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Una breve ricostruzione del sistema delle preclusioni nel processo societario di primo grado

“(…) l’utilità maggiore dello studio delle preclusioni sta in ciò

ch’esso ha permesso di differenziare cosa da cose, istituti da istituti;

ed ognun sa che la differenziazione è fra i compiti essenziali

e più proficui di ogni indagine scientifica”

Giuseppe CHIOVENDA, Cosa giudicata e preclusione,

Riv. it. scien. giur., 1933, 3

1. Il sistema delle preclusioni nella struttura del processo in materia di controversie societarie, finanziarie e bancarie. - 2. L’atto di citazione e la relativa nullità. Le richieste istruttorie dell’attore. - 3. La costituzione dell’attore e le conseguenze della tardiva e della omessa costituzione nei termini. - 4. Le attività del convenuto nella comparsa di risposta. - 5. La costituzione del convenuto. Le conseguenze della ritardata o mancata costituzione del convenuto e le conseguenze della ritardata od omessa notifica della comparsa di risposta. L’illegittimità costituzionale del meccanismo della ficta confessio. La mancata costituzione di tutte le parti. - 6. La memoria di replica dell’attore. - 7. La seconda memoria difensiva del convenuto. – 8. Le repliche ulteriori. - 9. L’istanza di fissazione dell’udienza e gli effetti preclusivi ad essa connessa. Le conclusioni delle parti. Le deroghe alla preclusione per eccellenza del rito societario. - 10. L’istanza congiunta di fissazione dell’udienza. - 11. Gli interventi volontari. – 12. Gli interventi coatti. - 13. La fase apud judicem e le attività difensive delle parti. – 14. Conclusioni.

1. Il sistema delle preclusioni nella struttura del processo in materia di controversie societarie, finanziarie e bancarie

Con il d.lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003, concernente la “Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366”, è stata introdotta una disciplina processuale ad hoc diretta ad assicurare una più rapida ed efficacia definizione dei procedimenti in materia di controversie societarie, finanziarie e bancarie. [Il d.lgs. n. 5/2003, rettificato mediante avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale 9 settembre 2003, n. 209, è stato modificato una prima volta dall’art. 4 del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37, concernente il “Coordinamento dei decreti legislativi 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6, recanti la riforma del diritto societario con il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e con il testo unico dell’intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 14 febbraio 2004, n. 37, e poi dagli artt. 1 a 6 del d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, concernente le “Integrazioni e correzioni alla disciplina del diritto societario e al testo unico in materia bancaria e creditizia”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 2004, n. 305. Sul tema delle modifiche al testo introduttivo del nuovo rito societario: Dalmotto, Travagli legislativi in cerca del definitivo assetto del nuovo rito societario, in www.processocivile.org/dalmotto_p.html. L’introduzione del processo societario ha assunto per parte della dottrina il significato di un banco di prova della possibile riforma organica del processo civile: in tal senso, Vaccarella, Il rito ordinario, in La riforma societaria: aspetti processuali, in Corr. giur., 2003, 1504; Cecchella, Il nuovo rito ordinario per le liti societarie: un’anticipazione della riforma del processo civile, in www.judicium.it, 3.01.2004; di diverso avviso, Chiarloni, Il rito societario a cognizione piena: un modello processuale da sopprimere, quanto prima tanto meglio, in www.judicium.it, 26.04.2006, par. 6, il quale ha sostenuto la <<necessità di togliere di mezzo al più presto un relitto così inopportunamente resuscitato>>. Il d.lgs. n. 5/2003 si segnala altresì per la gamma di meccanismi di tutela offerti alla parte che agisce in giudizio, la quale può scegliere tra essi in base al proprio interesse e tenendo conto dei limiti della tutela stessa. Sugli strumenti alternativi, tra gli altri, Capponi, Procedimento sommario di cognizione nelle controversie societarie (art. 19 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5), in www.judicium.it, 11.09.2003; Luiso, Appunti sull’arbitrato societario, in www.judicium.it, 30.03.2003; De Santis, Il rito abbreviato societario, in www.judicium.it, 13.06.2003; Chirga, Gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie nel quadro della riforma del diritto societario, in www.judicium.it, 28.02.2004; De Matteis, Il processo cautelare societario, in www.judicium.it, 26.04.2004]

