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L’ispettore globale

Abstract:

L’articolo espone alcune considerazioni in merito all’importante Direttiva sulle ispezioni pubblicata dal Ministero del lavoro salute e p.s. sulla Gazzetta Ufficiale. In modo particolare, viene analizzata la novità rappresentata dal richiamo agli ispettori ad un accurato controllo dei dipendenti destinatari di sussidi ed indennità pubbliche.

Il 12 novembre 2008 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Direttiva sulle misure di razionalizzazione delle funzioni ispettive e di vigilanza in materia di previdenza sociale e di lavoro. Tale disposizione si propone il raggiungimento di due ambiziosi obiettivi.

Da una parte dare nuova linfa agli organismi ispettivi definendo le modalità operative, il rapporto con i soggetti ispezionati e marcando la relazione con quelle indicazioni che il D.Lgs 276/03 e il D.Lgs 124/04 avevano tracciato.

Dall’altra offre importanti indicazioni per lo sfruttamento di strumenti già esistenti ma mai realmente decollati (conciliazione monocratica, diffida accertativa ecc.)

In generale quindi tale Direttiva offre spunti si di indirizzo, tracciando sia linee generali e profili interpretativi che dovranno guidare l’azione ispettiva, sia elementi più specifici che permettano all’ispettore la valutazioni di fattispecie concrete.

Ma lo spunto più “innovatore” tra i temi trattati, è quanto esposto nel paragrafo denominato “Sussidi e indennità pubbliche”.

Considerata infatti la natura di questi emolumenti, si può notare come debbano essere corrisposti con funzione di ammortizzatori sociali, di accompagnamento e di transazione tra un’esperienza lavorativa ed un’altra. L’effetto della Direttiva è quello di richiamare l’attenzione sui soggetti fruitori di tali indennizzi, ed in particolare sull’eventuale abuso degli stessi.

L’argomento risulta particolarmente delicato e del resto, apparendo la portata dello stesso sicuramente discutibile, non si può comunque negarne l’esistenza.

Le indennità previste dal nostro ordinamento si identificano nelle indennità di mobilità, di Cassa integrazione ordinaria o straordinaria, di disoccupazione ecc.

Per tali istituti esistono delle chiare disposizioni che ne definiscono i criteri di sussistenza o decadenza dal diritto a seconda del comportamento dei soggetti destinatari, i quali possono assecondarne le finalità, cercando il reinserimento nel mondo del lavoro, o al contrario ostacolarne l’utilità ad esempio rifiutando le offerte formative o i lavori socialmente utili o, peggio ancora, utilizzano l’indennità per poter ottenere una copertura ad una parallela attività irregolare.

La direttiva impone l’utilizzo di queste risorse, che definisce peraltro scarse in relazione all’obiettivo che si prefiggono, per il funzionamento concreto degli ammortizzatori sociali imponendo di sanzionare l’uso distorto delle stesse.

Per la prima volta il Ministero del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, richiama l’attenzione sull’altra faccia dell’ispezione, quella del controllo ai dipendenti. Tale azione era da più parti sociali (chiaramente di estrazione datoriale) richiesta da tempo, quindi necessaria anche per riordinare un sistema che potesse offrire legalità bilaterale tra i soggetti coinvolti nel mercato del lavoro.

A tale scopo, l’ispettore viene definito arbitro a 360 gradi in relazione alla correttezza nell’utilizzo degli strumenti disponibili nel mercato del lavoro. Certamente non sarà sempre semplice per l’organo ispettivo il controllo dei singoli soggetti. Se infatti le aziende possono essere agevolmente individuate e in esse svolto l’accesso, la frammentazione nell’utilizzo delle risorse da parte dei dipendenti potrebbe ostacolare un utilizzo trasparente delle stesse.

La decadenza del beneficio infatti potrà trovare esecuzione solamente se i percorsi formativi alternativi siano effettivamente avviati ed il lavoratore ne abbia evidentemente evitato la partecipazione. In questo caso l’ente formatore stesso dovrà assistere l’attività ispettiva segnalando il rifiuto del soggetto. Il caso di rifiuto dell’occasione congrua di lavoro, invece, appare di più difficile monitoraggio. Gli strumenti di ricollocazione sono molteplici: dal collocamento pubblico offerto dai centri per l’impiego, ove il rifiuto del lavoratore alla chiamata potrà agevolmente essere comunicato ai servizi ispettivi, al collocamento privato gestito dai soggetti abilitati all’intermediazione, fino alle aziende che direttamente senza intermediari eseguono colloqui pre- assuntivi.

