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Se il debitore viene dichiarato fallito, l’azione ordinaria intrapresa dal singolo creditore diventa improcedibile, in caso di subentro del curatore

Nota a Corte di Cassazione – Sezioni Uniti Civili, Sentenza 17 dicembre 2008, n. 29420
Sommario:

1. Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite

2. Le argomentazioni degli ermellini. La possibilità del curatore di <<proseguire>> l’azione revocatoria intrapresa prima del fallimento dal singolo creditore e…

2.1. (Segue): …i principali ostacoli che si frappongono alla coesistenza tra azione esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. ed azione esercitata dal curatore fallimentare ex art. 66 l. fall.

3. Le Sezioni Unite negano all’originario attore di conservare la facoltà di restare in causa, pur dopo il fallimento del debitore ed il subentro del curatore nell’azione revocatoria in corso, a titolo di interventore adesivo

4. Il quadro giurisprudenziale dopo le sentenze delle Sezioni Unite Civili del 17 dicembre 2008, nn. 29420 e 29421

1. Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite

<<Il fallimento del debitore, pendendo il giudizio di revocatoria ordinaria promossa contro di lui dal creditore ex art. 2901 cod. civ., permette al curatore sia di subentrare nel relativo processo sia di proporre ex novo la medesima azione, ex art. 66 legge fall.; in entrambi i casi la legittimazione processuale dell’organo concorsuale è comunque esclusiva, non potendo cumularsi a quella del creditore singolare, data la finalità tipica ed essenziale dell’azione revocatoria, cioè consentire il soddisfacimento esecutivo, derivando da tale sbocco inevitabile la perdita di interesse attuale per il creditore. L’azione di quest’ultimo, se esercitata, diviene dunque improcedibile>>.

Con il seguente principio di diritto espresso dalle SS. UU. della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 29420 del 17 dicembre 2008 è stato risolto il contrasto giurisprudenziale sull’eventualità di un concorso tra l’azione revocatoria ordinaria instaurata dal singolo creditore a norma dell’art. 2901 c.c. e l’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore ex art. 66 l. fall. Su tale contrasto giurisprudenziale si veda “Il creditore può proseguire l’azione revocatoria ordinaria dopo il sopravvenuto fallimento del debitore, in caso di inerzia del curatore”, nota a Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 17 dicembre 2008, n. 29421, in www.filodiritto.it, par. 5.

In particolare, gli ermellini hanno aderito esplicitamente all’orientamento consolidato prima delle sentenze della Cassazione nn. 11763 del 2006 e n. 5272 del 2008.

2. Le argomentazioni degli ermellini. La possibilità del curatore di <<proseguire>> l’azione revocatoria intrapresa prima del fallimento dal singolo creditore e…

Le Sezioni Unite hanno sostenuto che nel caso in cui il debitore sia un imprenditore commerciale e l’atto di disposizione da questo compiuto ne abbia causato (o aggravato) l’insolvenza, alla quale sia seguita la dichiarazione di fallimento, il pregiudizio che giustifica l’esercizio dell’azione revocatoria si riflette necessariamente sulla posizione dell’intera massa dei creditori, le cui ragioni devono essere soddisfatte secondo le regole del concorso. Ed è dunque questo il motivo per cui l’art. 66 l. fall. attribuisce al curatore la legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria in aggiunta all’azione revocatoria fallimentare disciplinata all’art. 67 l. fall.

Gli ermellini hanno evidenziato che l’art. 66 l. fall., nell’attribuire al curatore del fallimento la legittimazione anche all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, non contempla né l’eventualità del concorso di tale azione con quella esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. né disciplina l’ipotesi di fallimento del debitore quando l’azione del singolo creditore sia già stata esercitata, ma sia ancora pendente.

Sulla possibilità del curatore di proseguire il giudizio intrapreso prima del fallimento dal singolo creditore nessun dubbio è stato mosso dalla Corte. Infatti, anche se tale subentro comporta una modifica oggettiva dei termini della causa – posto che la domanda proposta dal singolo creditore che ha proposto l’azione viene estesa a beneficio della massa dei creditori concorrenti - , le condizioni dell’azione non mutano e l’esigenza di tutela della posizione del creditore individuale, che ha giustificato all’origine la proposizione della domanda, non scompare, ma è assorbita in quella della massa che la ricomprende. Dunque, il curatore non deve necessariamente intraprendere l’azione ex novo. Anzi, negare al curatore la possibilità di subentrare nell’azione già promossa dal creditore singolo per imporgli l’onere di esercitare da capo l’azione rischierebbe di frustrare il principio della ragionevole durata dei processi che impone di privilegiare le soluzioni che evitino l’inutile dispersione di attività processuale. Infine, subentrando nell’azione revocatoria in precedenza intrapresa dal singolo creditore, il curatore assume ovviamente la posizione dell’attore, ma non subentra nella posizione del debitore fallito, ancorché quest’ultimo fosse anch’egli parte del giudizio nella fase anteriore al fallimento.

