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La nullità del matrimonio concordatario nel diritto canonico

Presupposti, procedimento ed effetti in ambito civile
Sommario:

1) introduzione;

2) presupposti;

3) giudizio di primo grado;

4) giudizio di appello;

5) giudizio avanti il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica;

6) giudizio di delibazione avanti la Corte d’Appello;

7) effetti nell’ordinamento civile delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio.

1) INTRODUZIONE

Al giorno d’oggi, sono sempre più in aumento i casi in cui i coniugi, anziché rivolgersi al Giudice civile, si rivolgono al Giudice canonico al fine di ottenere la pronuncia di nullità del matrimonio celebrato con rito religioso. La pronuncia de qua, soddisfatte le condizioni richieste dalla legge, può avere effetto nell’ordinamento civile.

Detto procedimento è completamente differente rispetto a quello civile, di solito ha un iter più lungo, è senza dubbio più difficoltoso riuscire nella dimostrazione de qua ed è di gran lunga più dispendioso economicamente. Tuttavia, una volta ottenuta la delibazione del provvedimento canonico di nullità del matrimonio, il matrimonio si deve considerare come nullo, come non celebrato. Il che,differisce completamente dagli effetti del comune divorzio.

Detto ciò, ora è necessario valutare meglio nel dettaglio le caratteristiche ed i presupposti di tale complesso e lungo iter procedimentale.

2) PRESUPPOSTI

I presupposti per ottenere una pronuncia di nullità del matrimonio canonico sono diversi, addirittura alcuni commentatori hanno contato in passato alcune centinaia di ipotesi casistiche, ma sono riconducibili a poche e ben delineate “categorie”:

La mancanza di consenso da parte di uno o di entrambi i coniugi. Rientra in tale categoria la figura della simulazione e della riserva mentale, per esempio.

L’insussistenza, in capo ad uno dei coniugi, della volontà di attuare alcune delle finalità essenziali del matrimonio cristiano. Per esempio, rientrano in tale categoria la non volontà di procreare, la violazione della fedeltà coniugale e la violazione della indissolubilità del vincolo matrimoniale.

L’errore sulla persona o sulle qualità del coniuge.

La violenza fisica o il timore.

L’eventualità che il coniuge o la coniuge siano impotenti nel rapporto sessuale.

L’ipotesi, peraltro molto nota, che il matrimonio non sia stato consumato, cioè che i coniugi non abbiano avuto un rapporto sessuale completo. A seguito di ciò è possibile ottenere la nullità del matrimonio tramite la Dispensa Papale, che è un procedimento (prevalentemente di tipo amministrativo e documentale) diverso rispetto al procedimento “ordinario” di dichiarazione di nullità del matrimonio.

3) GIUDIZIO CANONICO DI PRIMO GRADO

Innanzitutto, il giudizio deve essere instaurato avanti al Tribunale competente, che è quello del luogo ove i coniugi risiedono o hanno il domicilio. Legittimati a proporre tale azione sono i coniugi e il promotore di giustizia, quest’ultimo solo in caso in cui la nullità del matrimonio sia di pubblica ragione. Legittimato invece a partecipare al giudizio è il difensore del vincolo, il quale porrà in essere una attività processuale, se possibile, a difesa del vincolo matrimoniale contratto dai due coniugi.

Da premettere, il Giudice canonico, prima di accettare e istruire la causa, come è specificato nel codice di diritto canonico, cercherà di attuare ogni iniziativa al fine di conciliare i coniugi e quindi evitare il giudizio.

L’atto introduttivo consiste in un libello che deve essere consegnato al Giudice, il quale, dopo aver tentato infruttuosamente il tentativo di conciliazione, notifica al convenuto o a entrambi i coniugi il decreto di citazione. Dopo 15 giorni della notifica, se le parti non abbiano contestato la lite, il Giudice, entro l’ulteriore termine di 10 giorni, deve stabilire con decreto la formula del “dubbio”. La contestazione della lite assume notevole importanza perchè serve a determinare l’oggetto della causa.

