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Manutenzione e riparazioni nei rapporti di locazione ad uso diverso

La disciplina delle locazioni che hanno per oggetto immobili urbani varia a seconda che gli stessi siano adibiti ad uso abitativo (nel qual caso dovrà farsi riferimento soprattutto alla legge 9/12/1998, n°431, e succ. mod.) ovvero ad uso diverso da quello di abitazione (legge 27/7/1978, n°392, e succ. mod.). Si ha uso diverso da quello di abitazione quando l’immobile dato in locazione viene adibito: ad attività industriali, commerciali e artigianali; ad attività di interesse turistico; ad attività di lavoro autonomo; ad attività alberghiere (art.27 L.392/1978); ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche; a sedi di partiti e sindacati (art.42 L.392/78). Si ha uso diverso da quello di abitazione anche nel caso di contratti di locazione stipulati dallo Stato e da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori (art.42 L.392/1978).

Per questo tipo di locazioni, la durata minima del rapporto è stabilita in sei anni (9 anni per le attività alberghiere) e la rinnovazione alla prima scadenza può essere negata dal locatore soltanto nei casi tassativamente stabiliti dall’art.29 L.392/1978.

Il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni (di nove anni in nove anni per le attività alberghiere), salvo disdetta (con le limitazioni già dette per la prima scadenza contrattuale) da comunicarsi all’altra parte almeno 12 mesi (18 mesi per le attività alberghiere) prima della scadenza.

Ai sensi dell’art.79 legge 392/1978 è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto (nonché a superare i limiti di indicizzazione del canone) e per effetto della regola generale di cui agli artt.1339 e 1419, comma 2, c.c., richiamata, per la parte che qui interessa, anche dall’art.27, comma 4, della legge 392/78, le norme imperative (sulla durata minima del rapporto come sui limiti di indicizzazione del canone, etc.) sostituiscono le clausole difformi eventualmente pattuite tra le parti. Il comma 2 dello stesso art.79 prevede che il conduttore, con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, possa “ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”. Secondo C. Cass., Sez.III, 24/11/2004, n°22129 (in Giust. Civ. Mass. 2005, f.1), “la previsione di un termine di durata del contratto superiore a quella minima di legge non esclude l’applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza di cui all’articolo 28 L.392/1978, ancorché la durata del contratto inizialmente pattuita sia uguale o superiore a quella di dodici anni risultante dalla somma della durata minima legale iniziale e da quella minima di rinnovo”. D’altra parte, “come si desume dall’articolo 27 della legge n°392 del 1978, che considera inderogabile solo la durata minima dei contratti di locazione, senza porre limiti a quella massima, rientra nell’autonomia negoziale delle parti stabilire un termine di durata superiore a quella legale. Anche in questo caso, tuttavia, il contratto si rinnova per sei anni, essendo tale termine stabilito dalla legge a prescindere dalla durata inizialmente fissata dalle parti. Ne deriva, pertanto, che ove (come nella specie) sia convenuto un termine di nove anni, la durata complessiva del contratto è di quindici anni (nove più sei) salve ulteriori proroghe legali” (in questo senso, C. Cass. Sez.III, 29/10/2004, n°20906). Risolvendo un contrasto giurisprudenziale C. Cass., SS.UU., 9/7/1997, n°6227, ha ritenuto applicabile ai contratti di locazione stipulati ai sensi dell’art.42 della legge 392/78 l’intera disciplina di cui agli artt.28 e 29 della stessa legge (nonostante la formulazione letterale): “Il comma 2 dell’art. 42 l. n. 392 del 1978, nella parte in cui specificamente richiama il preavviso per il rilascio di cui all’art. 28 deve essere interpretato nel senso che ai contratti di locazione di immobili adibiti ad una delle particolari attività contemplate al comma 1 stesso art. 42 si applica l’intera disciplina sulla durata del rapporto contenuta nell’art. 28 e, pertanto, anche la normativa sul diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale dettata dall’art. 28, comma 2, e 29 stessa legge” (Giur. it. 1998, 1351); “con riguardo ai contratti di locazione di immobili adibiti ad una delle particolari attività di cui all’art. 42 l. 27 luglio 1978 n. 392, il comma 2 di detto articolo richiamando il preavviso per il rilascio di cui al precedente art. 28 importa l’applicabilità a tali contratti dell’intera disciplina della durata contenuta nel cit. art. 28 e pertanto anche del diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, dettata dagli art. 28, comma 2, e 29 della stessa legge” (Giust. civ. 1997, I, 2407).

Per quanto concerne i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione bisogna, però, segnalare C. Cass., Sez.III, n°9614 del 10/9/1999: “Come principio generale va osservato che la volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam, sì che nei confronti della stessa p.a. non è configurabile il rinnovo tacito del contratto. Detto principio va applicato anche in tema di contratto di locazione di immobili urbani, in cui l’ente pubblico sia locatore, sia pure con una precisazione. Si è infatti rilevato che il principio per cui, in materia di locazioni, la rinnovazione tacita del contratto, nel quale sia parte una pubblica amministrazione, è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione da parte di questa di obbligarsi, che non può desumersi, in tal caso da fatti concludenti, ma deve essere espressa nelle forme di legge, non trova applicazione allorché la continuazione dell’originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso e perciò in forza della volontà così manifestata di concludere il contratto stesso, con esclusione dell’ipotesi della vera e propria rinnovazione o riconduzione”. “Il principio per cui, in materia di locazioni, la rinnovazione tacita del contratto, nel quale sia parte una p.a., è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione, da parte di questa, della volontà di obbligarsi, che non può desumersi, in tal caso, da fatti concludenti, ma deve essere espressa nelle forme di legge, comporta l’inapplicabilità alla p.a. anche delle fattispecie legali di rinnovazione tacita dei contratti di locazione previste dalla l. n. 392 del 1978, rimanendo salva, viceversa, la possibilità che la continuazione dell’originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso” (Giust. civ. Mass. 1999, 1940). Per questo indirizzo giurisprudenziale v. anche C. Cass., SS.UU., 28/11/1991, n°12769, e C. Cass., Sez.III, 24/6/2002, n°9165 (in Codici d’Italia): “In materia di contratti stipulati dalla p.a. deve ritenersi necessaria la stipulazione in forma scritta ad substantiam, soddisfacendo così la ratio dell’esigenza di individuare esattamente l’obbligazione assunta ed il contenuto negoziale dell’atto ed agevolando la funzione di controllo e della concreta osservanza dei principi di imparzialità e di buon andamento; conseguentemente deve escludersi che si possa ipotizzare la possibilità di tacito rinnovo del contratto per facta concludentia” (v., da ultimo, anche Tribunale di Modena, Sez.II Civile, ordinanza 28/6/2007 in Guida al Diritto 2007, 37,68). Ma su questo e altri aspetti della disciplina generale e speciale (vizi della cosa, garanzia per molestie, locazione transitoria, recesso del conduttore, prelazione, etc.), nonché su affitto d’azienda e concessione amministrativa dei beni pubblici, v. «La disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo», in Altalex 2006.

Tra le (principali) obbligazioni del locatore vi sono quelle di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione e di mantenerla in modo che serva all’uso convenuto (art.1575 c.c.). In particolare, il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie a mantenere l’immobile in buono stato locativo, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore (art.1576 c.c.). Il conduttore, dal canto suo deve “osservare la diligenza del buon padre di famiglia” nel servirsi della cosa locata “per l’uso determinato nel contratto (…)” (art.1587 c.c.) e provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione cui si è detto, ossia quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito (artt.1590 e 1609 c.c.). E quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore (art.1577, comma 1, c.c.); se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore (art.1577, comma 2, c.c.). Ma “Purché risulti acclarata la necessità di eseguire nell’immobile locato riparazioni urgenti, rispetto al contestuale avviso al locatore cui il conduttore è tenuto a norma dell’art. 1577 c.c. nell’ipotesi che provveda a eseguirli direttamente, ha valore equipollente la conoscenza accertata da parte del locatore di detta necessità e la sua inerzia a provvedere entro un tempo ragionevole, tenuto conto di natura, entità e urgenza dei lavori” (C. Cass., Sez.III, 18/8/2008, n°19943 in Guida al Diritto 2008, 44, 65).

Al termine della locazione, “il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione” (art.1590 c.c.).

