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Modello organizzativo della società mista e "in house providing"

Nota a Consiglio di Stato - Adunanza Plenaria, Sentenza 3 marzo 2008, n.1

La ricostruzione dei fatti

I tratti essenziali della controversia possono essere riassunti nei seguenti termini.

L’A.S.L. 19 di Asti, con apposito bando, aveva indetto una gara avente a oggetto “individuazione partner per la fornitura di supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona” per la durata di cinque anni.

Successivamente, il direttore amministrativo dell’A.S.L. inviava una nota alla s.p.a. ALFA, attuale gestrice del servizio e (per conoscenza) alla società mista BETA s.p.a., avente il seguente contenuto: “Avendo intenzione di procedere all’affidamento diretto alla società BETA, da noi controllata, della gestione dell’assistenza domiciliare territoriale, si invita la Ditta in indirizzo a mettere a disposizione della società BETA tutti i dati relativi alla gestione di che trattasi”, precisando che l’A.S.L. aveva acquisito da uno degli azionisti pubblici una quota del capitale della società BETA (il 18% del totale). Quest’ultima società era stata costituita nel 2004 con la partecipazione di numerosi soggetti sia pubblici che privati.

Il provvedimento era impugnato dalla società ALFA, in qualità di attuale titolare della gestione del servizio di assistenza domiciliare e di soggetto imprenditoriale operante nel settore ed interessato, pertanto, ad aspirare all’affidamento del nuovo servizio tramite l’espletamento di una gara pubblica.

In seguito, la società ricorrente, con motivi aggiunti, chiedeva l’annullamento, previa adozione di misura cautelare: della determina del direttore del dipartimento tecnico logistico con la quale l’A.S.L. aveva revocato la procedura ristretta indetta per l’individuazione di partner per la fornitura di supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona (cure sanitarie domiciliari) e aveva affidato il predetto servizio alla società BETA per un triennio; di ogni altro atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, ivi comprese la nota con la quale l’A.S.L. aveva invitato la ricorrente a mettere a disposizione della società BETA tutti i dati relativi alla gestione dell’assistenza domiciliare e, da ultimo, le note con cui la stessa amministrazione aveva comunicato la revoca della procedura ristretta precedentemente bandita e l’affidamento diretto, immediatamente esecutivo, del servizio alla società mista BETA.

La sentenza di primo grado

Il Tar Piemonte, in primo grado accoglieva il ricorso della società ricorrente e di conseguenza annullava i provvedimenti impugnati, sulla base delle seguenti considerazioni. Veniva chiarito che il thema decidendum riguardava la legittimità dell’affidamento diretto del servizio di assistenza domiciliare a una società mista pubblico–privato, in cui la società è composta da una pluralità di aziende sanitarie (che complessivamente detengono la maggioranza del capitale sociale) e dai soci privati che sono stati scelti con una procedura negoziata a evidenza pubblica. Si riteneva, aderendo al parere reso dalla sezione seconda del Consiglio di stato n. 456/2007, come non accettabile l’opinione per cui, per il solo fatto che il socio privato sia scelto tramite procedura a evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l’affidamento diretto. Non si condivideva l’argomento usato dall’amministrazione, per cui la scelta dei soci privati attraverso la procedura negoziata a evidenza pubblica implicherebbe necessariamente la legittimità dell’affidamento del servizio di assistenza domiciliare. Si riteneva non fondata la tesi secondo cui il principio di libera concorrenza sarebbe sostanzialmente rispettato essendo stato consentito a tutti gli operatori di entrare a fare parte della stessa società, data la diversità tra la partecipazione a una gara per l’aggiudicazione di un singolo servizio e la partecipazione a gara per la scelta di partner per una società “multiutilities”. Si affermava che, al di fuori dei ristrettissimi limiti in cui è ammissibile il fenomeno dell’in house providing, l’affidamento del servizio deve avvenire previa gara; così come ritenuto anche dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, il quale, con la decisione 27 ottobre 2006, n. 589, aveva disapplicato, per contrasto con la giurisprudenza comunitaria, l’art. 113, comma 5, lett. b), del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (secondo cui “L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio…a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche”); e si statuiva, infine, che la costituzione di una società mista, pure con la scelta del socio a seguito di gara, non esimerebbe dall’effettuazione di una seconda gara per l’affidamento del servizio.

La rimessione della sezione V del Consiglio di Stato

A seguito dell’appello proposto dall’A.S.L. contro la sentenza del Tar Piemonte, la sezione quinta del Consiglio di Stato, con la decisione n. 5587/2007 di rimessione all’Adunanza Plenaria, respingeva il primo motivo di appello e deferiva all’esame dell’Adunanza le questioni attinenti all’individuazione delle condizioni legittimanti l’ affidamento in house alla luce dell’ordinamento europeo e nazionale; del concetto di prevalenza dell’attività svolta per l’amministrazione affidante; della nozione di “controllo analogo”; e dei diversi profili attinenti alla legittimità dell’affidamento di contratti pubblici o servizi a società miste, in assenza di un’apposita procedura di gara.

L’Adunanza, però a fronte dei quesiti dettagliati rimessile dalla sezione quinta con la decisione di rimessione e che tendevano ad ottenere una presa di posizione puntuale sui vari problemi oggetto di dibattito, ha ritenuto, invece, di circoscrivere la sua pronuncia all’esame di quelli che sono i motivi di appello ancora da decidere.

L’inquadramento normativo dell’attività esercitata dalla società affidataria in via diretta

Per quanto riguarda l’attività affidata alla società BETA, l’A.P. ha ritenuto trattarsi dell’esecuzione di prestazioni sociosanitarie, intese come attività atte a soddisfare bisogni di salute della persona, ossia di cura e assistenza di persone assistite dal Servizio sanitario nazionale (art. 3-septies, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 502/1992).

Tali prestazioni non sono riconducibili, immediatamente, alla disciplina comunitaria e nazionale specificamente riferita ai contratti pubblici di servizi [direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/18/CEE e d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture)]. Ma vanno riportate alla previsione dell’allegato II B (che elenca i “servizi sanitari e sociali”) dell’art. 20 del d.lgs. n. 163/2006 . Secondo l’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, l’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II B è disciplinata esclusivamente dagli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento) e 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).

Tuttavia, secondo l’art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, “l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità” e “L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto.”