2.1. (Segue): …i principali ostacoli che si frappongono alla possibile coesistenza tra azione esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. ed azione esercitata dal curatore fallimentare ex art. 66 l. fall.

La Corte di Cassazione, muovendo dal presupposto secondo il quale il sopravvenuto fallimento del debitore implica la possibilità del subentro del curatore nella medesima azione revocatoria già precedentemente promossa dal singolo creditore, sostiene che appare arduo ammettere <<sia sul piano concettuale>> sia <<sul piano dell’individuazione dell’interesse>> che, quando tale subentro abbia luogo, quella precedente azione possa coesistere con l’azione oramai in corso a tutela della massa.

La Corte, dopo aver ribadito che l’azione revocatoria non è un’azione esecutiva, precisa ancora una volta che la sua finalità tipica ed essenziale <<è quella di consentire il soddisfacimento esecutivo del creditore sul cespite patrimoniale del quale il debitore si sia spogliato>>.

Premesso ciò, costituisce punto essenziale della decisione il successivo passaggio argomentativo, in base al quale. <<(…) Posto che il sopravvenuto fallimento ed il subentro del curatore nell’azione fanno necessariamente si che quel medesimo cespite, in caso di accoglimento della domanda da parte del giudice, sia oramai destinato (non già a soddisfare il creditore singolo, bensì) al soddisfacimento dell’intera massa dei creditori, onde esso dovrà essere appreso a fini esecutivi dal curatore ed il singolo creditore potrà fruire del ricavato dell’esecuzione soltanto secondo le regole del riparto concorsuale, appare evidente come l’ipotetica prosecuzione dell’azione individuale sia priva di un utile sbocco e come, di conseguenza, non possa più ravvisarsi alcun interesse attuale e concreto dell’originario attore ad ulteriormente coltivarla in parallelo all’azione fallimentare>>. Dunque, <<sin dal momento del subentro nell’azione del curatore fallimentare, l’interesse ad agire del creditore individuale, se di fatto non cessa del tutto, diviene quanto meno soltanto ipotetico e residuale: non più tale, perciò, da giustificare il permanere in vita dell’azione proposta dal singolo>>.

3. Le Sezioni Unite negano all’originario attore di conservare la facoltà di restare in causa, pur dopo il fallimento del debitore ed il subentro del curatore nell’azione revocatoria in corso, a titolo di interventore adesivo

Ulteriore questione che si sono poste le Sezioni Unite è se l’originario attore possa conservare la facoltà di restare in causa, pur dopo il fallimento del debitore e il subentro del curatore nell’azione revocatoria in corso, a titolo di interventore adesivo

Si era espressa in senso favorevole la Suprema Corte di Cassazione, sez. I civile, con sentenza n. 18147 del 20 dicembre 2002, [in Giust. civ. Mass. 2002, 2220], la quale ebbe modo di sostenere che <<Il principio secondo cui, dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, la legittimazione a proporre le azioni a tutela della massa - tra cui la revocatoria fallimentare - spetta, in via esclusiva, al curatore, se esclude, per un verso, la legittimazione del singolo creditore ad esperire le azioni predette e ad intervenire in via principale nel giudizio all’uopo promosso dal curatore, non impedisce, tuttavia, per altro verso, l’intervento adesivo dipendente del creditore nello stesso giudizio, atteso che con tale tipo di intervento il soggetto non fa valere un autonomo diritto, ma si limita a sostenere le ragioni di una delle parti, fonda la sua legittimazione su un rapporto giuridico dipendente da quello oggetto del processo e potrebbe subire l’efficacia riflessa della sentenza: il che si verifica, appunto, per il creditore del fallito, il cui credito è soddisfatto, nell’ambito del concorso proprio della procedura fallimentare, in misura che dipende anche dall’esito delle azioni di massa proposte dal curatore>>.

