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Delitti contro la proprietà industriale e responsabilità degli enti

[Articolo pubblicato sul sito www.reatisocietari.it]

Nuovi scenari per lo statuto della responsabilità amministrativa degli enti.

L’art 9 del disegno di legge n. 1195 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) prevede la modifica di disposizioni del codice penale in materia di tutela della proprietà industriale.

Si tratta dei delitti di cui agli artt. 473 e 474 cp. (Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere di ingegno o di prodotti industriali e Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi); si propone poi l’introduzione di un’aggravante specifica regolata dall’art. 474bis ed infine un’ipotesi speciale di confisca all’art. 474ter.

Viene inoltre introdotto, tra i delitti contro l’industria ed il commercio, l’art. 517ter in materia di contraffazione di indicazioni dei prodotti agroalimentari.

In corso di esame è stato poi presentato un emendamento al Senato che prevede l’introduzione dei nuovi artt. 473 e 474 cp. all’interno dell’art. 25 bis del d.lgs. 231/01, disposizione già dedicata al falso nummario e che ora dovrebbe avere una nuova rubrica così intitolata: Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento.

Questo è l’apparato sanzionatorio previsto dall’emendamento:

- Sanzioni pecuniarie: fino a cinquecento quote

- Sanzioni interdittive: tutte astrattamente irrogabili per una durata non superiore ad un anno.

Si ritiene utile riportare il testo completo dei due articoli, di prossima introduzione, che potrebbero, se venisse approvato l’emendamento, diventare anche reati presupposto per l’irrogazione di sanzioni nei confronti dell’ente nel cui interesse o vantaggio è stato commesso il reato.

Art. 473. - (Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi. Usurpazione di brevetti, modelli e disegni).

Chiunque contraffa` o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, e` punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Alla stessa pena soggiace chi riproduce prodotti industriali usurpando i diritti di proprietà industriale protetti da brevetti o contraffacendo i medesimi brevetti, disegni o modelli, ovvero, senza essere concorso nell’usurpazione o nella contraffazione, ne fa altrimenti uso.

Le disposizioni dei commi primo e secondo si applicano sin dal momento del deposito delle relative domande di registrazione o di brevettazione, sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali rispettivamente applicabili.

Nei casi di utilizzo di un titolo di proprietà industriale senza il consenso dell’avente diritto, quali i casi di produzione, di vendita, di commercializzazione, di deposito, di importazione ed esportazione, anche temporanea, nonché in ogni caso di uso di un titolo di proprietà industriale senza il consenso dell’avente diritto, si applica la pena prevista dal primo comma, diminuita della metà

Art. 474. – (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi o usurpativi). – Chiunque, fuori dei casi di concorso nei delitti previsti dall’articolo 473, introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati, ovvero prodotti industriali realizzati usurpando i diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, disegni o modelli industriali, e` punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, usurpazione o introduzione nel territorio dello Stato, e` punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a euro 25.000 chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione i prodotti di cui al primo comma.

Si applica la disposizione del terzo comma dell’articolo 473

La prima norma mira a colpire imprese che, nella maggior parte dei casi, sono istituzionalmente dedite alla produzione di prodotti contraffatti, spesso con collateralismi rispetto a gruppi criminali organizzati (ipotesi presa in considerazione dallo stesso legislatore che, nel prevedere un’aggravante speciale, descrive l’ipotesi di soggetti che perpetrano questi reati attraverso la predisposizione di mezzi e di attività continuative ed organizzate), con ciò delineando una categoria criminologica di impresa spesso al di là del pur labile confine che separa l’impresa lecita che delinque dall’impresa ontologicamente illecita.

In questi casi, come detto a riguardo di altre ipotesi di corresponsabilizzazione (ad esempio i delitti di finanziamento del terrorismo e quelli in materia di criminalità organizzata o pedopornografia), gli enti sono spesso strumenti in mano di persone fisiche dedite al crimine; pertanto, almeno nella prassi, alcuna organizzazione preventiva è idonea al contenimento del rischio, ed anzi è possibile che i compliance programs vengano usati non già per prevenire rischi ma per fare argine nei confronti dei possibili interventi della magistratura, con il fine di salvaguardare, attraverso la mitigazione delle sanzioni, patrimoni illecitamente accumulati.