Secondo C. Cass., Sez.III, 27/5/2008, n°13761 (Giust. Civ. Mass. 2008, 5, 813), “L’inidoneità dell’immobile all’esercizio di una determinata attività commerciale o industriale, per il quale è stato locato, non comporta per il locatore l’obbligo di operare modificazioni o trasformazioni che non siano poste a suo carico né dalla legge né dal contratto; ed invero gli obblighi previsti a carico del locatore dagli art. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modifica o trasformazione, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto. (Nella specie, la S.C. ha reputato scevra di qualsiasi censura la sentenza impugnata che aveva ritenuto opere di trasformazione non poste a carico del locatore quelle da eseguire per ottenere il certificato di prevenzione incendio, in quanto comportanti interventi modificativi della struttura originaria del bene)”. Anche per C. Cass., Sez. III, 31/3/2008, n°8303, ”L’art. 1575 c.c. obbliga il locatore a mantenere la cosa locata idonea all’uso convenuto, e non a modificarla o trasformarla, rispetto allo stato esistente al momento della stipula della locazione, per renderla idonea all’esercizio di una specifica attività per cui è stata locata, e pur se determinati requisiti siano prescritti dalla pubblica autorità” (Guida al Diritto 2008, 22, 53); “Una volta che sia stato stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività per cui é stato locato, anche in relazione al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto e confermato la sentenza impugnata con cui era stato correttamente affermato, in relazione alla locazione di un immobile destinato ad attività produttiva, che gravava sul conduttore la verifica delle richieste modifiche strutturali delle dimensioni di una finestra, alla cui esecuzione si era obbligato il locatore)” (Giust. Civ. Mass., 2008, 3, 490). Per C. Cass., Sez. III, 8/6/2007, n°13395 (Giust. Civ. Mass. 2007, 6), “Salvo patto contrario, non è onere del locatore ottenere le eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per l’uso del bene locato; pertanto, nel caso in cui il conduttore non ottenga la suddetta autorizzazione, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al locatore, quand’anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato. Inoltre, la destinazione particolare dell’immobile locato, tale da richiedere che l’immobile stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto soltanto se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento della idoneità dell’immobile da parte del conduttore”. “Il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso dei beni immobili non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene secondo la destinazione d’uso convenuta; del mancato rilascio il locatore è responsabile nei confronti del conduttore quando la destinazione particolare dell’immobile in conformità alle richieste autorizzazioni, concessioni o licenze amministrative abbia costituito il contenuto del suo obbligo specifico di garantire il pacifico godimento dell’immobile in rapporto all’uso convenuto” (C. Cass., Sez. III, 17/1/2007, n°975, in Giust. Civ. Mass., 2007, 1). “Salvo patto contrario, non è onere del locatore ottenere le eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per l’uso del bene locato; pertanto, nel caso in cui il conduttore non ottenga la suddetta autorizzazione, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al locatore, quand’anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato” (C. Cass., Sez.III, 26/9/2006, n°20831, in Giust. Civ. Mass. 2006, 10; v., altresì, C. Cass., Sez. III, 30/4/2005, n°9019; C. Cass., Sez. III, 12/5/2000, n°6121).

Si, consideri, tuttavia, C. Cass., Sez.III, 19/7/2008, n°20067 (in Giust. Civ. Mass. 2008, 7-8, 1187), per la quale “In tema di locazione di bene immobile destinato ad uso diverso da abitazione, il locatore deve garantire non solo l’avvenuto rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso del bene immobile, ovvero la relativa abitabilità, ma, essendo obbligato a mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, anche il loro persistere nel tempo. Ne consegue che, ove venga per qualsiasi motivo sospesa l’efficacia dei suddetti provvedimenti e il conduttore venga a trovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito, sussiste inadempimento del locatore, che non può al riguardo addurre a giustificazione (e pretendere, conseguentemente, il pagamento del canone maturati nel periodo di inutizzabilità dell’immobile) l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato della P.A.”. D’altra parte, per C. Cass., Sez.III, 11/4/2006, n°8409 (Giust. Civ. Mass. 2006, 5), “In tema di locazione d’immobili ad uso diverso da abitazione, diversamente che per le autorizzazioni amministrative (come l’iscrizione alla Camera di commercio) ovvero di quelle di pubblica sicurezza necessarie all’esercizio di specifiche attività (o per poter adibire i locali a pubblici spettacoli), incombe - salvo patto contrario - sul locatore l’obbligo di curare l’ottenimento del certificato di abitabilità, posto a tutela delle esigenze igieniche e sanitarie nonché degli interessi urbanistici - richiedenti l’accertamento pubblico della sussistenza delle condizioni di salubrità, stabilità e sicurezza dell’edificio, attestante l’idoneità dell’immobile ad essere "abitato" e più generalmente ad essere frequentato dalle persone fisiche - la cui mancanza determina non già la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto o per aliud pro alio, bensì una situazione d’inadempimento, in ragione dell’iniziale inettitudine della cosa a soddisfare l’interesse del conduttore, che, in quanto nota alle parti, non preclude la negoziazione dell’immobile, ma, ove l’inadempimento divenga definitivo per essere il relativo rilascio definitivamente negato, consente il ricorso ai rimedi della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno”. “In tema di locazione di bene immobile destinato ad uso diverso da abitazione (nella specie, ad uso ristorazione ed altre attività connesse), il locatore deve garantire non solo l’avvenuto rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso del bene immobile, ovvero la relativa abitabilità, ma, essendo obbligato a mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, anche il loro persistere nel tempo. Ne consegue che, ove venga per qualsiasi motivo sospesa l’efficacia dei ricordati provvedimenti e il conduttore venga a trovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito, sussiste inadempimento del locatore, che non può al riguardo addurre a giustificazione (e pretendere conseguentemente il pagamento del canone maturati nel periodo di inutilizzabilità dell’immobile), l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato dalla p.a. (nella specie, provvedimento del sindaco di sospensione dell’autorizzazione sanitaria per irregolarità dello smaltimento dei liquami e reflui prodotti, dipendente dall’impianto centralizzato a servizio del centro residenziale di ubicazione dei locali oggetto di locazione), che può essere se del caso fatta valere in un separato ed autonomo giudizio nei confronti di quest’ultima, ma è inidonea ad escludere la sua responsabilità da inadempimento contrattuale” (C. Cass., Sez.III, 28/3/2006, n°7081, in Giust. Civ. Mass., 2006, 5). D’altra parte, “la consegna di cosa che risulti inidonea a realizzare l’interesse del conduttore non comporta la responsabilità del locatore per violazione del dovere di cui all’art.1575, n°1, del codice civile e non esonera il conduttore dall’obbligazione di pagamento del corrispettivo quando risulti che il conduttore, conoscendo la possibile inettitudine dell’oggetto della prestazione, abbia accettato il rischio economico come rientrante nella normalità dell’esecuzione della prestazione stessa” (C. Cass., Sez.III, 15/10/2002, n°14659, in Giust. Civ. Mass. 2002, 1807).

Si ricordi (ad es. con C. Cass., Sez.III, 18/4/2001, n°5682) che “Costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art. 1578 c.c. - la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art. 1575 c.c., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sulla idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del corrispettivo, ma non la esperibilità dell’azione di esatto adempimento - quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone la integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione. Ciò posto, è da escludere che possano essere ricompresi tra i vizi della cosa locata quei guasti o deterioramenti della stessa dovuti alla naturale usura, effetto del tempo, ovvero di accadimenti accidentali (nella specie, rottura di un tubo del vaso di espansione dell’impianto di riscaldamento posto nel sovrastante sottotetto, che aveva determinato un’infiltrazione). In tale ipotesi, è operante l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni ai sensi dell’art. 1576 c.c., la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale” (in Giust. Civ. Mass. 2001, 814).