Questi ultimi soggetti non sempre garantiscono una corretta comunicazione degli eventuali rifiuti (si pensi ad un’azienda che riceve un rifiuto da parte di un candidato. Tale rifiuto potrebbe non recare danno alcuno all’azienda che non adempirà all’onere comunicativo, restando quindi impunito). Resta inteso che anche questi dovranno essere sensibilizzati alla collaborazione in questo senso, comunicando tutti i colloqui svolti con soggetti destinatari di sussidi ed indennità. Tale scambio di comunicazioni peraltro trova conforto nell’art. 1quinques del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 291 del 2004.

Il lavoratore che percepisce un trattamento di qualsiasi tipo da parte di un datore di lavoro, invece, pare agevolmente individuabile.

Infatti l’incrocio di dati possibile tra le dichiarazioni (EMENS, dichiarazioni dei redditi, 770 ecc.), offre la possibilità di conoscere le somme percepite dai soggetti negli anni.

Proprio tale agevole controllo, che offre risultati certi anche se non immediati, risulta deterrente per i lavoratori interessati, i quali nell’impossibilità di dichiarare un qualsivoglia reddito fruito in contemporanea alle indennità pubbliche, potrebbero rifugiarsi nel lavoro nero.

Questa situazione, chiaramente non generalizzabile ma comunque diffusa soprattutto in alcune zone del paese, sembra la casistica più direttamente soggetta all’attività degli ispettori.

Tale ultima ipotesi configura la manifesta integrazione di un reato che il Dicastero intende punire severamente al fine di evitare fenomeni discorsivi di natura concorrenziale.

Le aziende che sfruttano tali situazioni infatti potranno produrre sicuramente in situazioni più favorevoli, incidendo peraltro in modo doppiamente negativo sulla spesa pubblica per mezzo della dispersione di risorse indebitamente corrisposte ai lavoratori e di oneri evasi in relazione all’ occupazione degli stessi consapevoli soggetti.



Abstract:

L’articolo espone alcune considerazioni in merito all’importante Direttiva sulle ispezioni pubblicata dal Ministero del lavoro salute e p.s. sulla Gazzetta Ufficiale. In modo particolare, viene analizzata la novità rappresentata dal richiamo agli ispettori ad un accurato controllo dei dipendenti destinatari di sussidi ed indennità pubbliche.

Il 12 novembre 2008 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Direttiva sulle misure di razionalizzazione delle funzioni ispettive e di vigilanza in materia di previdenza sociale e di lavoro. Tale disposizione si propone il raggiungimento di due ambiziosi obiettivi.

Da una parte dare nuova linfa agli organismi ispettivi definendo le modalità operative, il rapporto con i soggetti ispezionati e marcando la relazione con quelle indicazioni che il D.Lgs 276/03 e il D.Lgs 124/04 avevano tracciato.

Dall’altra offre importanti indicazioni per lo sfruttamento di strumenti già esistenti ma mai realmente decollati (conciliazione monocratica, diffida accertativa ecc.)

In generale quindi tale Direttiva offre spunti si di indirizzo, tracciando sia linee generali e profili interpretativi che dovranno guidare l’azione ispettiva, sia elementi più specifici che permettano all’ispettore la valutazioni di fattispecie concrete.

Ma lo spunto più “innovatore” tra i temi trattati, è quanto esposto nel paragrafo denominato “Sussidi e indennità pubbliche”.

Considerata infatti la natura di questi emolumenti, si può notare come debbano essere corrisposti con funzione di ammortizzatori sociali, di accompagnamento e di transazione tra un’esperienza lavorativa ed un’altra. L’effetto della Direttiva è quello di richiamare l’attenzione sui soggetti fruitori di tali indennizzi, ed in particolare sull’eventuale abuso degli stessi.

L’argomento risulta particolarmente delicato e del resto, apparendo la portata dello stesso sicuramente discutibile, non si può comunque negarne l’esistenza.

Le indennità previste dal nostro ordinamento si identificano nelle indennità di mobilità, di Cassa integrazione ordinaria o straordinaria, di disoccupazione ecc.

