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Ipotesi per nuove prospettive di interpretazione ed applicazione dell’art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada alla luce dei principi enunciati dalla Corte di Cassazione

Nota a Corte di Cassazione - Seconda Sezione Civile, Sentenza 27 marzo 2009, n. 7388

In questi ultimi giorni - attraverso gli organi di informazione - ha avuto grande eco quanto disposto dalla Corte di Cassazione, Seconda Sezione, con sentenza n. 7388 del 19 febbraio 2009, pubblicata il 27 marzo 2009, con riferimento alle contravvenzioni elevate per violazione del Codice della Strada in caso di attraversamento dell’incrocio con semaforo indicante luce rossa, stabilendo che l’assenza degli Agenti verbalizzanti sul luogo dell’infrazione rende la sanzione illegittima seppure accertata con dispositivi elettronici di rilevamento automatico dell’infrazione. Ciò perché, secondo la Suprema Corte "la mancata presenza in loco di agenti operanti, per un verso preclude la possibilità di contestazione immediata nei casi in cui ciò sia possibile, così eludendo il precetto legislativo al riguardo e, per altro verso, non consente di verificare le concrete situazioni in cui l’apparecchio di rilevamento automatico opera, consentendo possibili equivoci, non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388).

La vicenda oggetto della decisione trae origine da una impugnazione dispiegata avverso una contravvenzione elevata nell’estate del 2003 ed accertata mediante l’apparecchio di rilevamento automatico Photored F17: opposizione dapprima rigettata con sentenza del Giudice di Pace nel maggio 2004 e successivamente accolta con la pronuncia in commento. Appare però necessario premettere che la pronuncia della Suprema Corte si fonda su un quadro normativo ad oggi modificato, sicché - contrariamente alle apparenze - il principio enunciato non potrà trovare applicazione con riferimento alle contravvenzioni recenti, sebbene per parte nostra si ritenga che la motivazione della sentenza abbia comunque posto un principio importante che potrebbe - per certi versi ed a determinate condizioni - coinvolgere tutte le contravvenzioni elevate.

Il quadro normativo attinente alla questione: breve analisi.

Apparentemente semplice, il quadro normativo che costituisce lo sfondo dell’intera controversia che la Corte di Cassazione è stata chiamata a dirimere, si rivela in realtà articolato: e sarà necessario un breve excursus in proposito, senza pretesa di completezza o di approfondimento, anche al fine di meglio contestualizzare e delimitare la validità nel tempo dei principi enunciati con la sentenza n. 7388 del 2009.

Prima dell’agosto 2003, la regolamentazione dei casi nei quali era necessaria la contestazione immediata dell’infrazione al Codice della Strada era disciplinata in maniera diversa rispetto a come si atteggia oggi, principalmente incentrandosi sul combinato disposto degli articoli 201 Codice della Strada (nella vecchia formulazione) e 384 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice della Strada. Quest’ultima norma, in particolare, elenca tutt’ora i casi di materiale impossibilità della contestazione immediata prevista dall’art. 201, comma primo, del Codice della Strada (ossia i casi nei quali gli Agenti possono evitare di fermare immediatamente i trasgressori), individuando tra essi anche l’attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante luce rossa. Trattandosi però di norma regolamentare e, come indicato in essa dal legislatore, di precetto recante soltanto un’elencazione esemplificativa, la portata di concreta applicazione della norma era piuttosto ridotta.

Il 13 agosto 2003 è entrata in vigore la Legge 1 agosto 2003 n. 214, di conversione del Decreto Legge 27 giugno 2003 n. 151, che ha modificato l’articolo 201 del Codice della Strada aggiungendovi altresì il comma 1 bis attualmente vigente. In sintesi, a seguito delle modifiche introdotte, è stato ampliato e disciplinato in modo più organico il novero dei casi in cui è consentita la notificazione successiva del verbale di contestazione, anche allo scopo di armonizzarlo con le disposizioni in materia di “controlli remoti”, introdotti dalla Legge 1 agosto 2002 n. 168 di conversione del Decreto Legge 20 giugno 2002 n. 121. La modifica legislativa così apportata ha perciò "elevato" il contenuto dell’articolo 384 del Regolamento di Attuazione ed Esecuzione del Codice della Strada al rango di disposizione legislativa, di fatto rafforzandone la portata precettiva e stabilendo che in caso di violazione accertata con strumenti elettronici la “contestazione immediata non è necessaria” (art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada), né tantomeno è necessaria l’indicazione del motivo per il quale non si è proceduto alla medesima.

