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La flessibilità nella gestione dei riposi settimanali

La disciplina del riposo settimanale ha subito un costante mutamento nel corso degli anni, nell’obiettivo di rincorrere la sempre maggiore flessibilità richiesta dai rapporti di lavoro.

Da questa ricerca è emerso come la necessità di offrire un sacrosanto recupero delle energie al termine della settimana lavorativa, spesso si sia scontrata con un esigenza di adattare la distribuzione dei riposi in base a diverse articolazioni temporali, più consone ad assecondare l’attività aziendale.

La previsione normativa a garanzia del riposo settimanale è stata offerta in primis dal codice civile che all’art. 2109 imponeva come il lavoratore dovesse fruire di un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza della domenica. Tale disposto poneva ab origine due vincoli di dichiarata rigidità quali il riposo giornaliero da scontare ogni settimana e la coincidenza con la domenica.

Chiaramente la locuzione “di regola” riferita al giorno di godimento del riposo ben presto ha stimolato l’interpretazione più flessibile possibile, permettendo lo spostamento della pausa in giorno diverso dalla domenica, salvo l’obbligo di godimento del riposo all’interno del periodo settimanale. Come si vedrà però, la fruizione in altro giorno risulta possibile solamente qualora risultino provate determinate circostanze previste dalla Legge.

I RIPOSI NELLA DISCIPLINA SULL’ ORARIO DI LAVORO

Per una maggiore comprensione del dettato normativo, preme sottolineare come Il Decreto Legislativo 66/2003, che a tutt’ oggi disciplina le disposizioni in tema di orario di lavoro, introduca in linea generale un sistema di norme basato su indicatori orari, che in prassi già da tempo risultavano preferiti a quelli giornalieri. Pertanto, anche in merito all’individuazione del tempo lavorabile all’interno della giornata, i limiti minimi dei riposi permettono, per negazione, di individuare l’orario massimo di lavoro.

Nello specifico, se per comprendere l’orario giornaliero massimo si dovrà porre attenzione a garantire 11 ore di riposo nelle 24 (art. 7), per individuare quello settimanale, posta attenzione a quanto eventualmente stabilito dai CCNL, si dovrà garantire la concessione di almeno 24 ore consecutive di riposo ogni sette giorni di lavoro (art. 9).

L’innovazione apportata dal calcolo orario non sfiora però la regola che pone la domenica quale giorno di riposo per definizione. Di conseguenza pur delimitando la consistenza del giorno di riposo in termini di ore, dal dettato normativo emerge comunque l’insoddisfazione di alcune esigenze legate ad attività che richiedono una distribuzione dell’orario adattabile alle necessità imposte dal mercato (come si vedrà di seguito a proposito delle attività turistiche).

Chiaramente pare evidente come anche il regime delle pause qui trattato, non possa vincolare quei lavoratori che per specifica previsione dell’art. 2 D.Lgs 66/2003 non sono soggetti a tale decreto.

DEROGHE ALL’ARTICOLO 9

Diversa articolazione del riposo settimanale

Il D.Lgs 66/2003 concede comunque possibili deroghe alle 24 ore di riposo nei 7 giorni, risultano infatti escluse dalla tassativa previsione tutte le attività descritte dall’ar. 9 comma 2 lettere da a) a d).

Tali previsioni comprendono le attività di lavoro a turni ove risulti difficoltoso inserire uno stacco di 24 ore tra la fine di un turno e l’inizio di un altro, oltre alle attività caratterizzate da un periodo di lavoro frazionato all’interno della giornata (come peraltro delle 11 ore giornaliere di riposo all’interno delle 24) (1).

Un’ulteriore ipotesi di deroga, frutto della rivisitazione operata dalla L. 133/2008 art. 41 comma 4, parifica le prestazioni di lavoro frazionate all’interno della giornata a quelle offerte dalle persone sottoposte alla reperibilità. L’istituto della reperibilità investe quei lavoratori che nel corso dei riposi o del periodo feriale sono sottoposti, dietro congruo compenso, alla possibile chiamata al lavoro da parte dell’azienda. Tale rientro produce un effetto sospensivo del riposo, di tal che alla fine della prestazione non decorrerà un nuovo riposo ma solamente la restante frazione di quello già iniziato. Resta inteso, come confermato dalla Cassazione, che il riposo risulta fruito dal lavoratore pur in presenza di una condizione di reperibilità da parte dell’azienda, la quale potrà inficiare il recupero psicofisico solo qualora si verificasse la chiamata.

