x

x

I nuovi adempimenti in materia di appalti e subappalti

Il Decreto Interministeriale del 25 febbraio 2008 n° 74 ha introdotto un ulteriore aggravio alle procedure di stipula di contratti di appalto e subappalto, andando ad aggiungersi alla già articolata produzione normativa in materia.

Tale disposto, infatti, applica quanto previsto dai commi da 28 a 35 dell’art. 35 del D.L. 223/06, evitando però di abrogare le previgenti disposizioni, bensì rinnovando esplicitamente la validità delle stesse.

Preme ricordare come la definizione di appalto sia rilevabile dall’art. 1655 del c.c.: “…L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro…”, mentre il limite di subappalto dal successivo art. 1656 del c.c.: “…L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente…”

Quindi in caso di subappalto i soggetti risultano essere tre: il committente che assegna i lavori a terzi, l’appaltatore che è responsabile dell’esecuzione dei lavori nei confronti del committente (o appaltante), il subappaltatore a cui l’appaltatore assegna una parte della lavorazione.

Acquisiti tali principi, possiamo analizzare come il recente Decreto, operativo dal 16 giugno 2008 probabilmente anche per gli appalti in corso a tale data, abbia introdotto un nuovo ulteriore aggravio amministrativo. La ratio sembra essere quella di garantire la genuinità dei rapporti qualificati appunto quali appalti o subappalti, già interessati in precedenza dall’art.29 del D.Lgs 276/03 (Legge Biagi) relativamente alla responsabilità solidale.

Alla luce delle normative richiamate, quindi, la stipula di contratti di appalto e subappalto innesca due tipologie di responsabilità ben distinte.

Da una parte infatti esiste la responsabilità solidale tra committente e appaltatore relativamente alla corresponsione delle retribuzioni e delle contribuzioni ai dipendenti (art. 29 comma 2, D.Lgs 276/03). Tale responsabilità non presenta limiti di valore, può estendersi anche oltre il valore dell’appalto, ma bensì di tempo, infatti perdura fino a due anni dalla conclusione dell’appalto.

Dall’altra la nuova responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore in merito all’assolvimento degli obblighi fiscali e contributivi nei confronti dei dipendenti (art. 35 comma 28 del D.L. 223/06). Tale responsabilità risulta limitata in termini di valore, quello dell’appalto, ma non in termini di tempo, in quanto vigono i più ampi termini di prescrizione.

L’atto più rappresentativo di tali forme di responsabilità, è la possibilità in capo alla P.A. di notificare gli atti di contestazione entro i termini di decadenza ad entrambe i soggetti coobbligati.

In riferimento a questa novità, il Decreto all’oggetto ha reso note anche le modalità atte ad escludere l’appaltatore dall’obbligazione solidale.

Ad ogni appalto quindi l’appaltatore dovrà farsi consegnare:

1. Comunicazione dei dati relativi ai lavoratori impiegati nell’esecuzione del subappalto (nello specifico i codici fiscali) e tutte le variazioni che interverranno nel corso dello stesso. Non pare ben chiaro quali siano le variazioni da segnalare, considerato che il disposto indica come unico dato da conferire il codice fiscale, che in realtà non dovrebbe variare mai. Si attendono comunque chiarimenti in merito;

2. Documentazione attestante il versamento delle ritenute fiscali da parte del subappaltatore. In merito a tale adempimento dovranno essere evidenziate solamente le quote di ritenute riferite a ciascun appalto. Si dovrà quindi stabilire l’incidenza percentuale, presumibilmente in ore-lavoro, ed applicare la stessa alla somma delle ritenute:

• Tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà su modello ministeriale;

• Tramite le copie dei modelli F24 di mese in mese riferiti all’appalto (l’attuale versione di tali modelli è già predisposta all’indicazione degli estremi del coobbligato);

• In alternativa l’attestazione di regolare assolvimento degli obblighi, prodotta da parte di intermediari abilitati. Per l’individuazione di tali intermediari si dovrà fare riferimento ai soggetti di cui all’art. 35, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 e dell’art. 3, comma 3, lettera a) del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. Tale attestazione fungerà da asseverazione relativamente agli adempimenti di Legge e dovrà essere prodotta su modello conforme a quello allegato al Decreto stesso;