Assolutamente diversa è invece la seconda ipotesi.

L’art. 474 cp. vuole colpire la successiva commercializzazione delle merci contraffatte, anche attraverso la criminalizzazione delle importazioni.

Se è vero che molti enti, al pari di quelli sopra descritti, hanno come loro “oggetto sociale” la commercializzazione di prodotti illeciti, è pur vero che molte altre aziende possono, nella propria attività, incappare in comportamenti astrattamente inquadrabili nell’ambito della fattispecie.

Si pensi, ma solo come esempio, a grandi aziende di distribuzione, in cui i propri dipendenti, nel tentativo di far risparmiare denaro alla società, si prestino all’acquisto di prodotti contraffatti.

In tal caso la società potrebbe trovarsi coinvolta in un processo 231, con le conseguenze sanzionatorie del caso.

Soprattutto in un’ottica di prevenzione del rischio di commissione di questo reato, appare necessario l’aggiornamento del compliance program aziendale (almeno per imprese che si occupano di compravendita di prodotti contraddistinti da marchio).

Si dovranno quindi prevedere apposite procedure di controllo della merce comprata all’estero, soprattutto in Paesi in cui l’attività di contraffazione è maggiormente sviluppata (si pensi alla Cina), ma anche gli scambi nazionali possono presentare alti profili di rischio, in quanto l’Italia è un Paese in cui la produzione di prodotti contraffatti rappresenta una delle “colonne portanti” dell’economia illecita.

Procedure contrattuali, dunque, per garantirsi nei confronti delle controparti venditrici, ma anche controlli a campione sulla merce acquistata, per segnalare all’Odv eventuali rinvenimenti di merce contraffatta.

Si ricordi che sono degli ambiti di attività in cui l’impresa può essere sia vittima di una truffa, qualora abbia acquistato merce contraffatta credendola originale, che autrice di reato, qualora, da parte dell’agente vi sia la consapevolezza della mancanza di liceità della merce.

Le regole cautelari di un compliance program potrebbero quindi servire non solo a diminuire il rischio di commissione di reato ma avere come ulteriore “effetto collaterale” quello di prevenire frodi a danno dell’azienda.

[Articolo pubblicato sul sito www.reatisocietari.it]

Nuovi scenari per lo statuto della responsabilità amministrativa degli enti.

L’art 9 del disegno di legge n. 1195 (Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) prevede la modifica di disposizioni del codice penale in materia di tutela della proprietà industriale.

Si tratta dei delitti di cui agli artt. 473 e 474 cp. (Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere di ingegno o di prodotti industriali e Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi); si propone poi l’introduzione di un’aggravante specifica regolata dall’art. 474bis ed infine un’ipotesi speciale di confisca all’art. 474ter.

Viene inoltre introdotto, tra i delitti contro l’industria ed il commercio, l’art. 517ter in materia di contraffazione di indicazioni dei prodotti agroalimentari.

In corso di esame è stato poi presentato un emendamento al Senato che prevede l’introduzione dei nuovi artt. 473 e 474 cp. all’interno dell’art. 25 bis del d.lgs. 231/01, disposizione già dedicata al falso nummario e che ora dovrebbe avere una nuova rubrica così intitolata: Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento.

Questo è l’apparato sanzionatorio previsto dall’emendamento:

- Sanzioni pecuniarie: fino a cinquecento quote

- Sanzioni interdittive: tutte astrattamente irrogabili per una durata non superiore ad un anno.

Si ritiene utile riportare il testo completo dei due articoli, di prossima introduzione, che potrebbero, se venisse approvato l’emendamento, diventare anche reati presupposto per l’irrogazione di sanzioni nei confronti dell’ente nel cui interesse o vantaggio è stato commesso il reato.

Art. 473. - (Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi. Usurpazione di brevetti, modelli e disegni).

Chiunque contraffa` o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, e` punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Alla stessa pena soggiace chi riproduce prodotti industriali usurpando i diritti di proprietà industriale protetti da brevetti o contraffacendo i medesimi brevetti, disegni o modelli, ovvero, senza essere concorso nell’usurpazione o nella contraffazione, ne fa altrimenti uso.

Le disposizioni dei commi primo e secondo si applicano sin dal momento del deposito delle relative domande di registrazione o di brevettazione, sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali rispettivamente applicabili.