Per mitigare il rigore della norma ed al fine di evitare eventuali abusi, è stato contestualmente imposto l’obbligo di utilizzare apparecchi di controllo (in assenza degli Agenti) “debitamente omologati”, vale a dire approvati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: l’omologazione, infatti, dovrebbe assicurare risultati inequivocabili circa l’accertamento dell’infrazione ed assorbire ogni altra questione in materia di contestazione dell’infrazione.

Quindi, i principi enunciati dalla Corte di Cassazione con la sentenza 7388 del 2009 non potrebbero più essere utilmente invocati per contestare le recenti contravvenzioni, siccome vi è una dispensa legislativa dalla contestazione immediata (art. 201, comma primo bis, Codice della Strada) e siccome irrogate sulla scorta di documentazione fotografica derivante da strumentazioni omologate e le cui caratteristiche corrispondono a quelle che sono state stabilite dalla legge.

Le motivazioni addotte dalla Corte di Cassazione nella sentenza 27 marzo 2009, n. 7388 e la validità temporale del principio giurisprudenziale enunciato.

Poste le premesse normative al paragrafo che precede, risulterà dunque più facile e più comprensibile il ragionamento condotto dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento, atteso che trattasi di una sanzione irrogata in epoca precedente alla novella del 2003 dell’art. 201 del Codice della Strada. Quindi, la motivazione con la quale la Corte di Cassazione è giunta a determinare l’illegittimità della contravvenzione è ricollegata - in buona sostanza - a quanto previsto dall’art. 201 (vecchia formulazione) in combinato disposto con l’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione.

Più in particolare, i Giudici della Suprema Corte hanno premesso:

- che l’elencazione dei casi per i quali si possa elevare una sanzione anche in assenza di immediata contestazione, contenuta nel richiamato art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione, è da ritenersi solo esemplificativa e che, pertanto, non vi si può ricorrere per evitare sistematicamente la contestazione immediata;

- che la norma dell’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione è una fonte di rango regolamentare, prevalendo perciò su quanto in essa previsto il disposto dell’art. 201 del Codice della Strada;

- che provvedere a fermare un veicolo che passi con luce semaforica rossa, onde elevare una sanzione nell’immediatezza dei fatti, dovrebbe risultare più semplice che fermare un veicolo che abbia superato i limiti di velocità. Quindi, anche sotto questo profilo, non è lecito richiamare l’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione per evitare sistematicamente la contestazione immediata.

A ciò si aggiunga, infine, che l’apparecchiatura utilizzata per accertare l’infrazione commessa non era predisposta per scattare due fotografie del veicolo in prossimità dell’incrocio, come invece è adesso previsto in virtù delle direttive tecniche del Ministero dei Trasporti, carenza che rendeva perciò ancora più arduo ricostruire il contesto in cui l’infrazione era stata commessa.

Perciò, in ragione delle esposte premesse, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il Comune non avrebbe potuto utilizzare l’apparecchiatura in questione sistematicamente in assenza di Agenti e conclude, infatti, che “la mancata presenza in loco di agenti operanti, per un verso preclude la possibilità di contestazione immediata nei casi in cui ciò sia possibile, così eludendo il precetto legislativo al riguardo e, per altro verso, non consente di verificare le concrete situazioni in cui l’apparecchio di rilevamento automatico opera, consentendo possibili equivoci, non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388). In parole più semplici e riassumendo, ad avviso dei Giudici della Cassazione, la sistematica assenza di Agenti sul luogo dell’infrazione (in costanza di operatività di apparecchiature con specifiche tecniche anteriori al 2004) renderebbe di fatto lettera morta la normativa di risulta dell’art. 201 del Codice della Strada e dell’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione (a mente della quale - di regola - la contestazione dell’infrazione dovrebbe essere sempre immediata, salvo casi particolari ivi descritti) e non consentirebbe neppure di dipanare eventuali equivoci che possano determinarsi e che dipendano non già dalla volontà del conducente di infrangere le norme del Codice della Strada, ma da condizioni estranee ed obiettive, come ad esempio trovarsi bloccato nel traffico al centro dell’intersezione semaforizzata mentre scatta il segnale rosso.

