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Danni ai pazienti da parte della struttura ospedaliera in conseguenza di prestazioni sanitarie: responsabilità civile e risvolti penali

Sommario:

1. Responsabilità civile del medico: evoluzione giurisprudenziale. Dalla responsabilità aquiliana a quella contrattuale fino a giungere alla responsabilità derivante da contatto sociale

2. La prima teoria sulla responsabilità della struttura sanitaria: responsabilità oggettiva

3. Si affaccio un nuovo indirizzo: responsabili i soggetti imputabili per comportamenti dolosi o colposo; in particolare la rilevanza del comportamento omissivo

4. La L.833/1978 e il dlgs. 502/1992: conseguenze sul piano della responsabilità penale.

1. Responsabilità civile del medico: evoluzione giurisprudenziale. Dalla responsabilità aquiliana a quella contrattuale fino a giungere alla responsabilità derivante da contatto sociale

In primis l’orientamento giurisprudenziale (oggi minoritario e superato) in ordine alla responsabilità in ambito civile del medico nell’esercizio della sua professione sanitarie è quello adottato da talune decisioni di merito ed anche della Corte di Cassazione che si erano orientate nell’ottica della responsabilità aquiliana. Tale forma di responsabilità non riguardava solo il medico dipendente dalla struttura ma anche per quanto concerne la struttura medesima, chiamata a rispondere sia ai sensi dell’art. 2049 c.c.. Tale norma sancisce la responsabilità dei “padroni e committenti” per l’illecito commesso dai loro dipendenti, sia per diretta violazione della regola del meminem laedere consacrata nell’art. 2043 c.c.

Si è fatto strada un diverso orientamento – attualmente prevalente – che afferma, invece, la responsabilità contrattuale dell’Ente. Tale Tesi si è imposta in base alla natura del servizio reso nell’interesse dei cittadini, in cui l’ente è in posizione di parità non di preminenza pubblicistica. Il privato, fatta la richiesta del servizio, acquista un diritto soggettivo cui corrisponde un dovere della struttura sanitaria (pubblica) – che agisce iure gestionis – di effettuare la prestazione, cosicché, sussistendo tra i soggetti coinvolti un rapporto giuridico. Nel caso in cui si verificasse un inadempimento nello svolgimento della suddetta prestazione, la responsabilità non potrà che essere quella propria per le ipotesi di inadempimento, ossia quella “contrattuale”.

A ciò si deve aggiungere la tradizionale distinzione in ambito contrattuale , fra obbligazioni di mezzo ed obbligazioni di risultato. Le prime quelle per il cui adempimento necessità uno sforzo diligente che viene in rilievo di per sé costituendo l’essenza della prestazione a prescindere dal risultato ottenuto; e quelle di risultato in cui rileva il raggiungimento dello scopo. Le prestazioni mediche venivano alla categoria delle obbligazioni di mezzo .

De iure condendo, compresa la complessità e la vastità dell’individuazione della natura giuridica dell’attività del medico, non meno preclara è individuazione della responsabilità della struttura sanitaria in cui costui opera la sua attività professionale.

In numerose decisioni la Cassazione ha affermato che, essendo l’attività svolta dalla struttura sanitaria similare a quella del medico, la stessa disciplina sarà applicata. In tale caso sarà applicabile, la disciplina prevista negli artt. 2236 c.c.. Inoltre il presupposto per l’affermazione della responsabilità dell’Ente risiede nel comportamento non diligente dell’operatore.

Una volta inquadrata la responsabilità diretta dell’Ente, l’operato del medico sarà riferibile riferibile allo stesso Ente per il principio della c.d. immedesimazione organica ex art. 28 Cost. (“I funzionari e i dipendente dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato ed agli enti pubblici”).

Diretta conseguenza di ciò è che la responsabilità del medico è contrattuale, così ragionando: premesso che la responsabilità diretta del medico dipendente dall’Ente trova fonte dall’art. 28 Cost., si osserva che dovendo l’Ente ospedaliero rispondere a titolo contrattuale ed essendo identica la radice delle responsabilità, identica sarebbe la natura della responsabilità (e, quindi, contrattuale).

Tra i due tipi di responsabilità le differenze sono rimarchevoli in ordine all’onere della prova, all’elemento soggettivo, alla prescrizione. Infatti la disciplina della responsabilità extracontrattuale si fonda sull’art. 2043, invece quella contrattuale sull’art.1218 c.c.

In primis, quanto all’onere della prova, nella responsabilità aquiliana grava sulla persona offesa, mentre in quella contrattuale grava sul debitore il quale nel nostro caso deve dimostrare di aver agito secondo la diligenza professionale.

Inoltre riguardo all’elemento soggettivo, nella responsabilità contrattuale la differenza fra colpa e dolo è rilevante ai fini del risarcimento dovuto per le conseguenze dannose imprevedibili solo ove ricorra il secondo; e più generale l’intensità dell’elemento soggettivo assume un ruolo decisivo nella determinazione del quantum.

Infine anche la prescrizione opera in tempi diversi, per la previsione di cui all’art. 1218 c.c. il termine è quello decennale, per quella ex art. 2043 il termine è quinquennale.

La via della responsabilità contrattuale del medico è stata, infine, percorsa dalla storica sentenza della Cassazione n. 589 del 22 gennaio 1999 che elabora e fa propria la categoria dottrinale dei c.d. rapporti contrattuali di fatto. In base a questa tesi il medico operante nella struttura assume una responsabilità contrattuale da “contatto sociale”.

Negli ultimi decenni, infatti si è fatta strada una nuova fisionomia dei rapporti esistenti tra il paziente, da un lato, e il medico o la struttura sanitaria dall’altro.