D’interesse sono, al riguardo, gli artt.1583 e 1584 c.c. che disciplinano il mancato godimento della cosa locata da parte del conduttore nel caso di riparazioni urgenti, di quelle riparazioni, cioè, “che non possono differirsi fino termine del contratto” e che il conduttore deve tollerare “anche quando importano privazione del godimento di parte della cosa locata” (art.1583 c.c.). Tuttavia, se l’esecuzione delle riparazioni si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto ad unas proporzionale riduzione del corrispettivo (art.1584, comma 1, c.c.). Per C. Cass., Sez.III, 14/8/1997, n°7605 (in Giust. Civ. Mass., 1997, 1424), “Nel caso in cui il conduttore rimanga privo del godimento del bene locato a causa dell’esecuzione in esso di riparazioni da parte del locatore, quest’ultimo non solo è esposto a subire la riduzione del canone o la risoluzione del rapporto, me è inoltre tenuto a risarcire il danno a titolo di responsabilità contrattuale, salva la responsabilità risarcitoria del terzo appaltatore dei lavori, per illecito aquiliano, sempreché che il conduttore dimostri che dalle riparazioni gli è derivato un pregiudizio ulteriore e diverso rispetto alla diminuzione o alla perdita dell’utilizzabilità del bene, atteso che in tale caso è configurabile una autonoma violazione dell’obbligo del locatore di garantire il pacifico godimento del bene locato”. Si noti poi, sotto altro profilo, che “La fattispecie prevista all’art. 677 c.p. (omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina) configura un reato proprio che può essere commesso soltanto dal proprietario dell’edificio o dal non proprietario che, per legge o convenzione, sia obbligato alla conservazione o alla vigilanza del medesimo. Ne consegue che il conduttore dell’appartamento sito nell’edificio non è destinatario, in quanto tale, del precetto di cui al citato articolo, atteso che, a norma dell’art. 1576 c.c., tutte le riparazioni necessarie per il mantenimento della cosa locata sono a carico del locatore e non già del conduttore e che costui ha solo l’onere, secondo quanto dispone l’art. 1583 c.c., di non opporsi alla loro esecuzione” (C. Cass., Sez. I Penale, 5/11/2002, n°41709, in Cass. Pen. 2003, 3424). Secondo C. Cass., Sez. III, 1/6/2006, n°13133 (Giust. Civ. Mass., 2006, 6), “Al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. (Nella specie, il conduttore, dopo che l’immobile era stato lesionato dalla caduta di un albero sul tetto, aveva continuato a utilizzarlo mantenendovi i mobili e ad altri oggetti nelle stanze non danneggiate dal sinistro)”.

Il conduttore, si è detto, deve provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione dipendenti dai deterioramenti prodotti dall’uso della cosa locata. A tale riguardo deve segnalarsi che “l’obbligo di manutenzione ordinaria o straordinaria, quando non si tratta di opere di piccola manutenzione, grava sul locatore; pertanto questi non può pretendere, nel corso della locazione, il rimborso delle spese per la manutenzione delle parti dell’immobile logorate dal normale uso, nè tantomeno, al termine della locazione, il risarcimento dei danni per le spese di riparazione, se non offre la prova, almeno indiziaria, dello scorretto uso della cosa da parte del conduttore. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, aveva addebitato alla errata installazione di un forno elettrico in luogo di un preesistente forno a legna sia il degrado prodotto della umidità ascendente accumulatasi nelle pareti e nel controsoffitto, sia quello dei pavimenti, in parte rimossi per l’installazione del predetto forno)” (C. Cass., Sez.III, 7/7/2005, n°14305, in Giust. Civ. Mass. 2005, 6). E “Posto che la responsabilità per danni da cose in custodia si fonda su una relazione oggettiva intercorrente tra il custode e la cosa, che può essere di proprietà o, anche, di possesso e detenzione, il locatore conserva la responsabilità per i danni arrecati dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati (cornicioni, tetti, tubature idriche), salva rivalsa nei confronti del conduttore per omessa comunicazione tempestiva della situazione di pericolo, mentre il conduttore, al quale viene trasferita la disponibilità della cosa locata e delle sue pertinenze, risponde, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per i danni arrecati a terzi dalle parti ed accessori del bene locato, come i servizi dell’appartamento avuti in custodia fermo restando che non è risarcibile quella parte di danno (nella specie: allagamento del locale sottostante per difettoso uso della lavatrice) che il danneggiato avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza” (C. Cass., Sez.III, 9/2/2004, n°2422, in Giust. Civ. 2005, 2, I, 463). “Tra le riparazioni a carico dell’inquilino rientrano anche quelle relative alla rottura di elementi “esterni” dell’impianto idrico per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie. (Nella fattispecie la Cassazione ha ritenuto che dei danni provocati dalla rottura del tubo flessibile del bidet debba rispondere l’inquilino, atteso che la serpentina è un tubo pieghevole non inglobato nell’impianto interno idrico, per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie e, di conseguenza, è sotto la vigilanza del conduttore-inquilino che sarà responsabile dei relativi danni)” (C. Cass., Sez.III, 28/11/2007, n°24737, in Diritto&Giustizia 2007)”. ”Tra le riparazioni a carico dell’inquilino rientrano anche quelle relative alla rottura di elementi «esterni» dell’impianto idrico per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie. (Nella fattispecie la Cassazione ha ritenuto che dei danni provocati dalla rottura del tubo flessibile del bidet debba rispondere l’inquilino, atteso che la serpentina è un tubo pieghevole non inglobato nell’impianto interno idrico, per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie e, di conseguenza, è sotto la vigilanza del conduttore-inquilino che sarà responsabile dei relativi danni)” (C. Cass., Sez.III, 30/1/2006, n°1878, in Giust. Civ. Mass. 2006, 5). Viceversa, “nella categoria delle riparazioni di piccola manutenzione, a carico del conduttore ex art. 1609 c.c., non rientrano quelle relative agli impianti interni alla struttura dell’immobile (elettrico, idrico, termico) per l’erogazione dei servizi indispensabili al suo godimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva definito di straordinaria manutenzione - e quindi a carico del locatore - gli interventi necessari per ricondurre l’immobile locato in buono stato locativo, da eseguirsi sugli impianti elettrico ed idrico, nonché la levigatura del pavimento e gli interventi sugli infissi esterni, tutti risalenti al normale deterioramento del bene per uso e vetustà)” (C. Cass., Sez.III, 14/3/2006, n°5469, in Giust. Civ. Mass. 2006, 3). Per C. Cass., Sez.III, 27/5/2005, n°11289 (Giust. Civ. Mass. 2005, 5), “La disposizione contenuta nell’art. 1609 c.c. - secondo cui sono a carico del conduttore di immobile urbano solo le spese di piccola manutenzione della cosa locata rese necessarie dal deterioramento prodotto dall’uso, così riversandosi sul locatore anche l’obbligo delle altre spese di piccola manutenzione - comporta che il locatore che agisce contro l’inquilino per il rimborso delle spese di riparazione dell’immobile che assume dipendenti dalla omessa manutenzione dovuta da quest’ultimo ha l’onere di dimostrare, in conformità con le regole generali sull’onere della prova, i presupposti del relativo diritto, e, quindi, che si tratti di danni conseguenti alla assenza di riparazioni di piccola manutenzione rese necessarie dal deterioramento prodotto dall’uso. (Nella specie la Corte cass. ha confermato la sentenza di merito che, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, aveva escluso che fossero addebitabili al conduttore le macchie di residui ferrosi nei pezzi sanitari del locale bagno, in quanto causati da normale uso della cosa in zona caratterizzata dalla presenza di residui ferrosi nell’acqua)”.

Al termine della locazione, il conduttore, ai sensi dell’art.1590 c.c., deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. E si è già visto che in mancanza della descrizione “si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione” (art.1590, comma 2, c.c.). Tale disposizione esprime una regola generale dalla quale si ricava la possibilità di un deterioramento normale della cosa locata conseguente all’uso corretto del bene (in conformità del contratto) oppure alla vetustà (art. 1609, comma 1, c.c.), che rientra nella liceità giuridica del godimento della cosa e che, dunque, il locatore è tenuto a sopportare in quanto derivante dall’utilizzo conforme al contratto (cfr. C. Cass., Sez. I, 1/9/1997, n°8312).

Qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto - da parte di terzi - richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori (C. Cass., Sez. III, 1/7/1998, n° 6417, in Giust. Civ. Mass. 1998, 1431; cfr. anche C. Cass., Sez.III, 30/7/2004, n°14608). Per C. Cass., Sez.III, 7/7/2005, n°14305 (in Giust. Civ. Mass. 2005, 6 e già cit.): “In materia di risarcimento del danno arrecato alla cosa locata, la disposizione del comma 2 dell’art. 1590 c.c., secondo la quale, in mancanza di descrizione delle condizioni dell’immobile alla data della consegna, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato locativo, si applica a tutte le locazioni, qualunque ne sia la durata, imponendo al conduttore, per vincere la presunzione suddetta, l’onere di provare rigorosamente che le condizioni dell’immobile alla data di inizio della locazione erano dipendenti dall’incuria del locatore nella ordinaria e straordinaria manutenzione dell’immobile stesso”.