Tale indirizzo giurisprudenziale è stato ritenuto incoerente con il più generale orientamento della Corte di Cassazione in tema di ammissibilità dell’intervento adesivo dipendente e, quindi, non è stato confermato nella sentenza delle Sezioni Unite in esame, nella quale si legge che: <<l’intervento adesivo dipendente, contemplato dall’art. 105, 2 comma, c.p.c., pur non richiedendo la titolarità di un diritto nei confronti delle parti originarie del processo ed essendo consentito in presenza di un interesse giuridicamente rilevante ad un esito della controversia favorevole alla parte adiuvata (Cass. n. 4570 del 1988), presuppone che l’interventore si presenti come titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in lite da una delle parti originarie contro l’altra, o da esso dipendente: sicché, nell’ipotesi di soccombenza della parte originaria adiuvata, il diritto di cui il terzo si asserisca titolare, in conseguenza dei suaccennati legami di connessione o dipendenza, potrebbe subire un pregiudizio (Cass. n. 2575 del 1983; vedi Cass. n. 1106 del 1995); ma è da escludere che tale pregiudizio possa dipendere dalla compromissione di un interesse di mero fatto (Cass. n. 1111 del 2003; Cass. n. 1873 del 1999, ed altre conformi). Non vi sono ragioni per discostarsi dall’orientamento appena riferito, alla luce del quale appare però difficile sostenere l’ammissibilità dell’intervento adesivo del creditore, con riguardo ad azioni del genere di quella in esame, che sono esercitate dal curatore del fallimento in forza della legittimazione che il legislatore gli attribuisce nell’interesse della massa e, quindi, in sostituzione dei singoli creditori. L’esistenza del diritto di credito del singolo in nessun modo dipende o è connessa con il petitum dell’azione revocatoria, né l’esito di questa appare idoneo a produrre effetti di giudicato (ancorché solo riflessi) sulla posizione creditoria del partecipante al concorso. Il pregiudizio che a quest’ultimo può derivare dall’eventuale esito negativo del giudizio, viceversa, consiste unicamente nella minor capienza del patrimonio del debitore e, quindi, nella minor probabilità che il suo credito possa trovare soddisfazione (o, comunque, nella minor percentuale in cui troverà soddisfazione) all’esito della procedura esecutiva concorsuale. Ma si tratta, all’evidenza, di un pregiudizio di fatto, come tale non idoneo a legittimare l’intervento neppure nella forma adesivo-dipendente>>.

4. Il quadro giurisprudenziale dopo le sentenze delle Sezioni Unite Civili del 17 dicembre 2008, nn. 29420 e 29421

Gli ermellini, in entrambe le sentenze commentate, hanno evidenziato che l’art. 66 l. fall., nell’attribuire al curatore del fallimento la legittimazione anche all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, non contempla né l’eventualità del concorso di tale azione con quella esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. né disciplina l’ipotesi di fallimento del debitore quando l’azione del singolo creditore sia già stata esercitata, ma sia ancora pendente.

Nella sentenza n. 29420/2008, le Sezioni Unite hanno stabilito che se il debitore fallisce, il curatore può <<proseguire>> (ovvero proporre ex novo la medesima azione) ex art. 66 l. fall. l’azione revocatoria intrapresa prima del fallimento dal singolo creditore. In tal caso, l’azione revocatoria ordinaria del singolo creditore diventa improcedibile e l’originario attore non conserva nemmeno la facoltà di restare in causa a titolo di interventore adesivo.

Nella sentenza n. 29421/2008, le Sezioni Unite hanno affrontato la questione se perduri o meno la legittimazione e l’interesse del singolo creditore in caso di inerzia degli organi della procedura concorsuale nell’esercizio dell’azione revocatoria, pervenendo alla conclusione che il promuovimento dell’azione revocatoria ordinaria da parte del creditore ex art. 2901 cod. civ., non esclude, in caso di inerzia dell’organo concorsuale, la prosecuzione dell’azione del creditore individuale.

In conclusione, la linea seguita è diversa a seconda che il curatore sia inerte o prosegua l’azione revocatoria intrapresa dal singolo creditore prima del fallimento. Nel primo caso, alla luce di quanto già visto, il creditore può proseguire l’azione revocatoria; nel secondo caso, l’azione del singolo creditore diverrà improcedibile e quest’ultimo non potrà nemmeno intervenire nel processo ai sensi dell’art. 105, 2 comma, c.p.c.