La Suprema Corte, infatti, ravvisando nel “contatto sociale” il rapporto che si instaura tra il medico e il paziente, questa viene ricondotta all’alveo delle fonti delle obbligazioni quale “un fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”ex art. 1173 c.c.

Il contatto sociale sarebbe – secondo questa tesi - è fonte di obblighi specifici, ben diversi dai generici doveri del naeminem laedere di cui all’art. 2043 c. c .e che soggiacciono alle regole tipiche e proprie dell’obbligazione contrattuale.

In particolare la Suprema Corte specifica che i doveri del medico sono ascrivibili ai doveri di protezione e che tali doveri di protezione sono simili e identici doveri di prestazione.

2) La prima teoria sulla responsabilità penale della struttura sanitaria: responsabilità oggettiva

Non scevra di accesi dibattiti sia in dottrina che in giurisprudenza la responsabilità penale della struttura per danno ai pazienti conseguente a prestazioni sanitarie.

Nulla quaestio in campo civile: pacifico l’orientamento giurisprudenziale che riconosce il rilievo dell’operato del medico anche in funzione dell’organizzazione sanitaria.

Una parte della dottrina e della giurisprudenza considera la responsabilità della struttura sanitaria in caso di esito infausto di un paziente ad opera della attività professionale del medico dipendente della struttura come responsabilità oggettiva.

Tuttavia non ci può esimere che considerate come “responsabilità oggettiva” della struttura sanitaria, la responsabilità professionale del medico appare eccessivo.

Tuttavia occorre ricordare che i sanitari hanno natura giuridica di lavoratori subordinati del S.S.N,. Ne consegue che la Pubblica Amministrazione risponda dei danni daessa causati, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave.

3) Si affaccio un nuovo indirizzo: responsabili i soggetti imputabili per comportamenti dolosi o colposo; in particolare la rilevanza del comportamento omissivo

Accertato che non può trattarsi di responsabilità oggettiva, il successivo passo consiste nell’individuazione dei singoli soggetti a cui imputare i comportamenti colposi o dolosi.

Il punto di partenza è che la Pubblica Amministrazione opera attraverso i suoi organi; l’operato delle varie figure di vertice delle strutture sanitarie (quali ad esempio il direttore generale, il direttore sanitario, il direttore amministrativo ecc.) agiscono in qualità di Pubblica Amministrativa; e non come soggetti da questa distinti ed autonomi.

Qualora il loro operato viene posto in essere con la violazione di obblighi e di doveri o, comunque, viene a cagionare dei danni agli utenti, l’Ente deve risponderne direttamente ed il riferimento, quindi, sarà ai principi generali in materia di responsabilità penale di un ente pubblico.

Ma questo non esime i singoli soggetti a cui sono imputati fatti, commissive od omissive, da responsabilità penale.

Il principio cardine del reato omissivo , consiste nell’individuazione dell’obbligo giuridico di impedire l’evento da parte di cui che si trova nella condizione prevista dalla legge di doverlo impedire.

Tradizionalmente, negli ordinamenti ottocenteschi si riconosceva il principio della libertà d’azione del cittadino, temperato dal solo obbligo di non aggredire le altrui posizioni. Il modello tipico di illecito penale era costituito dal reato d’azione, e la responsabilità per omissione costituiva l’eccezione. Soltanto con l’assunzione progressiva agli inizi del ‘900 da parte dello Stato di istanze solidaristiche, comincia a svilupparsi l’interesse un’autonoma dogmatica illeciti omissivi.

Nel caso de quo occorre individuare su chi incomba l’obbligo di osservare il precetto penale.

Un tale obbligo può essere addebitato solo ad una persona fisica. Ciò in ossequio al principio costituzionale secondo cui la responsabilità penale è personale previsto dall’art. 27 della Costituzione.

Una volta chiarito che è la persona fisica responsabile, bisognerà accertare nella disciplina l’organizzazione dell’Ente quale persona fisica abbia il potere giuridico di provvedere agli adempimenti prescritti dalla legge penale.

Ciò non significa di esimere l’organo di vertice dell’amministrazione dalla responsabilità penale. La responsabilità dell’organo di vertice, comunque, non può essere esclusa mai laddove si tratti di adempimenti imposti ad esso in via esclusiva e quindi non delegabili. Invece nei casi in cui è ammissibile, si può operare attraverso con la delega di funzioni;

Tale delega deve possedere i seguenti requisiti:

- è ammessa solo sulla base di norme interne o disposizioni statutarie;

- deve avere contenuto specifico e puntuale;deve rivestire, secondo la giurisprudenza maggioritaria, forma scritta ed essere adeguatamente pubblicizzata;

- può esonerare il delegante a condizioni che il delegante stesso non continui ad ingerirsi dell’esercizio delle funzioni trasferite; il delegato sia persona tecnicamente e professionalmente idonea; il delegato sia dotato dei necessari poteri di autonomia economica e decisionale; il delegante continui ad esercitare la necessaria funzione di vigilanza e controllo(obbligo variabile a secondo delle dimensioni e dell’organizzazione dell’ente).

I principi generali in tema di responsabilità penale valgono sia che si tratti di strutture pubbliche che private. Di regola, pertanto, si deve ritenere destinatario del precetto penale il direttore generale, fatta salva l’ammissibilità della delega secondo ripartizioni istituzionali dei compiti ai responsabili dei singoli servizi.

Nel caso di ospedali non costituiti in azienda ospedaliera, essi conservano la natura di presidi della A.U. S.L e pertanto si farà capo al dirigente medico del presidio.

In caso di delega di funzioni, in capo al dirigente residua un compito di controllo: adempiuto diligentemente questo, l’eventuale violazione del precetto penale non gli sarà imputabile per difetto di colpa.