Ma tra le deroghe introdotte dal comma 2 dell’art. 9, acquisisce particolare importanza quella posta dalla lettera d) ove si precisa che i contratti collettivi, di qualsiasi livello essi siano, possono prevedere periodi di riposo diversi da quelli stabiliti dall’art. 9, nel pieno rispetto di quanto previsto dall’art. 17 comma 4 del D.Lgs 66/03 che sancisce la necessità, in caso di deroga a quanto previsto in tema di riposi, di garantire comunque la fruizione di un riposo compensativo o una protezione appropriata. Proprio il concetto di “protezione appropriata” chiarisce l’interesse che si va a tutelare con il riposo, che non tratta unicamente l’aspetto economico, ma concerne la sfera psicofisica del soggetto coinvolto.

L’argomentazione a queste indicazioni è offerta dal Ministero del Lavoro per mezzo dell’interpello 29/2009 ove viene interpretato compiutamente il pensiero del legislatore in merito alle limitazioni suesposte. Nello specifico il Lavoro sostiene che la fruizione del riposo settimanale può essere regolata dalla contrattazione nella sua più ampia espressione, sia essa individuale o collettiva, a patto però che si ravvisino interessi apprezzabili di produzione connessi ad oggettive ed imprescindibili esigenze aziendali, come espresso dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione.

Riposo settimanale fruito in giorno diverso dalla domenica

La particolarità del riposo domenicale fonda le proprie radici su un’ accezione culturale di sicura derivazione religiosa, che però una volta assorbita dalla Legge presenta rilevanti profili di rigidità.

Infatti le possibili deroghe al riposo domenicale sono disposte dall’art. 9 comma 3 che richiede specifici modelli organizzativi di turnazione particolare, o in alternativa la presenza di specifici requisiti legati alla tipologia di attività svolta, nel dettaglio:

a) operazioni industriali per le quali si abbia l’uso di forni a combustione o a energia elettrica per l’esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;

b) attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;

c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o ai prodotto da! punto di vista del foro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all’anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;

d) i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;

e) attività che richiedano l’impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;

f) attività di cui all’articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370.

Fatte salve le specifiche attività comprese nell’ elenco, si potrà notare come le aziende industriali per accedere alla gestione flessibile del riposo, debbano provare le ragioni tecniche che inducono al riposo alla deroga. Le aziende del settore terziario e servizi, per ottenere il medesimo scopo, dovranno invece sostenere come la propria attività, fruendo del riposo in giorno alternativo, soddisfi interessi collettivi rilevanti.

Risulta inoltre evidente come dovrà essere comunque garantito il rapporto tra i sei giorni lavorativi (limite massimo) e il giorno di riposo dovuto. Non pare quindi possibile, nel caso di settimana lavorata interamente dal lunedì alla domenica, lo spostamento del riposo al lunedì successivo (in quanto risulterebbero lavorati sette giorni consecutivi ed il riposo giungerebbe all’ottavo giorno) . Nella medesima situazione pare invece corretto anticipare il riposo al sabato, che risulta anzi migliorativo per il dipendente (cinque giorni lavorati ed uno di riposo). Altra soluzione possibile risulta essere quella del riposo posto come routine al lunedì, con conseguente settimana lavorativa articolata dal martedì alla domenica (sei giorni di lavoro e uno di riposo proprio come da previsione di Legge).

Alla luce del quadro esposto pare evidente come in ogni caso la flessibilità concessa dalla Legge sia espressa in termini di variazione temporale, non di rapporto orario lavorato/orario di recupero.

DEROGHE AL RIPOSO SETTIMANALE

A concedere un po’ di respiro alla tassativa imposizione del riposo settimanale ci ha pensato il D.L. 112/08, ampliando la possibilità di derogare al regime legale, precisando come il periodo delle 24 ore all’interno della settimana, possa essere calcolato come media in un tempo non superiore a 14 giorni.