Poi, dopo altri 10 giorni dalla suddetta ultima notifica, se le parti nulla oppongono, con un ulteriore decreto inizia la istruzione della causa. In questa fase si ha l’assunzione, da parte del Tribunale, delle varie prove, quali l’interrogatorio dei coniugi, dei testimoni, l’assunzione di documenti, di perizie ecc....A tale attività, salvo ipotesi specifiche, i difensori delle parti, il difensore del vincolo ed il promotore di giustizia hanno diritto ad assistere all’assunzione di tutti tali elementi di prove. Ogni coniuge, invece, non può assistere all’interrogatorio posto in essere dell’altro, all’interrogatorio dei testimoni e a quello del perito. Con l’istruttoria, il Giudice deve cercare di raggiungere il convincimento, la cd “certezza morale”, circa la nullità o meno del matrimonio. In caso di dubbio, sovente, il Giudice convoca come testimoni persone terze, a conoscenza dei fatti, che vengono chiamate “testimoni sulla credibilità”, i quali hanno il fine di integrare l’attività difensiva posta in essere dai coniugi. Di tutta tale attività procedimentale, il Giudice, pena nullità di giudizio, deve autorizzare le parti ed i difensori a prendere visione degli atti depositati in cancelleria e ad estrarne copia.

In seguito, l’attività istruttoria si considera terminata quando è considerata sufficiente da parte del Giudice o quando le parti dichiarano che non hanno nulla più da aggiungere e viene emesso ad hoc un decreto.

Infine, inizia la fase del dibattito, ove tutte le parti scambiano memorie scritte e, se autorizzati, danno vita ad una breve discussione orale.

Terminata la succitata ultima fase, il Giudice, che è organo collegiale, si riunisce e formula una risposta positiva o meno riguardo alla nullità del matrimonio. A seguito della verbalizzazione del convincimento del Giudice la sentenza deve essere redatta entro un mese e pubblicata tramite notificazione alle parti e notificata per publicos tabellarios.

Tale provvedimento, oltre ad ammonire le parti sulle reciproche obbligazioni morali, si pronuncia, se necessario, anche sulle obbligazioni civili gravanti sulle stesse e sugli eventuali doveri ed obblighi riguardanti la prole.

4) GIUDIZIO CANONICO DI APPELLO

Entro 15 giorni dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, la parte soccombente e/o il difensore del vincolo possono proporre appello avanti il medesimo Tribunale. Quest’ultimo, esaminati gli atti dei difensori delle parti e del difensore del vincolo, si pronuncia sulla necessità di una nuova ulteriore istruzione della causa. Se non vi è tale necessità, il Giudice d’Appello conferma la sentenza impugnata con decreto, nel quale enuncia sommariamente le ragioni della conferma.

In caso contrario, vi è una nuova istruzione della causa, sulla falsariga del procedimento di primo grado. Da notare che è ammessa la mutatio libelli, quindi in Appello può essere trattata una questione del tutto nuova rispetto a quella trattata nella precedente fase di giudizio.

Una volta terminato il giudizio d’Appello, se tramite il decreto sopra detto o se con la sentenza viene confermata la nullità del matrimonio, i coniugi possono sin da subito contrarre un nuovo matrimonio. Infatti detta pronuncia è immediatamente esecutiva in ambito religioso e il Tribunale provvede a comunicare tale pronuncia all’ordinario del luogo ove i coniugi si sono sposati, affinchè l’annoti nei registri matrimoniali.

Tale pronuncia non passa mai in giudicato e, nel caso di sopravvenienza di nuovi fatti, documenti, prove ecc...chi ha interesse può proporre impugnazione, avanti allo stesso Tribunale, e, entro 30 giorni da tale atto di impugnazione, deve provvedere a produrre i nuovi argomenti o le nuove prove su cui si basa l’impugnazione stessa. Tuttavia, salvo che non sia disposto specificatamente dal Giudice, questo nuovo giudizio non sospende l’efficacia esecutiva della sentenza di Appello.