E’ proprio in tema di responsabilità penale degli amministratori delle aziende sanitarie, che si ricorda la sentenza della Cassazione penale secondo la quale <<in tema di contravvenzioni la cui materialità è costituita da una condotta omissiva>>, qualora destinatario del precetto penalmente sanzionato sia lo stato o altro ente pubblico o un corpo amministrativo dotato di autonomia gestionale, non si può prescindere dalla valutazione di dati obiettivi,quali la complessità strutturale e l’articolazione burocratica dell’amministrazione, alla quale il soggetto è posto al vertice, i canali informativi e i mezzi operativi dei quali egli dispone, i tempi e le procedure occorrenti per la loro operatività;pertanto l’imputazione della colpa, all’organo apicale di una A.S.L,della disfunzione temporaneamente venutasi a creare nella struttura dell’organo amministrativo,è ravvisabile solo se egli abbia avuto conoscenza dell’irregolarità venutasi a creare nell’organizzazione e nell’andamento di un servizio rientrante nelle attribuzioni di altri uffici(sottostanti a quello apicale con proprie sfere di competenza attiva, propulsiva ed informativa)e si sia dimostrato acquiescente,omettendo di compiere quanto fosse in suo potere per far cessare l’irregolarità stessa; (fattispecie nella quale è esclusa la responsabilità dell’organo apicale di una A.S.L per aver omesso di esercitare la sorveglianza fisica e medica del personale professionalmente esposto a radiazioni).

4) La L.833/1978 e il dlgs. 502/1992: conseguenze sul piano della responsabilità penale

Le riforme del sistema sanitario nazionale che, inizialmente disciplinato dalla l. 833/1978 è stato riorganizzato prima del decreto legislativo n. 502/1992 e poi dalle successive modifiche, che hanno trasformato le U.S.L in aziende dotate di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e tecnica e ha individuato quale responsabile dell’azienda,dotato di notevole autonomia, il direttore generale, coadiuvato dal direttore sanitario e dal direttore amministrativo:tre figure con cui si istaura un contratto di natura privatistica.

In altri termini, l’individuazione di questi tre soggetti può permettere di attribuire le responsabilità penali anche nel caso in cui, in presenza di danni ai pazienti, vi siano state( indipendentemente dalla correttezza comportamentale dei medici e degli infermieri) carenze strutturali od organizzative chiaramente attribuibili a queste figure,al cui operato sembrerebbero applicabili i criteri della responsabilità d’equipè.

Per individuare la responsabilità penale degli amministratori occorre tenere conto delle loro specifiche competenze, ascrivibili, come è noto,a tre livelli di intervento: quello nazionale, quello regionale e quello aziendale.

La complessità del rapporto tra Regioni ed Aziende sanitarie si sostanzia nella maggiore responsabilizzazione delle prime in ordine al perseguimento degli obiettivi assistenziali ed al rapporto tra livelli assistenziali e risorse assorbite, mentre le aziende sanitarie sono responsabilizzate in ordine al processo di acquisizione dei servizi sanitari ed al processo di produzione interno.

In sostanza, la previsione di responsabilità del gestore della struttura, non escludente quella del dirigente sanitario, configura una responsabilità penale che investe gli organi apicali della struttura sanitaria per le eventuali carenze organizzative dell’ente .

Emerge chiaramente, dunque, che solo in casi estremi si potrà ravvisare la penale responsabilità degli amministratori centrali, mentre per quanto riguarda gli amministratori dell’azienda occorrerà valutare la loro autonomia decisionale, spesso limitata agli aspetti più correnti.

Per la mancanza di mezzi terapeutici più complessi ovvero per la carenza di personale a causa della mancata autorizzazione all’assunzione dovranno essere valutate anche le responsabilità degli amministratori regionali e centrali.

Autorevole dottrina, sostiene che ormai non si possa più parlare di responsabilità del medico, ma di responsabilità medica.

Questa distinzione è rimarchevole in quanto comprende di mettere in evidenza che non esiste più solo il rapporto medico – paziente, ma occorre considerare il rapporto fra il paziente la l’insieme dei soggetti costituiti dal personale medico, paramedico ed infermieristico, ma anche dall’organizzazione sanitaria e dalla realtà,potenzialità e possibilità che la struttura ospedaliera prescelta può offrire. Il concetto di responsabilità professionale è quindi passato dalla classica. e ormai teorica, responsabilità del singolo medico nei confronti del paziente, alla più reale responsabilità civile e penale dell’equipè sanitaria e quindi della struttura sanitaria nei confronti del paziente e del suo entourage.

Infatti si fa strada la possibilità di ammettere una responsabilità penale della struttura (già pacificamente ammessa in ambito civilistico), con conseguente ovvia ricerca dei singoli amministratori a cui addebitare i singoli comportamenti colposi e dolosi.

Pertanto, nel caso in cui possa intravedersi la “responsabilità penale” dell’Azienda potrà essere direttamente chiamato in causa il direttore generale, il direttore sanitario, deputato a dirigere i servizi sanitari ai fini organizzativi e igienico sanitari, i funzionari, se a capo di uffici dotati di autonomia gestionale,ovvero il direttore amministrativo.

Per riconoscere la responsabilità penale degli amministratori dell’Azienda occorrerà valutare caso per caso la loro autonomia decisionale, Per la mancanza di mezzi terapeutici ovvero per la carenza di personale a causa della mancata autorizzazione all’assunzione,dovranno essere valutate anche le responsabilità degli amministratori regionali e centrali.

Il medico e gli amministratori della struttura pubblica in cui questo opera devono adeguatamente confrontarsi con il budget disponibile, operando scelte spesso assai difficili in relazione alla limitatezza delle risorse economicamente destinate dallo Stato alla Sanità.

In questa situazione bisognerà iniziare a comprendere che il medico non avrà più libertà di scelta;le sue decisioni,i suoi orientamenti e quindi anche le sue responsabilità saranno il frutto di una mediazione fra il suo operato e delle scelte istituzionali, gestionali, organizzativa degli organi apicali.