Appare poi sufficientemente comprensibile l’estensione applicativa del principio giurisprudenziale posto dalla sentenza in commento, che limita in effetti la propria efficacia alle sanzioni irrogate sino alla novella dell’art. 201 del Codice della Strada, introdotta dalla Legge 1 agosto 2003 n. 214 di conversione del Decreto Legge 27 giugno 2003 n. 151 o, comunque, non oltre l’avvenuta omologazione delle apparecchiature risalente al marzo 2004. Difatti, soltanto per il periodo precedente, in ragione della formulazione dell’art. 201 del Codice della Strada e in assenza di una più rigorosa e specifica normativa al riguardo, le apparecchiature per il rilevamento delle infrazioni semaforiche non consentivano un accertamento dell’infrazione stessa sufficientemente preciso, così da rendere preferibile - se non necessaria - la presenza degli Agenti sul posto; ed in tal senso è orientata e dovrebbe essere intesa la pronuncia n. 7388 del 2009 della Corte di Cassazione.

Ipotesi per operare una estensione delle motivazioni della sentenza 27 marzo 2009, n. 7388 anche ai verbali di accertamento di infrazione più recenti.

Premettiamo innanzitutto che secondo l’ortodossia e l’interpretazione letterale dell’art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada, nel caso di violazione accertata mediante apparecchiature debitamente omologate, la “contestazione immediata non è necessaria”.

In parole povere, un apparecchio omologato e correttamente funzionante dovrebbe escludere i “possibili equivoci, non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388), tanto è vero che la stessa legge - appunto - prevede che la “contestazione immediata non è necessaria” (art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada). Per questi motivi non vi sarebbe margine per invocare il principio giurisprudenziale enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 27 marzo 2009, n. 7388 nell’eventualità di contestazione di un verbale irrogato a seguito di controlli effettuati con le nuove apparecchiature, sempre - ma è ovvio e superfluo dirlo - che siano omologate.

La ratio legis della novellata disposizione sembrerebbe dunque ispirata alla fiducia che il legislatore ha posto nell’omologazione dei dispostivi di “rilevamento remoto” - identificati ai sensi dell’art. 201, comma primo bis, lettere e), f) e g) - procedimento che renderebbe le apparecchiature in questione a tal segno precise da rendere superflua la presenza sul luogo di infrazione degli Agenti, perché idonee a dirimere ogni dubbio sulla certezza dell’infrazione commessa.

Infatti, l’omologazione dei dispositivi (la quale è conferita solo a fronte del rispetto di rigorosi requisiti tecnici) dovrebbe oggettivare al massimo il meccanismo di funzionamento delle apparecchiature medesime e consentire - altrettanto oggettivamente - la descrizione dello stato dei luoghi al momento dell’infrazione commessa, diversamente da quanto accadeva prima del 2004.

A sommesso avviso di chi scrive, tuttavia, appare troppo riduttivo ed irrazionale confidare nella sola omologazione dei dispositivi di rilevamento remoto per l’accertamento di eventuali infrazioni ed escludere così, sistematicamente e per espressa disposizione di legge, la contestazione immediata (ossia la presenza di Agenti sul luogo dell’infrazione, ex art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada), sia l’obbligo di indicare “i motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata” (art. 201, comma primo ter, del Codice della Strada). A ben vedere, così come formulato, il novellato art. 201 del Codice della Strada si palesa come eccessivamente rigido e si trova a confliggere - in una dimensione anche sistematica - con alcuni principi di ordine generale e con specifiche disposizioni del Codice della Strada medesimo.

Di fatto è stato privato di valore dominante il precetto dell’art. 200 del Codice della Strada, il quale impone che, fintanto che sia possibile, la violazione deve essere immediatamente contestata al trasgressore: ed è chiaro che per raggiungere questo intento si presuppone la presenza degli Agenti sul posto. Inoltre, il concetto di impossibilità di contestazione immediata indicato dalla norma (come detto dapprima postulando la presenza degli Agenti) dovrebbe riferirsi a circostanze indipendenti ed oggettive, ad esempio in riferimento allo stato dei luoghi, alla necessità di evitare pericolo o intralcio alla circolazione, alla materiale impossibilità di fermare il trasgressore. Invece, l’avere per legge sancito la non necessità della contestazione immediata senza altro aggiungere (ex art. 201 Codice della Strada), importa sostituire il controllo degli Agenti al controllo con dispositivi remoti che funzionano in maniera del tutto automatica ed acritica (come invece parrebbe avvenire nella realtà quotidiana dei fatti) con la conseguenza di giungere di sovvertire il rapporto regola-eccezione tra contestazione immediata e non immediata della violazione, che una volta era ben definito e sistematicamente coordinato nel rimando reciproco degli articoli 200 e 201 del Codice.

