito di imposta pari alle imposte pagate al momento della fruizione.

Riscatti

In alternativa al trasferimento è possibile il riscatto totale o parziale della posizione individuale maturata, sia per ipotesi tassativamente previste dal decreto legislativo 252/2007 che per eventuali ipotesi previste dallo statuto del fondo di appartenenza. Si evidenza che le ipotesi di riscatto previste dal decreto hanno una tassazione agevolata, mentre le altre somme percepite a titolo di riscatto per “cause diverse” hanno una tassazione meno favorevole. Tale risvolti fiscali verranno analizzati si seguito nella sezione dedicata alla fiscalità.

I riscatti tipizzati sono:

  • riscatto parziale del 50% per cessazione del rapporto di lavoro che comporti l’inoccupazione per un periodo compreso fra 12 mesi e 48 mesi, oppure quando il datore di lavoro ricorre a procedure di mobilità e di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria

  • riscatto totale nei casi di invalidità permanente che comporta una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo, oppure inoccupazione superiore a 48 mesi (non possibile nei cinque anni che precedono la pensione)

  • riscatto totale in caso di morte dell’aderente da parte degli eredi

  • acquisizione dei diritti di accesso alla pensione obbligatoria con meno di cinque anni di contribuzione alla previdenza complementare

  • rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante inferiore al 50% dell’assegno sociale (l’importo dell’assegno per il 2007 è di 5.061,68 euro, cioè 389,36 euro per 13 mesi)

Gli obblighi delle imprese

Ai sensi dell’articolo 8 comma 8 del decreto legislativo n. 252/2005, entro il 31 dicembre 2006 i datori di lavoro dovevano informare i lavoratori dipendenti sulle diverse scelte possibili in tema di conferimento del TFR maturando alla previdenza complementare. Parimenti all’atto dell’assunzione di un nuovo lavoratore successiva al 31 dicembre 2006, i datori di lavoro devono informare il neoassunto sulle scelte possibili. Trenta giorni prima della scadenza dei sei mesi utili per la scelta, il datore di lavoro deve informare i lavoratori che non si siano espressi sulla destinazione del loro trattamento di fine rapporto, in particolare in quale fondo di previdenza complementare tale TFR confluirà per effetto del meccanismo del silenzio-assenso.

Adempimenti collaterali per le imprese consistono nel versamento dei contributi ai fondi prescelti dai lavoratori e, per coloro che occupano più di 50 dipendenti, il versamento mensile al fondo di tesoreria gestito dall’INPS per le quote che i dipendenti hanno deciso di lasciare in azienda. Al versamento a tale fondo INPS si applicano le disposizioni in materia di accertamento e riscossione dei contributi obbligatori, con sanzioni per omessi o tardivi versamenti e gli importi non versati potranno essere iscritti a ruolo.

Misure compensative per le imprese

L’avvio della previdenza complementare, assieme al principio di smobilizzo del TFR per le aziende con più di 50 lavoratori, comporterà per le imprese la fuoriuscita del TFR maturando dal 2007 dalle casse aziendali, eliminando quindi un’importante forma di autofinanziamento a tassi contenuti, corrispondenti alla rivalutazione del TFR. Sono state quindi creati degli incentivi per sopperire a tali disagi per le aziende. L’articolo 11 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 prevede le misure compensative per le imprese che possono essere così riassunte:

- deduzione dal reddito di impresa del 4% delle quote di TFR smobilizzato (6% per le aziende fino a 49 addetti)

- riduzione del contributo previdenziale al fondo di garanzia del TFR del 0,2% pari alle quote di TFR smobilizzato

- esonero dal 2008 dal versamento degli oneri impropri

Si ricorda inoltre che sul TFR smobilizzato l’impresa non pagherà più la rivalutazione del TFR.

Una norma di carattere generale, ribadita dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 252/2005, comporta invece un aggravio dei costi aziendali. Sulle somme a carico del datore di lavoro, destinate ai fondi di previdenza complementare, è infatti applicato il contributo di solidarietà previsto nella misura del 10 per cento.