La nuova disposizione offre quindi un ulteriore strumento di avvicinamento alle diversificate esigenze delle aziende che possono ora muoversi anche oltre il limite settimanale, mantenendo però stabile il rapporto tra ore di riposo fruite 48, e numero di giorni di lavoro 14. Pertanto nel qual caso dal lunedì alla domenica non sia stato fruito alcun riposo, risulta necessario operare 48 consecutive di stacco all’interno della settimana in divenire.

Anche alla luce delle nuove normative appare evidente come le esigenze di attività quali quelle prettamente stagionali, pur trovando una distribuzione dell’orario più diluita, si scontrino con l’obbligo di eseguire delle pause giornaliere in brevi periodi dell’anno di intensa attività. Si pensi ai villaggi turistici, i pubblici esercizi nelle località turistiche, i dipendenti dei services nei tour degli artisti ecc.

Spesso queste situazioni evidenziano la necessità di impiegare per settimane consecutive senza soste tutto il personale, salvo sospendere l’attività stessa alla fine della stagione o del tour. La soluzione percorribile sarà quella di organizzare squadre di lavoratori che permettano la continuità del servizio, garantendo comunque la fruizione del riposo.

CUMULABILITA’ TRA RIPOSO GIORNALIERO E RIPOSO SETTIMANALE

Come anticipato il D.Lgs 66/2003 impone la fruizione di due tipologie di riposi all’interno del periodo bisettimanale, quello giornaliero delle 11 ore nelle 24 e quello settimanale di un giorno ogni sette. Pare evidente come all’interno della settimana o del più ampio periodo bisettimanale nel caso della dilazione concessa dalla D.L. 112/08, il lavoratore debba fruire del riposo giornaliero e consecutivamente di quello settimanale, innescando un obbligo di riposo pari a 35 ore settimanali.

La particolare commistione dei due obblighi però ha posto alcuni dubbi, oggetto di interpello da parte della Confcommercio, in merito alla modalità di godimento degli stessi ed alla possibilità di garantirne la fruizione, ma non la consecutività, sulla scorta che il concetto di cumulo possa ben essere soddisfatto anche dalla fruizione disgiunta.

In risposta a tale questo il Dicastero con nota n°30 del 11 ottobre 2007, afferma come la ratio della previsione legislativa rispecchi un vincolo di sostanza e non puramente di forma, imponendo la doverosa fruizione dei due riposi all’interno del periodo senza la necessità che questi siano consecutivi. Pertanto ben potrà verificarsi una settimana ove dal lunedì al sabato il lavoratore rispetti il riposo giornaliero di 11 ore nelle 24, allo stesso tempo il riposo giornaliero di 24 ore non dovrà assolutamente seguire o anticipare uno dei riposi giornalieri.

Altra argomentazione adotta dal Ministero riguarda i profili di sanzionabilità della fattispecie previsti dalla circolare 8 del 2005. Infatti anche tale ulteriore indicazione interpretativa assicura che la condotta risulterà sempre regolare ove all’interno della settimana siano rispettati i riposi di Legge, senza conferire importanza alla distribuzione degli stessi.

REGIME SANZIONATORIO

Come previsto dalla Legge 133/08, il mancato rispetto dell’obbligo di riposo settimanale espone alla sanzione amministrativa da € 130,00 ad € 780,00, da calcolarsi moltiplicando l’importo per ogni dipendente e per ogni periodo di mancata fruizione.

Inoltre con riferimento al sistema sanzionatorio pare utile sottolineare due importanti questioni:

• La sanzione descritta non risulta diffidabile. Pertanto una volta calcolata la sommatoria delle infrazioni, come detto in base ai giorni e ai lavoratori coinvolti, la sanzione viene comminata per l’intero importo.

• Una recente Cassazione n. 9999/09, ha confermato come l’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi abbia natura risarcitoria, non retributiva, soggiacendo pertanto alla prescrizione ordinaria decennale e non quinquennale, che decorre in costanza di rapporto di lavoro. Resta inteso che la prescrizione risarcitoria non potrà comunque assorbire l’eventuale pretesa di risarcimento del danno biologico ed esistenziale da mancato recupero psicofisico da parte del lavoratore.

La disciplina del riposo settimanale ha subito un costante mutamento nel corso degli anni, nell’obiettivo di rincorrere la sempre maggiore flessibilità richiesta dai rapporti di lavoro.