E’ necessario rammentare che, nelle more della definizione del procedimento de quo, i coniugi possono chieder la separazione temporanea ex art. 126 c.c. al fine di disciplinare la posizione degli stessi. Se il procedimento di nullità termina positivamente, la separazione ex art. 126 c.c., per ovvi motivi, cessa. In caso contrario, il matrimonio viene ritenuto genuino e valido e pertanto ai coniugi, salvo la riappacificazione, non resta che adire la ben più impegnativa separazione ex art. 150 c.c. e poi, eventualmente, il divorzio.

5) GIUDIZIO AVANTI IL SUPREMO TRIBUNALE DELLA SEGNATURA APOSTOLICA

Come detto, la sentenza o il decreto emesso dal Tribunale di Appello riconosce piena efficacia religiosa alla pronuncia de qua.

Tuttavia, al fine di far si che possano essere prodotti effetti anche in ambito civile, è necessario l’exequatur, cioè il decreto di esecutività, da parte del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Tale giudizio, che si svolge presso la Santa Sede, è fondamentalmente di controllo e con questo si attesta la regolarità del procedimento ottemperato da parte dei Tribunali canonici, la corretta applicazione del diritto canonico e il rispetto del diritto di difesa di entrambe le parti. In particolare, in tale sede viene accertata 1) la competenza del Giudice adito nei precedenti gradi di giudizio, 2) che la citazione sia stata posta in essere in ottemperanza al diritto canonico e 3) che la parti abbiano avuto la rappresentanza, o comunque la possibilità di farsi rappresentare (contumacia), in base al diritto canonico. Posto in essere tale controllo di legittimità, il Tribunale della Segnatura emana un decreto con cui attesta che la sentenza è legittima.

6) GIUDIZIO DI DELIBAZIONE AVANTI LA CORTE D’APPELLO

La doppia sentenza di nullità del matrimonio concordatario posto in essere dai Tribunali canonici non è di per sé idonea a produrre effetto nell’ordinamento civili. A tal fine, oltre al sopra descritto exequatur, è necessario che la pronuncia canonica venga delibata dalla Corte d’Appello competente.

Tale altro grado di giudizio è un ulteriore controllo che viene posto in essere sul provvedimento canonico. Infatti, la Corte d’Appello deve accertare la sussistenza dei seguenti requisiti:

la propria competenza territoriale.

Il fatto per cui si tratta di matrimonio concordatario e che quindi il Giudice canonico era competente a conoscere la causa.

La sussistenza dell’accertamento, da parte del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, della definitività della sentenza ecclesiastica e la regolarità del procedimento canonico.

Il rispetto, nell’ambito del giudizio canonico, del diritto delle parti di agire e resistere in modo non difforme a quanto previsto dall’ordinamento dello stato.

Il sussistere delle altre condizioni richieste dalla legge italiana affinchè possano avere efficacia le sentenze straniere (rispetto del c.d. “ordine pubblico”).

Tale procedimento si dice di “delibazione” e, nonostante gli articoli 64 e 65 della legge 218/1995 (cd “riconoscimento automatico delle sentenze straniere”), si rende ancora necessario laddove l’articolo 8 degli Accordi del 1984 (legge speciale) prevale sulla legge 218/1995 (legge generale). Cosa peraltro confermata dalla Suprema Corte nelle Sentenze 27595 del 2003 e 10796 del 2006.

7) EFFETTI NELL’ORDINAMENTO CIVILE DELLE SENTENZE CANONICHE DI NULLITA’ DEL MATRIMONIO

L’effetto della sentenza canonica di nullità del matrimonio, delibata dalla Corte di Appello competente, retroagisce ex tunc, cioè dal momento della celebrazione del matrimonio. Infatti, agli effetti civili e religiosi, il matrimonio è nullo, cioè, con riferimento al caso specifico, non è stato mai celebrato alcun valido matrimonio. Il matrimonio, quindi, rimane come semplice fatto e continua a produrre quegli effetti a cui la legge ricollega. Il divorzio, invece, interrompe gli effetti di un matrimonio valido ed efficace, e pertanto ha effetti ex nunc.