Il legislatore delegato ha introdotto un processo societario di primo grado che si discosta dall’archètipo dell’ordinario processo di cognizione civile, senza che in tal senso vi fosse alcuna espressa previsione nell’art. 12 della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366. [Sui dubbi di costituzionalità che hanno alimentato i dibattiti della dottrina e le richieste di censura del nuovo rito innanzi alla Corte Costituzionale, tra gli altri: Tarzia, Interrogativi sul nuovo processo societario, in Riv. dir. proc., 2003, 645; Conforti, Eccesso di delega legislativa ad altre questioni di costituzionalità del processo societario di cognizione ordinaria, in Giur. mer., 2005, 1331 e ss.; Senini, Il processo ordinario di cognizione al vaglio della Consulta, in Le società, 2005, 85 ss.; Didone, Il processo ordinario di cognizione al vaglio della Corte Costituzionale, in Giur. It., 2005, 569; Menchini, Legittimità costituzionale del rito di cognizione ordinario per le controversie societarie?, in Corr. giur. 2005, 301 ss.; Aytano, Il processo societario imputato di “lesa costituzione”: le assoluzioni della Consulta, in www.judicium.it, 13.09.2006; Aytano, Sulla legittimità costituzionale del rito societario, in www.judicium.it, 13.12.2006; Tiscini, Il rito societario, l’eccesso di delega e le petizioni di principio, www.judicium.it, 29.04.2008. Con d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80, è entrato in vigore a partire dal 1 marzo 2006, l’art. 70ter disp. att. c.p.c., secondo cui la citazione può anche contenere, oltre a quanto previsto dall’articolo 163, terzo comma, numero 7, del codice, l’invito al convenuto o ai convenuti, a notificare al difensore dell’attore la comparsa di risposta ai sensi dell’art. 4, d.lgs. 5/2003, entro un termine non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, ma inferiore ad almeno dieci giorni al termine indicato ai sensi del primo comma dell’articolo 163bis del codice. Se tutti i convenuti notificano la comparsa di risposta ex art. 4, il processo prosegue nelle forme del rito societario. Tra i primi commentatori dell’art. 70 ter disp. att. c.p.c., v. in dottrina, tra gli altri, Menchini, Il rito su accordo delle parti ai sensi dell’art. 70 ter disp. att. c.p.c., in Foro it., 2005, 204 ss.; Tiscini Il rito convenzionale: note e margine dell’art. 70 ter disp. att. c.p.c., in www.judicium.it, 15.09.2006; Verde, Note a prima lettura sulla legge di conversione n. 80 del 14 maggio 2005, in www.judicium.it, 26.05.2005; Cecchella, Commento all’art. 70 ter, in Il nuovo processo societario, a cura di Luiso, Torino, 2006; Consolo, Competizione si, ma più che altro fra riti e fra legislatori processuali (sulla legge n. 80/2005), in Corr. giur., 2005, 893 ss. Alla luce di tale previsione, Trib. Napoli, 19.04.2006, in www.judicium.it, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità delle disposizioni contenute negli artt. da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003 per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, poiché attraverso l’introduzione dell’art. 70 ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, il legislatore ha in sostanza ratificato le disposizioni denunciate, confermando ex post la legittimità delle stesse].

La struttura di tale rito si articola, infatti, in due fasi:

- una fase preparatoria, nella quale il contraddittorio si articola direttamente tra le parti, senza alcun intervento del giudice. Ha inizio con la notificazione dell’atto di citazione e prosegue con una serie di ulteriori atti destinati alla fissazione del thema decidendum e del thema probandum. Tale fase termina con la notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza che, oltre a segnare il passaggio della causa dalla fase in jure alla fase apud judicem, fa scattare, anche anticipatamente, le preclusioni mobili sul thema decidendum e thema probandum.