Da questa ricerca è emerso come la necessità di offrire un sacrosanto recupero delle energie al termine della settimana lavorativa, spesso si sia scontrata con un esigenza di adattare la distribuzione dei riposi in base a diverse articolazioni temporali, più consone ad assecondare l’attività aziendale.

La previsione normativa a garanzia del riposo settimanale è stata offerta in primis dal codice civile che all’art. 2109 imponeva come il lavoratore dovesse fruire di un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza della domenica. Tale disposto poneva ab origine due vincoli di dichiarata rigidità quali il riposo giornaliero da scontare ogni settimana e la coincidenza con la domenica.

Chiaramente la locuzione “di regola” riferita al giorno di godimento del riposo ben presto ha stimolato l’interpretazione più flessibile possibile, permettendo lo spostamento della pausa in giorno diverso dalla domenica, salvo l’obbligo di godimento del riposo all’interno del periodo settimanale. Come si vedrà però, la fruizione in altro giorno risulta possibile solamente qualora risultino provate determinate circostanze previste dalla Legge.

I RIPOSI NELLA DISCIPLINA SULL’ ORARIO DI LAVORO

Per una maggiore comprensione del dettato normativo, preme sottolineare come Il Decreto Legislativo 66/2003, che a tutt’ oggi disciplina le disposizioni in tema di orario di lavoro, introduca in linea generale un sistema di norme basato su indicatori orari, che in prassi già da tempo risultavano preferiti a quelli giornalieri. Pertanto, anche in merito all’individuazione del tempo lavorabile all’interno della giornata, i limiti minimi dei riposi permettono, per negazione, di individuare l’orario massimo di lavoro.

Nello specifico, se per comprendere l’orario giornaliero massimo si dovrà porre attenzione a garantire 11 ore di riposo nelle 24 (art. 7), per individuare quello settimanale, posta attenzione a quanto eventualmente stabilito dai CCNL, si dovrà garantire la concessione di almeno 24 ore consecutive di riposo ogni sette giorni di lavoro (art. 9).

L’innovazione apportata dal calcolo orario non sfiora però la regola che pone la domenica quale giorno di riposo per definizione. Di conseguenza pur delimitando la consistenza del giorno di riposo in termini di ore, dal dettato normativo emerge comunque l’insoddisfazione di alcune esigenze legate ad attività che richiedono una distribuzione dell’orario adattabile alle necessità imposte dal mercato (come si vedrà di seguito a proposito delle attività turistiche).

Chiaramente pare evidente come anche il regime delle pause qui trattato, non possa vincolare quei lavoratori che per specifica previsione dell’art. 2 D.Lgs 66/2003 non sono soggetti a tale decreto.

DEROGHE ALL’ARTICOLO 9

Diversa articolazione del riposo settimanale

Il D.Lgs 66/2003 concede comunque possibili deroghe alle 24 ore di riposo nei 7 giorni, risultano infatti escluse dalla tassativa previsione tutte le attività descritte dall’ar. 9 comma 2 lettere da a) a d).

Tali previsioni comprendono le attività di lavoro a turni ove risulti difficoltoso inserire uno stacco di 24 ore tra la fine di un turno e l’inizio di un altro, oltre alle attività caratterizzate da un periodo di lavoro frazionato all’interno della giornata (come peraltro delle 11 ore giornaliere di riposo all’interno delle 24) (1).

Un’ulteriore ipotesi di deroga, frutto della rivisitazione operata dalla L. 133/2008 art. 41 comma 4, parifica le prestazioni di lavoro frazionate all’interno della giornata a quelle offerte dalle persone sottoposte alla reperibilità. L’istituto della reperibilità investe quei lavoratori che nel corso dei riposi o del periodo feriale sono sottoposti, dietro congruo compenso, alla possibile chiamata al lavoro da parte dell’azienda. Tale rientro produce un effetto sospensivo del riposo, di tal che alla fine della prestazione non decorrerà un nuovo riposo ma solamente la restante frazione di quello già iniziato. Resta inteso, come confermato dalla Cassazione, che il riposo risulta fruito dal lavoratore pur in presenza di una condizione di reperibilità da parte dell’azienda, la quale potrà inficiare il recupero psicofisico solo qualora si verificasse la chiamata.