Secondo C. Cass., Sez. III, 18/6/1993, n° 6798 (Giust. Civ. Mass. 1993, 1043), “A norma dell’art.1227, comma 2, c.c., il creditore, in base alle regole dettate dall’ordinaria diligenza, ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio e con la propria condotta il pregiudizio subito, ma non ha l’obbligo di esplicare una straordinaria e gravosa attività, cioè un facere non corrispondente all’id quod plerumque accidit, esorbitando una tale attività dai limiti dell’ordinaria diligenza. Pertanto, nella ipotesi in cui la cosa locata offerta in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello risultante dalla descrizione fattane dalle parti all’inizio della locazione oppure, in mancanza di descrizione, non si trovi in buono stato locativo, per accertare se sia giustificato il rifiuto di ricevere la cosa da parte del locatore occorre distinguere il caso in cui la cosa locata sia deteriorata per non avere il conduttore adempiuto durante il corso della locazione all’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione (artt. 1576 e 1609 c.c.) da quello in cui la non conformità dello stato della cosa locata a quello esistente all’inizio della locazione dipenda o dal non avere il conduttore adempiuto all’obbligo impostogli dal contratto di provvedere alle riparazioni eccedenti la piccola manutenzione o dall’avere lo stesso conduttore apportato alla cosa locata trasformazioni ed innovazioni. Nel primo caso, poiché si tratta di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa e non implicano l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa, l’esecuzione di esse rientra nei limiti del dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto al fine di non aggravare il danno ed è quindi illegittimo il suo rifiuto di ricevere la restituzione della cosa locata. Nel secondo caso, poiché il locatore ha diritto a ricevere la cosa nell’originario stato di sostanziale consistenza e destinazione e poiché l’esecuzione delle opere di ripristino implica l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa, si è in presenza di un facere al quale il locatore non è tenuto secondo l’id quod plerumque accidit, e pertanto legittimamente il locatore rifiuta l’offerta, fattagli dal conduttore, di restituzione della cosa locata in quello stato”. Così per C. Cass., Sez. III, 13/7/1998, n° 6856 (in Giust. Civ. Mass. 1998, 1519), secondo cui “Il principio desumibile dall’art.1590 c.c. che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell’immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all’art. 1227, comma 2, c.c. secondo il quale in base alle regole dell’ordinaria diligenza il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un facere non corrispondente all’id quod plerumque accidit. Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione ex art. 1576 c.c.; il locatore può invece rifiutare la riconsegna dell’immobile locato nel caso in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poiché in tale caso la rimessione in pristino richiederebbe l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, un facere al quale il locatore non e’ tenuto secondo l’id quod plerumque accidit”.

D’altra parte, “nell’ipotesi in cui l’immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all’inizio della locazione, ovvero, in mancanza di descrizione, si trovi, comunque, in cattivo stato locativo, per accertare se il rifiuto del locatore di riceverlo sia o meno giustificato, occorre distinguere a seconda che la cosa locata risulti deteriorata per non avere il conduttore adempiuto all’obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, ovvero per avere il conduttore stesso effettuato trasformazioni e/o innovazioni, così che, nel primo caso (trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa, e non implicano l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa) l’esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello "status" quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno, ed il suo rifiuto di ricevere la cosa è conseguentemente illegittimo, salvo diritto al risarcimento dei danni, mentre, nel secondo caso (poiché l’esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un’attività straordinaria e gravosa), il locatore può legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta” (C. Cass., Sez.III, 26/11/2002, n°16685, in Giust. Civ. Mass. 2002, 2051). Per C. Cass., Sez.III, 13/7/2008, n°6865 (Giust. Civ. Mass. 1998, 1519), “Il principio desumibile dall’art. 1590 c.c. che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell’immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all’art. 1227, comma 2, c.c. secondo il quale in base alle regole dell’ordinaria diligenza il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un "facere" non corrispondente all’id quod plerumque accidit. Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione ex art. 1576 c.c.; il locatore può invece rifiutare la riconsegna dell’immobile locato nel caso in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poiché in tale caso la rimessione in pristino richiederebbe l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, un "facere" al quale il locatore non è tenuto secondo l’id quod plerumque accidit”.

Secondo C. Cass., Sez. III, 16/9/2008, n°23721 (Diritto&Giustizia 2008), “Qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna la cosa locata presenti danni eccedenti il degrado dovuto al normale uso della stessa, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni; pertanto, il locatore può addebitare al conduttore la somma necessaria al ripristino del bene nelle stesse condizioni in cui era all’inizio della locazione, dedotto il deterioramento derivante dall’uso conforme al contratto, mentre non può addebitargli le spese inerenti alle ristrutturazioni e ai miglioramenti che vadano oltre questi limiti. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito che, pur dando atto che i lavori di ripristino eseguiti dal locatore includevano opere diverse e maggiori rispetto a quelle rese indispensabili dall’eliminazione dei danni arrecati dal conduttore, aveva liquidato a titolo di danni l’intera somma spesa per la ristrutturazione dell’immobile)”.

Le disposizioni di cui all’art.1576 c.c. (così come quelle di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c., sulle quali v. anche «Innovazioni e miglioramenti nella disciplina delle locazioni» in Diritto&Diritti, 2008) sono convenzionalmente derogabili tra le parti (C. Cass., Sez.III, 20/6/1998, n°6158). Per C. Cass., Sez. III, 30/4/2005, n°9019 (Giust. Civ. Mass. 2005, 4), “In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, poiché non trova applicazione l’art. 23 legge n. 392 del 1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, nè è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone, non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge n. 392 del 1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore sia la manutenzione ordinaria che quella straordinaria. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto priva di rilevanza la clausola con la quale le parti avevano convenuto che "tutte le riparazioni di cui agli art. 1576 e 1609 del c.c." erano a carico del conduttore, che doveva "provvedervi tempestivamente")”. E “Tenuto conto che in tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, non trova applicazione l’art. 23 legge n. 392 del 1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, nè è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge n. 392 del 1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore la manutenzione ordinaria e straordinaria, relativa agli impianti e alle attrezzature particolari dell’immobile locato, lasciando invece a carico del locatore soltanto le riparazioni delle strutture murarie” (C. Cass., Sez.III, 4/11/2002, n°15388, in Giust. Civ. Mass. 2002, 1900).

La disciplina delle locazioni che hanno per oggetto immobili urbani varia a seconda che gli stessi siano adibiti ad uso abitativo (nel qual caso dovrà farsi riferimento soprattutto alla legge 9/12/1998, n°431, e succ. mod.) ovvero ad uso diverso da quello di abitazione (legge 27/7/1978, n°392, e succ. mod.). Si ha uso diverso da quello di abitazione quando l’immobile dato in locazione viene adibito: ad attività industriali, commerciali e artigianali; ad attività di interesse turistico; ad attività di lavoro autonomo; ad attività alberghiere (art.27 L.392/1978); ad attività ricreative, assistenziali, culturali e scolastiche; a sedi di partiti e sindacati (art.42 L.392/78). Si ha uso diverso da quello di abitazione anche nel caso di contratti di locazione stipulati dallo Stato e da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori (art.42 L.392/1978).

Per questo tipo di locazioni, la durata minima del rapporto è stabilita in sei anni (9 anni per le attività alberghiere) e la rinnovazione alla prima scadenza può essere negata dal locatore soltanto nei casi tassativamente stabiliti dall’art.29 L.392/1978.

Il contratto si rinnova tacitamente di sei anni in sei anni (di nove anni in nove anni per le attività alberghiere), salvo disdetta (con le limitazioni già dette per la prima scadenza contrattuale) da comunicarsi all’altra parte almeno 12 mesi (18 mesi per le attività alberghiere) prima della scadenza.

