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Una presunta incostituzionalità in merito alle limitazioni per l’opposizione del terzo

Articolo 63 del d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602
La presunta questione di incostituzionalità prende le mosse dalla disposizione normativa di cui all’art. 63 (ex art. 65) del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, come modificato dal D. Lgs. n. 46/1999, che impedisce, al fine di evitare il pignoramento ed a dimostrazione del proprio diritto di proprietà, la proposizione dell’istituto dell’opposizione di terzo a meno che non ci si trovi in presenza di specifiche prove documentali quali l’atto pubblico, la scrittura privata autenticata o la sentenza passata in giudicato anteriore all’anno cui si riferisce l’imposta scritta a ruolo, con la conseguenza che altra documentazione provante il diritto reale per antonomasia o il possesso del bene mobile non sarebbe opponibile versus l’agente della riscossione dei tributi.

La norma de quo presenta, tuttavia, alcuni non trascurabili profili di legittimità costituzionale. Infatti, la stessa quaestio appare, prima facie, dotata di un minimo di fondamento giuridico poiché in violazione degli artt. 3, 24, 42 e 111 Cost.

L’art. 3, 1° comma Cost. risulterebbe violato in termini di ragionevolezza delle classificazioni legislative: ragionevolezza che non si risolve nella valutazione della intrinseca bontà delle scelte effettuate dal Parlamento bensì nella coerenza delle differenziazioni normative operate dalle fonti primarie di produzione del diritto.

Nel caso in esame, il sindacato sul rispetto della norma costituzionale dell’eguaglianza non mette in gioco due soli termini, consistenti, da un lato, nella norma legislativa impugnata (art. 65 del D.P.R. n. 602/1973) e, dall’altro, nel principio dell’art. 3, 1°comma, Cost., in quanto coinvolge un terzo termine (c.d. tertium comparationis) rappresentato dal regime dell’esecuzione forzata ordinaria di cui all’art. 621 c.p.c. laddove ammette la prova testimoniale per l’esistenza del diritto su beni mobili pignorati qualora essa (l’esistenza) sia resa “verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore” (si veda anche, a riguardo, ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Pisa 28 febbraio 2007 e sentenza n. 3999/2006 Corte Cass. secondo cui in “tema di opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c. la dimostrazione della proprietà da parte del terzo rivendicante può essere fornita anche con le fatture relative all’acquisto dei beni successivamente pignorati, purché, a termini degli artt. 2702 e 2704 c.c., esse risultino sottoscritte dal venditore, accettate dall’acquirente, ed abbiano data certa anteriore al pignoramento”). Ora, è vero che la stessa Corte Costituzionale, con sentenza di rigetto n. 351/1998 (punto 2 del cons. in dir.) riconosce, in ragione del carattere libero della legislazione ordinaria, il principio della discrezionalità del legislatore statale nella ammissibilità e nel regime delle prove in materia di riscossione tributaria ma, nello stesso tempo, lo circoscrive ai “limiti della ragionevolezza” ossia all’assenza di restrizioni sul diritto di azione dei terzi.

L’art. 24, 1° comma, Cost. risulterebbe violato non solo (si veda ordinanza di rimessione del Pretore di Bologna 17 maggio 1997) perché, consentendo l’azionabilità dell’istituto dell’opposizione di terzo solo in presenza delle prova documentali prescritte, precluderebbe al terzo, che dispone di altri strumenti probatori, la garanzia di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Infatti, carattere intrinseco della norma costituzionale presa a parametro per il giudizio di legittimità, è quello di rispettare le situazioni sostanziali riconosciute ai singoli, impedendo limitazioni che possano in qualunque modo negare una loro tutelabilità processuale. La stessa dottrina, del resto, nell’interpretazione del termine “tutti” di cui al 1° comma, si riferisce a chiunque sia titolare di una situazione soggettiva di vantaggio che abbia carattere sostanziale (Cfr., A. POLICE, Art. 24 Cost, in R. Bifulco-A.Celotto-M. Olivetti (a cura di), Torino, Utet, 2006, pp.504-505), vietando forme differenziate di tutela per casi simili o analoghi.