Sommario:

1. Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite

2. Le argomentazioni degli ermellini. La possibilità del curatore di <<proseguire>> l’azione revocatoria intrapresa prima del fallimento dal singolo creditore e…

2.1. (Segue): …i principali ostacoli che si frappongono alla coesistenza tra azione esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. ed azione esercitata dal curatore fallimentare ex art. 66 l. fall.

3. Le Sezioni Unite negano all’originario attore di conservare la facoltà di restare in causa, pur dopo il fallimento del debitore ed il subentro del curatore nell’azione revocatoria in corso, a titolo di interventore adesivo

4. Il quadro giurisprudenziale dopo le sentenze delle Sezioni Unite Civili del 17 dicembre 2008, nn. 29420 e 29421

1. Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite

<<Il fallimento del debitore, pendendo il giudizio di revocatoria ordinaria promossa contro di lui dal creditore ex art. 2901 cod. civ., permette al curatore sia di subentrare nel relativo processo sia di proporre ex novo la medesima azione, ex art. 66 legge fall.; in entrambi i casi la legittimazione processuale dell’organo concorsuale è comunque esclusiva, non potendo cumularsi a quella del creditore singolare, data la finalità tipica ed essenziale dell’azione revocatoria, cioè consentire il soddisfacimento esecutivo, derivando da tale sbocco inevitabile la perdita di interesse attuale per il creditore. L’azione di quest’ultimo, se esercitata, diviene dunque improcedibile>>.

Con il seguente principio di diritto espresso dalle SS. UU. della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 29420 del 17 dicembre 2008 è stato risolto il contrasto giurisprudenziale sull’eventualità di un concorso tra l’azione revocatoria ordinaria instaurata dal singolo creditore a norma dell’art. 2901 c.c. e l’azione revocatoria ordinaria esercitata dal curatore a seguito del sopravvenuto fallimento del debitore ex art. 66 l. fall. Su tale contrasto giurisprudenziale si veda “Il creditore può proseguire l’azione revocatoria ordinaria dopo il sopravvenuto fallimento del debitore, in caso di inerzia del curatore”, nota a Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Sentenza 17 dicembre 2008, n. 29421, in www.filodiritto.it, par. 5.

In particolare, gli ermellini hanno aderito esplicitamente all’orientamento consolidato prima delle sentenze della Cassazione nn. 11763 del 2006 e n. 5272 del 2008.

2. Le argomentazioni degli ermellini. La possibilità del curatore di <<proseguire>> l’azione revocatoria intrapresa prima del fallimento dal singolo creditore e…

Le Sezioni Unite hanno sostenuto che nel caso in cui il debitore sia un imprenditore commerciale e l’atto di disposizione da questo compiuto ne abbia causato (o aggravato) l’insolvenza, alla quale sia seguita la dichiarazione di fallimento, il pregiudizio che giustifica l’esercizio dell’azione revocatoria si riflette necessariamente sulla posizione dell’intera massa dei creditori, le cui ragioni devono essere soddisfatte secondo le regole del concorso. Ed è dunque questo il motivo per cui l’art. 66 l. fall. attribuisce al curatore la legittimazione all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria in aggiunta all’azione revocatoria fallimentare disciplinata all’art. 67 l. fall.

Gli ermellini hanno evidenziato che l’art. 66 l. fall., nell’attribuire al curatore del fallimento la legittimazione anche all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, non contempla né l’eventualità del concorso di tale azione con quella esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. né disciplina l’ipotesi di fallimento del debitore quando l’azione del singolo creditore sia già stata esercitata, ma sia ancora pendente.

Sulla possibilità del curatore di proseguire il giudizio intrapreso prima del fallimento dal singolo creditore nessun dubbio è stato mosso dalla Corte. Infatti, anche se tale subentro comporta una modifica oggettiva dei termini della causa – posto che la domanda proposta dal singolo creditore che ha proposto l’azione viene estesa a beneficio della massa dei creditori concorrenti - , le condizioni dell’azione non mutano e l’esigenza di tutela della posizione del creditore individuale, che ha giustificato all’origine la proposizione della domanda, non scompare, ma è assorbita in quella della massa che la ricomprende. Dunque, il curatore non deve necessariamente intraprendere l’azione ex novo. Anzi, negare al curatore la possibilità di subentrare nell’azione già promossa dal creditore singolo per imporgli l’onere di esercitare da capo l’azione rischierebbe di frustrare il principio della ragionevole durata dei processi che impone di privilegiare le soluzioni che evitino l’inutile dispersione di attività processuale. Infine, subentrando nell’azione revocatoria in precedenza intrapresa dal singolo creditore, il curatore assume ovviamente la posizione dell’attore, ma non subentra nella posizione del debitore fallito, ancorché quest’ultimo fosse anch’egli parte del giudizio nella fase anteriore al fallimento.