Ma tra le deroghe introdotte dal comma 2 dell’art. 9, acquisisce particolare importanza quella posta dalla lettera d) ove si precisa che i contratti collettivi, di qualsiasi livello essi siano, possono prevedere periodi di riposo diversi da quelli stabiliti dall’art. 9, nel pieno rispetto di quanto previsto dall’art. 17 comma 4 del D.Lgs 66/03 che sancisce la necessità, in caso di deroga a quanto previsto in tema di riposi, di garantire comunque la fruizione di un riposo compensativo o una protezione appropriata. Proprio il concetto di “protezione appropriata” chiarisce l’interesse che si va a tutelare con il riposo, che non tratta unicamente l’aspetto economico, ma concerne la sfera psicofisica del soggetto coinvolto.

L’argomentazione a queste indicazioni è offerta dal Ministero del Lavoro per mezzo dell’interpello 29/2009 ove viene interpretato compiutamente il pensiero del legislatore in merito alle limitazioni suesposte. Nello specifico il Lavoro sostiene che la fruizione del riposo settimanale può essere regolata dalla contrattazione nella sua più ampia espressione, sia essa individuale o collettiva, a patto però che si ravvisino interessi apprezzabili di produzione connessi ad oggettive ed imprescindibili esigenze aziendali, come espresso dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione.

Riposo settimanale fruito in giorno diverso dalla domenica

La particolarità del riposo domenicale fonda le proprie radici su un’ accezione culturale di sicura derivazione religiosa, che però una volta assorbita dalla Legge presenta rilevanti profili di rigidità.

Infatti le possibili deroghe al riposo domenicale sono disposte dall’art. 9 comma 3 che richiede specifici modelli organizzativi di turnazione particolare, o in alternativa la presenza di specifici requisiti legati alla tipologia di attività svolta, nel dettaglio:

a) operazioni industriali per le quali si abbia l’uso di forni a combustione o a energia elettrica per l’esercizio di processi caratterizzati dalla continuità della combustione ed operazioni collegate, nonché attività industriali ad alto assorbimento di energia elettrica ed operazioni collegate;

b) attività industriali il cui processo richieda, in tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni tecniche;

c) industrie stagionali per le quali si abbiano ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o ai prodotto da! punto di vista del foro deterioramento e della loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di lavorazione si svolge in non più di 3 mesi all’anno, ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso personale si compiano alcune delle suddette attività con un decorso complessivo di lavorazione superiore a 3 mesi;

d) i servizi ed attività il cui funzionamento domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi interessi rilevanti della collettività ovvero sia di pubblica utilità;

e) attività che richiedano l’impiego di impianti e macchinari ad alta intensità di capitali o ad alta tecnologia;

f) attività di cui all’articolo 7 della legge 22 febbraio 1934, n. 370.

Fatte salve le specifiche attività comprese nell’ elenco, si potrà notare come le aziende industriali per accedere alla gestione flessibile del riposo, debbano provare le ragioni tecniche che inducono al riposo alla deroga. Le aziende del settore terziario e servizi, per ottenere il medesimo scopo, dovranno invece sostenere come la propria attività, fruendo del riposo in giorno alternativo, soddisfi interessi collettivi rilevanti.

Risulta inoltre evidente come dovrà essere comunque garantito il rapporto tra i sei giorni lavorativi (limite massimo) e il giorno di riposo dovuto. Non pare quindi possibile, nel caso di settimana lavorata interamente dal lunedì alla domenica, lo spostamento del riposo al lunedì successivo (in quanto risulterebbero lavorati sette giorni consecutivi ed il riposo giungerebbe all’ottavo giorno) . Nella medesima situazione pare invece corretto anticipare il riposo al sabato, che risulta anzi migliorativo per il dipendente (cinque giorni lavorati ed uno di riposo). Altra soluzione possibile risulta essere quella del riposo posto come routine al lunedì, con conseguente settimana lavorativa articolata dal martedì alla domenica (sei giorni di lavoro e uno di riposo proprio come da previsione di Legge).

Alla luce del quadro esposto pare evidente come in ogni caso la flessibilità concessa dalla Legge sia espressa in termini di variazione temporale, non di rapporto orario lavorato/orario di recupero.

DEROGHE AL RIPOSO SETTIMANALE

A concedere un po’ di respiro alla tassativa imposizione del riposo settimanale ci ha pensato il D.L. 112/08, ampliando la possibilità di derogare al regime legale, precisando come il periodo delle 24 ore all’interno della settimana, possa essere calcolato come media in un tempo non superiore a 14 giorni.