L’art. 42, 2° comma, Cost. risulterebbe violato dalla norma impugnata nella parte in cui, prevedendo quali mezzi di prova solo quelli documentali ex art. 63 D.P.R. n. 602/1973, impedisce l’accessibilità a tutti non solo dell’acquisto ma anche della prova del diritto di proprietà o di altro diritto reale in quanto ne costituisce il logico presupposto. Se, per buona parte del periodo repubblicano, è stato sostenuto che l’art 42 Cost. conferirebbe alla legge statale il compito di “stabilire fin dove, fin quando ed in quali limiti vi debba essere, ed in che modo debba esistere, la proprietà privata” (Esposito), ora lo stesso impianto dottrinale è radicalmente mutato. Limitarne i mezzi di prova, infatti, renderebbe vano quel contenuto minimo del diritto di proprietà che autorevoli autori riconoscono, sia in Italia (Mangiameli) sia in Germania, ossia il potere di godere e disporre dei beni in modo pieno ed esclusivo, come recita l’art. 832 c.c., concepito non solo in senso attuale ma anche in senso potenziale, quale possibilità, per un soggetto, di accedere o ricostituire una situazione di vantaggio; la predisposizione di restrizioni i materia diritti soggettivi spettanti ai proprietari sarebbe ammessa, dunque, là dove occorra tutelare contrapposti interessi o diritti, ma solo se dotati anch’essi di un qualche rilievo o fondamento costituzionale (Paladin). Nel caso de quo, l’esistenza di un credito non è tale da giustificare simili limitazioni in ordine ai mezzi di prova. Inoltre, non si può non riconoscere come presupposto dal diritto costituzionale di proprietà privata di cui all’art. 42 Cost, il principio generale, valevole in ambito mobiliare, circa la speditezza dei modi e delle forme nella circolazione dei beni mobili.

Infine, l’art. 111, 2° comma, Cost. risulterebbe violato in quanto, ammettendo l’opposizione di terzo solo in ragione di specifici strumenti probatori, si lede tanto il principio di parità tra le parti quanto quello del contraddittorio. Ratio della norma costituzionale, come novellata dalla l. costituzionale n. 2/1999, è quella che i soggetti destinatari di un provvedimento giurisdizionale siano messi in condizione di difendersi, prima che il provvedimento sia emanato, in condizione di parità, sia pure compatibilmente con le loro diverse posizioni processuali. Nell’ipotesi di cui in trattazione, al terzo opponente è preclusa la possibilità di dimostrare, con l’uso dei mezzi ordinari, il diritto di proprietà nonché di integrare il contraddittorio in qualità di soggetto terzo coinvolto, sia pure indirettamente, nelle pretese di debito e di credito.

La presunta questione di incostituzionalità prende le mosse dalla disposizione normativa di cui all’art. 63 (ex art. 65) del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, come modificato dal D. Lgs. n. 46/1999, che impedisce, al fine di evitare il pignoramento ed a dimostrazione del proprio diritto di proprietà, la proposizione dell’istituto dell’opposizione di terzo a meno che non ci si trovi in presenza di specifiche prove documentali quali l’atto pubblico, la scrittura privata autenticata o la sentenza passata in giudicato anteriore all’anno cui si riferisce l’imposta scritta a ruolo, con la conseguenza che altra documentazione provante il diritto reale per antonomasia o il possesso del bene mobile non sarebbe opponibile versus l’agente della riscossione dei tributi.

La norma de quo presenta, tuttavia, alcuni non trascurabili profili di legittimità costituzionale. Infatti, la stessa quaestio appare, prima facie, dotata di un minimo di fondamento giuridico poiché in violazione degli artt. 3, 24, 42 e 111 Cost.

L’art. 3, 1° comma Cost. risulterebbe violato in termini di ragionevolezza delle classificazioni legislative: ragionevolezza che non si risolve nella valutazione della intrinseca bontà delle scelte effettuate dal Parlamento bensì nella coerenza delle differenziazioni normative operate dalle fonti primarie di produzione del diritto.

Nel caso in esame, il sindacato sul rispetto della norma costituzionale dell’eguaglianza non mette in gioco due soli termini, consistenti, da un lato, nella norma legislativa impugnata (art. 65 del D.P.R. n. 602/1973) e, dall’altro, nel principio dell’art. 3, 1°comma, Cost., in quanto coinvolge un terzo termine (c.d. tertium comparationis) rappresentato dal regime dell’esecuzione forzata ordinaria di cui all’art. 621 c.p.c. laddove ammette la prova testimoniale per l’esistenza del diritto su beni mobili pignorati qualora essa (l’esistenza) sia resa “verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore” (si veda anche, a riguardo, ordinanza di rimessione del Tribunale ordinario di Pisa 28 febbraio 2007 e sentenza n. 3999/2006 Corte Cass. secondo cui in “tema di opposizione di terzo ai sensi dell’art. 619 c.p.c. la dimostrazione della proprietà da parte del terzo rivendicante può essere fornita anche con le fatture relative all’acquisto dei beni successivamente pignorati, purché, a termini degli artt. 2702 e 2704 c.c., esse risultino sottoscritte dal venditore, accettate dall’acquirente, ed abbiano data certa anteriore al pignoramento”). Ora, è vero che la stessa Corte Costituzionale, con sentenza di rigetto n. 351/1998 (punto 2 del cons. in dir.) riconosce, in ragione del carattere libero della legislazione ordinaria, il principio della discrezionalità del legislatore statale nella ammissibilità e nel regime delle prove in materia di riscossione tributaria ma, nello stesso tempo, lo circoscrive ai “limiti della ragionevolezza” ossia all’assenza di restrizioni sul diritto di azione dei terzi.