Ancora la rilevazione effettuata ad opera del dispositivo omologato acquista a tal punto un valore oggettivo che la sanzione viene emessa dalle Autorità competenti in maniera acritica, automatica e senza motivazione in ordine alla mancata contestazione, perciò stabilendosi a priori e comunque la responsabilità del trasgressore, indipendentemente dalla valutazione delle singole circostanze in cui la violazione potrebbe essere avvenuta. In questo caso (si pensi anche alla diversa ma affine casistica dell’Ecopass e delle Zone a Traffico Limitato) il presunto trasgressore non può materialmente esporre le proprie ragioni nell’immediatezza del fatto ed è sistematicamente costretto a ricorrere al Prefetto o al Giudice di Pace, esponendo a posteriori i motivi di doglianza che avrebbe potuto immediatamente esporre e che, talvolta, risultano anche difficili da rassegnare a fronte della carenza di motivazione contenuta nel verbale.

Infine è stato privato di valore il precetto dell’art. 41, comma decimo, del Codice della Strada. In merito, giova precisare che la manovra di impegno dell’intersezione con luce semaforica gialla è consentita dal Codice della Strada (art. 41, per l’appunto) e si configura quale eccezione alla regola generale prevista dalla prima parte del comma decimo del citato articolo, la cui ratio è la salvaguardia della sicurezza della circolazione (“durante il periodo di accensione della luce gialla, i veicoli non possono oltrepassare gli stessi punti stabiliti per l’arresto, di cui al comma 11, a meno che vi si trovino così prossimi, al momento dell’accensione della luce gialla, che non possano più arrestarsi in condizioni di sufficiente sicurezza; in tal caso essi devono sgombrare sollecitamente l’area di intersezione con opportuna prudenza” art. 41, comma decimo, del Codice della Strada). Piuttosto che costringere il conducente di un mezzo ad una brusca frenata onde arrestarsi entro la linea d’arresto così prossima, si consente a questi - previe le necessarie cautele del caso - di attraversare l’intersezione comunque.

Appare perciò di logica evidenza - nonché principio di empirico buonsenso - che quando un semaforo è collegato ad un dispositivo automatico di rilevazione delle infrazioni, laddove l’attraversamento dell’incrocio - per ragioni di prudenza o di traffico - richieda più tempo del necessario, ovvero laddove il semaforo sia stato tarato di guisa che la luce gialla abbia una durata sì breve da non consentire nemmeno l’attraversamento dell’intersezione prima di diventare rosso, verrebbe vanificata la ragion d’essere dell’art. 41 comma decimo, del Codice della Strada (perché è evidente che nel frattempo il semaforo passerà sulla luce rossa e si attiverà in modo automatico il dispositivo atto a rilevare l’infrazione).

Diverso, bisogna convenire, è l’impegnare una intersezione con semaforo già rosso rispetto all’impegnarla con il giallo - come consentito - per poi incappare, magari anche per eccesso di prudenza o per le condizioni del traffico, nel rosso nella parte terminale dell’intersezione medesima. Ma questa differenziazione non può essere effettuata attraverso un dispositivo che si attivi in automatico allo scattare della luce semaforica rossa, perché non si è così in grado di valutare la circostanza concreta, che invece potrebbe essere ben valutata se sul luogo fossero presenti gli Agenti.

Le considerazioni critiche ora passate in rassegna, quindi, consentono di concludere che sarebbe possibile, ed anzi auspicabile, l’applicazione del principio giurisprudenziale individuato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7388 del 2009 onde mitigare il rigore del novellato art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada e ricondurre così ad equità tutte quelle ipotesi nelle quali una sanzione sia irrogata a dispetto del reale svolgersi dei fatti ovvero in situazioni peculiari che richiedano comunque una più approfondita disamina delle circostanze e che non possono perciò essere valutate solo in ragione di una documentazione fotografica. Non appare infatti possibile né pensabile, a parere di chi scrive, che anche dopo l’introduzione dei nuovi dispositivi di rilevamento remoto, si siano sostanzialmente eliminati i dubbi “non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388).

In ragione delle esposte argomentazioni, perciò, si ritiene che il principio posto dalla sentenza n. 7388 del 2009 si possa invocare e possa comunque dispiegare i propri effetti anche con riferimento alle sanzioni comminate in tempi più recenti. Del resto - e in aggiunta - conferire alle motivazioni della sentenza indicata un valore, per così dire “ultrattivo” nel tempo e non soltanto circoscritto al caso deciso, sarebbe l’unica maniera per recuperare l’autentico senso dell’art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada anche in un’ottica di interpretazione costituzionalmente orientata.