- una fase dinanzi al giudice, che ha inizio con la notificazione ed il deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza nella cancelleria del Tribunale ad opera di una delle parti che intende porre fine alla fase preparatoria e che si sviluppa, dapprima, attraverso il decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 5/2003 (predisposto dal giudice relatore e destinato a dar conto delle questioni rilevabili d’ufficio o comunque bisognose di trattazione, a provvedere sull’ammissibilità dei mezzi di prova, a risolvere situazioni di patologia del contraddittorio o, comunque, di svolgimento anomalo della fase preparatoria) e, poi, attraverso la successiva fase di trattazione e discussione dinanzi al giudice collegiale [L’art. 1, comma 3, prevede che <<salvo che nelle controversie di cui al comma 1, lettera e), il tribunale giudica a norma del capo I del titolo II del presente decreto in composizione collegiale>>. Sono di competenza del giudice monocratico ai sensi del comma 1, lettera e), le materie di cui al d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio (salvo che non si tratta di azioni promosse da o contro associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio). In merito, l’art. 18, d.lgs. n. 5/2003 prevede che le disposizioni relative al procedimento davanti al collegio si applicano, in quanto compatibili, al procedimento di cognizione davanti al tribunale in composizione monocratica].

Nonostante la scelta legislativa è stata indirizzata nello strutturare il rito societario in maniera diversa dal rito ordinario, sottraendo al giudice la conduzione della fase preparatoria ed affidando alle parti la definizione del thema decidendum ed il thema probandum [Sassani, Sulla riforma del processo societario, in La riforma delle società. Il processo, (a cura) di Sassani, Torino, 2003, 6, critica il modello di processo di cognizione ordinario risultante dal ciclo di riforme degli anni 1990-1995, sostenendo che emblema della sua degenerazione è l’udienza, la cui vera funzione è di garantire uno spazio dilatorio di cui le parti abusano. Per l’A., tale modello non solo è <<deresponsabilizzante>>, ma addirittura <<ipocrita>> e <<perverso>>], dall’altro lato è stata confermata l’idea secondo cui la realizzazione di un processo rapido ed efficiente passa necessariamente attraverso la previsione di limiti temporali alle attività di parte [In ordine a tale tendenza, iniziata con la l. 533/1973, introduttiva del rito del lavoro: Balena, Le preclusioni istruttorie tra concentrazione del processo e ricerca della verità, in www.judicium.it, 06.06.2006]

Il legislatore, infatti, ha introdotto nella fase a contraddittorio autogestito del nuovo rito societario un peculiare sistema delle preclusioni che scandisce le attività assertive ed asseverative delle parti. [Tiscini, sub Art. 10, in La riforma delle società. Il processo, a cura di Sassani, cit., 108, precisa che la dinamica delle preclusioni appartiene alla fase anteriore all’accesso al giudice e – comunque essa si evolva – culmina nell’ultima barriera invalicabile che è la notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza]. Come è stato rilevato in dottrina, l’operazione di ricostruzione di tale sistema è assai complesso [De Vita, Le preclusioni nel processo societario a cognizione piena, in www.judicium.it,1], essendo edificato sulla base di due barriere preclusive che, operando dall’esterno e dall’interno, danno vita ad un sistema variabile delle preclusioni, difficile da definire in modo compiuto.

Quindi, la fase preparatoria del processo societario è caratterizzata da un doppio livello di preclusioni:

- un primo livello è ricostruibile alla luce degli artt. da 2 a 7 e dell’art. 13, 5 comma, che individuano i tempi – in corrispondenza dei diversi atti processuali della fase preparatoria - entro cui le parti devono esercitare, a pena di decadenza, le loro attività difensive;

- il secondo livello è previsto dall’art. 10 che connette alla notifica dell’istanza di fissazione dell’udienza la definitiva cristallizzazione del thema decidendum e del thema probandum. E’ un meccanismo che genera preclusioni dall’interno e che può intervenire in qualsiasi momento, sia prima delle preclusioni stabilite dal legislatore secondo la tempistica prevista, sia dopo. [La Mantia, Il rito societario a tre anni dalla riforma. Dottrina e giurisprudenza a confronto, in www.judicium.it, 13.12.2006, 33, evidenzia che <<mentre il primo sistema, conformemente a quanto avviene nell’ordinario processo di cognizione, dove è previsto un sistema di formazione progressiva delle preclusioni, si basa sul contenuto degli atti introduttivi e delle successive repliche, il secondo si caratterizza per una scansione variabile in conseguenza della scelta operata dalla parte>>. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2006, 846-847, individua tre sistemi diversi di preclusioni: un primo sistema è ricostruibile in relazione alle attività di parte da compiere a pena di decadenza nell’ambito dei singoli atti processuali; il secondo sistema di preclusioni, che si sovrappone ed in parte integra il primo, lo si desume dall’ultima parte dell’art. 13, 5 comma, d.lgs. n. 5/2003; infine, un terzo sistema di <<sbarramento finale>>, che trova fondamento nell’art. 10, 2 comma, d.lgs. n. 5/2003, si riferisce alle eccezioni rilevabili d’ufficio. Secondo l’A., <<ne discende un meccanismo molto complicato, e di certo tecnicamente non corretto, ma chiaro nel suo nucleo principale>>].