Resterebbe ferma, quindi, la necessità di rispettare le regole generali di diritto interno e i principi del diritto comunitario.

Indicativa dell’individuazione di un appalto di servizi sarebbe, nella specie, la circostanza per cui l’A.S.L. corrisponde alla società BETA (per l’espletamento del servizio) un canone mensile, oltre a un importo per ogni accesso del personale infermieristico e riabilitativo.

L’A.P. rileva che la diretta erogazione delle prestazioni (da parte del gestore del servizio) in favore della collettività, ossia degli utenti del Servizio sanitario nazionale, potrebbe indurre anche a configurare un servizio pubblico anziché un appalto di servizi. Ma anche in tal caso trattandosi di attività di rilevanza economica oggetto di contratto da stipulare con una pubblica amministrazione, devono sempre applicarsi le regole della Comunità europea sulla concorrenza e, in particolare, gli obblighi di parità di trattamento e di trasparenza.

Si tratta dei principi del Trattato, che sono quelli di:

a) libertà di stabilimento (art. 43);

b) libera prestazione dei servizi (art. 49);

c) parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (artt. 43 e 49);

d) trasparenza e non discriminazione (art. 86, che vieta le misure di favore a vantaggio delle imprese che godono di diritti speciali o esclusivi e di quelle pubbliche).

Anche nell’ambito dei servizi pubblici deve essere assicurata l’apertura alla concorrenza (1)

L’A.P. richiama anche l’art. 30 del d.lgs. n. 163/2006 (dal titolo “Concessione di servizi”), il quale, al comma 3, richiama i “principi generali relativi ai contratti pubblici” (nel rispetto dei quali, oltre che di quelli “desumibili dal Trattato”, deve avvenire la scelta del concessionario di servizi), che sono quelli di “trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”; principi i quali impongono la previa indizione di una gara, seppure informale.

Sull’istituto dell’”in house providing”

L’ A.P. si sofferma, poi, sull’istituto dell’”in house providing” che legittima l’affidamento diretto, senza previa gara, del servizio di un ente pubblico a una persona giuridicamente distinta, qualora l’ente eserciti sul secondo un controllo analogo a quello dallo stesso esercitato sui propri servizi e la seconda realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la controllano (2).

L’affidamento diretto di un servizio pubblico viene consentito tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna (ossia, soggettivamente separata) che presenti caratteristiche tali da poterla qualificare come una “derivazione”, o una longa manus, dell’ente stesso.

Si è in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica. Mentre, la disciplina comunitaria dei pubblici appalti va applicata se l’ente affidatario sia distinto dall’amministrazione aggiudicatrice sul piano formale e sia autonomo sul piano sostanziale.

Trattandosi di deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione, e trasparenza (tutti costituenti canoni fondamentali del trattato istitutivo della Comunità europea), siffatto istituto è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune rigorose condizioni, individuate dalla giurisprudenza comunitaria ed elaborate anche da quella nazionale.

In astratto, l’affidamento diretto del servizio viola il principio di concorrenza sotto un duplice profilo: a) da una parte, sottrae al libero mercato quote di contratti pubblici, nei confronti dei quali le impresse ordinarie vengono escluse da ogni possibile accesso; b) dall’altra, si costituisce a favore dell’impresa affidataria una posizione di ingiusto privilegio, garantendole l’acquisizione di contratti (3).

Le misure contenitive adottate già in ambito comunitario per eliminare o ridurre i suddetti inconvenienti sono costituite dalle stringenti condizioni poste per rendere legittimo l’affidamento in house, rappresentate da:

1) il così detto “controllo analogo a quello svolto sui propri servizi”, necessariamente esercitato dall’ente pubblico nei confronti dell’impresa affidataria;

2) il rapporto di stretta strumentalità fra le attività dell’impresa “in house” e le esigenze pubbliche che l’ente controllante è chiamato a soddisfare.

In ragione del “controllo analogo” e della “destinazione prevalente dell’attività”, l’ente in house non può ritenersi terzo rispetto all’amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell’amministrazione stessa: non è, pertanto, necessario che l’amministrazione ponga in essere procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di appalti.

I requisiti dell’in house providing, costituendo un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, vanno interpretati restrittivamente (4)

La sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societaria composta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalitaria. Infatti, la partecipazione (pure minoritaria) di un’impresa privata al capitale di una società, alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi (5).

Occorre, quindi, che l’ente possegga l’intero pacchetto azionario della società affidataria (6).

Tuttavia, la partecipazione pubblica totalitaria è necessaria ma non sufficiente (7), servendo maggiori strumenti di controllo da parte dell’ente rispetto a quelli previsti dal diritto civile. In particolare:

a) lo statuto della società non deve consentire che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati (8);

b) il consiglio di amministrazione della società non deve avere rilevanti poteri gestionali e all’ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (9);

c) l’impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’ente pubblico e che risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutta l’Italia e all’estero)(10);

d) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante)(11).

In sostanza si ritiene che il solo controllo societario totalitario non sia garanzia della ricorrenza dei presupposti dell’in house, occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti (12).

Da ultimo (13), sempre in aggiunta alla necessaria totale proprietà del capitale da parte del soggetto pubblico, si è ritenuto essenziale il concorso dei seguenti ulteriori fattori, tutti idonei a concretizzare una forma di controllo che sia effettiva, e non solo formale o apparente:

a) il controllo del bilancio;

b) il controllo sulla qualità della amministrazione;

c) la spettanza di poteri ispettivi diretti e concreti;

d) la totale dipendenza dell’affidatario diretto in tema di strategie e politiche aziendali.

L’A.P. ritiene, pertanto, che nella fattispecie sottoposta al suo esame non vi siano i presupposti per configurare un’ipotesi di in house providing. Ciò in quanto deve escludersi, in via generale, la riconducibilità del modello organizzativo della società mista a quello dell’in house providing. L’Adunanza, di conseguenza, prescinde dall’esame delle varie questioni in tema di “in house providing”, così come rimesse dalla sezione quinta.

Sull’istituto della società mista

Ad avviso della Plenaria, la fattispecie per cui è causa va riportata nell’ambito dell’affidamento dei servizi a società a capitale misto pubblico e privato.

Il fenomeno delle società miste rientra nel concetto di partenariato pubblico privato che si riferisce in generale a forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese per garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio.

Si sono individuati due tipi di partenariato pubblico-privato; e precisamente il tipo “puramente contrattuale” e quello “istituzionalizzato”.