In questi ultimi giorni - attraverso gli organi di informazione - ha avuto grande eco quanto disposto dalla Corte di Cassazione, Seconda Sezione, con sentenza n. 7388 del 19 febbraio 2009, pubblicata il 27 marzo 2009, con riferimento alle contravvenzioni elevate per violazione del Codice della Strada in caso di attraversamento dell’incrocio con semaforo indicante luce rossa, stabilendo che l’assenza degli Agenti verbalizzanti sul luogo dell’infrazione rende la sanzione illegittima seppure accertata con dispositivi elettronici di rilevamento automatico dell’infrazione. Ciò perché, secondo la Suprema Corte "la mancata presenza in loco di agenti operanti, per un verso preclude la possibilità di contestazione immediata nei casi in cui ciò sia possibile, così eludendo il precetto legislativo al riguardo e, per altro verso, non consente di verificare le concrete situazioni in cui l’apparecchio di rilevamento automatico opera, consentendo possibili equivoci, non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388).

La vicenda oggetto della decisione trae origine da una impugnazione dispiegata avverso una contravvenzione elevata nell’estate del 2003 ed accertata mediante l’apparecchio di rilevamento automatico Photored F17: opposizione dapprima rigettata con sentenza del Giudice di Pace nel maggio 2004 e successivamente accolta con la pronuncia in commento. Appare però necessario premettere che la pronuncia della Suprema Corte si fonda su un quadro normativo ad oggi modificato, sicché - contrariamente alle apparenze - il principio enunciato non potrà trovare applicazione con riferimento alle contravvenzioni recenti, sebbene per parte nostra si ritenga che la motivazione della sentenza abbia comunque posto un principio importante che potrebbe - per certi versi ed a determinate condizioni - coinvolgere tutte le contravvenzioni elevate.

Il quadro normativo attinente alla questione: breve analisi.

Apparentemente semplice, il quadro normativo che costituisce lo sfondo dell’intera controversia che la Corte di Cassazione è stata chiamata a dirimere, si rivela in realtà articolato: e sarà necessario un breve excursus in proposito, senza pretesa di completezza o di approfondimento, anche al fine di meglio contestualizzare e delimitare la validità nel tempo dei principi enunciati con la sentenza n. 7388 del 2009.

Prima dell’agosto 2003, la regolamentazione dei casi nei quali era necessaria la contestazione immediata dell’infrazione al Codice della Strada era disciplinata in maniera diversa rispetto a come si atteggia oggi, principalmente incentrandosi sul combinato disposto degli articoli 201 Codice della Strada (nella vecchia formulazione) e 384 del Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice della Strada. Quest’ultima norma, in particolare, elenca tutt’ora i casi di materiale impossibilità della contestazione immediata prevista dall’art. 201, comma primo, del Codice della Strada (ossia i casi nei quali gli Agenti possono evitare di fermare immediatamente i trasgressori), individuando tra essi anche l’attraversamento di un incrocio con il semaforo indicante luce rossa. Trattandosi però di norma regolamentare e, come indicato in essa dal legislatore, di precetto recante soltanto un’elencazione esemplificativa, la portata di concreta applicazione della norma era piuttosto ridotta.

Il 13 agosto 2003 è entrata in vigore la Legge 1 agosto 2003 n. 214, di conversione del Decreto Legge 27 giugno 2003 n. 151, che ha modificato l’articolo 201 del Codice della Strada aggiungendovi altresì il comma 1 bis attualmente vigente. In sintesi, a seguito delle modifiche introdotte, è stato ampliato e disciplinato in modo più organico il novero dei casi in cui è consentita la notificazione successiva del verbale di contestazione, anche allo scopo di armonizzarlo con le disposizioni in materia di “controlli remoti”, introdotti dalla Legge 1 agosto 2002 n. 168 di conversione del Decreto Legge 20 giugno 2002 n. 121. La modifica legislativa così apportata ha perciò "elevato" il contenuto dell’articolo 384 del Regolamento di Attuazione ed Esecuzione del Codice della Strada al rango di disposizione legislativa, di fatto rafforzandone la portata precettiva e stabilendo che in caso di violazione accertata con strumenti elettronici la “contestazione immediata non è necessaria” (art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada), né tantomeno è necessaria l’indicazione del motivo per il quale non si è proceduto alla medesima.

Per mitigare il rigore della norma ed al fine di evitare eventuali abusi, è stato contestualmente imposto l’obbligo di utilizzare apparecchi di controllo (in assenza degli Agenti) “debitamente omologati”, vale a dire approvati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: l’omologazione, infatti, dovrebbe assicurare risultati inequivocabili circa l’accertamento dell’infrazione ed assorbire ogni altra questione in materia di contestazione dell’infrazione.