Aspetti fiscali

La “spinta” verso la previdenza complementare si fonda su agevolazioni fiscali. In effetti le contribuzioni sono deducibili dal reddito fino 5.164,57, le prestazioni sono tassate ad un’aliquota variabile dal 15% al 9%, le rendite finanziarie sono tassate all’11%. Dal 2007 il TFR sarà sottoposto ad una tassazione che varierà mediamente dal 27% al 35%, fermo restando la tassazione della rivalutazione all’11%. E’ dal confronto con il mantenimento del TFR in azienda che è possibile verificare la congruità di tale leva fiscale.

Il sistema è delineato su uno schema definito ETT (esenzione-tassazione-tassazione), distinguendo la fiscalità dei seguenti elementi:

  • contributi 

  • rendimenti 

  • prestazioni

Il regime fiscale dei contributi versati alla previdenza complementare

Ai sensi dell’articolo 10 comma 1 lettera e-bis del TUIR in vigore fino al 31/12/2006 i contributi versati alla previdenza complementare erano deducibili dal reddito nella misura del 12% del reddito complessivo, nel limite di 5.164,57 (comprensivo delle somme versate dal datore di lavoro e dal dipendente, ad esclusione del TFR) e per un importo che non fosse superiore al doppio della quota di TFR destinata alle forme pensionistiche collettive.

Ai sensi dell’articolo 8 comma 4 del decreto legislativo n. 252/2005, la disciplina fiscale dei contributi versati alla previdenza complementare dal 1 gennaio 2007 risulta notevolmente semplificata, in quanto è stato eliminato il limite di deducibilità al 12% del reddito ed il limite della deducibilità pari al massimo al doppio del TFR. Eventuali contributi non dedotti, comprese le eccedenze al limite di 5.164,57 vanno comunicati entro il 31/12 dell’anno successivo alla forma pensionistica complementare, al fine di permettere al fondo di costituire la quota di prestazione che non dovrà essere tassata (principio di correlazione fiscale in base al quale un reddito viene assoggettato ad imposta se e nella misura in cui il relativo onere sia stato dedotto).

L’articolo 8 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 introduce inoltre un ulteriore agevolazione per i lavoratori di prima occupazione successiva al 1 gennaio 2007:

“… limitatamente ai primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito, nei venti anni successivi al quinto anno di partecipazione a tali forme, dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro pari alla differenza positiva tra l’importo di 25.822,85 euro e i contributi effettivamente versati nei primi cinque anni di partecipazione alle forme pensionistiche e comunque per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui.”

Ipotizziamo ad esempio che un lavoratore assunto il 30 giugno 2007 versi alla previdenza complementare per i 5 anni 1.000 euro oltre al TFR. La deducibilità utilizzata dal 2007 al 2011 è quindi di 5.000 euro. Nei successivi 20 anni e quindi fino al 2031, saranno deducibili ulteriori 20.822,85, con un limite anno di euro 7.746,86 pari ai 5.164,57 più l’ulteriore limite di 2.582,29. 

Il regime fiscale dei rendimenti 

I rendimenti dei fondi pensione sono soggetti ad imposta sostitutiva dell’11% (analogamente alla rivalutazione del TFR), applicata sul risultato maturato in ogni periodo. Per quanto riguarda le contribuzioni e le prestazioni, verranno approfondite nei paragrafi seguenti.

Il regime fiscale delle prestazioni, anticipazioni, riscatti

L’articolo 11 comma 6 del decreto legislativo n. 252/2005 prevede che “Sulla parte imponibile delle prestazioni pensionistiche comunque erogate è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali”. Analoga ritenuta è prevista nel caso di anticipazione per spese mediche, riscatto parziale del 50% per in occupazione, riscatto totale per invalidità o in occupazione superiore a 48 mesi, morte dell’aderente. Per le anticipazioni previste decorsi otto anni di iscrizione per l’acquisto di prima casa, per le anticipazioni previste per ulteriori esigenze, per i riscatti per cause diverse si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento.