Il PPP di tipo “puramente contrattuale” è quello che si basa solo sui legami contrattuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o più compiti – tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio – vengono affidati al partner privato.

I modelli di partenariato di tipo puramente contrattuale più conosciuti sono l’appalto e la concessione.

I partenariati pubblico privato di tipo istituzionalizzato sono, quelli che implicano una cooperazione tra il settore pubblico e il settore privato in seno a un’entità distinta; che implicano, cioè, la creazione di un’entità detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, la quale ha la “missione” di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico.

Il modello di partenariato di tipo istituzionalizzato più conosciuto è quello della società mista.

L’A.P. evidenzia che la Commissione europea tende ad assimilare il partenariato pubblico-privato di tipo “istituzionalizzato” a quello di tipo “puramente contrattuale” e, perciò, a considerare applicabile anche al primo tipo di partenariato il “diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”. Ciò ha delle ovvie ricadute sulle modalità di scelta del partner privato, essendo chiaro che anche in tal caso, pur in assenza di norme specifiche, devono applicarsi, come avviene per l’affidamento a terzi di servizi mediante concessioni, le norme del Trattato sulla libera prestazione dei servizi e sulla libertà di stabilimento, nonché i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e reciproco riconoscimento.

La necessità di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner privato con il quale costituire società miste costituisce una regola ormai acquisita nell’ordinamento interno. E comunque l’unico limite posto dal Parlamento europeo consiste nel rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità; principi, tutti, che trovano cittadinanza all’interno del Trattato dell’U.E.

Al riguardo il d.lgs. n. 163/2006 si limita, all’art. 1, comma 2, a prescrivere che “Nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica”. La norma ha così inteso solo codificare il principio secondo cui, in questi casi, la scelta del socio deve comunque avvenire “con procedure di evidenza pubblica(14).

La questione dell’affidamento diretto del servizio a società mista

Come è noto la questione della possibilità di affidare direttamente il servizio a società partecipate dall’ente pubblico, trova in giurisprudenza soluzioni non univoche.

Ad un orientamento di totale chiusura nei confronti della possibilità di affidare direttamente a società miste la gestione dei servizi (che postulerebbero, invece, l’esperimento di una specifica gara, diversa e successiva rispetto a quella necessaria all’individuazione del socio privato di minoranza;soluzione fatta propria dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana)(15), si contrappone la tesi sostenuta da una parte della dottrina e della giurisprudenza, secondo cui la società mista a prevalente partecipazione pubblica può essere sempre affidataria diretta dei servizi, alla sola condizione che la scelta del contraente privato sia avvenuta mediante trasparenti procedure selettive.

Una posizione intermedia tra i due riferiti orientamenti è stata espressa dalla sezione seconda del Consiglio di Stato con il parere n. 456/2007, che si incentra sulla ritenuta ampia fungibilità tra lo schema funzionale della società mista e quello dell’appalto. In altri termini, secondo la sezione consultiva, la gestione del servizio può essere indifferentemente affidata con apposito contratto di appalto, o con lo strumento alternativo del contratto di società, costituendo apposita società a capitale misto. Nel caso del “socio di lavoro”, “socio industriale” o “socio operativo” (come contrapposti al “socio finanziario”), si è affermato che l’attività che si ritiene “affidata” (senza gara) alla società mista sia, nella sostanza, da ritenere affidata (con gara) al partner privato scelto con una procedura di evidenza pubblica, la quale abbia a oggetto, al tempo stesso, anche l’attribuzione dei suoi compiti operativi e la qualità di socio.

In particolare, con il citato parere n. 456/2007, si è affermato che:

a) non è condivisibile la posizione “estrema” secondo la quale, per il solo fatto che il socio privato è scelto tramite procedura di evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l’affidamento diretto;

b) tale ipotesi suscita perplessità per il caso di società miste “aperte”, nelle quali il socio, ancorché selezionato con gara, non viene scelto per finalità definite, ma soltanto come partner privato per una società “generalista”, alla quale affidare direttamente l’erogazione di servizi non ancora identificati al momento della scelta del socio e con lo scopo di svolgere anche attività extra moenia, avvalendosi semmai dei vantaggi derivanti dal rapporto privilegiato stabilito con il partner pubblico;

c) è ammissibile il ricorso alla figura della società mista (quantomeno) nel caso in cui essa non costituisca, in sostanza, la beneficiaria di un “affidamento diretto”, ma la modalità organizzativa con la quale l’amministrazione controlla l’affidamento disposto, con gara, al “socio operativo” della società;

d) il ricorso a tale figura deve comunque avvenire a condizione che sussistano – oltre alla specifica previsione legislativa che ne fondi la possibilità, alle motivate ragioni e alla scelta del socio con gara, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 – garanzie tali da fugare gli ulteriori dubbi e ragioni di perplessità in ordine alla restrizione della concorrenza;

e) laddove vi siano giustificate ragioni per non ricorrere a un affidamento esterno integrale, è legittimo configurare, quantomeno, un modello organizzativo in cui ricorrano due garanzie:

1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui quest’ultimo si configuri come un “socio industriale od operativo”, il quale concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso; il che vuol dire effettuazione di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo;

2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del periodo di affidamento”, evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista, possibilmente prescrivendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva gara egli risulti non più aggiudicatario.

L’adesione della adunanza plenaria al parere n. 456/2007 della seconda sezione del Consiglio di Stato

Per l’A.P. il modello elaborato dalla sezione seconda di questo Consiglio, con il citato parere n. 456/2007, rappresenta una delle possibili soluzioni delle problematiche connesse alla costituzione delle società miste e all’affidamento del servizio alle stesse; nel rispetto del principio di concorrenza, nonché nella ricerca di contemperare le esigenze di cooperazione tra settore pubblico e privato con quelle di tutela della concorrenza. Il modello presuppone la fungibilità tra contratto di appalto e contratto sociale, e si fonda sulla necessità che la gestione del servizio venga prevista allorquando si costituisce la società. L’A.P. ritiene, però, che, allo stato e in mancanza di indicazioni precise da parte della normativa e della giurisprudenza comunitaria, non sia elaborabile una soluzione univoca o un modello definitivo.