Quindi, i principi enunciati dalla Corte di Cassazione con la sentenza 7388 del 2009 non potrebbero più essere utilmente invocati per contestare le recenti contravvenzioni, siccome vi è una dispensa legislativa dalla contestazione immediata (art. 201, comma primo bis, Codice della Strada) e siccome irrogate sulla scorta di documentazione fotografica derivante da strumentazioni omologate e le cui caratteristiche corrispondono a quelle che sono state stabilite dalla legge.

Le motivazioni addotte dalla Corte di Cassazione nella sentenza 27 marzo 2009, n. 7388 e la validità temporale del principio giurisprudenziale enunciato.

Poste le premesse normative al paragrafo che precede, risulterà dunque più facile e più comprensibile il ragionamento condotto dalla Corte di Cassazione nella sentenza in commento, atteso che trattasi di una sanzione irrogata in epoca precedente alla novella del 2003 dell’art. 201 del Codice della Strada. Quindi, la motivazione con la quale la Corte di Cassazione è giunta a determinare l’illegittimità della contravvenzione è ricollegata - in buona sostanza - a quanto previsto dall’art. 201 (vecchia formulazione) in combinato disposto con l’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione.

Più in particolare, i Giudici della Suprema Corte hanno premesso:

- che l’elencazione dei casi per i quali si possa elevare una sanzione anche in assenza di immediata contestazione, contenuta nel richiamato art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione, è da ritenersi solo esemplificativa e che, pertanto, non vi si può ricorrere per evitare sistematicamente la contestazione immediata;

- che la norma dell’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione è una fonte di rango regolamentare, prevalendo perciò su quanto in essa previsto il disposto dell’art. 201 del Codice della Strada;

- che provvedere a fermare un veicolo che passi con luce semaforica rossa, onde elevare una sanzione nell’immediatezza dei fatti, dovrebbe risultare più semplice che fermare un veicolo che abbia superato i limiti di velocità. Quindi, anche sotto questo profilo, non è lecito richiamare l’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione per evitare sistematicamente la contestazione immediata.

A ciò si aggiunga, infine, che l’apparecchiatura utilizzata per accertare l’infrazione commessa non era predisposta per scattare due fotografie del veicolo in prossimità dell’incrocio, come invece è adesso previsto in virtù delle direttive tecniche del Ministero dei Trasporti, carenza che rendeva perciò ancora più arduo ricostruire il contesto in cui l’infrazione era stata commessa.

Perciò, in ragione delle esposte premesse, la Corte di Cassazione ha ritenuto che il Comune non avrebbe potuto utilizzare l’apparecchiatura in questione sistematicamente in assenza di Agenti e conclude, infatti, che “la mancata presenza in loco di agenti operanti, per un verso preclude la possibilità di contestazione immediata nei casi in cui ciò sia possibile, così eludendo il precetto legislativo al riguardo e, per altro verso, non consente di verificare le concrete situazioni in cui l’apparecchio di rilevamento automatico opera, consentendo possibili equivoci, non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388). In parole più semplici e riassumendo, ad avviso dei Giudici della Cassazione, la sistematica assenza di Agenti sul luogo dell’infrazione (in costanza di operatività di apparecchiature con specifiche tecniche anteriori al 2004) renderebbe di fatto lettera morta la normativa di risulta dell’art. 201 del Codice della Strada e dell’art. 384 del Regolamento di Esecuzione ed Attuazione (a mente della quale - di regola - la contestazione dell’infrazione dovrebbe essere sempre immediata, salvo casi particolari ivi descritti) e non consentirebbe neppure di dipanare eventuali equivoci che possano determinarsi e che dipendano non già dalla volontà del conducente di infrangere le norme del Codice della Strada, ma da condizioni estranee ed obiettive, come ad esempio trovarsi bloccato nel traffico al centro dell’intersezione semaforizzata mentre scatta il segnale rosso.