Re melius perpensa, se l’intervento non riuscisse non sempre ne risponderebbe il chirurgo:nel caso di esito infausto, la distinzione da farsi è la seguente.

- Se la mancata riuscita dell’intervento è collegata ad un errore professionale del medico- operatore, allora i criteri per affermare la sua responsabilità sono quelli comunemente indicati dalla giurisprudenza.

- Nel caso in cui l’intervento abbia avuto esito infausto per un guasto del macchinario o del computer, variano le modalità di attribuzione della responsabilità.

Sulla base dei principi di responsabilità oggettiva sopra citati, la responsabilità medica può essere esclusa se l’evento lesivo si sia verificato per caso fortuito o se il difetto non esisteva quando il prodotto era stato messo in circolazione.

Ad abundantiam infatti, che la carenza di risorse finanziarie espone l’ente erogatore dei servizi sanitari a maggiori probabilità di errori, dovute, appunto,alla inevitabile carenza di personale, a strumenti e macchinari che, se non vetusti, spesso sono obsoleti.

In definitiva, la responsabilità professionale medica non sempre è legata unicamente alla condotta colposa personale (commissiva od omissiva) del sanitario,ma ad una serie di ulteriori fattori che dovranno essere debitamente considerati e che possono essere così identificati e sintetizzati.

• Responsabilità della figura apicale di un reparto (organizzazione dei turni lavorativi, disposizioni interne per il personale, carenze organizzative e di personale); è questa essenzialmente la responsabilità del dirigente (l’ex-primario; oggi la dirigenza sanitaria è stata unificata in unico ruolo ed in un unico livello).

• Responsabilità per insufficienza, inefficienza e difetti delle strutture o attrezzature sanitarie da individuare nelle figure professionali dei direttore sanitario e del direttore generale.

Non essendo definiti per legge i confini dell’attività terapeutica del medico, appaiono evanescenti anche i limiti ed i confini della sua responsabilità.

Negli ultimi anni si è assistito ad una proliferazione abnorme di pronunce giurisprudenziali, con orientamenti contrastanti, in ogni ambito della disciplina dell’attività medico - chirurgica.



[1] Ad esempio Trib. Milano 20 ottobre 1997 ; Trib. Spoleto 18 marzo 1999,1247;

[2] Cass. Civ., 5 gennaio 1979 n. 31;

[3] La responsabilità aquiliana è, nell’ordinamento giuridico italiano, chiamata ad indicare la responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 del Codice Civile. La responsabilità aquiliana è sinonimo di responsabilità extracontrattuale. Fondamento della responsabilità aquiliana è il principio di convivenza del neminem laedere che, affermando la responsabilità per qualsiasi attività che si traduce in un danno per i terzi, individua quale criterio di imputazione la colpevolezza dell’agente (nessuna responsabilità senza colpa).

[4] Cass. 27 luglio 1998 n. 7336 in Resp. civ. prev., 1999, 996; Cass. 11 aprile 1995 n. 4152 in Riv. it. Med. Leg. 1997 n. 1073; App. Torino 20 giugno 1997 in Foro it. 1998, I, 586; Trib. Trieste 14 aprile 1994 in Riv. it. med. leg. 1996, 873)

[5] Bianca C. M.: La responsabilità, in Diritto civile, 5, Giuffrè, Milano, 1994;

[6] Biglizzi Geri L., Breccia U., Busnelli F.D., Natoli U.: Obbligazioni e contratti, in Diritto civile, vol 3, UTET, 1999;

[7] art. 2236 c.c. Responsabilità del prestatore d’opera. “Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave2.

[8] Art. 1173 c.c. “le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito e da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle conformità all’ordinamento giuridico”;

[9] La responsabilità oggettiva configura una situazione in cui il soggetto può essere responsabile di un fatto illecito, anche se questo non è riconducibile a dolo o colpa del soggetto stesso. Tale situazione costituisce una deroga al principio generale della responsabilità, affermatosi con la corrente filosofica del giusnaturalismo, il quale esige che ci sia un preciso nesso di causalità tra il comportamento dell’individuo e l’illecito stesso, perché possano derivare conseguenze giuridiche a carico del soggetto.

[10] Il reato omissivo si divide tradizionalmente in reato omissivo proprio ed improprio. Il reato omissivo proprio si ha quando gli illeciti omissivi direttamente configurati come tali dal legislatore. Fra i reati omissivi propri figurano ad es. l’omissione di soccorso (art. 593 c.p. ) — che incrimina semplicemente il non aver compiuto l’azione di soccorso imposta dalla legge e non anche gli eventuali risultati (così l’eventuale morte costituirà soltanto circostanza aggravante) — l’omissione d’atti d’ufficio (art. 328 c.p.), l’omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale (art. 361 c.p.), etc..

Il reato omissivo impropriosi ha quando il soggetto è punito perché dalla sua omissione è derivato un evento che non avrebbe dovuto verificarsi; si viola l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi di un evento lesivo.La disciplina generale dei reati commissivi mediante omissione è contenuta nel capoverso dell’art. 40 cod. pen., ai sensi del quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Fra i reati omissivi impropri — nei quali l’omittente assume in pratica il ruolo di garante della protezione del bene giuridico — ricordiamo l’omissione di soccorso da parte di soggetti qualificati, quali ad es. il genitore o il bagnino, che possono essere chiamati a rispondere anche di omicidio mediante omissione.

[11]Cass. pen., Sez. V, 16 aprile 2008 “...In merito alla responsabilità connessa alle posizioni di vertice, che raccolgono oltre al dovere di dirigere e coordinare l’altrui attività, anche un obbligo di controllo dell’operato dei sanitari medesimi”.