Non riconducibilità della fattispecie in esame al modello delineato dal parere del Consiglio di Stato

Ad avviso della Plenaria, comunque la fattispecie per cui è causa, a parte l’inconfigurabilità di un servizio pubblico locale, non rientra nei confini del modello così come costruito dalla sezione seconda di questo Consiglio.

La società ALFA era il precedente gestore del servizio di cure sanitarie domiciliari.

Nell’aprile 2006, infatti, l’A.S.L. aveva bandito una nuova gara per “individuazione partner per la fornitura di supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona”. Nel giugno 2006 l’A.S.L. aveva però acquisito (da soci pubblici) il 18% delle azioni di BETA s.p.a., che esisteva già dal 2004. Conseguentemente, aveva deciso di revocare la gara già bandita e di affidare direttamente il servizio a quest’ultima.

Il modello costruito con il citato parere n. 456/2007 non è rinvenibile nella specie in quanto non si è verificata la prima delle condizioni richieste; ossia che il socio venga scelto mediante procedura a evidenza pubblica nella quale la gestione del servizio sia stata definita e precisata. Il che vuol dire avere stabilito, contestualmente alla scelta (previa gara) del socio il quale dovrà gestire il servizio, quanto meno le caratteristiche della gestione stessa (ossia condizioni, modalità e durata). Non si è verificato, quindi, quel presupposto costituito dall’effettuazione “di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo”.

In particolare, la controversia per cui è causa non è in alcun modo assimilabile all’ipotesi sulla quale è stato reso il citato parere n. 456/2007 anche perché:

a) i soci sono stati scelti alcuni anni prima dell’affidamento del servizio alla società mista da parte della A.S.L.;

b) né l’originario statuto della società mista né gli atti della gara preordinata alla scelta dei soci privati hanno previsto la possibilità di estensione dell’attività della società stessa nell’ambito dell’A.S.L. ;

c) la scelta dei soci è stata effettuata da amministrazione diversa da quella sanitaria che ha in seguito affidato il servizio alla società mista, avendo acquisito una percentuale del capitale della società solo alcuni anni successivi alla costituzione di quest’ultima;

d) la società mista non è stata appositamente costituita solo per quella specifica attività in seguito oggetto di affidamento;

e) nella società mista non vi è il socio operativo che concorre materialmente allo svolgimento del servizio ma tre tipi di soci: finanziari, del settore sanitario e del settore non sanitario;

f) nella gestione del servizio, di tipo sanitario, affidato alla società mista sono coinvolti indifferentemente tutti i soci, e quindi anche quelli non del settore sanitario e quelli finanziari;

g) l’oggetto sociale della società mista è variegato e di ampie dimensioni .

Mancando la principale condizione, richiesta dal citato parere n. 456/2007, per potere considerare legittimo un affidamento diretto (effettuazione “di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo”), l’Adunanza non ha esaminato le varie questioni che sul medesimo parere sono state rimesse dalla sezione quinta.

Sull’illegittimità dell’affidamento diretto disposto nella fattispecie concreta a favore della società mista

L’illegittimità del contestato affidamento - avvenuto in via diretta senza previa gara conseguirebbe secondo l’Adunanza Plenaria, alla violazione dei principi del Trattato dell’U.E.; ossia del principio di concorrenza e di quelli, che ne rappresentano attuazione e corollario, di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione e parità di trattamento.

Siffatti principi, che hanno trovato anche recepimento espresso nel diritto interno (artt. 27, comma 1, 30, comma 3, e 91, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006) e che si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici, sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su eventuali disposizioni interne di segno contrario (16)

E, infatti, alla stregua della Circolare della Presidenza del consiglio dei ministri-dipartimento per le politiche comunitarie n. 945 in data 1° marzo 2002, i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato e congruo all’importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in via diretta e self-executing dal Trattato, anche alle fattispecie non interessate da specifiche disposizioni comunitarie volte a dare la stura a una procedura competitiva puntualmente regolata.



1) C.giust. CE: 13 settembre 2007, C-260/04 e sez. I, 13 ottobre 2005, C-458/03

2)C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal.

3)Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719.

4)C. giust. CE, 6 aprile 2006, C-410/04 e Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007;

5) [C. giust. CE: sez. II, 19 aprile 2007, C-295/05, Asociaciòn de Empresas Forestales c. Transformaciòn Agraria SA (TRASGA); 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio Corame; 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle];

6)Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2006, n. 4440; in precedenza Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7345 aveva ritenuto che la quota pubblica dovesse essere comunque superiore al 99%;

7)C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04; Cons. Stato, sez. VI, 1° giugno 2007, n. 2932 e 3 aprile 2007, n. 1514;

8)Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2006, n. 5072;

9)Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514;

10)C. giust. CE: 10 novembre 2005, C-29/04, Mödling o Commissione c. Austria; 13 ottobre 2005, C-458/03, Parking Brixen;

11)Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n.5

12)C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04;

13)Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719

14) Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007);

15) Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana 589/2006

16) Cons. Stato, sez. VI: 30 gennaio 2007, n. 362; 30 dicembre 2005, n. 7616; 25 gennaio 2005, n. 168.

La ricostruzione dei fatti

I tratti essenziali della controversia possono essere riassunti nei seguenti termini.

L’A.S.L. 19 di Asti, con apposito bando, aveva indetto una gara avente a oggetto “individuazione partner per la fornitura di supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona” per la durata di cinque anni.

Successivamente, il direttore amministrativo dell’A.S.L. inviava una nota alla s.p.a. ALFA, attuale gestrice del servizio e (per conoscenza) alla società mista BETA s.p.a., avente il seguente contenuto: “Avendo intenzione di procedere all’affidamento diretto alla società BETA, da noi controllata, della gestione dell’assistenza domiciliare territoriale, si invita la Ditta in indirizzo a mettere a disposizione della società BETA tutti i dati relativi alla gestione di che trattasi”, precisando che l’A.S.L. aveva acquisito da uno degli azionisti pubblici una quota del capitale della società BETA (il 18% del totale). Quest’ultima società era stata costituita nel 2004 con la partecipazione di numerosi soggetti sia pubblici che privati.

Il provvedimento era impugnato dalla società ALFA, in qualità di attuale titolare della gestione del servizio di assistenza domiciliare e di soggetto imprenditoriale operante nel settore ed interessato, pertanto, ad aspirare all’affidamento del nuovo servizio tramite l’espletamento di una gara pubblica.