Ai sensi dell’art.79 legge 392/1978 è nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto (nonché a superare i limiti di indicizzazione del canone) e per effetto della regola generale di cui agli artt.1339 e 1419, comma 2, c.c., richiamata, per la parte che qui interessa, anche dall’art.27, comma 4, della legge 392/78, le norme imperative (sulla durata minima del rapporto come sui limiti di indicizzazione del canone, etc.) sostituiscono le clausole difformi eventualmente pattuite tra le parti. Il comma 2 dello stesso art.79 prevede che il conduttore, con azione proponibile fino a sei mesi dopo la riconsegna dell’immobile locato, possa “ripetere le somme sotto qualsiasi forma corrisposte in violazione dei divieti e dei limiti previsti dalla presente legge”. Secondo C. Cass., Sez.III, 24/11/2004, n°22129 (in Giust. Civ. Mass. 2005, f.1), “la previsione di un termine di durata del contratto superiore a quella minima di legge non esclude l’applicabilità della disciplina del rinnovo alla prima scadenza di cui all’articolo 28 L.392/1978, ancorché la durata del contratto inizialmente pattuita sia uguale o superiore a quella di dodici anni risultante dalla somma della durata minima legale iniziale e da quella minima di rinnovo”. D’altra parte, “come si desume dall’articolo 27 della legge n°392 del 1978, che considera inderogabile solo la durata minima dei contratti di locazione, senza porre limiti a quella massima, rientra nell’autonomia negoziale delle parti stabilire un termine di durata superiore a quella legale. Anche in questo caso, tuttavia, il contratto si rinnova per sei anni, essendo tale termine stabilito dalla legge a prescindere dalla durata inizialmente fissata dalle parti. Ne deriva, pertanto, che ove (come nella specie) sia convenuto un termine di nove anni, la durata complessiva del contratto è di quindici anni (nove più sei) salve ulteriori proroghe legali” (in questo senso, C. Cass. Sez.III, 29/10/2004, n°20906). Risolvendo un contrasto giurisprudenziale C. Cass., SS.UU., 9/7/1997, n°6227, ha ritenuto applicabile ai contratti di locazione stipulati ai sensi dell’art.42 della legge 392/78 l’intera disciplina di cui agli artt.28 e 29 della stessa legge (nonostante la formulazione letterale): “Il comma 2 dell’art. 42 l. n. 392 del 1978, nella parte in cui specificamente richiama il preavviso per il rilascio di cui all’art. 28 deve essere interpretato nel senso che ai contratti di locazione di immobili adibiti ad una delle particolari attività contemplate al comma 1 stesso art. 42 si applica l’intera disciplina sulla durata del rapporto contenuta nell’art. 28 e, pertanto, anche la normativa sul diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale dettata dall’art. 28, comma 2, e 29 stessa legge” (Giur. it. 1998, 1351); “con riguardo ai contratti di locazione di immobili adibiti ad una delle particolari attività di cui all’art. 42 l. 27 luglio 1978 n. 392, il comma 2 di detto articolo richiamando il preavviso per il rilascio di cui al precedente art. 28 importa l’applicabilità a tali contratti dell’intera disciplina della durata contenuta nel cit. art. 28 e pertanto anche del diniego motivato di rinnovazione alla prima scadenza contrattuale, dettata dagli art. 28, comma 2, e 29 della stessa legge” (Giust. civ. 1997, I, 2407).

Per quanto concerne i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione bisogna, però, segnalare C. Cass., Sez.III, n°9614 del 10/9/1999: “Come principio generale va osservato che la volontà di obbligarsi della pubblica amministrazione non può desumersi per implicito da fatti o atti, dovendo essere manifestata nelle forme richieste dalla legge, tra le quali l’atto scritto ad substantiam, sì che nei confronti della stessa p.a. non è configurabile il rinnovo tacito del contratto. Detto principio va applicato anche in tema di contratto di locazione di immobili urbani, in cui l’ente pubblico sia locatore, sia pure con una precisazione. Si è infatti rilevato che il principio per cui, in materia di locazioni, la rinnovazione tacita del contratto, nel quale sia parte una pubblica amministrazione, è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione da parte di questa di obbligarsi, che non può desumersi, in tal caso da fatti concludenti, ma deve essere espressa nelle forme di legge, non trova applicazione allorché la continuazione dell’originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso e perciò in forza della volontà così manifestata di concludere il contratto stesso, con esclusione dell’ipotesi della vera e propria rinnovazione o riconduzione”. “Il principio per cui, in materia di locazioni, la rinnovazione tacita del contratto, nel quale sia parte una p.a., è incompatibile con il procedimento previsto per la manifestazione, da parte di questa, della volontà di obbligarsi, che non può desumersi, in tal caso, da fatti concludenti, ma deve essere espressa nelle forme di legge, comporta l’inapplicabilità alla p.a. anche delle fattispecie legali di rinnovazione tacita dei contratti di locazione previste dalla l. n. 392 del 1978, rimanendo salva, viceversa, la possibilità che la continuazione dell’originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso” (Giust. civ. Mass. 1999, 1940). Per questo indirizzo giurisprudenziale v. anche C. Cass., SS.UU., 28/11/1991, n°12769, e C. Cass., Sez.III, 24/6/2002, n°9165 (in Codici d’Italia): “In materia di contratti stipulati dalla p.a. deve ritenersi necessaria la stipulazione in forma scritta ad substantiam, soddisfacendo così la ratio dell’esigenza di individuare esattamente l’obbligazione assunta ed il contenuto negoziale dell’atto ed agevolando la funzione di controllo e della concreta osservanza dei principi di imparzialità e di buon andamento; conseguentemente deve escludersi che si possa ipotizzare la possibilità di tacito rinnovo del contratto per facta concludentia” (v., da ultimo, anche Tribunale di Modena, Sez.II Civile, ordinanza 28/6/2007 in Guida al Diritto 2007, 37,68). Ma su questo e altri aspetti della disciplina generale e speciale (vizi della cosa, garanzia per molestie, locazione transitoria, recesso del conduttore, prelazione, etc.), nonché su affitto d’azienda e concessione amministrativa dei beni pubblici, v. «La disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo», in Altalex 2006.

Tra le (principali) obbligazioni del locatore vi sono quelle di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione e di mantenerla in modo che serva all’uso convenuto (art.1575 c.c.). In particolare, il locatore deve eseguire, durante la locazione, tutte le riparazioni necessarie a mantenere l’immobile in buono stato locativo, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore (art.1576 c.c.). Il conduttore, dal canto suo deve “osservare la diligenza del buon padre di famiglia” nel servirsi della cosa locata “per l’uso determinato nel contratto (…)” (art.1587 c.c.) e provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione cui si è detto, ossia quelle dipendenti da deterioramenti prodotti dall’uso e non quelle dipendenti da vetustà o da caso fortuito (artt.1590 e 1609 c.c.). E quando la cosa locata abbisogna di riparazioni che non sono a carico del conduttore, questi è tenuto a darne avviso al locatore (art.1577, comma 1, c.c.); se si tratta di riparazioni urgenti, il conduttore può eseguirle direttamente, salvo rimborso, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore (art.1577, comma 2, c.c.). Ma “Purché risulti acclarata la necessità di eseguire nell’immobile locato riparazioni urgenti, rispetto al contestuale avviso al locatore cui il conduttore è tenuto a norma dell’art. 1577 c.c. nell’ipotesi che provveda a eseguirli direttamente, ha valore equipollente la conoscenza accertata da parte del locatore di detta necessità e la sua inerzia a provvedere entro un tempo ragionevole, tenuto conto di natura, entità e urgenza dei lavori” (C. Cass., Sez.III, 18/8/2008, n°19943 in Guida al Diritto 2008, 44, 65).

Al termine della locazione, “il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. In mancanza di descrizione, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione” (art.1590 c.c.).