Sommario:

1. Responsabilità civile del medico: evoluzione giurisprudenziale. Dalla responsabilità aquiliana a quella contrattuale fino a giungere alla responsabilità derivante da contatto sociale

2. La prima teoria sulla responsabilità della struttura sanitaria: responsabilità oggettiva

3. Si affaccio un nuovo indirizzo: responsabili i soggetti imputabili per comportamenti dolosi o colposo; in particolare la rilevanza del comportamento omissivo

4. La L.833/1978 e il dlgs. 502/1992: conseguenze sul piano della responsabilità penale.

1. Responsabilità civile del medico: evoluzione giurisprudenziale. Dalla responsabilità aquiliana a quella contrattuale fino a giungere alla responsabilità derivante da contatto sociale

In primis l’orientamento giurisprudenziale (oggi minoritario e superato) in ordine alla responsabilità in ambito civile del medico nell’esercizio della sua professione sanitarie è quello adottato da talune decisioni di merito ed anche della Corte di Cassazione che si erano orientate nell’ottica della responsabilità aquiliana. Tale forma di responsabilità non riguardava solo il medico dipendente dalla struttura ma anche per quanto concerne la struttura medesima, chiamata a rispondere sia ai sensi dell’art. 2049 c.c.. Tale norma sancisce la responsabilità dei “padroni e committenti” per l’illecito commesso dai loro dipendenti, sia per diretta violazione della regola del meminem laedere consacrata nell’art. 2043 c.c.

Si è fatto strada un diverso orientamento – attualmente prevalente – che afferma, invece, la responsabilità contrattuale dell’Ente. Tale Tesi si è imposta in base alla natura del servizio reso nell’interesse dei cittadini, in cui l’ente è in posizione di parità non di preminenza pubblicistica. Il privato, fatta la richiesta del servizio, acquista un diritto soggettivo cui corrisponde un dovere della struttura sanitaria (pubblica) – che agisce iure gestionis – di effettuare la prestazione, cosicché, sussistendo tra i soggetti coinvolti un rapporto giuridico. Nel caso in cui si verificasse un inadempimento nello svolgimento della suddetta prestazione, la responsabilità non potrà che essere quella propria per le ipotesi di inadempimento, ossia quella “contrattuale”.

A ciò si deve aggiungere la tradizionale distinzione in ambito contrattuale , fra obbligazioni di mezzo ed obbligazioni di risultato. Le prime quelle per il cui adempimento necessità uno sforzo diligente che viene in rilievo di per sé costituendo l’essenza della prestazione a prescindere dal risultato ottenuto; e quelle di risultato in cui rileva il raggiungimento dello scopo. Le prestazioni mediche venivano alla categoria delle obbligazioni di mezzo .

De iure condendo, compresa la complessità e la vastità dell’individuazione della natura giuridica dell’attività del medico, non meno preclara è individuazione della responsabilità della struttura sanitaria in cui costui opera la sua attività professionale.

In numerose decisioni la Cassazione ha affermato che, essendo l’attività svolta dalla struttura sanitaria similare a quella del medico, la stessa disciplina sarà applicata. In tale caso sarà applicabile, la disciplina prevista negli artt. 2236 c.c.. Inoltre il presupposto per l’affermazione della responsabilità dell’Ente risiede nel comportamento non diligente dell’operatore.

Una volta inquadrata la responsabilità diretta dell’Ente, l’operato del medico sarà riferibile riferibile allo stesso Ente per il principio della c.d. immedesimazione organica ex art. 28 Cost. (“I funzionari e i dipendente dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato ed agli enti pubblici”).

Diretta conseguenza di ciò è che la responsabilità del medico è contrattuale, così ragionando: premesso che la responsabilità diretta del medico dipendente dall’Ente trova fonte dall’art. 28 Cost., si osserva che dovendo l’Ente ospedaliero rispondere a titolo contrattuale ed essendo identica la radice delle responsabilità, identica sarebbe la natura della responsabilità (e, quindi, contrattuale).

Tra i due tipi di responsabilità le differenze sono rimarchevoli in ordine all’onere della prova, all’elemento soggettivo, alla prescrizione. Infatti la disciplina della responsabilità extracontrattuale si fonda sull’art. 2043, invece quella contrattuale sull’art.1218 c.c.

In primis, quanto all’onere della prova, nella responsabilità aquiliana grava sulla persona offesa, mentre in quella contrattuale grava sul debitore il quale nel nostro caso deve dimostrare di aver agito secondo la diligenza professionale.

Inoltre riguardo all’elemento soggettivo, nella responsabilità contrattuale la differenza fra colpa e dolo è rilevante ai fini del risarcimento dovuto per le conseguenze dannose imprevedibili solo ove ricorra il secondo; e più generale l’intensità dell’elemento soggettivo assume un ruolo decisivo nella determinazione del quantum.

Infine anche la prescrizione opera in tempi diversi, per la previsione di cui all’art. 1218 c.c. il termine è quello decennale, per quella ex art. 2043 il termine è quinquennale.

La via della responsabilità contrattuale del medico è stata, infine, percorsa dalla storica sentenza della Cassazione n. 589 del 22 gennaio 1999 che elabora e fa propria la categoria dottrinale dei c.d. rapporti contrattuali di fatto. In base a questa tesi il medico operante nella struttura assume una responsabilità contrattuale da “contatto sociale”.

Negli ultimi decenni, infatti si è fatta strada una nuova fisionomia dei rapporti esistenti tra il paziente, da un lato, e il medico o la struttura sanitaria dall’altro.

La Suprema Corte, infatti, ravvisando nel “contatto sociale” il rapporto che si instaura tra il medico e il paziente, questa viene ricondotta all’alveo delle fonti delle obbligazioni quale “un fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico”ex art. 1173 c.c.

