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Cassazione Lavoro: rifiuto del lavoratore di svolgere mansioni estranee alla qualifica di appartenenza

Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 5 dicembre 2007, n.25313
La sentenza della Cassazione (integralmente consultabile sul sito della Cassazione) valuta la sussistenza di un diritto del lavoratore a rifiutare mansioni non rispondenti alla qualifica per la quale sia stato assunto.

La S.C. nega la sussistenza di un diritto (potestativo) del lavoratore a rifiutare l’esecuzione della prestazione richiestagli dal datore di lavoro in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l’esecuzione della prestazione lavorativa impartita dal datore di lavoro ex articoli 2086 e 2014 Codice Civile.

Tale comportamento costituisce, quindi, grave inadempimento del lavoratore che può comportare l’irrogazione di una grave sanzione disciplinare ossia il licenziamento per giusta causa (come ritiene pacificamente la S.C., vedi, ad esempio, la sentenza 23/12/2003 n.19689 e la decisione del 07/09/00 n.11806) .

Il lavoratore potrà sospendere la propria prestazione lavorativa solo previo provvedimento del giudice del lavoro che potrà, anche in via cautelare, accordargli tutela solo previo accertamento della violazione, da parte del datore di lavoro, dell’articolo 2103 Codice Civile.

Il giudice del lavoro potrà negare tutela al lavoratore quando il demansionamento subito dal lavoratore sia l’unico rimedio per evitare il licenziamento e, questo, potrà accadere nel caso di crisi dell’impresa o di una sua unità produttiva.

Il caso giunto all’attenzione della Cassazione ricadeva in quest’ultima ipotesi.

Il giudice ha dichiarato legittima l’adibizione del lavoratore a mansioni inferiori in deroga all’articolo 2103 e illegittimo il comportamento del lavoratore di rifiutarsi di lavorare in quanto non giustificato ex articolo 1460 Codice Civile perché, appunto, il comportamento del datore di lavoro è stato non solo legittimo ma anche il solo che potesse salvare il lavoratore da un licenziamento sicuro.

La sentenza della Cassazione (integralmente consultabile sul sito della Cassazione) valuta la sussistenza di un diritto del lavoratore a rifiutare mansioni non rispondenti alla qualifica per la quale sia stato assunto.

La S.C. nega la sussistenza di un diritto (potestativo) del lavoratore a rifiutare l’esecuzione della prestazione richiestagli dal datore di lavoro in quanto egli è tenuto ad osservare le disposizioni per l’esecuzione della prestazione lavorativa impartita dal datore di lavoro ex articoli 2086 e 2014 Codice Civile.

Tale comportamento costituisce, quindi, grave inadempimento del lavoratore che può comportare l’irrogazione di una grave sanzione disciplinare ossia il licenziamento per giusta causa (come ritiene pacificamente la S.C., vedi, ad esempio, la sentenza 23/12/2003 n.19689 e la decisione del 07/09/00 n.11806) .

Il lavoratore potrà sospendere la propria prestazione lavorativa solo previo provvedimento del giudice del lavoro che potrà, anche in via cautelare, accordargli tutela solo previo accertamento della violazione, da parte del datore di lavoro, dell’articolo 2103 Codice Civile.

Il giudice del lavoro potrà negare tutela al lavoratore quando il demansionamento subito dal lavoratore sia l’unico rimedio per evitare il licenziamento e, questo, potrà accadere nel caso di crisi dell’impresa o di una sua unità produttiva.

Il caso giunto all’attenzione della Cassazione ricadeva in quest’ultima ipotesi.

Il giudice ha dichiarato legittima l’adibizione del lavoratore a mansioni inferiori in deroga all’articolo 2103 e illegittimo il comportamento del lavoratore di rifiutarsi di lavorare in quanto non giustificato ex articolo 1460 Codice Civile perché, appunto, il comportamento del datore di lavoro è stato non solo legittimo ma anche il solo che potesse salvare il lavoratore da un licenziamento sicuro.