Il regime fiscale dei riscatti è regolamentato dall’articolo 14 comma 4 e comma 5 del decreto legislativo n. 252/2005. In particolare “è operata una ritenuta a titolo di imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali” nel caso di:

  • riscatto parziale per cessazione dell’attività lavorativa con inoccupazione di durata tra 12 mesi e 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità e cassa integrazione guadagni

  • il riscatto totale della posizione maturata per casi di invalidità permanente con riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo ovvero seguito di cessazione dell’attività lavorativa che con inoccupazione superiore a 48 mesi

  • In caso di morte dell’aderente ad una forma pensionistica complementare

Sulle somme percepite a titolo di riscatto per cause diverse si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23.

Nella tabella di seguito vengono riepilogati i regimi di tassazione.

Fattispecie

Motivazione

Tassazione

Riscatto parziale del 50%

cessazione attività lavorativa con inoccupazione superiore a 12 mesi e inferiore a 48 mesi

è operata una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali

Ricorso del datore a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria

Riscatto totale

Invalidità permanente con riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo

cessazione attività lavorativa con inoccupazione superiore a 48 mesi

Prestazione pensionistica

 

Anticipazioni

In qualsiasi momento, per spese sanitarie per gravissime situazioni

Decorsi 8 anni, per l’acquisto della prima abitazione o per realizzazione interventi

Sull’importo erogato, al netto dei redditi già assoggettati ad imposta, si applica una ritenuta a titolo di imposta del 23 per cento

Decorsi 8 anni, per ulteriori esigenze

Riscatti

Ulteriori ipotesi

Di seguito un’analisi su un campione di 128 dipendenti che hanno contributo alla previdenza complementare nel 2006. Il campione è stato estratto escludendo i dirigenti ed i dipendenti assunti o cessati in corso d’anno. I dati sotto indicati riportano la media del campione

Numero dipendenti

Contributo dipendente

Contributo azienda

Quota TFR

Reddito fiscale

128

362,26

238,96

806,57

26.296,13

Su tale campione l’adesione alla previdenza complementare comporta le seguenti agevolazioni:

contribuzione azienda (fondi chiusi)

238,96

Minor carico fiscale per versamento dipendente (considerando un’aliquota marginale del 27%)

97,81

Minor carico fiscale rispetto alla tassazione del TFR (considerando una tassazione separata del TFR con aliquota del 27% contro una tassazione della prestazione al 15%)

96,79

TOTALE

433,56

Il totale può essere maggiore considerando una tassazione della prestazione che può essere al 9%, mentre si è ritenuto neutro l’andamento gestionale del fondo e quindi pari alla rivalutazione del TFR (ipotesi pessimistica).

Destinazione del trattamento di fine rapporto (TFR)

La fonte principale di finanziamento della previdenza complementare per i lavoratori subordinati è il trattamento di fine rapporto (d’ora in poi TFR). Una novità della riforma consiste nel meccanismo del silenzio-assenso, per cui mentre prima del 2007 i dipendenti aderivano solo esplicitamente, ora devono pronunciarsi.

Il principio ispiratore rimane quello della libertà di scelta, il meccanismo messo a punto prevede però due modalità di adesione, una esplicita ed una tacita. I lavoratore ha quindi le seguenti possibilità:

  • adesione a un fondo chiuso di categoria (se esiste)
  • adesione ad un fondo aperto oppure ad un Pip (piano individuale pensionistico) ovvero un contratto di assicurazione a contenuto previdenziale
  • dichiarare di non voler aderire, lasciando quindi il TFR in azienda 
  • nessuna comunicazione, lasciando quindi che il TFR confluisca quindi al fondo di categoria

Ai fini della destinazione del TFR, le scelte del lavoratore possono essere quindi classificate nel modo seguente:

Data assunzione

Caratteristiche lavoratore

Opzioni di scelta

lavoratori assunti entro il 31/12/06

iscritti alla previdenza obbligatoria successivamente al 28 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 non versino il TFR ad una forma di P.C.

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 versino una quota di TFR ad una forma di P.C.