Nel caso in cui venga resa esecutiva una sentenza ecclesiastica di nullità, si applica la fattispecie del matrimonio putativo quanto agli effetti civili. Quindi, sino alla sentenza canonica di nullità, il matrimonio produce effetti civili in capo ai o al coniuge in buonafede, nonché in ogni caso riguardo ai figli.

Se, come spesso accade nella quotidianità, i coniugi abbiano ottenuto la separazione ex art. 150 c.c., a seguito della pronuncia di nullità canonica la separazione stessa verrebbe meno per mancanza di causa ed oggetto e non ci sarebbe necessità al divorzio.

Invece, se la pronuncia di divorzio viene ottenuta prima della delibazione della sentenza canonica, in ambito civile avrà effetto solo ed esclusivamente la pronuncia di divorzio per incompatibilità logica con la sentenza canonica stessa. La pronuncia religiosa, di conseguenza, non potrà avere alcun effetto al di fuori dell’ambito religioso. Infine, può accadere l’ipotesi della riapertura del procedimento canonico di nullità del matrimonio, anche dopo aver ottenuto la delibazione della relativa pronuncia. Se alla sentenza di nullità segue una nuova pronuncia del tribunale ecclesiastico che accerti la validità canonica del matrimonio concordatario, viene ripristinata la validità del matrimonio già dichiarato nullo e rivivono gli effetti civili del vecchio matrimonio. Di conseguenza, l’eventuale secondo matrimonio contratto da uno dei due coniugi deve essere considerato nullo in forza dell’articolo 117, I comma, c.c. (Corte di Appello di Napoli Sentenza 04/05/1995).

Sommario:

1) introduzione;

2) presupposti;

3) giudizio di primo grado;

4) giudizio di appello;

5) giudizio avanti il Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica;

6) giudizio di delibazione avanti la Corte d’Appello;

7) effetti nell’ordinamento civile delle sentenze canoniche di nullità del matrimonio.

1) INTRODUZIONE

Al giorno d’oggi, sono sempre più in aumento i casi in cui i coniugi, anziché rivolgersi al Giudice civile, si rivolgono al Giudice canonico al fine di ottenere la pronuncia di nullità del matrimonio celebrato con rito religioso. La pronuncia de qua, soddisfatte le condizioni richieste dalla legge, può avere effetto nell’ordinamento civile.

Detto procedimento è completamente differente rispetto a quello civile, di solito ha un iter più lungo, è senza dubbio più difficoltoso riuscire nella dimostrazione de qua ed è di gran lunga più dispendioso economicamente. Tuttavia, una volta ottenuta la delibazione del provvedimento canonico di nullità del matrimonio, il matrimonio si deve considerare come nullo, come non celebrato. Il che,differisce completamente dagli effetti del comune divorzio.

Detto ciò, ora è necessario valutare meglio nel dettaglio le caratteristiche ed i presupposti di tale complesso e lungo iter procedimentale.

2) PRESUPPOSTI

I presupposti per ottenere una pronuncia di nullità del matrimonio canonico sono diversi, addirittura alcuni commentatori hanno contato in passato alcune centinaia di ipotesi casistiche, ma sono riconducibili a poche e ben delineate “categorie”:

La mancanza di consenso da parte di uno o di entrambi i coniugi. Rientra in tale categoria la figura della simulazione e della riserva mentale, per esempio.

L’insussistenza, in capo ad uno dei coniugi, della volontà di attuare alcune delle finalità essenziali del matrimonio cristiano. Per esempio, rientrano in tale categoria la non volontà di procreare, la violazione della fedeltà coniugale e la violazione della indissolubilità del vincolo matrimoniale.