Il contatto sociale sarebbe – secondo questa tesi - è fonte di obblighi specifici, ben diversi dai generici doveri del naeminem laedere di cui all’art. 2043 c. c .e che soggiacciono alle regole tipiche e proprie dell’obbligazione contrattuale.

In particolare la Suprema Corte specifica che i doveri del medico sono ascrivibili ai doveri di protezione e che tali doveri di protezione sono simili e identici doveri di prestazione.

2) La prima teoria sulla responsabilità penale della struttura sanitaria: responsabilità oggettiva

Non scevra di accesi dibattiti sia in dottrina che in giurisprudenza la responsabilità penale della struttura per danno ai pazienti conseguente a prestazioni sanitarie.

Nulla quaestio in campo civile: pacifico l’orientamento giurisprudenziale che riconosce il rilievo dell’operato del medico anche in funzione dell’organizzazione sanitaria.

Una parte della dottrina e della giurisprudenza considera la responsabilità della struttura sanitaria in caso di esito infausto di un paziente ad opera della attività professionale del medico dipendente della struttura come responsabilità oggettiva.

Tuttavia non ci può esimere che considerate come “responsabilità oggettiva” della struttura sanitaria, la responsabilità professionale del medico appare eccessivo.

Tuttavia occorre ricordare che i sanitari hanno natura giuridica di lavoratori subordinati del S.S.N,. Ne consegue che la Pubblica Amministrazione risponda dei danni daessa causati, fatti salvi i casi di dolo o colpa grave.

3) Si affaccio un nuovo indirizzo: responsabili i soggetti imputabili per comportamenti dolosi o colposo; in particolare la rilevanza del comportamento omissivo

Accertato che non può trattarsi di responsabilità oggettiva, il successivo passo consiste nell’individuazione dei singoli soggetti a cui imputare i comportamenti colposi o dolosi.

Il punto di partenza è che la Pubblica Amministrazione opera attraverso i suoi organi; l’operato delle varie figure di vertice delle strutture sanitarie (quali ad esempio il direttore generale, il direttore sanitario, il direttore amministrativo ecc.) agiscono in qualità di Pubblica Amministrativa; e non come soggetti da questa distinti ed autonomi.

Qualora il loro operato viene posto in essere con la violazione di obblighi e di doveri o, comunque, viene a cagionare dei danni agli utenti, l’Ente deve risponderne direttamente ed il riferimento, quindi, sarà ai principi generali in materia di responsabilità penale di un ente pubblico.

Ma questo non esime i singoli soggetti a cui sono imputati fatti, commissive od omissive, da responsabilità penale.

Il principio cardine del reato omissivo , consiste nell’individuazione dell’obbligo giuridico di impedire l’evento da parte di cui che si trova nella condizione prevista dalla legge di doverlo impedire.

Tradizionalmente, negli ordinamenti ottocenteschi si riconosceva il principio della libertà d’azione del cittadino, temperato dal solo obbligo di non aggredire le altrui posizioni. Il modello tipico di illecito penale era costituito dal reato d’azione, e la responsabilità per omissione costituiva l’eccezione. Soltanto con l’assunzione progressiva agli inizi del ‘900 da parte dello Stato di istanze solidaristiche, comincia a svilupparsi l’interesse un’autonoma dogmatica illeciti omissivi.

Nel caso de quo occorre individuare su chi incomba l’obbligo di osservare il precetto penale.

Un tale obbligo può essere addebitato solo ad una persona fisica. Ciò in ossequio al principio costituzionale secondo cui la responsabilità penale è personale previsto dall’art. 27 della Costituzione.

Una volta chiarito che è la persona fisica responsabile, bisognerà accertare nella disciplina l’organizzazione dell’Ente quale persona fisica abbia il potere giuridico di provvedere agli adempimenti prescritti dalla legge penale.

Ciò non significa di esimere l’organo di vertice dell’amministrazione dalla responsabilità penale. La responsabilità dell’organo di vertice, comunque, non può essere esclusa mai laddove si tratti di adempimenti imposti ad esso in via esclusiva e quindi non delegabili. Invece nei casi in cui è ammissibile, si può operare attraverso con la delega di funzioni;

Tale delega deve possedere i seguenti requisiti:

- è ammessa solo sulla base di norme interne o disposizioni statutarie;

- deve avere contenuto specifico e puntuale;deve rivestire, secondo la giurisprudenza maggioritaria, forma scritta ed essere adeguatamente pubblicizzata;

- può esonerare il delegante a condizioni che il delegante stesso non continui ad ingerirsi dell’esercizio delle funzioni trasferite; il delegato sia persona tecnicamente e professionalmente idonea; il delegato sia dotato dei necessari poteri di autonomia economica e decisionale; il delegante continui ad esercitare la necessaria funzione di vigilanza e controllo(obbligo variabile a secondo delle dimensioni e dell’organizzazione dell’ente).

I principi generali in tema di responsabilità penale valgono sia che si tratti di strutture pubbliche che private. Di regola, pertanto, si deve ritenere destinatario del precetto penale il direttore generale, fatta salva l’ammissibilità della delega secondo ripartizioni istituzionali dei compiti ai responsabili dei singoli servizi.

Nel caso di ospedali non costituiti in azienda ospedaliera, essi conservano la natura di presidi della A.U. S.L e pertanto si farà capo al dirigente medico del presidio.

In caso di delega di funzioni, in capo al dirigente residua un compito di controllo: adempiuto diligentemente questo, l’eventuale violazione del precetto penale non gli sarà imputabile per difetto di colpa.