In relazione ai due livelli di preclusioni esistenti nel processo societario, rilevano tre previsioni normative:

- l’art. 13, comma 4, secondo cui l’inosservanza dei termini previsti dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10, nonché le decadenze, sono rilevabili soltanto su eccezione della parte che vi abbia interesse da proporsi nella prima istanza o difesa successiva, a norma dell’articolo 157 del codice di procedura civile;

- l’art. 13, comma 5, che sancisce l’inammissibilità, purché eccepita, delle eccezioni non rilevabili d’ufficio, delle allegazioni, delle istanze istruttorie proposte, nonché dei documenti depositati dal convenuto dopo la seconda memoria difensiva ovvero dall’attore dopo la memoria successiva alla proposizione della domanda riconvenzionale.

- l’art. 10, comma 2, il quale prevede che le decadenze connesse alla notificazione dell’istanza di fissazione di udienza possono essere dichiarate soltanto su eccezione della parte interessata, da proporsi nella prima istanza o difesa successiva a norma dell’articolo 157 del codice di procedura civile.

Tutte le decadenze maturate sono sanate ove la parte interessata non le eccepisca nel successivo atto difensivo. Alla luce di quanto visto, è facile intuire che siano dinanzi ad un processo in cui i difensori delle parti vengono responsabilizzati al massimo. [Verde, Profili del processo civile. 2. Il processo di cognizione, Napoli, 2006, 432, esprime il timore che il processo societario faccia affidamento su di un’avvocatura che esprima alta professionalità e grande rigore morale, là dove non sembra che ciò sia garantito da un ordine forense che è il più pletorico d’Europa e rispetto al quale non è facile assicurare un controllo disciplinare adeguato ed omogeneo].

La nostra indagine avrà ad oggetto una “breve” ricomposizione del sistema delle preclusioni appena illustrato, con una particolare attenzione al panorama giurisprudenziale e dottrinale. Senza avere la pretesa di essere esaustivi, la ricostruzione avverrà tenendo conto delle preclusioni che maturano nella fase preparatoria del nuovo rito in relazione ai diversi atti, memorie o repliche di parte, mettendo in evidenza il collegamento – e, quindi, l’interferenza – tra le preclusioni ad esse collegate e la preclusione per eccellenza che matura a seguito della notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza. Dunque,

“(…) l’utilità maggiore dello studio delle preclusioni sta in ciò

ch’esso ha permesso di differenziare cosa da cose, istituti da istituti;

ed ognun sa che la differenziazione è fra i compiti essenziali

e più proficui di ogni indagine scientifica”

Giuseppe CHIOVENDA, Cosa giudicata e preclusione,

Riv. it. scien. giur., 1933, 3

1. Il sistema delle preclusioni nella struttura del processo in materia di controversie societarie, finanziarie e bancarie. - 2. L’atto di citazione e la relativa nullità. Le richieste istruttorie dell’attore. - 3. La costituzione dell’attore e le conseguenze della tardiva e della omessa costituzione nei termini. - 4. Le attività del convenuto nella comparsa di risposta. - 5. La costituzione del convenuto. Le conseguenze della ritardata o mancata costituzione del convenuto e le conseguenze della ritardata od omessa notifica della comparsa di risposta. L’illegittimità costituzionale del meccanismo della ficta confessio. La mancata costituzione di tutte le parti. - 6. La memoria di replica dell’attore. - 7. La seconda memoria difensiva del convenuto. – 8. Le repliche ulteriori. - 9. L’istanza di fissazione dell’udienza e gli effetti preclusivi ad essa connessa. Le conclusioni delle parti. Le deroghe alla preclusione per eccellenza del rito societario. - 10. L’istanza congiunta di fissazione dell’udienza. - 11. Gli interventi volontari. – 12. Gli interventi coatti. - 13. La fase apud judicem e le attività difensive delle parti. – 14. Conclusioni.