Appare poi sufficientemente comprensibile l’estensione applicativa del principio giurisprudenziale posto dalla sentenza in commento, che limita in effetti la propria efficacia alle sanzioni irrogate sino alla novella dell’art. 201 del Codice della Strada, introdotta dalla Legge 1 agosto 2003 n. 214 di conversione del Decreto Legge 27 giugno 2003 n. 151 o, comunque, non oltre l’avvenuta omologazione delle apparecchiature risalente al marzo 2004. Difatti, soltanto per il periodo precedente, in ragione della formulazione dell’art. 201 del Codice della Strada e in assenza di una più rigorosa e specifica normativa al riguardo, le apparecchiature per il rilevamento delle infrazioni semaforiche non consentivano un accertamento dell’infrazione stessa sufficientemente preciso, così da rendere preferibile - se non necessaria - la presenza degli Agenti sul posto; ed in tal senso è orientata e dovrebbe essere intesa la pronuncia n. 7388 del 2009 della Corte di Cassazione.

Ipotesi per operare una estensione delle motivazioni della sentenza 27 marzo 2009, n. 7388 anche ai verbali di accertamento di infrazione più recenti.

Premettiamo innanzitutto che secondo l’ortodossia e l’interpretazione letterale dell’art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada, nel caso di violazione accertata mediante apparecchiature debitamente omologate, la “contestazione immediata non è necessaria”.

In parole povere, un apparecchio omologato e correttamente funzionante dovrebbe escludere i “possibili equivoci, non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388), tanto è vero che la stessa legge - appunto - prevede che la “contestazione immediata non è necessaria” (art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada). Per questi motivi non vi sarebbe margine per invocare il principio giurisprudenziale enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 27 marzo 2009, n. 7388 nell’eventualità di contestazione di un verbale irrogato a seguito di controlli effettuati con le nuove apparecchiature, sempre - ma è ovvio e superfluo dirlo - che siano omologate.

La ratio legis della novellata disposizione sembrerebbe dunque ispirata alla fiducia che il legislatore ha posto nell’omologazione dei dispostivi di “rilevamento remoto” - identificati ai sensi dell’art. 201, comma primo bis, lettere e), f) e g) - procedimento che renderebbe le apparecchiature in questione a tal segno precise da rendere superflua la presenza sul luogo di infrazione degli Agenti, perché idonee a dirimere ogni dubbio sulla certezza dell’infrazione commessa.

Infatti, l’omologazione dei dispositivi (la quale è conferita solo a fronte del rispetto di rigorosi requisiti tecnici) dovrebbe oggettivare al massimo il meccanismo di funzionamento delle apparecchiature medesime e consentire - altrettanto oggettivamente - la descrizione dello stato dei luoghi al momento dell’infrazione commessa, diversamente da quanto accadeva prima del 2004.

A sommesso avviso di chi scrive, tuttavia, appare troppo riduttivo ed irrazionale confidare nella sola omologazione dei dispositivi di rilevamento remoto per l’accertamento di eventuali infrazioni ed escludere così, sistematicamente e per espressa disposizione di legge, la contestazione immediata (ossia la presenza di Agenti sul luogo dell’infrazione, ex art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada), sia l’obbligo di indicare “i motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata” (art. 201, comma primo ter, del Codice della Strada). A ben vedere, così come formulato, il novellato art. 201 del Codice della Strada si palesa come eccessivamente rigido e si trova a confliggere - in una dimensione anche sistematica - con alcuni principi di ordine generale e con specifiche disposizioni del Codice della Strada medesimo.

Di fatto è stato privato di valore dominante il precetto dell’art. 200 del Codice della Strada, il quale impone che, fintanto che sia possibile, la violazione deve essere immediatamente contestata al trasgressore: ed è chiaro che per raggiungere questo intento si presuppone la presenza degli Agenti sul posto. Inoltre, il concetto di impossibilità di contestazione immediata indicato dalla norma (come detto dapprima postulando la presenza degli Agenti) dovrebbe riferirsi a circostanze indipendenti ed oggettive, ad esempio in riferimento allo stato dei luoghi, alla necessità di evitare pericolo o intralcio alla circolazione, alla materiale impossibilità di fermare il trasgressore. Invece, l’avere per legge sancito la non necessità della contestazione immediata senza altro aggiungere (ex art. 201 Codice della Strada), importa sostituire il controllo degli Agenti al controllo con dispositivi remoti che funzionano in maniera del tutto automatica ed acritica (come invece parrebbe avvenire nella realtà quotidiana dei fatti) con la conseguenza di giungere di sovvertire il rapporto regola-eccezione tra contestazione immediata e non immediata della violazione, che una volta era ben definito e sistematicamente coordinato nel rimando reciproco degli articoli 200 e 201 del Codice.