2.1. (Segue): …i principali ostacoli che si frappongono alla possibile coesistenza tra azione esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. ed azione esercitata dal curatore fallimentare ex art. 66 l. fall.

La Corte di Cassazione, muovendo dal presupposto secondo il quale il sopravvenuto fallimento del debitore implica la possibilità del subentro del curatore nella medesima azione revocatoria già precedentemente promossa dal singolo creditore, sostiene che appare arduo ammettere <<sia sul piano concettuale>> sia <<sul piano dell’individuazione dell’interesse>> che, quando tale subentro abbia luogo, quella precedente azione possa coesistere con l’azione oramai in corso a tutela della massa.

La Corte, dopo aver ribadito che l’azione revocatoria non è un’azione esecutiva, precisa ancora una volta che la sua finalità tipica ed essenziale <<è quella di consentire il soddisfacimento esecutivo del creditore sul cespite patrimoniale del quale il debitore si sia spogliato>>.

Premesso ciò, costituisce punto essenziale della decisione il successivo passaggio argomentativo, in base al quale. <<(…) Posto che il sopravvenuto fallimento ed il subentro del curatore nell’azione fanno necessariamente si che quel medesimo cespite, in caso di accoglimento della domanda da parte del giudice, sia oramai destinato (non già a soddisfare il creditore singolo, bensì) al soddisfacimento dell’intera massa dei creditori, onde esso dovrà essere appreso a fini esecutivi dal curatore ed il singolo creditore potrà fruire del ricavato dell’esecuzione soltanto secondo le regole del riparto concorsuale, appare evidente come l’ipotetica prosecuzione dell’azione individuale sia priva di un utile sbocco e come, di conseguenza, non possa più ravvisarsi alcun interesse attuale e concreto dell’originario attore ad ulteriormente coltivarla in parallelo all’azione fallimentare>>. Dunque, <<sin dal momento del subentro nell’azione del curatore fallimentare, l’interesse ad agire del creditore individuale, se di fatto non cessa del tutto, diviene quanto meno soltanto ipotetico e residuale: non più tale, perciò, da giustificare il permanere in vita dell’azione proposta dal singolo>>.

3. Le Sezioni Unite negano all’originario attore di conservare la facoltà di restare in causa, pur dopo il fallimento del debitore ed il subentro del curatore nell’azione revocatoria in corso, a titolo di interventore adesivo

Ulteriore questione che si sono poste le Sezioni Unite è se l’originario attore possa conservare la facoltà di restare in causa, pur dopo il fallimento del debitore e il subentro del curatore nell’azione revocatoria in corso, a titolo di interventore adesivo

Si era espressa in senso favorevole la Suprema Corte di Cassazione, sez. I civile, con sentenza n. 18147 del 20 dicembre 2002, [in Giust. civ. Mass. 2002, 2220], la quale ebbe modo di sostenere che <<Il principio secondo cui, dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, la legittimazione a proporre le azioni a tutela della massa - tra cui la revocatoria fallimentare - spetta, in via esclusiva, al curatore, se esclude, per un verso, la legittimazione del singolo creditore ad esperire le azioni predette e ad intervenire in via principale nel giudizio all’uopo promosso dal curatore, non impedisce, tuttavia, per altro verso, l’intervento adesivo dipendente del creditore nello stesso giudizio, atteso che con tale tipo di intervento il soggetto non fa valere un autonomo diritto, ma si limita a sostenere le ragioni di una delle parti, fonda la sua legittimazione su un rapporto giuridico dipendente da quello oggetto del processo e potrebbe subire l’efficacia riflessa della sentenza: il che si verifica, appunto, per il creditore del fallito, il cui credito è soddisfatto, nell’ambito del concorso proprio della procedura fallimentare, in misura che dipende anche dall’esito delle azioni di massa proposte dal curatore>>.