L’errore sulla persona o sulle qualità del coniuge.

La violenza fisica o il timore.

L’eventualità che il coniuge o la coniuge siano impotenti nel rapporto sessuale.

L’ipotesi, peraltro molto nota, che il matrimonio non sia stato consumato, cioè che i coniugi non abbiano avuto un rapporto sessuale completo. A seguito di ciò è possibile ottenere la nullità del matrimonio tramite la Dispensa Papale, che è un procedimento (prevalentemente di tipo amministrativo e documentale) diverso rispetto al procedimento “ordinario” di dichiarazione di nullità del matrimonio.

3) GIUDIZIO CANONICO DI PRIMO GRADO

Innanzitutto, il giudizio deve essere instaurato avanti al Tribunale competente, che è quello del luogo ove i coniugi risiedono o hanno il domicilio. Legittimati a proporre tale azione sono i coniugi e il promotore di giustizia, quest’ultimo solo in caso in cui la nullità del matrimonio sia di pubblica ragione. Legittimato invece a partecipare al giudizio è il difensore del vincolo, il quale porrà in essere una attività processuale, se possibile, a difesa del vincolo matrimoniale contratto dai due coniugi.

Da premettere, il Giudice canonico, prima di accettare e istruire la causa, come è specificato nel codice di diritto canonico, cercherà di attuare ogni iniziativa al fine di conciliare i coniugi e quindi evitare il giudizio.

L’atto introduttivo consiste in un libello che deve essere consegnato al Giudice, il quale, dopo aver tentato infruttuosamente il tentativo di conciliazione, notifica al convenuto o a entrambi i coniugi il decreto di citazione. Dopo 15 giorni della notifica, se le parti non abbiano contestato la lite, il Giudice, entro l’ulteriore termine di 10 giorni, deve stabilire con decreto la formula del “dubbio”. La contestazione della lite assume notevole importanza perchè serve a determinare l’oggetto della causa.

Poi, dopo altri 10 giorni dalla suddetta ultima notifica, se le parti nulla oppongono, con un ulteriore decreto inizia la istruzione della causa. In questa fase si ha l’assunzione, da parte del Tribunale, delle varie prove, quali l’interrogatorio dei coniugi, dei testimoni, l’assunzione di documenti, di perizie ecc....A tale attività, salvo ipotesi specifiche, i difensori delle parti, il difensore del vincolo ed il promotore di giustizia hanno diritto ad assistere all’assunzione di tutti tali elementi di prove. Ogni coniuge, invece, non può assistere all’interrogatorio posto in essere dell’altro, all’interrogatorio dei testimoni e a quello del perito. Con l’istruttoria, il Giudice deve cercare di raggiungere il convincimento, la cd “certezza morale”, circa la nullità o meno del matrimonio. In caso di dubbio, sovente, il Giudice convoca come testimoni persone terze, a conoscenza dei fatti, che vengono chiamate “testimoni sulla credibilità”, i quali hanno il fine di integrare l’attività difensiva posta in essere dai coniugi. Di tutta tale attività procedimentale, il Giudice, pena nullità di giudizio, deve autorizzare le parti ed i difensori a prendere visione degli atti depositati in cancelleria e ad estrarne copia.

In seguito, l’attività istruttoria si considera terminata quando è considerata sufficiente da parte del Giudice o quando le parti dichiarano che non hanno nulla più da aggiungere e viene emesso ad hoc un decreto.

Infine, inizia la fase del dibattito, ove tutte le parti scambiano memorie scritte e, se autorizzati, danno vita ad una breve discussione orale.

Terminata la succitata ultima fase, il Giudice, che è organo collegiale, si riunisce e formula una risposta positiva o meno riguardo alla nullità del matrimonio. A seguito della verbalizzazione del convincimento del Giudice la sentenza deve essere redatta entro un mese e pubblicata tramite notificazione alle parti e notificata per publicos tabellarios.