In seguito, la società ricorrente, con motivi aggiunti, chiedeva l’annullamento, previa adozione di misura cautelare: della determina del direttore del dipartimento tecnico logistico con la quale l’A.S.L. aveva revocato la procedura ristretta indetta per l’individuazione di partner per la fornitura di supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona (cure sanitarie domiciliari) e aveva affidato il predetto servizio alla società BETA per un triennio; di ogni altro atto presupposto, connesso e/o collegato a quelli impugnati, ivi comprese la nota con la quale l’A.S.L. aveva invitato la ricorrente a mettere a disposizione della società BETA tutti i dati relativi alla gestione dell’assistenza domiciliare e, da ultimo, le note con cui la stessa amministrazione aveva comunicato la revoca della procedura ristretta precedentemente bandita e l’affidamento diretto, immediatamente esecutivo, del servizio alla società mista BETA.

La sentenza di primo grado

Il Tar Piemonte, in primo grado accoglieva il ricorso della società ricorrente e di conseguenza annullava i provvedimenti impugnati, sulla base delle seguenti considerazioni. Veniva chiarito che il thema decidendum riguardava la legittimità dell’affidamento diretto del servizio di assistenza domiciliare a una società mista pubblico–privato, in cui la società è composta da una pluralità di aziende sanitarie (che complessivamente detengono la maggioranza del capitale sociale) e dai soci privati che sono stati scelti con una procedura negoziata a evidenza pubblica. Si riteneva, aderendo al parere reso dalla sezione seconda del Consiglio di stato n. 456/2007, come non accettabile l’opinione per cui, per il solo fatto che il socio privato sia scelto tramite procedura a evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l’affidamento diretto. Non si condivideva l’argomento usato dall’amministrazione, per cui la scelta dei soci privati attraverso la procedura negoziata a evidenza pubblica implicherebbe necessariamente la legittimità dell’affidamento del servizio di assistenza domiciliare. Si riteneva non fondata la tesi secondo cui il principio di libera concorrenza sarebbe sostanzialmente rispettato essendo stato consentito a tutti gli operatori di entrare a fare parte della stessa società, data la diversità tra la partecipazione a una gara per l’aggiudicazione di un singolo servizio e la partecipazione a gara per la scelta di partner per una società “multiutilities”. Si affermava che, al di fuori dei ristrettissimi limiti in cui è ammissibile il fenomeno dell’in house providing, l’affidamento del servizio deve avvenire previa gara; così come ritenuto anche dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, il quale, con la decisione 27 ottobre 2006, n. 589, aveva disapplicato, per contrasto con la giurisprudenza comunitaria, l’art. 113, comma 5, lett. b), del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (secondo cui “L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio…a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche”); e si statuiva, infine, che la costituzione di una società mista, pure con la scelta del socio a seguito di gara, non esimerebbe dall’effettuazione di una seconda gara per l’affidamento del servizio.

La rimessione della sezione V del Consiglio di Stato

A seguito dell’appello proposto dall’A.S.L. contro la sentenza del Tar Piemonte, la sezione quinta del Consiglio di Stato, con la decisione n. 5587/2007 di rimessione all’Adunanza Plenaria, respingeva il primo motivo di appello e deferiva all’esame dell’Adunanza le questioni attinenti all’individuazione delle condizioni legittimanti l’ affidamento in house alla luce dell’ordinamento europeo e nazionale; del concetto di prevalenza dell’attività svolta per l’amministrazione affidante; della nozione di “controllo analogo”; e dei diversi profili attinenti alla legittimità dell’affidamento di contratti pubblici o servizi a società miste, in assenza di un’apposita procedura di gara.

L’Adunanza, però a fronte dei quesiti dettagliati rimessile dalla sezione quinta con la decisione di rimessione e che tendevano ad ottenere una presa di posizione puntuale sui vari problemi oggetto di dibattito, ha ritenuto, invece, di circoscrivere la sua pronuncia all’esame di quelli che sono i motivi di appello ancora da decidere.

L’inquadramento normativo dell’attività esercitata dalla società affidataria in via diretta

Per quanto riguarda l’attività affidata alla società BETA, l’A.P. ha ritenuto trattarsi dell’esecuzione di prestazioni sociosanitarie, intese come attività atte a soddisfare bisogni di salute della persona, ossia di cura e assistenza di persone assistite dal Servizio sanitario nazionale (art. 3-septies, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 502/1992).

Tali prestazioni non sono riconducibili, immediatamente, alla disciplina comunitaria e nazionale specificamente riferita ai contratti pubblici di servizi [direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/18/CEE e d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture)]. Ma vanno riportate alla previsione dell’allegato II B (che elenca i “servizi sanitari e sociali”) dell’art. 20 del d.lgs. n. 163/2006 . Secondo l’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, l’aggiudicazione degli appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II B è disciplinata esclusivamente dagli artt. 68 (specifiche tecniche), 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento) e 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).

Tuttavia, secondo l’art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 163/2006, “l’affidamento dei contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall’applicazione del presente codice, avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità” e “L’affidamento deve essere preceduto da invito ad almeno cinque concorrenti, se compatibile con l’oggetto del contratto.”

Resterebbe ferma, quindi, la necessità di rispettare le regole generali di diritto interno e i principi del diritto comunitario.

Indicativa dell’individuazione di un appalto di servizi sarebbe, nella specie, la circostanza per cui l’A.S.L. corrisponde alla società BETA (per l’espletamento del servizio) un canone mensile, oltre a un importo per ogni accesso del personale infermieristico e riabilitativo.

L’A.P. rileva che la diretta erogazione delle prestazioni (da parte del gestore del servizio) in favore della collettività, ossia degli utenti del Servizio sanitario nazionale, potrebbe indurre anche a configurare un servizio pubblico anziché un appalto di servizi. Ma anche in tal caso trattandosi di attività di rilevanza economica oggetto di contratto da stipulare con una pubblica amministrazione, devono sempre applicarsi le regole della Comunità europea sulla concorrenza e, in particolare, gli obblighi di parità di trattamento e di trasparenza.

Si tratta dei principi del Trattato, che sono quelli di:

a) libertà di stabilimento (art. 43);

b) libera prestazione dei servizi (art. 49);

c) parità di trattamento e divieto di discriminazione in base alla nazionalità (artt. 43 e 49);

d) trasparenza e non discriminazione (art. 86, che vieta le misure di favore a vantaggio delle imprese che godono di diritti speciali o esclusivi e di quelle pubbliche).