Tale indirizzo giurisprudenziale è stato ritenuto incoerente con il più generale orientamento della Corte di Cassazione in tema di ammissibilità dell’intervento adesivo dipendente e, quindi, non è stato confermato nella sentenza delle Sezioni Unite in esame, nella quale si legge che: <<l’intervento adesivo dipendente, contemplato dall’art. 105, 2 comma, c.p.c., pur non richiedendo la titolarità di un diritto nei confronti delle parti originarie del processo ed essendo consentito in presenza di un interesse giuridicamente rilevante ad un esito della controversia favorevole alla parte adiuvata (Cass. n. 4570 del 1988), presuppone che l’interventore si presenti come titolare di un rapporto giuridico connesso con quello dedotto in lite da una delle parti originarie contro l’altra, o da esso dipendente: sicché, nell’ipotesi di soccombenza della parte originaria adiuvata, il diritto di cui il terzo si asserisca titolare, in conseguenza dei suaccennati legami di connessione o dipendenza, potrebbe subire un pregiudizio (Cass. n. 2575 del 1983; vedi Cass. n. 1106 del 1995); ma è da escludere che tale pregiudizio possa dipendere dalla compromissione di un interesse di mero fatto (Cass. n. 1111 del 2003; Cass. n. 1873 del 1999, ed altre conformi). Non vi sono ragioni per discostarsi dall’orientamento appena riferito, alla luce del quale appare però difficile sostenere l’ammissibilità dell’intervento adesivo del creditore, con riguardo ad azioni del genere di quella in esame, che sono esercitate dal curatore del fallimento in forza della legittimazione che il legislatore gli attribuisce nell’interesse della massa e, quindi, in sostituzione dei singoli creditori. L’esistenza del diritto di credito del singolo in nessun modo dipende o è connessa con il petitum dell’azione revocatoria, né l’esito di questa appare idoneo a produrre effetti di giudicato (ancorché solo riflessi) sulla posizione creditoria del partecipante al concorso. Il pregiudizio che a quest’ultimo può derivare dall’eventuale esito negativo del giudizio, viceversa, consiste unicamente nella minor capienza del patrimonio del debitore e, quindi, nella minor probabilità che il suo credito possa trovare soddisfazione (o, comunque, nella minor percentuale in cui troverà soddisfazione) all’esito della procedura esecutiva concorsuale. Ma si tratta, all’evidenza, di un pregiudizio di fatto, come tale non idoneo a legittimare l’intervento neppure nella forma adesivo-dipendente>>.

4. Il quadro giurisprudenziale dopo le sentenze delle Sezioni Unite Civili del 17 dicembre 2008, nn. 29420 e 29421

Gli ermellini, in entrambe le sentenze commentate, hanno evidenziato che l’art. 66 l. fall., nell’attribuire al curatore del fallimento la legittimazione anche all’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, non contempla né l’eventualità del concorso di tale azione con quella esercitata dal singolo creditore ai sensi dell’art. 2901 c.c. né disciplina l’ipotesi di fallimento del debitore quando l’azione del singolo creditore sia già stata esercitata, ma sia ancora pendente.

Nella sentenza n. 29420/2008, le Sezioni Unite hanno stabilito che se il debitore fallisce, il curatore può <<proseguire>> (ovvero proporre ex novo la medesima azione) ex art. 66 l. fall. l’azione revocatoria intrapresa prima del fallimento dal singolo creditore. In tal caso, l’azione revocatoria ordinaria del singolo creditore diventa improcedibile e l’originario attore non conserva nemmeno la facoltà di restare in causa a titolo di interventore adesivo.

Nella sentenza n. 29421/2008, le Sezioni Unite hanno affrontato la questione se perduri o meno la legittimazione e l’interesse del singolo creditore in caso di inerzia degli organi della procedura concorsuale nell’esercizio dell’azione revocatoria, pervenendo alla conclusione che il promuovimento dell’azione revocatoria ordinaria da parte del creditore ex art. 2901 cod. civ., non esclude, in caso di inerzia dell’organo concorsuale, la prosecuzione dell’azione del creditore individuale.

In conclusione, la linea seguita è diversa a seconda che il curatore sia inerte o prosegua l’azione revocatoria intrapresa dal singolo creditore prima del fallimento. Nel primo caso, alla luce di quanto già visto, il creditore può proseguire l’azione revocatoria; nel secondo caso, l’azione del singolo creditore diverrà improcedibile e quest’ultimo non potrà nemmeno intervenire nel processo ai sensi dell’art. 105, 2 comma, c.p.c.