Per tali istituti esistono delle chiare disposizioni che ne definiscono i criteri di sussistenza o decadenza dal diritto a seconda del comportamento dei soggetti destinatari, i quali possono assecondarne le finalità, cercando il reinserimento nel mondo del lavoro, o al contrario ostacolarne l’utilità ad esempio rifiutando le offerte formative o i lavori socialmente utili o, peggio ancora, utilizzano l’indennità per poter ottenere una copertura ad una parallela attività irregolare.

La direttiva impone l’utilizzo di queste risorse, che definisce peraltro scarse in relazione all’obiettivo che si prefiggono, per il funzionamento concreto degli ammortizzatori sociali imponendo di sanzionare l’uso distorto delle stesse.

Per la prima volta il Ministero del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, richiama l’attenzione sull’altra faccia dell’ispezione, quella del controllo ai dipendenti. Tale azione era da più parti sociali (chiaramente di estrazione datoriale) richiesta da tempo, quindi necessaria anche per riordinare un sistema che potesse offrire legalità bilaterale tra i soggetti coinvolti nel mercato del lavoro.

A tale scopo, l’ispettore viene definito arbitro a 360 gradi in relazione alla correttezza nell’utilizzo degli strumenti disponibili nel mercato del lavoro. Certamente non sarà sempre semplice per l’organo ispettivo il controllo dei singoli soggetti. Se infatti le aziende possono essere agevolmente individuate e in esse svolto l’accesso, la frammentazione nell’utilizzo delle risorse da parte dei dipendenti potrebbe ostacolare un utilizzo trasparente delle stesse.

La decadenza del beneficio infatti potrà trovare esecuzione solamente se i percorsi formativi alternativi siano effettivamente avviati ed il lavoratore ne abbia evidentemente evitato la partecipazione. In questo caso l’ente formatore stesso dovrà assistere l’attività ispettiva segnalando il rifiuto del soggetto. Il caso di rifiuto dell’occasione congrua di lavoro, invece, appare di più difficile monitoraggio. Gli strumenti di ricollocazione sono molteplici: dal collocamento pubblico offerto dai centri per l’impiego, ove il rifiuto del lavoratore alla chiamata potrà agevolmente essere comunicato ai servizi ispettivi, al collocamento privato gestito dai soggetti abilitati all’intermediazione, fino alle aziende che direttamente senza intermediari eseguono colloqui pre- assuntivi.

Questi ultimi soggetti non sempre garantiscono una corretta comunicazione degli eventuali rifiuti (si pensi ad un’azienda che riceve un rifiuto da parte di un candidato. Tale rifiuto potrebbe non recare danno alcuno all’azienda che non adempirà all’onere comunicativo, restando quindi impunito). Resta inteso che anche questi dovranno essere sensibilizzati alla collaborazione in questo senso, comunicando tutti i colloqui svolti con soggetti destinatari di sussidi ed indennità. Tale scambio di comunicazioni peraltro trova conforto nell’art. 1quinques del D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 291 del 2004.

Il lavoratore che percepisce un trattamento di qualsiasi tipo da parte di un datore di lavoro, invece, pare agevolmente individuabile.

Infatti l’incrocio di dati possibile tra le dichiarazioni (EMENS, dichiarazioni dei redditi, 770 ecc.), offre la possibilità di conoscere le somme percepite dai soggetti negli anni.

Proprio tale agevole controllo, che offre risultati certi anche se non immediati, risulta deterrente per i lavoratori interessati, i quali nell’impossibilità di dichiarare un qualsivoglia reddito fruito in contemporanea alle indennità pubbliche, potrebbero rifugiarsi nel lavoro nero.

Questa situazione, chiaramente non generalizzabile ma comunque diffusa soprattutto in alcune zone del paese, sembra la casistica più direttamente soggetta all’attività degli ispettori.

Tale ultima ipotesi configura la manifesta integrazione di un reato che il Dicastero intende punire severamente al fine di evitare fenomeni discorsivi di natura concorrenziale.

Le aziende che sfruttano tali situazioni infatti potranno produrre sicuramente in situazioni più favorevoli, incidendo peraltro in modo doppiamente negativo sulla spesa pubblica per mezzo della dispersione di risorse indebitamente corrisposte ai lavoratori e di oneri evasi in relazione all’ occupazione degli stessi consapevoli soggetti.