3. Al fine di attestare l’assolvimento degli obblighi contributivi da parte del subappaltatore, si richiede inoltre:

• Un prospetto analitico contenente i dati retributivi e contributivi riferiti ai dipendenti partecipanti all’appalto;

• Il DURC emesso in data successiva all’ultimazione dei lavori. Il riferimento a tale periodo pare l’unico modo per garantire che nel corso dell’appalto non siano stati omessi versamenti. Infatti, in caso emergano importi a debito, il DURC richiesto alla fine dei lavori risulterebbe negativo. Si deve comunque considerare che il DURC è un documento che certifica l’intera posizione dell’azienda nei confronti dei propri obblighi. Tale assunto mal si concilia con la ratio del Decreto che mira ad identificare il subappalto specifico e l’incidenza dei versamenti riferiti al medesimo.

• In alternativa l’attestazione di regolare assolvimento degli obblighi , prodotta da parte di intermediari abilitati (vedasi quanto detto supra circa gli intermediari abilitati).

Il subappaltatore che occupi lavoratori dipendenti deve essere quindi consapevole che potrà vedersi richiedere tale documentazione per l’assegnazione dei lavori, nonché per i regolamenti delle competenze.

Pare evidente come tale adempimento risulti molto gravoso, stante la presenza della stessa azienda subappaltatrice, e degli stessi lavoratori, in più appalti nel medesimo periodo (si pensi alle ditte di pulizie che offrono prestazioni anche di singole ore settimanali e che quotidianamente si spostano presso molteplici luoghi di lavoro).

Da tale precisazione si può desumere come l’ampia platea dei contoterzisti e dell’indotto risulti destinataria degli obblighi in questione.

Una doverosa precisazione deve essere riservata alla posizione del committente in riferimento al D.M. de qua. Tale soggetto infatti, da un lato, non figura quale destinatario di alcun vincolo solidale, ma, dall’altro, non risulta affatto esente dalle considerevoli sanzioni irrogabili, nonostante potrebbe non essere a conoscenza di eventuali subappalti (su questo punto dovrebbero rivestire un ruolo fondamentale le clausole contrattuali, spesso però gli appalti non rispettano alcuna forma scritta che peraltro non risulta richiesta ad substantiam).

Infatti, per liquidare i compensi all’appaltatore, il committente sarà comunque obbligato a richiedere l’esibizione della documentazione suesposta. In caso contrario sarà passibile di sanzione da € 5.000,00 a € 200.000. Sono comunque considerati esclusi i committenti non titolari di partita IVA (nello specifico quelli non esercenti attività commerciali).

Pare inoltre doveroso ricordare che, nel caso si rilevi la situazione di interposizione illecita o fraudolenta di manodopera all’interno del subappalto, opera la presunzione che tali dipendenti siano da ascrivere in capo all’appaltatore ed in subordine al committente con le relative sanzioni amministrative del caso, relativamente alla mancata regolarizzazione dei rapporti di lavoro.

Concludendo possiamo affermare come le regole di esclusione della responsabilità non potranno chiaramente riguardare la situazione in cui l’appaltatore, o il subappaltatore del caso, occupino lavoratori in nero.

Infatti, posto che oramai non persistono interpretazioni difformi di lavoratore in nero da quella di lavoratore “non risultante da documentazione obbligatoria alcuna”, quindi totalmente sconosciuto alla pubblica amministrazione, pare evidente come tale lavoratore non possa giuridicamente appartenere all’azienda appaltatrice, innescando quindi la tutela prevista dall’art. 1676 del c.c.: “…Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda…”.

Tale azione civile, che offre la possibilità di costituzione del rapporto di lavoro direttamente in capo al committente, non soggiace ad alcun limite di tempo. Requisito necessario, però, è l’esistenza di un debito tra committente ed appaltatore.