E’ proprio in tema di responsabilità penale degli amministratori delle aziende sanitarie, che si ricorda la sentenza della Cassazione penale secondo la quale <<in tema di contravvenzioni la cui materialità è costituita da una condotta omissiva>>, qualora destinatario del precetto penalmente sanzionato sia lo stato o altro ente pubblico o un corpo amministrativo dotato di autonomia gestionale, non si può prescindere dalla valutazione di dati obiettivi,quali la complessità strutturale e l’articolazione burocratica dell’amministrazione, alla quale il soggetto è posto al vertice, i canali informativi e i mezzi operativi dei quali egli dispone, i tempi e le procedure occorrenti per la loro operatività;pertanto l’imputazione della colpa, all’organo apicale di una A.S.L,della disfunzione temporaneamente venutasi a creare nella struttura dell’organo amministrativo,è ravvisabile solo se egli abbia avuto conoscenza dell’irregolarità venutasi a creare nell’organizzazione e nell’andamento di un servizio rientrante nelle attribuzioni di altri uffici(sottostanti a quello apicale con proprie sfere di competenza attiva, propulsiva ed informativa)e si sia dimostrato acquiescente,omettendo di compiere quanto fosse in suo potere per far cessare l’irregolarità stessa; (fattispecie nella quale è esclusa la responsabilità dell’organo apicale di una A.S.L per aver omesso di esercitare la sorveglianza fisica e medica del personale professionalmente esposto a radiazioni).

4) La L.833/1978 e il dlgs. 502/1992: conseguenze sul piano della responsabilità penale

Le riforme del sistema sanitario nazionale che, inizialmente disciplinato dalla l. 833/1978 è stato riorganizzato prima del decreto legislativo n. 502/1992 e poi dalle successive modifiche, che hanno trasformato le U.S.L in aziende dotate di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e tecnica e ha individuato quale responsabile dell’azienda,dotato di notevole autonomia, il direttore generale, coadiuvato dal direttore sanitario e dal direttore amministrativo:tre figure con cui si istaura un contratto di natura privatistica.

In altri termini, l’individuazione di questi tre soggetti può permettere di attribuire le responsabilità penali anche nel caso in cui, in presenza di danni ai pazienti, vi siano state( indipendentemente dalla correttezza comportamentale dei medici e degli infermieri) carenze strutturali od organizzative chiaramente attribuibili a queste figure,al cui operato sembrerebbero applicabili i criteri della responsabilità d’equipè.

Per individuare la responsabilità penale degli amministratori occorre tenere conto delle loro specifiche competenze, ascrivibili, come è noto,a tre livelli di intervento: quello nazionale, quello regionale e quello aziendale.

La complessità del rapporto tra Regioni ed Aziende sanitarie si sostanzia nella maggiore responsabilizzazione delle prime in ordine al perseguimento degli obiettivi assistenziali ed al rapporto tra livelli assistenziali e risorse assorbite, mentre le aziende sanitarie sono responsabilizzate in ordine al processo di acquisizione dei servizi sanitari ed al processo di produzione interno.

In sostanza, la previsione di responsabilità del gestore della struttura, non escludente quella del dirigente sanitario, configura una responsabilità penale che investe gli organi apicali della struttura sanitaria per le eventuali carenze organizzative dell’ente .

Emerge chiaramente, dunque, che solo in casi estremi si potrà ravvisare la penale responsabilità degli amministratori centrali, mentre per quanto riguarda gli amministratori dell’azienda occorrerà valutare la loro autonomia decisionale, spesso limitata agli aspetti più correnti.

Per la mancanza di mezzi terapeutici più complessi ovvero per la carenza di personale a causa della mancata autorizzazione all’assunzione dovranno essere valutate anche le responsabilità degli amministratori regionali e centrali.

Autorevole dottrina, sostiene che ormai non si possa più parlare di responsabilità del medico, ma di responsabilità medica.

Questa distinzione è rimarchevole in quanto comprende di mettere in evidenza che non esiste più solo il rapporto medico – paziente, ma occorre considerare il rapporto fra il paziente la l’insieme dei soggetti costituiti dal personale medico, paramedico ed infermieristico, ma anche dall’organizzazione sanitaria e dalla realtà,potenzialità e possibilità che la struttura ospedaliera prescelta può offrire. Il concetto di responsabilità professionale è quindi passato dalla classica. e ormai teorica, responsabilità del singolo medico nei confronti del paziente, alla più reale responsabilità civile e penale dell’equipè sanitaria e quindi della struttura sanitaria nei confronti del paziente e del suo entourage.

Infatti si fa strada la possibilità di ammettere una responsabilità penale della struttura (già pacificamente ammessa in ambito civilistico), con conseguente ovvia ricerca dei singoli amministratori a cui addebitare i singoli comportamenti colposi e dolosi.

Pertanto, nel caso in cui possa intravedersi la “responsabilità penale” dell’Azienda potrà essere direttamente chiamato in causa il direttore generale, il direttore sanitario, deputato a dirigere i servizi sanitari ai fini organizzativi e igienico sanitari, i funzionari, se a capo di uffici dotati di autonomia gestionale,ovvero il direttore amministrativo.

Per riconoscere la responsabilità penale degli amministratori dell’Azienda occorrerà valutare caso per caso la loro autonomia decisionale, Per la mancanza di mezzi terapeutici ovvero per la carenza di personale a causa della mancata autorizzazione all’assunzione,dovranno essere valutate anche le responsabilità degli amministratori regionali e centrali.

Il medico e gli amministratori della struttura pubblica in cui questo opera devono adeguatamente confrontarsi con il budget disponibile, operando scelte spesso assai difficili in relazione alla limitatezza delle risorse economicamente destinate dallo Stato alla Sanità.

In questa situazione bisognerà iniziare a comprendere che il medico non avrà più libertà di scelta;le sue decisioni,i suoi orientamenti e quindi anche le sue responsabilità saranno il frutto di una mediazione fra il suo operato e delle scelte istituzionali, gestionali, organizzativa degli organi apicali.