Secondo C. Cass., Sez.III, 27/5/2008, n°13761 (Giust. Civ. Mass. 2008, 5, 813), “L’inidoneità dell’immobile all’esercizio di una determinata attività commerciale o industriale, per il quale è stato locato, non comporta per il locatore l’obbligo di operare modificazioni o trasformazioni che non siano poste a suo carico né dalla legge né dal contratto; ed invero gli obblighi previsti a carico del locatore dagli art. 1575 e 1576 c.c. non comprendono l’esecuzione di opere di modifica o trasformazione, anche se imposte da disposizioni di legge o dell’autorità, sopravvenute alla consegna, per rendere la cosa stessa idonea all’uso convenuto. (Nella specie, la S.C. ha reputato scevra di qualsiasi censura la sentenza impugnata che aveva ritenuto opere di trasformazione non poste a carico del locatore quelle da eseguire per ottenere il certificato di prevenzione incendio, in quanto comportanti interventi modificativi della struttura originaria del bene)”. Anche per C. Cass., Sez. III, 31/3/2008, n°8303, ”L’art. 1575 c.c. obbliga il locatore a mantenere la cosa locata idonea all’uso convenuto, e non a modificarla o trasformarla, rispetto allo stato esistente al momento della stipula della locazione, per renderla idonea all’esercizio di una specifica attività per cui è stata locata, e pur se determinati requisiti siano prescritti dalla pubblica autorità” (Guida al Diritto 2008, 22, 53); “Una volta che sia stato stipulato un contratto di locazione di un immobile destinato ad un determinato uso, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività per cui é stato locato, anche in relazione al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso proposto e confermato la sentenza impugnata con cui era stato correttamente affermato, in relazione alla locazione di un immobile destinato ad attività produttiva, che gravava sul conduttore la verifica delle richieste modifiche strutturali delle dimensioni di una finestra, alla cui esecuzione si era obbligato il locatore)” (Giust. Civ. Mass., 2008, 3, 490). Per C. Cass., Sez. III, 8/6/2007, n°13395 (Giust. Civ. Mass. 2007, 6), “Salvo patto contrario, non è onere del locatore ottenere le eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per l’uso del bene locato; pertanto, nel caso in cui il conduttore non ottenga la suddetta autorizzazione, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al locatore, quand’anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato. Inoltre, la destinazione particolare dell’immobile locato, tale da richiedere che l’immobile stesso sia dotato di precise caratteristiche e che ottenga specifiche licenze amministrative, diventa rilevante, quale condizione di efficacia, quale elemento presupposto o, infine, quale contenuto dell’obbligo assunto dal locatore nella garanzia di pacifico godimento dell’immobile in relazione all’uso convenuto soltanto se abbia formato oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, nel contratto, che la locazione sia stipulata per un certo uso e l’attestazione del riconoscimento della idoneità dell’immobile da parte del conduttore”. “Il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso dei beni immobili non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio, sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene secondo la destinazione d’uso convenuta; del mancato rilascio il locatore è responsabile nei confronti del conduttore quando la destinazione particolare dell’immobile in conformità alle richieste autorizzazioni, concessioni o licenze amministrative abbia costituito il contenuto del suo obbligo specifico di garantire il pacifico godimento dell’immobile in rapporto all’uso convenuto” (C. Cass., Sez. III, 17/1/2007, n°975, in Giust. Civ. Mass., 2007, 1). “Salvo patto contrario, non è onere del locatore ottenere le eventuali autorizzazioni amministrative necessarie per l’uso del bene locato; pertanto, nel caso in cui il conduttore non ottenga la suddetta autorizzazione, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento in capo al locatore, quand’anche il diniego di autorizzazione sia dipeso dalle caratteristiche del bene locato” (C. Cass., Sez.III, 26/9/2006, n°20831, in Giust. Civ. Mass. 2006, 10; v., altresì, C. Cass., Sez. III, 30/4/2005, n°9019; C. Cass., Sez. III, 12/5/2000, n°6121).

Si, consideri, tuttavia, C. Cass., Sez.III, 19/7/2008, n°20067 (in Giust. Civ. Mass. 2008, 7-8, 1187), per la quale “In tema di locazione di bene immobile destinato ad uso diverso da abitazione, il locatore deve garantire non solo l’avvenuto rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso del bene immobile, ovvero la relativa abitabilità, ma, essendo obbligato a mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, anche il loro persistere nel tempo. Ne consegue che, ove venga per qualsiasi motivo sospesa l’efficacia dei suddetti provvedimenti e il conduttore venga a trovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito, sussiste inadempimento del locatore, che non può al riguardo addurre a giustificazione (e pretendere, conseguentemente, il pagamento del canone maturati nel periodo di inutizzabilità dell’immobile) l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato della P.A.”. D’altra parte, per C. Cass., Sez.III, 11/4/2006, n°8409 (Giust. Civ. Mass. 2006, 5), “In tema di locazione d’immobili ad uso diverso da abitazione, diversamente che per le autorizzazioni amministrative (come l’iscrizione alla Camera di commercio) ovvero di quelle di pubblica sicurezza necessarie all’esercizio di specifiche attività (o per poter adibire i locali a pubblici spettacoli), incombe - salvo patto contrario - sul locatore l’obbligo di curare l’ottenimento del certificato di abitabilità, posto a tutela delle esigenze igieniche e sanitarie nonché degli interessi urbanistici - richiedenti l’accertamento pubblico della sussistenza delle condizioni di salubrità, stabilità e sicurezza dell’edificio, attestante l’idoneità dell’immobile ad essere "abitato" e più generalmente ad essere frequentato dalle persone fisiche - la cui mancanza determina non già la nullità del contratto per illiceità dell’oggetto o per aliud pro alio, bensì una situazione d’inadempimento, in ragione dell’iniziale inettitudine della cosa a soddisfare l’interesse del conduttore, che, in quanto nota alle parti, non preclude la negoziazione dell’immobile, ma, ove l’inadempimento divenga definitivo per essere il relativo rilascio definitivamente negato, consente il ricorso ai rimedi della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno”. “In tema di locazione di bene immobile destinato ad uso diverso da abitazione (nella specie, ad uso ristorazione ed altre attività connesse), il locatore deve garantire non solo l’avvenuto rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso del bene immobile, ovvero la relativa abitabilità, ma, essendo obbligato a mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto, anche il loro persistere nel tempo. Ne consegue che, ove venga per qualsiasi motivo sospesa l’efficacia dei ricordati provvedimenti e il conduttore venga a trovarsi nell’impossibilità di utilizzare l’immobile per l’uso pattuito, sussiste inadempimento del locatore, che non può al riguardo addurre a giustificazione (e pretendere conseguentemente il pagamento del canone maturati nel periodo di inutilizzabilità dell’immobile), l’illegittimità del provvedimento di sospensione adottato dalla p.a. (nella specie, provvedimento del sindaco di sospensione dell’autorizzazione sanitaria per irregolarità dello smaltimento dei liquami e reflui prodotti, dipendente dall’impianto centralizzato a servizio del centro residenziale di ubicazione dei locali oggetto di locazione), che può essere se del caso fatta valere in un separato ed autonomo giudizio nei confronti di quest’ultima, ma è inidonea ad escludere la sua responsabilità da inadempimento contrattuale” (C. Cass., Sez.III, 28/3/2006, n°7081, in Giust. Civ. Mass., 2006, 5). D’altra parte, “la consegna di cosa che risulti inidonea a realizzare l’interesse del conduttore non comporta la responsabilità del locatore per violazione del dovere di cui all’art.1575, n°1, del codice civile e non esonera il conduttore dall’obbligazione di pagamento del corrispettivo quando risulti che il conduttore, conoscendo la possibile inettitudine dell’oggetto della prestazione, abbia accettato il rischio economico come rientrante nella normalità dell’esecuzione della prestazione stessa” (C. Cass., Sez.III, 15/10/2002, n°14659, in Giust. Civ. Mass. 2002, 1807).

Si ricordi (ad es. con C. Cass., Sez.III, 18/4/2001, n°5682) che “Costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell’art. 1578 c.c. - la cui presenza non configura un inadempimento del locatore alle obbligazioni assunte ex art. 1575 c.c., ma altera l’equilibrio delle prestazioni corrispettive, incidendo sulla idoneità all’uso della cosa stessa e consentendo la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del corrispettivo, ma non la esperibilità dell’azione di esatto adempimento - quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone la integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione. Ciò posto, è da escludere che possano essere ricompresi tra i vizi della cosa locata quei guasti o deterioramenti della stessa dovuti alla naturale usura, effetto del tempo, ovvero di accadimenti accidentali (nella specie, rottura di un tubo del vaso di espansione dell’impianto di riscaldamento posto nel sovrastante sottotetto, che aveva determinato un’infiltrazione). In tale ipotesi, è operante l’obbligo del locatore di provvedere alle riparazioni ai sensi dell’art. 1576 c.c., la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale” (in Giust. Civ. Mass. 2001, 814).