Il Decreto Interministeriale del 25 febbraio 2008 n° 74 ha introdotto un ulteriore aggravio alle procedure di stipula di contratti di appalto e subappalto, andando ad aggiungersi alla già articolata produzione normativa in materia.

Tale disposto, infatti, applica quanto previsto dai commi da 28 a 35 dell’art. 35 del D.L. 223/06, evitando però di abrogare le previgenti disposizioni, bensì rinnovando esplicitamente la validità delle stesse.

Preme ricordare come la definizione di appalto sia rilevabile dall’art. 1655 del c.c.: “…L’appalto è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro…”, mentre il limite di subappalto dal successivo art. 1656 del c.c.: “…L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente…”

Quindi in caso di subappalto i soggetti risultano essere tre: il committente che assegna i lavori a terzi, l’appaltatore che è responsabile dell’esecuzione dei lavori nei confronti del committente (o appaltante), il subappaltatore a cui l’appaltatore assegna una parte della lavorazione.

Acquisiti tali principi, possiamo analizzare come il recente Decreto, operativo dal 16 giugno 2008 probabilmente anche per gli appalti in corso a tale data, abbia introdotto un nuovo ulteriore aggravio amministrativo. La ratio sembra essere quella di garantire la genuinità dei rapporti qualificati appunto quali appalti o subappalti, già interessati in precedenza dall’art.29 del D.Lgs 276/03 (Legge Biagi) relativamente alla responsabilità solidale.

Alla luce delle normative richiamate, quindi, la stipula di contratti di appalto e subappalto innesca due tipologie di responsabilità ben distinte.

Da una parte infatti esiste la responsabilità solidale tra committente e appaltatore relativamente alla corresponsione delle retribuzioni e delle contribuzioni ai dipendenti (art. 29 comma 2, D.Lgs 276/03). Tale responsabilità non presenta limiti di valore, può estendersi anche oltre il valore dell’appalto, ma bensì di tempo, infatti perdura fino a due anni dalla conclusione dell’appalto.

Dall’altra la nuova responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore in merito all’assolvimento degli obblighi fiscali e contributivi nei confronti dei dipendenti (art. 35 comma 28 del D.L. 223/06). Tale responsabilità risulta limitata in termini di valore, quello dell’appalto, ma non in termini di tempo, in quanto vigono i più ampi termini di prescrizione.

L’atto più rappresentativo di tali forme di responsabilità, è la possibilità in capo alla P.A. di notificare gli atti di contestazione entro i termini di decadenza ad entrambe i soggetti coobbligati.

In riferimento a questa novità, il Decreto all’oggetto ha reso note anche le modalità atte ad escludere l’appaltatore dall’obbligazione solidale.

Ad ogni appalto quindi l’appaltatore dovrà farsi consegnare:

1. Comunicazione dei dati relativi ai lavoratori impiegati nell’esecuzione del subappalto (nello specifico i codici fiscali) e tutte le variazioni che interverranno nel corso dello stesso. Non pare ben chiaro quali siano le variazioni da segnalare, considerato che il disposto indica come unico dato da conferire il codice fiscale, che in realtà non dovrebbe variare mai. Si attendono comunque chiarimenti in merito;

2. Documentazione attestante il versamento delle ritenute fiscali da parte del subappaltatore. In merito a tale adempimento dovranno essere evidenziate solamente le quote di ritenute riferite a ciascun appalto. Si dovrà quindi stabilire l’incidenza percentuale, presumibilmente in ore-lavoro, ed applicare la stessa alla somma delle ritenute:

• Tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà su modello ministeriale;

• Tramite le copie dei modelli F24 di mese in mese riferiti all’appalto (l’attuale versione di tali modelli è già predisposta all’indicazione degli estremi del coobbligato);

• In alternativa l’attestazione di regolare assolvimento degli obblighi, prodotta da parte di intermediari abilitati. Per l’individuazione di tali intermediari si dovrà fare riferimento ai soggetti di cui all’art. 35, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 e dell’art. 3, comma 3, lettera a) del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. Tale attestazione fungerà da asseverazione relativamente agli adempimenti di Legge e dovrà essere prodotta su modello conforme a quello allegato al Decreto stesso;