Anche nell’ambito dei servizi pubblici deve essere assicurata l’apertura alla concorrenza (1)

L’A.P. richiama anche l’art. 30 del d.lgs. n. 163/2006 (dal titolo “Concessione di servizi”), il quale, al comma 3, richiama i “principi generali relativi ai contratti pubblici” (nel rispetto dei quali, oltre che di quelli “desumibili dal Trattato”, deve avvenire la scelta del concessionario di servizi), che sono quelli di “trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità”; principi i quali impongono la previa indizione di una gara, seppure informale.

Sull’istituto dell’”in house providing”

L’ A.P. si sofferma, poi, sull’istituto dell’”in house providing” che legittima l’affidamento diretto, senza previa gara, del servizio di un ente pubblico a una persona giuridicamente distinta, qualora l’ente eserciti sul secondo un controllo analogo a quello dallo stesso esercitato sui propri servizi e la seconda realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti che la controllano (2).

L’affidamento diretto di un servizio pubblico viene consentito tutte le volte in cui un ente pubblico decida di affidare la gestione del servizio, al di fuori del sistema della gara, avvalendosi di una società esterna (ossia, soggettivamente separata) che presenti caratteristiche tali da poterla qualificare come una “derivazione”, o una longa manus, dell’ente stesso.

Si è in presenza di un modello di organizzazione meramente interno, qualificabile in termini di delegazione interorganica. Mentre, la disciplina comunitaria dei pubblici appalti va applicata se l’ente affidatario sia distinto dall’amministrazione aggiudicatrice sul piano formale e sia autonomo sul piano sostanziale.

Trattandosi di deroga ai principi di concorrenza, non discriminazione, e trasparenza (tutti costituenti canoni fondamentali del trattato istitutivo della Comunità europea), siffatto istituto è stato ritenuto ammissibile solo nel rispetto di alcune rigorose condizioni, individuate dalla giurisprudenza comunitaria ed elaborate anche da quella nazionale.

In astratto, l’affidamento diretto del servizio viola il principio di concorrenza sotto un duplice profilo: a) da una parte, sottrae al libero mercato quote di contratti pubblici, nei confronti dei quali le impresse ordinarie vengono escluse da ogni possibile accesso; b) dall’altra, si costituisce a favore dell’impresa affidataria una posizione di ingiusto privilegio, garantendole l’acquisizione di contratti (3).

Le misure contenitive adottate già in ambito comunitario per eliminare o ridurre i suddetti inconvenienti sono costituite dalle stringenti condizioni poste per rendere legittimo l’affidamento in house, rappresentate da:

1) il così detto “controllo analogo a quello svolto sui propri servizi”, necessariamente esercitato dall’ente pubblico nei confronti dell’impresa affidataria;

2) il rapporto di stretta strumentalità fra le attività dell’impresa “in house” e le esigenze pubbliche che l’ente controllante è chiamato a soddisfare.

In ragione del “controllo analogo” e della “destinazione prevalente dell’attività”, l’ente in house non può ritenersi terzo rispetto all’amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell’amministrazione stessa: non è, pertanto, necessario che l’amministrazione ponga in essere procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di appalti.

I requisiti dell’in house providing, costituendo un’eccezione alle regole generali del diritto comunitario, vanno interpretati restrittivamente (4)

La sussistenza del controllo analogo viene esclusa in presenza di una compagine societaria composta anche da capitale privato, essendo necessaria la partecipazione pubblica totalitaria. Infatti, la partecipazione (pure minoritaria) di un’impresa privata al capitale di una società, alla quale partecipi anche l’amministrazione aggiudicatrice, esclude in ogni caso che tale amministrazione possa esercitare su detta società un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi (5).

Occorre, quindi, che l’ente possegga l’intero pacchetto azionario della società affidataria (6).

Tuttavia, la partecipazione pubblica totalitaria è necessaria ma non sufficiente (7), servendo maggiori strumenti di controllo da parte dell’ente rispetto a quelli previsti dal diritto civile. In particolare:

a) lo statuto della società non deve consentire che una quota del capitale sociale, anche minoritaria, possa essere alienata a soggetti privati (8);

b) il consiglio di amministrazione della società non deve avere rilevanti poteri gestionali e all’ente pubblico controllante deve essere consentito esercitare poteri maggiori rispetto a quelli che il diritto societario riconosce normalmente alla maggioranza sociale (9);

c) l’impresa non deve avere acquisito una vocazione commerciale che rende precario il controllo dell’ente pubblico e che risulterebbe, tra l’altro: dall’ampliamento dell’oggetto sociale; dall’apertura obbligatoria della società, a breve termine, ad altri capitali; dall’espansione territoriale dell’attività della società a tutta l’Italia e all’estero)(10);

d) le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante)(11).

In sostanza si ritiene che il solo controllo societario totalitario non sia garanzia della ricorrenza dei presupposti dell’in house, occorrendo anche un’influenza determinante da parte del socio pubblico, sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti (12).

Da ultimo (13), sempre in aggiunta alla necessaria totale proprietà del capitale da parte del soggetto pubblico, si è ritenuto essenziale il concorso dei seguenti ulteriori fattori, tutti idonei a concretizzare una forma di controllo che sia effettiva, e non solo formale o apparente:

a) il controllo del bilancio;

b) il controllo sulla qualità della amministrazione;

c) la spettanza di poteri ispettivi diretti e concreti;

d) la totale dipendenza dell’affidatario diretto in tema di strategie e politiche aziendali.

L’A.P. ritiene, pertanto, che nella fattispecie sottoposta al suo esame non vi siano i presupposti per configurare un’ipotesi di in house providing. Ciò in quanto deve escludersi, in via generale, la riconducibilità del modello organizzativo della società mista a quello dell’in house providing. L’Adunanza, di conseguenza, prescinde dall’esame delle varie questioni in tema di “in house providing”, così come rimesse dalla sezione quinta.

Sull’istituto della società mista

Ad avviso della Plenaria, la fattispecie per cui è causa va riportata nell’ambito dell’affidamento dei servizi a società a capitale misto pubblico e privato.

Il fenomeno delle società miste rientra nel concetto di partenariato pubblico privato che si riferisce in generale a forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese per garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio.

Si sono individuati due tipi di partenariato pubblico-privato; e precisamente il tipo “puramente contrattuale” e quello “istituzionalizzato”.