Re melius perpensa, se l’intervento non riuscisse non sempre ne risponderebbe il chirurgo:nel caso di esito infausto, la distinzione da farsi è la seguente.

- Se la mancata riuscita dell’intervento è collegata ad un errore professionale del medico- operatore, allora i criteri per affermare la sua responsabilità sono quelli comunemente indicati dalla giurisprudenza.

- Nel caso in cui l’intervento abbia avuto esito infausto per un guasto del macchinario o del computer, variano le modalità di attribuzione della responsabilità.

Sulla base dei principi di responsabilità oggettiva sopra citati, la responsabilità medica può essere esclusa se l’evento lesivo si sia verificato per caso fortuito o se il difetto non esisteva quando il prodotto era stato messo in circolazione.

Ad abundantiam infatti, che la carenza di risorse finanziarie espone l’ente erogatore dei servizi sanitari a maggiori probabilità di errori, dovute, appunto,alla inevitabile carenza di personale, a strumenti e macchinari che, se non vetusti, spesso sono obsoleti.

In definitiva, la responsabilità professionale medica non sempre è legata unicamente alla condotta colposa personale (commissiva od omissiva) del sanitario,ma ad una serie di ulteriori fattori che dovranno essere debitamente considerati e che possono essere così identificati e sintetizzati.

• Responsabilità della figura apicale di un reparto (organizzazione dei turni lavorativi, disposizioni interne per il personale, carenze organizzative e di personale); è questa essenzialmente la responsabilità del dirigente (l’ex-primario; oggi la dirigenza sanitaria è stata unificata in unico ruolo ed in un unico livello).

• Responsabilità per insufficienza, inefficienza e difetti delle strutture o attrezzature sanitarie da individuare nelle figure professionali dei direttore sanitario e del direttore generale.

Non essendo definiti per legge i confini dell’attività terapeutica del medico, appaiono evanescenti anche i limiti ed i confini della sua responsabilità.

Negli ultimi anni si è assistito ad una proliferazione abnorme di pronunce giurisprudenziali, con orientamenti contrastanti, in ogni ambito della disciplina dell’attività medico - chirurgica.



[1] Ad esempio Trib. Milano 20 ottobre 1997 ; Trib. Spoleto 18 marzo 1999,1247;

[2] Cass. Civ., 5 gennaio 1979 n. 31;

[3] La responsabilità aquiliana è, nell’ordinamento giuridico italiano, chiamata ad indicare la responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 del Codice Civile. La responsabilità aquiliana è sinonimo di responsabilità extracontrattuale. Fondamento della responsabilità aquiliana è il principio di convivenza del neminem laedere che, affermando la responsabilità per qualsiasi attività che si traduce in un danno per i terzi, individua quale criterio di imputazione la colpevolezza dell’agente (nessuna responsabilità senza colpa).

[4] Cass. 27 luglio 1998 n. 7336 in Resp. civ. prev., 1999, 996; Cass. 11 aprile 1995 n. 4152 in Riv. it. Med. Leg. 1997 n. 1073; App. Torino 20 giugno 1997 in Foro it. 1998, I, 586; Trib. Trieste 14 aprile 1994 in Riv. it. med. leg. 1996, 873)

[5] Bianca C. M.: La responsabilità, in Diritto civile, 5, Giuffrè, Milano, 1994;

[6] Biglizzi Geri L., Breccia U., Busnelli F.D., Natoli U.: Obbligazioni e contratti, in Diritto civile, vol 3, UTET, 1999;

[7] art. 2236 c.c. Responsabilità del prestatore d’opera. “Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave2.

[8] Art. 1173 c.c. “le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito e da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle conformità all’ordinamento giuridico”;

[9] La responsabilità oggettiva configura una situazione in cui il soggetto può essere responsabile di un fatto illecito, anche se questo non è riconducibile a dolo o colpa del soggetto stesso. Tale situazione costituisce una deroga al principio generale della responsabilità, affermatosi con la corrente filosofica del giusnaturalismo, il quale esige che ci sia un preciso nesso di causalità tra il comportamento dell’individuo e l’illecito stesso, perché possano derivare conseguenze giuridiche a carico del soggetto.

[10] Il reato omissivo si divide tradizionalmente in reato omissivo proprio ed improprio. Il reato omissivo proprio si ha quando gli illeciti omissivi direttamente configurati come tali dal legislatore. Fra i reati omissivi propri figurano ad es. l’omissione di soccorso (art. 593 c.p. ) — che incrimina semplicemente il non aver compiuto l’azione di soccorso imposta dalla legge e non anche gli eventuali risultati (così l’eventuale morte costituirà soltanto circostanza aggravante) — l’omissione d’atti d’ufficio (art. 328 c.p.), l’omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale (art. 361 c.p.), etc..

Il reato omissivo impropriosi ha quando il soggetto è punito perché dalla sua omissione è derivato un evento che non avrebbe dovuto verificarsi; si viola l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi di un evento lesivo.La disciplina generale dei reati commissivi mediante omissione è contenuta nel capoverso dell’art. 40 cod. pen., ai sensi del quale “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Fra i reati omissivi impropri — nei quali l’omittente assume in pratica il ruolo di garante della protezione del bene giuridico — ricordiamo l’omissione di soccorso da parte di soggetti qualificati, quali ad es. il genitore o il bagnino, che possono essere chiamati a rispondere anche di omicidio mediante omissione.

[11]Cass. pen., Sez. V, 16 aprile 2008 “...In merito alla responsabilità connessa alle posizioni di vertice, che raccolgono oltre al dovere di dirigere e coordinare l’altrui attività, anche un obbligo di controllo dell’operato dei sanitari medesimi”.