1. Il sistema delle preclusioni nella struttura del processo in materia di controversie societarie, finanziarie e bancarie

Con il d.lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003, concernente la “Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366”, è stata introdotta una disciplina processuale ad hoc diretta ad assicurare una più rapida ed efficacia definizione dei procedimenti in materia di controversie societarie, finanziarie e bancarie. [Il d.lgs. n. 5/2003, rettificato mediante avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale 9 settembre 2003, n. 209, è stato modificato una prima volta dall’art. 4 del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37, concernente il “Coordinamento dei decreti legislativi 17 gennaio 2003, nn. 5 e 6, recanti la riforma del diritto societario con il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e con il testo unico dell’intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 14 febbraio 2004, n. 37, e poi dagli artt. 1 a 6 del d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, concernente le “Integrazioni e correzioni alla disciplina del diritto societario e al testo unico in materia bancaria e creditizia”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 30 dicembre 2004, n. 305. Sul tema delle modifiche al testo introduttivo del nuovo rito societario: Dalmotto, Travagli legislativi in cerca del definitivo assetto del nuovo rito societario, in www.processocivile.org/dalmotto_p.html. L’introduzione del processo societario ha assunto per parte della dottrina il significato di un banco di prova della possibile riforma organica del processo civile: in tal senso, Vaccarella, Il rito ordinario, in La riforma societaria: aspetti processuali, in Corr. giur., 2003, 1504; Cecchella, Il nuovo rito ordinario per le liti societarie: un’anticipazione della riforma del processo civile, in www.judicium.it, 3.01.2004; di diverso avviso, Chiarloni, Il rito societario a cognizione piena: un modello processuale da sopprimere, quanto prima tanto meglio, in www.judicium.it, 26.04.2006, par. 6, il quale ha sostenuto la <<necessità di togliere di mezzo al più presto un relitto così inopportunamente resuscitato>>. Il d.lgs. n. 5/2003 si segnala altresì per la gamma di meccanismi di tutela offerti alla parte che agisce in giudizio, la quale può scegliere tra essi in base al proprio interesse e tenendo conto dei limiti della tutela stessa. Sugli strumenti alternativi, tra gli altri, Capponi, Procedimento sommario di cognizione nelle controversie societarie (art. 19 d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5), in www.judicium.it, 11.09.2003; Luiso, Appunti sull’arbitrato societario, in www.judicium.it, 30.03.2003; De Santis, Il rito abbreviato societario, in www.judicium.it, 13.06.2003; Chirga, Gli strumenti alternativi di risoluzione delle controversie nel quadro della riforma del diritto societario, in www.judicium.it, 28.02.2004; De Matteis, Il processo cautelare societario, in www.judicium.it, 26.04.2004]