La nuova disposizione offre quindi un ulteriore strumento di avvicinamento alle diversificate esigenze delle aziende che possono ora muoversi anche oltre il limite settimanale, mantenendo però stabile il rapporto tra ore di riposo fruite 48, e numero di giorni di lavoro 14. Pertanto nel qual caso dal lunedì alla domenica non sia stato fruito alcun riposo, risulta necessario operare 48 consecutive di stacco all’interno della settimana in divenire.

Anche alla luce delle nuove normative appare evidente come le esigenze di attività quali quelle prettamente stagionali, pur trovando una distribuzione dell’orario più diluita, si scontrino con l’obbligo di eseguire delle pause giornaliere in brevi periodi dell’anno di intensa attività. Si pensi ai villaggi turistici, i pubblici esercizi nelle località turistiche, i dipendenti dei services nei tour degli artisti ecc.

Spesso queste situazioni evidenziano la necessità di impiegare per settimane consecutive senza soste tutto il personale, salvo sospendere l’attività stessa alla fine della stagione o del tour. La soluzione percorribile sarà quella di organizzare squadre di lavoratori che permettano la continuità del servizio, garantendo comunque la fruizione del riposo.

CUMULABILITA’ TRA RIPOSO GIORNALIERO E RIPOSO SETTIMANALE

Come anticipato il D.Lgs 66/2003 impone la fruizione di due tipologie di riposi all’interno del periodo bisettimanale, quello giornaliero delle 11 ore nelle 24 e quello settimanale di un giorno ogni sette. Pare evidente come all’interno della settimana o del più ampio periodo bisettimanale nel caso della dilazione concessa dalla D.L. 112/08, il lavoratore debba fruire del riposo giornaliero e consecutivamente di quello settimanale, innescando un obbligo di riposo pari a 35 ore settimanali.

La particolare commistione dei due obblighi però ha posto alcuni dubbi, oggetto di interpello da parte della Confcommercio, in merito alla modalità di godimento degli stessi ed alla possibilità di garantirne la fruizione, ma non la consecutività, sulla scorta che il concetto di cumulo possa ben essere soddisfatto anche dalla fruizione disgiunta.

In risposta a tale questo il Dicastero con nota n°30 del 11 ottobre 2007, afferma come la ratio della previsione legislativa rispecchi un vincolo di sostanza e non puramente di forma, imponendo la doverosa fruizione dei due riposi all’interno del periodo senza la necessità che questi siano consecutivi. Pertanto ben potrà verificarsi una settimana ove dal lunedì al sabato il lavoratore rispetti il riposo giornaliero di 11 ore nelle 24, allo stesso tempo il riposo giornaliero di 24 ore non dovrà assolutamente seguire o anticipare uno dei riposi giornalieri.

Altra argomentazione adotta dal Ministero riguarda i profili di sanzionabilità della fattispecie previsti dalla circolare 8 del 2005. Infatti anche tale ulteriore indicazione interpretativa assicura che la condotta risulterà sempre regolare ove all’interno della settimana siano rispettati i riposi di Legge, senza conferire importanza alla distribuzione degli stessi.

REGIME SANZIONATORIO

Come previsto dalla Legge 133/08, il mancato rispetto dell’obbligo di riposo settimanale espone alla sanzione amministrativa da € 130,00 ad € 780,00, da calcolarsi moltiplicando l’importo per ogni dipendente e per ogni periodo di mancata fruizione.

Inoltre con riferimento al sistema sanzionatorio pare utile sottolineare due importanti questioni:

• La sanzione descritta non risulta diffidabile. Pertanto una volta calcolata la sommatoria delle infrazioni, come detto in base ai giorni e ai lavoratori coinvolti, la sanzione viene comminata per l’intero importo.

• Una recente Cassazione n. 9999/09, ha confermato come l’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi abbia natura risarcitoria, non retributiva, soggiacendo pertanto alla prescrizione ordinaria decennale e non quinquennale, che decorre in costanza di rapporto di lavoro. Resta inteso che la prescrizione risarcitoria non potrà comunque assorbire l’eventuale pretesa di risarcimento del danno biologico ed esistenziale da mancato recupero psicofisico da parte del lavoratore.