Tale provvedimento, oltre ad ammonire le parti sulle reciproche obbligazioni morali, si pronuncia, se necessario, anche sulle obbligazioni civili gravanti sulle stesse e sugli eventuali doveri ed obblighi riguardanti la prole.

4) GIUDIZIO CANONICO DI APPELLO

Entro 15 giorni dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, la parte soccombente e/o il difensore del vincolo possono proporre appello avanti il medesimo Tribunale. Quest’ultimo, esaminati gli atti dei difensori delle parti e del difensore del vincolo, si pronuncia sulla necessità di una nuova ulteriore istruzione della causa. Se non vi è tale necessità, il Giudice d’Appello conferma la sentenza impugnata con decreto, nel quale enuncia sommariamente le ragioni della conferma.

In caso contrario, vi è una nuova istruzione della causa, sulla falsariga del procedimento di primo grado. Da notare che è ammessa la mutatio libelli, quindi in Appello può essere trattata una questione del tutto nuova rispetto a quella trattata nella precedente fase di giudizio.

Una volta terminato il giudizio d’Appello, se tramite il decreto sopra detto o se con la sentenza viene confermata la nullità del matrimonio, i coniugi possono sin da subito contrarre un nuovo matrimonio. Infatti detta pronuncia è immediatamente esecutiva in ambito religioso e il Tribunale provvede a comunicare tale pronuncia all’ordinario del luogo ove i coniugi si sono sposati, affinchè l’annoti nei registri matrimoniali.

Tale pronuncia non passa mai in giudicato e, nel caso di sopravvenienza di nuovi fatti, documenti, prove ecc...chi ha interesse può proporre impugnazione, avanti allo stesso Tribunale, e, entro 30 giorni da tale atto di impugnazione, deve provvedere a produrre i nuovi argomenti o le nuove prove su cui si basa l’impugnazione stessa. Tuttavia, salvo che non sia disposto specificatamente dal Giudice, questo nuovo giudizio non sospende l’efficacia esecutiva della sentenza di Appello.

E’ necessario rammentare che, nelle more della definizione del procedimento de quo, i coniugi possono chieder la separazione temporanea ex art. 126 c.c. al fine di disciplinare la posizione degli stessi. Se il procedimento di nullità termina positivamente, la separazione ex art. 126 c.c., per ovvi motivi, cessa. In caso contrario, il matrimonio viene ritenuto genuino e valido e pertanto ai coniugi, salvo la riappacificazione, non resta che adire la ben più impegnativa separazione ex art. 150 c.c. e poi, eventualmente, il divorzio.

5) GIUDIZIO AVANTI IL SUPREMO TRIBUNALE DELLA SEGNATURA APOSTOLICA

Come detto, la sentenza o il decreto emesso dal Tribunale di Appello riconosce piena efficacia religiosa alla pronuncia de qua.

Tuttavia, al fine di far si che possano essere prodotti effetti anche in ambito civile, è necessario l’exequatur, cioè il decreto di esecutività, da parte del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. Tale giudizio, che si svolge presso la Santa Sede, è fondamentalmente di controllo e con questo si attesta la regolarità del procedimento ottemperato da parte dei Tribunali canonici, la corretta applicazione del diritto canonico e il rispetto del diritto di difesa di entrambe le parti. In particolare, in tale sede viene accertata 1) la competenza del Giudice adito nei precedenti gradi di giudizio, 2) che la citazione sia stata posta in essere in ottemperanza al diritto canonico e 3) che la parti abbiano avuto la rappresentanza, o comunque la possibilità di farsi rappresentare (contumacia), in base al diritto canonico. Posto in essere tale controllo di legittimità, il Tribunale della Segnatura emana un decreto con cui attesta che la sentenza è legittima.