Il legislatore delegato ha introdotto un processo societario di primo grado che si discosta dall’archètipo dell’ordinario processo di cognizione civile, senza che in tal senso vi fosse alcuna espressa previsione nell’art. 12 della legge delega 3 ottobre 2001, n. 366. [Sui dubbi di costituzionalità che hanno alimentato i dibattiti della dottrina e le richieste di censura del nuovo rito innanzi alla Corte Costituzionale, tra gli altri: Tarzia, Interrogativi sul nuovo processo societario, in Riv. dir. proc., 2003, 645; Conforti, Eccesso di delega legislativa ad altre questioni di costituzionalità del processo societario di cognizione ordinaria, in Giur. mer., 2005, 1331 e ss.; Senini, Il processo ordinario di cognizione al vaglio della Consulta, in Le società, 2005, 85 ss.; Didone, Il processo ordinario di cognizione al vaglio della Corte Costituzionale, in Giur. It., 2005, 569; Menchini, Legittimità costituzionale del rito di cognizione ordinario per le controversie societarie?, in Corr. giur. 2005, 301 ss.; Aytano, Il processo societario imputato di “lesa costituzione”: le assoluzioni della Consulta, in www.judicium.it, 13.09.2006; Aytano, Sulla legittimità costituzionale del rito societario, in www.judicium.it, 13.12.2006; Tiscini, Il rito societario, l’eccesso di delega e le petizioni di principio, www.judicium.it, 29.04.2008. Con d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80, è entrato in vigore a partire dal 1 marzo 2006, l’art. 70ter disp. att. c.p.c., secondo cui la citazione può anche contenere, oltre a quanto previsto dall’articolo 163, terzo comma, numero 7, del codice, l’invito al convenuto o ai convenuti, a notificare al difensore dell’attore la comparsa di risposta ai sensi dell’art. 4, d.lgs. 5/2003, entro un termine non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione della citazione, ma inferiore ad almeno dieci giorni al termine indicato ai sensi del primo comma dell’articolo 163bis del codice. Se tutti i convenuti notificano la comparsa di risposta ex art. 4, il processo prosegue nelle forme del rito societario. Tra i primi commentatori dell’art. 70 ter disp. att. c.p.c., v. in dottrina, tra gli altri, Menchini, Il rito su accordo delle parti ai sensi dell’art. 70 ter disp. att. c.p.c., in Foro it., 2005, 204 ss.; Tiscini Il rito convenzionale: note e margine dell’art. 70 ter disp. att. c.p.c., in www.judicium.it, 15.09.2006; Verde, Note a prima lettura sulla legge di conversione n. 80 del 14 maggio 2005, in www.judicium.it, 26.05.2005; Cecchella, Commento all’art. 70 ter, in Il nuovo processo societario, a cura di Luiso, Torino, 2006; Consolo, Competizione si, ma più che altro fra riti e fra legislatori processuali (sulla legge n. 80/2005), in Corr. giur., 2005, 893 ss. Alla luce di tale previsione, Trib. Napoli, 19.04.2006, in www.judicium.it, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di costituzionalità delle disposizioni contenute negli artt. da 2 a 17 del d.lgs. n. 5 del 2003 per contrasto con l’art. 76 della Costituzione, poiché attraverso l’introduzione dell’art. 70 ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, il legislatore ha in sostanza ratificato le disposizioni denunciate, confermando ex post la legittimità delle stesse].

La struttura di tale rito si articola, infatti, in due fasi:

- una fase preparatoria, nella quale il contraddittorio si articola direttamente tra le parti, senza alcun intervento del giudice. Ha inizio con la notificazione dell’atto di citazione e prosegue con una serie di ulteriori atti destinati alla fissazione del thema decidendum e del thema probandum. Tale fase termina con la notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza che, oltre a segnare il passaggio della causa dalla fase in jure alla fase apud judicem, fa scattare, anche anticipatamente, le preclusioni mobili sul thema decidendum e thema probandum.

- una fase dinanzi al giudice, che ha inizio con la notificazione ed il deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza nella cancelleria del Tribunale ad opera di una delle parti che intende porre fine alla fase preparatoria e che si sviluppa, dapprima, attraverso il decreto di fissazione dell’udienza ai sensi dell’art. 12, d.lgs. n. 5/2003 (predisposto dal giudice relatore e destinato a dar conto delle questioni rilevabili d’ufficio o comunque bisognose di trattazione, a provvedere sull’ammissibilità dei mezzi di prova, a risolvere situazioni di patologia del contraddittorio o, comunque, di svolgimento anomalo della fase preparatoria) e, poi, attraverso la successiva fase di trattazione e discussione dinanzi al giudice collegiale [L’art. 1, comma 3, prevede che <<salvo che nelle controversie di cui al comma 1, lettera e), il tribunale giudica a norma del capo I del titolo II del presente decreto in composizione collegiale>>. Sono di competenza del giudice monocratico ai sensi del comma 1, lettera e), le materie di cui al d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, quando la relativa controversia è promossa da una banca nei confronti di altra banca ovvero da o contro associazioni rappresentative di consumatori o camere di commercio (salvo che non si tratta di azioni promosse da o contro associazioni rappresentative dei consumatori e dalle camere di commercio). In merito, l’art. 18, d.lgs. n. 5/2003 prevede che le disposizioni relative al procedimento davanti al collegio si applicano, in quanto compatibili, al procedimento di cognizione davanti al tribunale in composizione monocratica].