L’art. 24, 1° comma, Cost. risulterebbe violato non solo (si veda ordinanza di rimessione del Pretore di Bologna 17 maggio 1997) perché, consentendo l’azionabilità dell’istituto dell’opposizione di terzo solo in presenza delle prova documentali prescritte, precluderebbe al terzo, che dispone di altri strumenti probatori, la garanzia di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti. Infatti, carattere intrinseco della norma costituzionale presa a parametro per il giudizio di legittimità, è quello di rispettare le situazioni sostanziali riconosciute ai singoli, impedendo limitazioni che possano in qualunque modo negare una loro tutelabilità processuale. La stessa dottrina, del resto, nell’interpretazione del termine “tutti” di cui al 1° comma, si riferisce a chiunque sia titolare di una situazione soggettiva di vantaggio che abbia carattere sostanziale (Cfr., A. POLICE, Art. 24 Cost, in R. Bifulco-A.Celotto-M. Olivetti (a cura di), Torino, Utet, 2006, pp.504-505), vietando forme differenziate di tutela per casi simili o analoghi.

L’art. 42, 2° comma, Cost. risulterebbe violato dalla norma impugnata nella parte in cui, prevedendo quali mezzi di prova solo quelli documentali ex art. 63 D.P.R. n. 602/1973, impedisce l’accessibilità a tutti non solo dell’acquisto ma anche della prova del diritto di proprietà o di altro diritto reale in quanto ne costituisce il logico presupposto. Se, per buona parte del periodo repubblicano, è stato sostenuto che l’art 42 Cost. conferirebbe alla legge statale il compito di “stabilire fin dove, fin quando ed in quali limiti vi debba essere, ed in che modo debba esistere, la proprietà privata” (Esposito), ora lo stesso impianto dottrinale è radicalmente mutato. Limitarne i mezzi di prova, infatti, renderebbe vano quel contenuto minimo del diritto di proprietà che autorevoli autori riconoscono, sia in Italia (Mangiameli) sia in Germania, ossia il potere di godere e disporre dei beni in modo pieno ed esclusivo, come recita l’art. 832 c.c., concepito non solo in senso attuale ma anche in senso potenziale, quale possibilità, per un soggetto, di accedere o ricostituire una situazione di vantaggio; la predisposizione di restrizioni i materia diritti soggettivi spettanti ai proprietari sarebbe ammessa, dunque, là dove occorra tutelare contrapposti interessi o diritti, ma solo se dotati anch’essi di un qualche rilievo o fondamento costituzionale (Paladin). Nel caso de quo, l’esistenza di un credito non è tale da giustificare simili limitazioni in ordine ai mezzi di prova. Inoltre, non si può non riconoscere come presupposto dal diritto costituzionale di proprietà privata di cui all’art. 42 Cost, il principio generale, valevole in ambito mobiliare, circa la speditezza dei modi e delle forme nella circolazione dei beni mobili.

Infine, l’art. 111, 2° comma, Cost. risulterebbe violato in quanto, ammettendo l’opposizione di terzo solo in ragione di specifici strumenti probatori, si lede tanto il principio di parità tra le parti quanto quello del contraddittorio. Ratio della norma costituzionale, come novellata dalla l. costituzionale n. 2/1999, è quella che i soggetti destinatari di un provvedimento giurisdizionale siano messi in condizione di difendersi, prima che il provvedimento sia emanato, in condizione di parità, sia pure compatibilmente con le loro diverse posizioni processuali. Nell’ipotesi di cui in trattazione, al terzo opponente è preclusa la possibilità di dimostrare, con l’uso dei mezzi ordinari, il diritto di proprietà nonché di integrare il contraddittorio in qualità di soggetto terzo coinvolto, sia pure indirettamente, nelle pretese di debito e di credito.