6) GIUDIZIO DI DELIBAZIONE AVANTI LA CORTE D’APPELLO

La doppia sentenza di nullità del matrimonio concordatario posto in essere dai Tribunali canonici non è di per sé idonea a produrre effetto nell’ordinamento civili. A tal fine, oltre al sopra descritto exequatur, è necessario che la pronuncia canonica venga delibata dalla Corte d’Appello competente.

Tale altro grado di giudizio è un ulteriore controllo che viene posto in essere sul provvedimento canonico. Infatti, la Corte d’Appello deve accertare la sussistenza dei seguenti requisiti:

la propria competenza territoriale.

Il fatto per cui si tratta di matrimonio concordatario e che quindi il Giudice canonico era competente a conoscere la causa.

La sussistenza dell’accertamento, da parte del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, della definitività della sentenza ecclesiastica e la regolarità del procedimento canonico.

Il rispetto, nell’ambito del giudizio canonico, del diritto delle parti di agire e resistere in modo non difforme a quanto previsto dall’ordinamento dello stato.

Il sussistere delle altre condizioni richieste dalla legge italiana affinchè possano avere efficacia le sentenze straniere (rispetto del c.d. “ordine pubblico”).

Tale procedimento si dice di “delibazione” e, nonostante gli articoli 64 e 65 della legge 218/1995 (cd “riconoscimento automatico delle sentenze straniere”), si rende ancora necessario laddove l’articolo 8 degli Accordi del 1984 (legge speciale) prevale sulla legge 218/1995 (legge generale). Cosa peraltro confermata dalla Suprema Corte nelle Sentenze 27595 del 2003 e 10796 del 2006.

7) EFFETTI NELL’ORDINAMENTO CIVILE DELLE SENTENZE CANONICHE DI NULLITA’ DEL MATRIMONIO

L’effetto della sentenza canonica di nullità del matrimonio, delibata dalla Corte di Appello competente, retroagisce ex tunc, cioè dal momento della celebrazione del matrimonio. Infatti, agli effetti civili e religiosi, il matrimonio è nullo, cioè, con riferimento al caso specifico, non è stato mai celebrato alcun valido matrimonio. Il matrimonio, quindi, rimane come semplice fatto e continua a produrre quegli effetti a cui la legge ricollega. Il divorzio, invece, interrompe gli effetti di un matrimonio valido ed efficace, e pertanto ha effetti ex nunc.

Nel caso in cui venga resa esecutiva una sentenza ecclesiastica di nullità, si applica la fattispecie del matrimonio putativo quanto agli effetti civili. Quindi, sino alla sentenza canonica di nullità, il matrimonio produce effetti civili in capo ai o al coniuge in buonafede, nonché in ogni caso riguardo ai figli.

Se, come spesso accade nella quotidianità, i coniugi abbiano ottenuto la separazione ex art. 150 c.c., a seguito della pronuncia di nullità canonica la separazione stessa verrebbe meno per mancanza di causa ed oggetto e non ci sarebbe necessità al divorzio.

Invece, se la pronuncia di divorzio viene ottenuta prima della delibazione della sentenza canonica, in ambito civile avrà effetto solo ed esclusivamente la pronuncia di divorzio per incompatibilità logica con la sentenza canonica stessa. La pronuncia religiosa, di conseguenza, non potrà avere alcun effetto al di fuori dell’ambito religioso. Infine, può accadere l’ipotesi della riapertura del procedimento canonico di nullità del matrimonio, anche dopo aver ottenuto la delibazione della relativa pronuncia. Se alla sentenza di nullità segue una nuova pronuncia del tribunale ecclesiastico che accerti la validità canonica del matrimonio concordatario, viene ripristinata la validità del matrimonio già dichiarato nullo e rivivono gli effetti civili del vecchio matrimonio. Di conseguenza, l’eventuale secondo matrimonio contratto da uno dei due coniugi deve essere considerato nullo in forza dell’articolo 117, I comma, c.c. (Corte di Appello di Napoli Sentenza 04/05/1995).