Conferma quota di conferimento

TFR integralmente conferito alla P.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 non versino il TFR ad una forma di P.C. e ai quali si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

TFR conferito nella misura prevista dal CCNL

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 che alla data del 31 dicembre 2006 non versino il TFR ad una forma di P.C. e ai quali non si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

Conferimento di almeno il 50% del TFR alla P.C.

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

lavoratori assunti dopo il 31/12/06

iscritti alla previdenza obbligatoria successivamente al 28 aprile 1993

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 ai quali si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

TFR conferito nella misura prevista dal CCNL

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 29 aprile 1993 ai quali non si applicano accordi o contratti collettivi che prevedano la possibilità di conferire il TFR

Conferimento di almeno il 50% del TFR alla P.C.

TFR integralmente conferito alla P.C.

Art. 2120 C.C.

Il riferimento all’articolo 2120 codice civile nelle opzioni di scelta sta a significare che il trattamento di fine rapporto non venga destinato ad una forma pensionistica complementare e continui dunque ad essere regolato secondo le previsioni dell’articolo 2120 del codice civile. Per i lavoratori occupati presso datori di lavoro che abbiano alle proprie dipendenze almeno 50 addetti, il TFR viene versato al Fondo istituito presso la Tesoreria dello Stato e gestito dall’INPS che assicura le stesse prestazioni previste dall’articolo 2120 codice civile.

Il silenzio-assenso

A tali opzioni di scelta esplicita si affianca la possibilità che il lavoratore non effettui alcuna scelta in maniera espressa. In tal caso il trattamento di fine rapporto del dipendente silente che maturerà a decorrere dal mese successivo ai sei mesi utili per decidere, verrà destinato integralmente alla prima forma pensionistica complementare applicabile al caso specifico, individuata ai sensi dell’articolo 8, comma 7, lettera b), del decreto legislativo n. 252/2005:

  • forma pensionistica collettiva di riferimento (fondo negoziale o fondo aperto con adesione collettiva) prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali, salvo diverso accordo aziendale 
  • in caso di più forme pensionistiche collettive applicabili, quella con il maggior numero di adesioni di lavoratori dell’azienda, salvo diverso accordo aziendale
  • forma pensionistica istituita presso l’INPS (articolo 9 decreto legislativo 252/2005)

Modulistica

La manifestazione della volontà del lavoratore deve avvenire attraverso i moduli TFR1 e TFR2 allegati al decreto del ministero del lavoro e della previdenza sociale del 30.01.2007, di cui all’articolo 1, comma 765, della. legge 27 dicembre 2006, n. 296. Sono esclusi dall’onere di compilazione dei modelli i soggetti che avevano già aderito alla previdenza complementare al 31/12/2006 con versamento integrale del TFR. Poiché l’adesione alla previdenza complementare comporta l’adesione al fondo relativo, il lavoratore deve consegnare assieme al modulo predisposto dal ministero anche l’adesione al fondo.

Effetti della scelta

Gli effetti di tale decisione sono diversi: se si decide di conservare il TFR in azienda la scelta è revocabile in qualsiasi momento, invece la decisione di destinare il TFR alla previdenza complementare è irrevocabile. Ciò implica che il lavoratore, nel caso in cui cambi azienda, ha l’onere di comunicare la scelta effettuata anche ai futuri datori di lavoro.

Schema riepilogativo della scelta

Oggetto

Decidere se lasciare il TFR in azienda o dirottarlo ai fondi pensione

Interessati

Lavoratori dipendenti

Tempi

La riforma è entrata in vigore il 1 gennaio 2007 e la scelta va effettuata entro 6 mesi

Quale TFR

La scelta riguarda il TFR futuro (maturando)

Quali fondi

Il TFR può essere versato ad un fondo di categoria, un fondo aperto, un piano individuale previdenziale

La modulistica

La scelta deve essere fatta con i modelli TFR1 o TFR2 con allegata l’eventuale adesione al fondo

La scelta per il fondo

La decisione è irrevocabile

La scelta per l’azienda

La decisione può essere rivista in qualsiasi momento