Ancora la rilevazione effettuata ad opera del dispositivo omologato acquista a tal punto un valore oggettivo che la sanzione viene emessa dalle Autorità competenti in maniera acritica, automatica e senza motivazione in ordine alla mancata contestazione, perciò stabilendosi a priori e comunque la responsabilità del trasgressore, indipendentemente dalla valutazione delle singole circostanze in cui la violazione potrebbe essere avvenuta. In questo caso (si pensi anche alla diversa ma affine casistica dell’Ecopass e delle Zone a Traffico Limitato) il presunto trasgressore non può materialmente esporre le proprie ragioni nell’immediatezza del fatto ed è sistematicamente costretto a ricorrere al Prefetto o al Giudice di Pace, esponendo a posteriori i motivi di doglianza che avrebbe potuto immediatamente esporre e che, talvolta, risultano anche difficili da rassegnare a fronte della carenza di motivazione contenuta nel verbale.

Infine è stato privato di valore il precetto dell’art. 41, comma decimo, del Codice della Strada. In merito, giova precisare che la manovra di impegno dell’intersezione con luce semaforica gialla è consentita dal Codice della Strada (art. 41, per l’appunto) e si configura quale eccezione alla regola generale prevista dalla prima parte del comma decimo del citato articolo, la cui ratio è la salvaguardia della sicurezza della circolazione (“durante il periodo di accensione della luce gialla, i veicoli non possono oltrepassare gli stessi punti stabiliti per l’arresto, di cui al comma 11, a meno che vi si trovino così prossimi, al momento dell’accensione della luce gialla, che non possano più arrestarsi in condizioni di sufficiente sicurezza; in tal caso essi devono sgombrare sollecitamente l’area di intersezione con opportuna prudenza” art. 41, comma decimo, del Codice della Strada). Piuttosto che costringere il conducente di un mezzo ad una brusca frenata onde arrestarsi entro la linea d’arresto così prossima, si consente a questi - previe le necessarie cautele del caso - di attraversare l’intersezione comunque.

Appare perciò di logica evidenza - nonché principio di empirico buonsenso - che quando un semaforo è collegato ad un dispositivo automatico di rilevazione delle infrazioni, laddove l’attraversamento dell’incrocio - per ragioni di prudenza o di traffico - richieda più tempo del necessario, ovvero laddove il semaforo sia stato tarato di guisa che la luce gialla abbia una durata sì breve da non consentire nemmeno l’attraversamento dell’intersezione prima di diventare rosso, verrebbe vanificata la ragion d’essere dell’art. 41 comma decimo, del Codice della Strada (perché è evidente che nel frattempo il semaforo passerà sulla luce rossa e si attiverà in modo automatico il dispositivo atto a rilevare l’infrazione).

Diverso, bisogna convenire, è l’impegnare una intersezione con semaforo già rosso rispetto all’impegnarla con il giallo - come consentito - per poi incappare, magari anche per eccesso di prudenza o per le condizioni del traffico, nel rosso nella parte terminale dell’intersezione medesima. Ma questa differenziazione non può essere effettuata attraverso un dispositivo che si attivi in automatico allo scattare della luce semaforica rossa, perché non si è così in grado di valutare la circostanza concreta, che invece potrebbe essere ben valutata se sul luogo fossero presenti gli Agenti.

Le considerazioni critiche ora passate in rassegna, quindi, consentono di concludere che sarebbe possibile, ed anzi auspicabile, l’applicazione del principio giurisprudenziale individuato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7388 del 2009 onde mitigare il rigore del novellato art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada e ricondurre così ad equità tutte quelle ipotesi nelle quali una sanzione sia irrogata a dispetto del reale svolgersi dei fatti ovvero in situazioni peculiari che richiedano comunque una più approfondita disamina delle circostanze e che non possono perciò essere valutate solo in ragione di una documentazione fotografica. Non appare infatti possibile né pensabile, a parere di chi scrive, che anche dopo l’introduzione dei nuovi dispositivi di rilevamento remoto, si siano sostanzialmente eliminati i dubbi “non risolubili con certezza, proprio per l’assenza degli agenti sul posto” (Corte di Cassazione 27 marzo 2009, n. 7388).

In ragione delle esposte argomentazioni, perciò, si ritiene che il principio posto dalla sentenza n. 7388 del 2009 si possa invocare e possa comunque dispiegare i propri effetti anche con riferimento alle sanzioni comminate in tempi più recenti. Del resto - e in aggiunta - conferire alle motivazioni della sentenza indicata un valore, per così dire “ultrattivo” nel tempo e non soltanto circoscritto al caso deciso, sarebbe l’unica maniera per recuperare l’autentico senso dell’art. 201, comma primo bis, del Codice della Strada anche in un’ottica di interpretazione costituzionalmente orientata.