Nei casi di utilizzo di un titolo di proprietà industriale senza il consenso dell’avente diritto, quali i casi di produzione, di vendita, di commercializzazione, di deposito, di importazione ed esportazione, anche temporanea, nonché in ogni caso di uso di un titolo di proprietà industriale senza il consenso dell’avente diritto, si applica la pena prevista dal primo comma, diminuita della metà

Art. 474. – (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi o usurpativi). – Chiunque, fuori dei casi di concorso nei delitti previsti dall’articolo 473, introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati, ovvero prodotti industriali realizzati usurpando i diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, disegni o modelli industriali, e` punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.

Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, usurpazione o introduzione nel territorio dello Stato, e` punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a euro 25.000 chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione i prodotti di cui al primo comma.

Si applica la disposizione del terzo comma dell’articolo 473

La prima norma mira a colpire imprese che, nella maggior parte dei casi, sono istituzionalmente dedite alla produzione di prodotti contraffatti, spesso con collateralismi rispetto a gruppi criminali organizzati (ipotesi presa in considerazione dallo stesso legislatore che, nel prevedere un’aggravante speciale, descrive l’ipotesi di soggetti che perpetrano questi reati attraverso la predisposizione di mezzi e di attività continuative ed organizzate), con ciò delineando una categoria criminologica di impresa spesso al di là del pur labile confine che separa l’impresa lecita che delinque dall’impresa ontologicamente illecita.

In questi casi, come detto a riguardo di altre ipotesi di corresponsabilizzazione (ad esempio i delitti di finanziamento del terrorismo e quelli in materia di criminalità organizzata o pedopornografia), gli enti sono spesso strumenti in mano di persone fisiche dedite al crimine; pertanto, almeno nella prassi, alcuna organizzazione preventiva è idonea al contenimento del rischio, ed anzi è possibile che i compliance programs vengano usati non già per prevenire rischi ma per fare argine nei confronti dei possibili interventi della magistratura, con il fine di salvaguardare, attraverso la mitigazione delle sanzioni, patrimoni illecitamente accumulati.

Assolutamente diversa è invece la seconda ipotesi.

L’art. 474 cp. vuole colpire la successiva commercializzazione delle merci contraffatte, anche attraverso la criminalizzazione delle importazioni.

Se è vero che molti enti, al pari di quelli sopra descritti, hanno come loro “oggetto sociale” la commercializzazione di prodotti illeciti, è pur vero che molte altre aziende possono, nella propria attività, incappare in comportamenti astrattamente inquadrabili nell’ambito della fattispecie.

Si pensi, ma solo come esempio, a grandi aziende di distribuzione, in cui i propri dipendenti, nel tentativo di far risparmiare denaro alla società, si prestino all’acquisto di prodotti contraffatti.

In tal caso la società potrebbe trovarsi coinvolta in un processo 231, con le conseguenze sanzionatorie del caso.

Soprattutto in un’ottica di prevenzione del rischio di commissione di questo reato, appare necessario l’aggiornamento del compliance program aziendale (almeno per imprese che si occupano di compravendita di prodotti contraddistinti da marchio).

Si dovranno quindi prevedere apposite procedure di controllo della merce comprata all’estero, soprattutto in Paesi in cui l’attività di contraffazione è maggiormente sviluppata (si pensi alla Cina), ma anche gli scambi nazionali possono presentare alti profili di rischio, in quanto l’Italia è un Paese in cui la produzione di prodotti contraffatti rappresenta una delle “colonne portanti” dell’economia illecita.

Procedure contrattuali, dunque, per garantirsi nei confronti delle controparti venditrici, ma anche controlli a campione sulla merce acquistata, per segnalare all’Odv eventuali rinvenimenti di merce contraffatta.

Si ricordi che sono degli ambiti di attività in cui l’impresa può essere sia vittima di una truffa, qualora abbia acquistato merce contraffatta credendola originale, che autrice di reato, qualora, da parte dell’agente vi sia la consapevolezza della mancanza di liceità della merce.

Le regole cautelari di un compliance program potrebbero quindi servire non solo a diminuire il rischio di commissione di reato ma avere come ulteriore “effetto collaterale” quello di prevenire frodi a danno dell’azienda.