Il PPP di tipo “puramente contrattuale” è quello che si basa solo sui legami contrattuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o più compiti – tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio – vengono affidati al partner privato.

I modelli di partenariato di tipo puramente contrattuale più conosciuti sono l’appalto e la concessione.

I partenariati pubblico privato di tipo istituzionalizzato sono, quelli che implicano una cooperazione tra il settore pubblico e il settore privato in seno a un’entità distinta; che implicano, cioè, la creazione di un’entità detenuta congiuntamente dal partner pubblico e dal partner privato, la quale ha la “missione” di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico.

Il modello di partenariato di tipo istituzionalizzato più conosciuto è quello della società mista.

L’A.P. evidenzia che la Commissione europea tende ad assimilare il partenariato pubblico-privato di tipo “istituzionalizzato” a quello di tipo “puramente contrattuale” e, perciò, a considerare applicabile anche al primo tipo di partenariato il “diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni”. Ciò ha delle ovvie ricadute sulle modalità di scelta del partner privato, essendo chiaro che anche in tal caso, pur in assenza di norme specifiche, devono applicarsi, come avviene per l’affidamento a terzi di servizi mediante concessioni, le norme del Trattato sulla libera prestazione dei servizi e sulla libertà di stabilimento, nonché i principi di trasparenza, non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e reciproco riconoscimento.

La necessità di ricorrere a procedure selettive per la scelta del partner privato con il quale costituire società miste costituisce una regola ormai acquisita nell’ordinamento interno. E comunque l’unico limite posto dal Parlamento europeo consiste nel rispetto dei principi di concorrenza, trasparenza, parità di trattamento, proporzionalità; principi, tutti, che trovano cittadinanza all’interno del Trattato dell’U.E.

Al riguardo il d.lgs. n. 163/2006 si limita, all’art. 1, comma 2, a prescrivere che “Nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un’opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato avviene con procedure di evidenza pubblica”. La norma ha così inteso solo codificare il principio secondo cui, in questi casi, la scelta del socio deve comunque avvenire “con procedure di evidenza pubblica(14).

La questione dell’affidamento diretto del servizio a società mista

Come è noto la questione della possibilità di affidare direttamente il servizio a società partecipate dall’ente pubblico, trova in giurisprudenza soluzioni non univoche.

Ad un orientamento di totale chiusura nei confronti della possibilità di affidare direttamente a società miste la gestione dei servizi (che postulerebbero, invece, l’esperimento di una specifica gara, diversa e successiva rispetto a quella necessaria all’individuazione del socio privato di minoranza;soluzione fatta propria dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana)(15), si contrappone la tesi sostenuta da una parte della dottrina e della giurisprudenza, secondo cui la società mista a prevalente partecipazione pubblica può essere sempre affidataria diretta dei servizi, alla sola condizione che la scelta del contraente privato sia avvenuta mediante trasparenti procedure selettive.

Una posizione intermedia tra i due riferiti orientamenti è stata espressa dalla sezione seconda del Consiglio di Stato con il parere n. 456/2007, che si incentra sulla ritenuta ampia fungibilità tra lo schema funzionale della società mista e quello dell’appalto. In altri termini, secondo la sezione consultiva, la gestione del servizio può essere indifferentemente affidata con apposito contratto di appalto, o con lo strumento alternativo del contratto di società, costituendo apposita società a capitale misto. Nel caso del “socio di lavoro”, “socio industriale” o “socio operativo” (come contrapposti al “socio finanziario”), si è affermato che l’attività che si ritiene “affidata” (senza gara) alla società mista sia, nella sostanza, da ritenere affidata (con gara) al partner privato scelto con una procedura di evidenza pubblica, la quale abbia a oggetto, al tempo stesso, anche l’attribuzione dei suoi compiti operativi e la qualità di socio.

In particolare, con il citato parere n. 456/2007, si è affermato che:

a) non è condivisibile la posizione “estrema” secondo la quale, per il solo fatto che il socio privato è scelto tramite procedura di evidenza pubblica, sarebbe in ogni caso possibile l’affidamento diretto;

b) tale ipotesi suscita perplessità per il caso di società miste “aperte”, nelle quali il socio, ancorché selezionato con gara, non viene scelto per finalità definite, ma soltanto come partner privato per una società “generalista”, alla quale affidare direttamente l’erogazione di servizi non ancora identificati al momento della scelta del socio e con lo scopo di svolgere anche attività extra moenia, avvalendosi semmai dei vantaggi derivanti dal rapporto privilegiato stabilito con il partner pubblico;

c) è ammissibile il ricorso alla figura della società mista (quantomeno) nel caso in cui essa non costituisca, in sostanza, la beneficiaria di un “affidamento diretto”, ma la modalità organizzativa con la quale l’amministrazione controlla l’affidamento disposto, con gara, al “socio operativo” della società;

d) il ricorso a tale figura deve comunque avvenire a condizione che sussistano – oltre alla specifica previsione legislativa che ne fondi la possibilità, alle motivate ragioni e alla scelta del socio con gara, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 – garanzie tali da fugare gli ulteriori dubbi e ragioni di perplessità in ordine alla restrizione della concorrenza;

e) laddove vi siano giustificate ragioni per non ricorrere a un affidamento esterno integrale, è legittimo configurare, quantomeno, un modello organizzativo in cui ricorrano due garanzie:

1) che vi sia una sostanziale equiparazione tra gara per l’affidamento del servizio pubblico e gara per la scelta del socio, in cui quest’ultimo si configuri come un “socio industriale od operativo”, il quale concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico o di fasi dello stesso; il che vuol dire effettuazione di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo;

2) che si preveda un rinnovo della procedura di selezione “alla scadenza del periodo di affidamento”, evitando così che il socio divenga “socio stabile” della società mista, possibilmente prescrivendo che sin dagli atti di gara per la selezione del socio privato siano chiarite le modalità per l’uscita del socio stesso (con liquidazione della sua posizione), per il caso in cui all’esito della successiva gara egli risulti non più aggiudicatario.