D’interesse sono, al riguardo, gli artt.1583 e 1584 c.c. che disciplinano il mancato godimento della cosa locata da parte del conduttore nel caso di riparazioni urgenti, di quelle riparazioni, cioè, “che non possono differirsi fino termine del contratto” e che il conduttore deve tollerare “anche quando importano privazione del godimento di parte della cosa locata” (art.1583 c.c.). Tuttavia, se l’esecuzione delle riparazioni si protrae per oltre un sesto della durata della locazione e, in ogni caso, per oltre venti giorni, il conduttore ha diritto ad unas proporzionale riduzione del corrispettivo (art.1584, comma 1, c.c.). Per C. Cass., Sez.III, 14/8/1997, n°7605 (in Giust. Civ. Mass., 1997, 1424), “Nel caso in cui il conduttore rimanga privo del godimento del bene locato a causa dell’esecuzione in esso di riparazioni da parte del locatore, quest’ultimo non solo è esposto a subire la riduzione del canone o la risoluzione del rapporto, me è inoltre tenuto a risarcire il danno a titolo di responsabilità contrattuale, salva la responsabilità risarcitoria del terzo appaltatore dei lavori, per illecito aquiliano, sempreché che il conduttore dimostri che dalle riparazioni gli è derivato un pregiudizio ulteriore e diverso rispetto alla diminuzione o alla perdita dell’utilizzabilità del bene, atteso che in tale caso è configurabile una autonoma violazione dell’obbligo del locatore di garantire il pacifico godimento del bene locato”. Si noti poi, sotto altro profilo, che “La fattispecie prevista all’art. 677 c.p. (omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina) configura un reato proprio che può essere commesso soltanto dal proprietario dell’edificio o dal non proprietario che, per legge o convenzione, sia obbligato alla conservazione o alla vigilanza del medesimo. Ne consegue che il conduttore dell’appartamento sito nell’edificio non è destinatario, in quanto tale, del precetto di cui al citato articolo, atteso che, a norma dell’art. 1576 c.c., tutte le riparazioni necessarie per il mantenimento della cosa locata sono a carico del locatore e non già del conduttore e che costui ha solo l’onere, secondo quanto dispone l’art. 1583 c.c., di non opporsi alla loro esecuzione” (C. Cass., Sez. I Penale, 5/11/2002, n°41709, in Cass. Pen. 2003, 3424). Secondo C. Cass., Sez. III, 1/6/2006, n°13133 (Giust. Civ. Mass., 2006, 6), “Al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti. (Nella specie, il conduttore, dopo che l’immobile era stato lesionato dalla caduta di un albero sul tetto, aveva continuato a utilizzarlo mantenendovi i mobili e ad altri oggetti nelle stanze non danneggiate dal sinistro)”.

Il conduttore, si è detto, deve provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione dipendenti dai deterioramenti prodotti dall’uso della cosa locata. A tale riguardo deve segnalarsi che “l’obbligo di manutenzione ordinaria o straordinaria, quando non si tratta di opere di piccola manutenzione, grava sul locatore; pertanto questi non può pretendere, nel corso della locazione, il rimborso delle spese per la manutenzione delle parti dell’immobile logorate dal normale uso, nè tantomeno, al termine della locazione, il risarcimento dei danni per le spese di riparazione, se non offre la prova, almeno indiziaria, dello scorretto uso della cosa da parte del conduttore. (Nella specie la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, con apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, aveva addebitato alla errata installazione di un forno elettrico in luogo di un preesistente forno a legna sia il degrado prodotto della umidità ascendente accumulatasi nelle pareti e nel controsoffitto, sia quello dei pavimenti, in parte rimossi per l’installazione del predetto forno)” (C. Cass., Sez.III, 7/7/2005, n°14305, in Giust. Civ. Mass. 2005, 6). E “Posto che la responsabilità per danni da cose in custodia si fonda su una relazione oggettiva intercorrente tra il custode e la cosa, che può essere di proprietà o, anche, di possesso e detenzione, il locatore conserva la responsabilità per i danni arrecati dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati (cornicioni, tetti, tubature idriche), salva rivalsa nei confronti del conduttore per omessa comunicazione tempestiva della situazione di pericolo, mentre il conduttore, al quale viene trasferita la disponibilità della cosa locata e delle sue pertinenze, risponde, a titolo di responsabilità extracontrattuale, per i danni arrecati a terzi dalle parti ed accessori del bene locato, come i servizi dell’appartamento avuti in custodia fermo restando che non è risarcibile quella parte di danno (nella specie: allagamento del locale sottostante per difettoso uso della lavatrice) che il danneggiato avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza” (C. Cass., Sez.III, 9/2/2004, n°2422, in Giust. Civ. 2005, 2, I, 463). “Tra le riparazioni a carico dell’inquilino rientrano anche quelle relative alla rottura di elementi “esterni” dell’impianto idrico per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie. (Nella fattispecie la Cassazione ha ritenuto che dei danni provocati dalla rottura del tubo flessibile del bidet debba rispondere l’inquilino, atteso che la serpentina è un tubo pieghevole non inglobato nell’impianto interno idrico, per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie e, di conseguenza, è sotto la vigilanza del conduttore-inquilino che sarà responsabile dei relativi danni)” (C. Cass., Sez.III, 28/11/2007, n°24737, in Diritto&Giustizia 2007)”. ”Tra le riparazioni a carico dell’inquilino rientrano anche quelle relative alla rottura di elementi «esterni» dell’impianto idrico per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie. (Nella fattispecie la Cassazione ha ritenuto che dei danni provocati dalla rottura del tubo flessibile del bidet debba rispondere l’inquilino, atteso che la serpentina è un tubo pieghevole non inglobato nell’impianto interno idrico, per la cui sostituzione non occorre intervenire nelle opere murarie e, di conseguenza, è sotto la vigilanza del conduttore-inquilino che sarà responsabile dei relativi danni)” (C. Cass., Sez.III, 30/1/2006, n°1878, in Giust. Civ. Mass. 2006, 5). Viceversa, “nella categoria delle riparazioni di piccola manutenzione, a carico del conduttore ex art. 1609 c.c., non rientrano quelle relative agli impianti interni alla struttura dell’immobile (elettrico, idrico, termico) per l’erogazione dei servizi indispensabili al suo godimento. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva definito di straordinaria manutenzione - e quindi a carico del locatore - gli interventi necessari per ricondurre l’immobile locato in buono stato locativo, da eseguirsi sugli impianti elettrico ed idrico, nonché la levigatura del pavimento e gli interventi sugli infissi esterni, tutti risalenti al normale deterioramento del bene per uso e vetustà)” (C. Cass., Sez.III, 14/3/2006, n°5469, in Giust. Civ. Mass. 2006, 3). Per C. Cass., Sez.III, 27/5/2005, n°11289 (Giust. Civ. Mass. 2005, 5), “La disposizione contenuta nell’art. 1609 c.c. - secondo cui sono a carico del conduttore di immobile urbano solo le spese di piccola manutenzione della cosa locata rese necessarie dal deterioramento prodotto dall’uso, così riversandosi sul locatore anche l’obbligo delle altre spese di piccola manutenzione - comporta che il locatore che agisce contro l’inquilino per il rimborso delle spese di riparazione dell’immobile che assume dipendenti dalla omessa manutenzione dovuta da quest’ultimo ha l’onere di dimostrare, in conformità con le regole generali sull’onere della prova, i presupposti del relativo diritto, e, quindi, che si tratti di danni conseguenti alla assenza di riparazioni di piccola manutenzione rese necessarie dal deterioramento prodotto dall’uso. (Nella specie la Corte cass. ha confermato la sentenza di merito che, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità, aveva escluso che fossero addebitabili al conduttore le macchie di residui ferrosi nei pezzi sanitari del locale bagno, in quanto causati da normale uso della cosa in zona caratterizzata dalla presenza di residui ferrosi nell’acqua)”.

Al termine della locazione, il conduttore, ai sensi dell’art.1590 c.c., deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto. E si è già visto che in mancanza della descrizione “si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato di manutenzione” (art.1590, comma 2, c.c.). Tale disposizione esprime una regola generale dalla quale si ricava la possibilità di un deterioramento normale della cosa locata conseguente all’uso corretto del bene (in conformità del contratto) oppure alla vetustà (art. 1609, comma 1, c.c.), che rientra nella liceità giuridica del godimento della cosa e che, dunque, il locatore è tenuto a sopportare in quanto derivante dall’utilizzo conforme al contratto (cfr. C. Cass., Sez. I, 1/9/1997, n°8312).

Qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto - da parte di terzi - richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori (C. Cass., Sez. III, 1/7/1998, n° 6417, in Giust. Civ. Mass. 1998, 1431; cfr. anche C. Cass., Sez.III, 30/7/2004, n°14608). Per C. Cass., Sez.III, 7/7/2005, n°14305 (in Giust. Civ. Mass. 2005, 6 e già cit.): “In materia di risarcimento del danno arrecato alla cosa locata, la disposizione del comma 2 dell’art. 1590 c.c., secondo la quale, in mancanza di descrizione delle condizioni dell’immobile alla data della consegna, si presume che il conduttore abbia ricevuto la cosa in buono stato locativo, si applica a tutte le locazioni, qualunque ne sia la durata, imponendo al conduttore, per vincere la presunzione suddetta, l’onere di provare rigorosamente che le condizioni dell’immobile alla data di inizio della locazione erano dipendenti dall’incuria del locatore nella ordinaria e straordinaria manutenzione dell’immobile stesso”.

Secondo C. Cass., Sez. III, 18/6/1993, n° 6798 (Giust. Civ. Mass. 1993, 1043), “A norma dell’art.1227, comma 2, c.c., il creditore, in base alle regole dettate dall’ordinaria diligenza, ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio e con la propria condotta il pregiudizio subito, ma non ha l’obbligo di esplicare una straordinaria e gravosa attività, cioè un facere non corrispondente all’id quod plerumque accidit, esorbitando una tale attività dai limiti dell’ordinaria diligenza. Pertanto, nella ipotesi in cui la cosa locata offerta in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello risultante dalla descrizione fattane dalle parti all’inizio della locazione oppure, in mancanza di descrizione, non si trovi in buono stato locativo, per accertare se sia giustificato il rifiuto di ricevere la cosa da parte del locatore occorre distinguere il caso in cui la cosa locata sia deteriorata per non avere il conduttore adempiuto durante il corso della locazione all’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione (artt. 1576 e 1609 c.c.) da quello in cui la non conformità dello stato della cosa locata a quello esistente all’inizio della locazione dipenda o dal non avere il conduttore adempiuto all’obbligo impostogli dal contratto di provvedere alle riparazioni eccedenti la piccola manutenzione o dall’avere lo stesso conduttore apportato alla cosa locata trasformazioni ed innovazioni. Nel primo caso, poiché si tratta di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa e non implicano l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa, l’esecuzione di esse rientra nei limiti del dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto al fine di non aggravare il danno ed è quindi illegittimo il suo rifiuto di ricevere la restituzione della cosa locata. Nel secondo caso, poiché il locatore ha diritto a ricevere la cosa nell’originario stato di sostanziale consistenza e destinazione e poiché l’esecuzione delle opere di ripristino implica l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa, si è in presenza di un facere al quale il locatore non è tenuto secondo l’id quod plerumque accidit, e pertanto legittimamente il locatore rifiuta l’offerta, fattagli dal conduttore, di restituzione della cosa locata in quello stato”. Così per C. Cass., Sez. III, 13/7/1998, n° 6856 (in Giust. Civ. Mass. 1998, 1519), secondo cui “Il principio desumibile dall’art.1590 c.c. che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell’immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all’art. 1227, comma 2, c.c. secondo il quale in base alle regole dell’ordinaria diligenza il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un facere non corrispondente all’id quod plerumque accidit. Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione ex art. 1576 c.c.; il locatore può invece rifiutare la riconsegna dell’immobile locato nel caso in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poiché in tale caso la rimessione in pristino richiederebbe l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, un facere al quale il locatore non e’ tenuto secondo l’id quod plerumque accidit”.

D’altra parte, “nell’ipotesi in cui l’immobile offerto in restituzione dal conduttore si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all’inizio della locazione, ovvero, in mancanza di descrizione, si trovi, comunque, in cattivo stato locativo, per accertare se il rifiuto del locatore di riceverlo sia o meno giustificato, occorre distinguere a seconda che la cosa locata risulti deteriorata per non avere il conduttore adempiuto all’obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione durante il corso della locazione, ovvero per avere il conduttore stesso effettuato trasformazioni e/o innovazioni, così che, nel primo caso (trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa, e non implicano l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa) l’esecuzione delle opere occorrenti per il ripristino dello "status" quo ante rientra nel dovere di ordinaria diligenza cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno, ed il suo rifiuto di ricevere la cosa è conseguentemente illegittimo, salvo diritto al risarcimento dei danni, mentre, nel secondo caso (poiché l’esecuzione delle opere di ripristino implica il compimento di un’attività straordinaria e gravosa), il locatore può legittimamente rifiutare la restituzione della cosa locata nello stato in cui essa viene offerta” (C. Cass., Sez.III, 26/11/2002, n°16685, in Giust. Civ. Mass. 2002, 2051). Per C. Cass., Sez.III, 13/7/2008, n°6865 (Giust. Civ. Mass. 1998, 1519), “Il principio desumibile dall’art. 1590 c.c. che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell’immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all’art. 1227, comma 2, c.c. secondo il quale in base alle regole dell’ordinaria diligenza il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto all’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un "facere" non corrispondente all’id quod plerumque accidit. Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all’immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell’obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione ex art. 1576 c.c.; il locatore può invece rifiutare la riconsegna dell’immobile locato nel caso in cui il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l’ordinaria manutenzione o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poiché in tale caso la rimessione in pristino richiederebbe l’esplicazione di un’attività straordinaria e gravosa e, cioè, un "facere" al quale il locatore non è tenuto secondo l’id quod plerumque accidit”.

Secondo C. Cass., Sez. III, 16/9/2008, n°23721 (Diritto&Giustizia 2008), “Qualora, in violazione dell’art. 1590 c.c., al momento della riconsegna la cosa locata presenti danni eccedenti il degrado dovuto al normale uso della stessa, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni; pertanto, il locatore può addebitare al conduttore la somma necessaria al ripristino del bene nelle stesse condizioni in cui era all’inizio della locazione, dedotto il deterioramento derivante dall’uso conforme al contratto, mentre non può addebitargli le spese inerenti alle ristrutturazioni e ai miglioramenti che vadano oltre questi limiti. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte di merito che, pur dando atto che i lavori di ripristino eseguiti dal locatore includevano opere diverse e maggiori rispetto a quelle rese indispensabili dall’eliminazione dei danni arrecati dal conduttore, aveva liquidato a titolo di danni l’intera somma spesa per la ristrutturazione dell’immobile)”.

Le disposizioni di cui all’art.1576 c.c. (così come quelle di cui agli artt. 1592 e 1593 c.c., sulle quali v. anche «Innovazioni e miglioramenti nella disciplina delle locazioni» in Diritto&Diritti, 2008) sono convenzionalmente derogabili tra le parti (C. Cass., Sez.III, 20/6/1998, n°6158). Per C. Cass., Sez. III, 30/4/2005, n°9019 (Giust. Civ. Mass. 2005, 4), “In tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, poiché non trova applicazione l’art. 23 legge n. 392 del 1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, nè è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone, non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge n. 392 del 1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore sia la manutenzione ordinaria che quella straordinaria. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto priva di rilevanza la clausola con la quale le parti avevano convenuto che "tutte le riparazioni di cui agli art. 1576 e 1609 del c.c." erano a carico del conduttore, che doveva "provvedervi tempestivamente")”. E “Tenuto conto che in tema di locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, non trova applicazione l’art. 23 legge n. 392 del 1978, che disciplina le riparazioni straordinarie per gli immobili ad uso di abitazione, nè è stabilita la predeterminazione legale del limite massimo del canone non incorre nella sanzione di nullità sancita dall’art. 79 legge n. 392 del 1978 la pattuizione che pone a carico del conduttore la manutenzione ordinaria e straordinaria, relativa agli impianti e alle attrezzature particolari dell’immobile locato, lasciando invece a carico del locatore soltanto le riparazioni delle strutture murarie” (C. Cass., Sez.III, 4/11/2002, n°15388, in Giust. Civ. Mass. 2002, 1900).