3. Al fine di attestare l’assolvimento degli obblighi contributivi da parte del subappaltatore, si richiede inoltre:

• Un prospetto analitico contenente i dati retributivi e contributivi riferiti ai dipendenti partecipanti all’appalto;

• Il DURC emesso in data successiva all’ultimazione dei lavori. Il riferimento a tale periodo pare l’unico modo per garantire che nel corso dell’appalto non siano stati omessi versamenti. Infatti, in caso emergano importi a debito, il DURC richiesto alla fine dei lavori risulterebbe negativo. Si deve comunque considerare che il DURC è un documento che certifica l’intera posizione dell’azienda nei confronti dei propri obblighi. Tale assunto mal si concilia con la ratio del Decreto che mira ad identificare il subappalto specifico e l’incidenza dei versamenti riferiti al medesimo.

• In alternativa l’attestazione di regolare assolvimento degli obblighi , prodotta da parte di intermediari abilitati (vedasi quanto detto supra circa gli intermediari abilitati).

Il subappaltatore che occupi lavoratori dipendenti deve essere quindi consapevole che potrà vedersi richiedere tale documentazione per l’assegnazione dei lavori, nonché per i regolamenti delle competenze.

Pare evidente come tale adempimento risulti molto gravoso, stante la presenza della stessa azienda subappaltatrice, e degli stessi lavoratori, in più appalti nel medesimo periodo (si pensi alle ditte di pulizie che offrono prestazioni anche di singole ore settimanali e che quotidianamente si spostano presso molteplici luoghi di lavoro).

Da tale precisazione si può desumere come l’ampia platea dei contoterzisti e dell’indotto risulti destinataria degli obblighi in questione.

Una doverosa precisazione deve essere riservata alla posizione del committente in riferimento al D.M. de qua. Tale soggetto infatti, da un lato, non figura quale destinatario di alcun vincolo solidale, ma, dall’altro, non risulta affatto esente dalle considerevoli sanzioni irrogabili, nonostante potrebbe non essere a conoscenza di eventuali subappalti (su questo punto dovrebbero rivestire un ruolo fondamentale le clausole contrattuali, spesso però gli appalti non rispettano alcuna forma scritta che peraltro non risulta richiesta ad substantiam).

Infatti, per liquidare i compensi all’appaltatore, il committente sarà comunque obbligato a richiedere l’esibizione della documentazione suesposta. In caso contrario sarà passibile di sanzione da € 5.000,00 a € 200.000. Sono comunque considerati esclusi i committenti non titolari di partita IVA (nello specifico quelli non esercenti attività commerciali).

Pare inoltre doveroso ricordare che, nel caso si rilevi la situazione di interposizione illecita o fraudolenta di manodopera all’interno del subappalto, opera la presunzione che tali dipendenti siano da ascrivere in capo all’appaltatore ed in subordine al committente con le relative sanzioni amministrative del caso, relativamente alla mancata regolarizzazione dei rapporti di lavoro.

Concludendo possiamo affermare come le regole di esclusione della responsabilità non potranno chiaramente riguardare la situazione in cui l’appaltatore, o il subappaltatore del caso, occupino lavoratori in nero.

Infatti, posto che oramai non persistono interpretazioni difformi di lavoratore in nero da quella di lavoratore “non risultante da documentazione obbligatoria alcuna”, quindi totalmente sconosciuto alla pubblica amministrazione, pare evidente come tale lavoratore non possa giuridicamente appartenere all’azienda appaltatrice, innescando quindi la tutela prevista dall’art. 1676 del c.c.: “…Coloro che, alle dipendenze dell’appaltatore, hanno dato la loro attività per eseguire l’opera o per prestare il servizio possono proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore nel tempo in cui essi propongono la domanda…”.

Tale azione civile, che offre la possibilità di costituzione del rapporto di lavoro direttamente in capo al committente, non soggiace ad alcun limite di tempo. Requisito necessario, però, è l’esistenza di un debito tra committente ed appaltatore.