L’adesione della adunanza plenaria al parere n. 456/2007 della seconda sezione del Consiglio di Stato

Per l’A.P. il modello elaborato dalla sezione seconda di questo Consiglio, con il citato parere n. 456/2007, rappresenta una delle possibili soluzioni delle problematiche connesse alla costituzione delle società miste e all’affidamento del servizio alle stesse; nel rispetto del principio di concorrenza, nonché nella ricerca di contemperare le esigenze di cooperazione tra settore pubblico e privato con quelle di tutela della concorrenza. Il modello presuppone la fungibilità tra contratto di appalto e contratto sociale, e si fonda sulla necessità che la gestione del servizio venga prevista allorquando si costituisce la società. L’A.P. ritiene, però, che, allo stato e in mancanza di indicazioni precise da parte della normativa e della giurisprudenza comunitaria, non sia elaborabile una soluzione univoca o un modello definitivo.

Non riconducibilità della fattispecie in esame al modello delineato dal parere del Consiglio di Stato

Ad avviso della Plenaria, comunque la fattispecie per cui è causa, a parte l’inconfigurabilità di un servizio pubblico locale, non rientra nei confini del modello così come costruito dalla sezione seconda di questo Consiglio.

La società ALFA era il precedente gestore del servizio di cure sanitarie domiciliari.

Nell’aprile 2006, infatti, l’A.S.L. aveva bandito una nuova gara per “individuazione partner per la fornitura di supporto integrativo per attività sanitarie territoriali di cura alla persona”. Nel giugno 2006 l’A.S.L. aveva però acquisito (da soci pubblici) il 18% delle azioni di BETA s.p.a., che esisteva già dal 2004. Conseguentemente, aveva deciso di revocare la gara già bandita e di affidare direttamente il servizio a quest’ultima.

Il modello costruito con il citato parere n. 456/2007 non è rinvenibile nella specie in quanto non si è verificata la prima delle condizioni richieste; ossia che il socio venga scelto mediante procedura a evidenza pubblica nella quale la gestione del servizio sia stata definita e precisata. Il che vuol dire avere stabilito, contestualmente alla scelta (previa gara) del socio il quale dovrà gestire il servizio, quanto meno le caratteristiche della gestione stessa (ossia condizioni, modalità e durata). Non si è verificato, quindi, quel presupposto costituito dall’effettuazione “di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo”.

In particolare, la controversia per cui è causa non è in alcun modo assimilabile all’ipotesi sulla quale è stato reso il citato parere n. 456/2007 anche perché:

a) i soci sono stati scelti alcuni anni prima dell’affidamento del servizio alla società mista da parte della A.S.L.;

b) né l’originario statuto della società mista né gli atti della gara preordinata alla scelta dei soci privati hanno previsto la possibilità di estensione dell’attività della società stessa nell’ambito dell’A.S.L. ;

c) la scelta dei soci è stata effettuata da amministrazione diversa da quella sanitaria che ha in seguito affidato il servizio alla società mista, avendo acquisito una percentuale del capitale della società solo alcuni anni successivi alla costituzione di quest’ultima;

d) la società mista non è stata appositamente costituita solo per quella specifica attività in seguito oggetto di affidamento;

e) nella società mista non vi è il socio operativo che concorre materialmente allo svolgimento del servizio ma tre tipi di soci: finanziari, del settore sanitario e del settore non sanitario;

f) nella gestione del servizio, di tipo sanitario, affidato alla società mista sono coinvolti indifferentemente tutti i soci, e quindi anche quelli non del settore sanitario e quelli finanziari;

g) l’oggetto sociale della società mista è variegato e di ampie dimensioni .

Mancando la principale condizione, richiesta dal citato parere n. 456/2007, per potere considerare legittimo un affidamento diretto (effettuazione “di una gara che con la scelta del socio definisca anche l’affidamento del servizio operativo”), l’Adunanza non ha esaminato le varie questioni che sul medesimo parere sono state rimesse dalla sezione quinta.

Sull’illegittimità dell’affidamento diretto disposto nella fattispecie concreta a favore della società mista

L’illegittimità del contestato affidamento - avvenuto in via diretta senza previa gara conseguirebbe secondo l’Adunanza Plenaria, alla violazione dei principi del Trattato dell’U.E.; ossia del principio di concorrenza e di quelli, che ne rappresentano attuazione e corollario, di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione e parità di trattamento.

Siffatti principi, che hanno trovato anche recepimento espresso nel diritto interno (artt. 27, comma 1, 30, comma 3, e 91, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006) e che si elevano a principi generali di tutti i contratti pubblici, sono direttamente applicabili, a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su eventuali disposizioni interne di segno contrario (16)

E, infatti, alla stregua della Circolare della Presidenza del consiglio dei ministri-dipartimento per le politiche comunitarie n. 945 in data 1° marzo 2002, i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato e congruo all’importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in via diretta e self-executing dal Trattato, anche alle fattispecie non interessate da specifiche disposizioni comunitarie volte a dare la stura a una procedura competitiva puntualmente regolata.



1) C.giust. CE: 13 settembre 2007, C-260/04 e sez. I, 13 ottobre 2005, C-458/03

2)C. giust. CE, 18 novembre 1999, C-107/98, Teckal.

3)Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719.

4)C. giust. CE, 6 aprile 2006, C-410/04 e Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007;

5) [C. giust. CE: sez. II, 19 aprile 2007, C-295/05, Asociaciòn de Empresas Forestales c. Transformaciòn Agraria SA (TRASGA); 21 luglio 2005, C-231/03, Consorzio Corame; 11 gennaio 2005, C-26/03, Stadt Halle];

6)Cons. Stato, sez. V, 13 luglio 2006, n. 4440; in precedenza Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 2005, n. 7345 aveva ritenuto che la quota pubblica dovesse essere comunque superiore al 99%;

7)C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04; Cons. Stato, sez. VI, 1° giugno 2007, n. 2932 e 3 aprile 2007, n. 1514;

8)Cons. Stato, sez. V, 30 agosto 2006, n. 5072;

9)Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514;

10)C. giust. CE: 10 novembre 2005, C-29/04, Mödling o Commissione c. Austria; 13 ottobre 2005, C-458/03, Parking Brixen;

11)Cons. Stato, sez. V, 8 gennaio 2007, n.5

12)C. giust. CE, 11 maggio 2006, C-340/04;

13)Cons. giust. amm. reg. sic. 4 settembre 2007, n. 719

14) Cons. Stato, sez. II, n. 456/2007);

15) Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana 589/2006

16) Cons. Stato, sez. VI: 30 gennaio 2007, n. 362; 30 dicembre 2005, n. 7616; 25 gennaio 2005, n. 168.