Nonostante la scelta legislativa è stata indirizzata nello strutturare il rito societario in maniera diversa dal rito ordinario, sottraendo al giudice la conduzione della fase preparatoria ed affidando alle parti la definizione del thema decidendum ed il thema probandum [Sassani, Sulla riforma del processo societario, in La riforma delle società. Il processo, (a cura) di Sassani, Torino, 2003, 6, critica il modello di processo di cognizione ordinario risultante dal ciclo di riforme degli anni 1990-1995, sostenendo che emblema della sua degenerazione è l’udienza, la cui vera funzione è di garantire uno spazio dilatorio di cui le parti abusano. Per l’A., tale modello non solo è <<deresponsabilizzante>>, ma addirittura <<ipocrita>> e <<perverso>>], dall’altro lato è stata confermata l’idea secondo cui la realizzazione di un processo rapido ed efficiente passa necessariamente attraverso la previsione di limiti temporali alle attività di parte [In ordine a tale tendenza, iniziata con la l. 533/1973, introduttiva del rito del lavoro: Balena, Le preclusioni istruttorie tra concentrazione del processo e ricerca della verità, in www.judicium.it, 06.06.2006]

Il legislatore, infatti, ha introdotto nella fase a contraddittorio autogestito del nuovo rito societario un peculiare sistema delle preclusioni che scandisce le attività assertive ed asseverative delle parti. [Tiscini, sub Art. 10, in La riforma delle società. Il processo, a cura di Sassani, cit., 108, precisa che la dinamica delle preclusioni appartiene alla fase anteriore all’accesso al giudice e – comunque essa si evolva – culmina nell’ultima barriera invalicabile che è la notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza]. Come è stato rilevato in dottrina, l’operazione di ricostruzione di tale sistema è assai complesso [De Vita, Le preclusioni nel processo societario a cognizione piena, in www.judicium.it,1], essendo edificato sulla base di due barriere preclusive che, operando dall’esterno e dall’interno, danno vita ad un sistema variabile delle preclusioni, difficile da definire in modo compiuto.

Quindi, la fase preparatoria del processo societario è caratterizzata da un doppio livello di preclusioni:

- un primo livello è ricostruibile alla luce degli artt. da 2 a 7 e dell’art. 13, 5 comma, che individuano i tempi – in corrispondenza dei diversi atti processuali della fase preparatoria - entro cui le parti devono esercitare, a pena di decadenza, le loro attività difensive;

- il secondo livello è previsto dall’art. 10 che connette alla notifica dell’istanza di fissazione dell’udienza la definitiva cristallizzazione del thema decidendum e del thema probandum. E’ un meccanismo che genera preclusioni dall’interno e che può intervenire in qualsiasi momento, sia prima delle preclusioni stabilite dal legislatore secondo la tempistica prevista, sia dopo. [La Mantia, Il rito societario a tre anni dalla riforma. Dottrina e giurisprudenza a confronto, in www.judicium.it, 13.12.2006, 33, evidenzia che <<mentre il primo sistema, conformemente a quanto avviene nell’ordinario processo di cognizione, dove è previsto un sistema di formazione progressiva delle preclusioni, si basa sul contenuto degli atti introduttivi e delle successive repliche, il secondo si caratterizza per una scansione variabile in conseguenza della scelta operata dalla parte>>. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2006, 846-847, individua tre sistemi diversi di preclusioni: un primo sistema è ricostruibile in relazione alle attività di parte da compiere a pena di decadenza nell’ambito dei singoli atti processuali; il secondo sistema di preclusioni, che si sovrappone ed in parte integra il primo, lo si desume dall’ultima parte dell’art. 13, 5 comma, d.lgs. n. 5/2003; infine, un terzo sistema di <<sbarramento finale>>, che trova fondamento nell’art. 10, 2 comma, d.lgs. n. 5/2003, si riferisce alle eccezioni rilevabili d’ufficio. Secondo l’A., <<ne discende un meccanismo molto complicato, e di certo tecnicamente non corretto, ma chiaro nel suo nucleo principale>>].

In relazione ai due livelli di preclusioni esistenti nel processo societario, rilevano tre previsioni normative:

- l’art. 13, comma 4, secondo cui l’inosservanza dei termini previsti dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9 e 10, nonché le decadenze, sono rilevabili soltanto su eccezione della parte che vi abbia interesse da proporsi nella prima istanza o difesa successiva, a norma dell’articolo 157 del codice di procedura civile;

- l’art. 13, comma 5, che sancisce l’inammissibilità, purché eccepita, delle eccezioni non rilevabili d’ufficio, delle allegazioni, delle istanze istruttorie proposte, nonché dei documenti depositati dal convenuto dopo la seconda memoria difensiva ovvero dall’attore dopo la memoria successiva alla proposizione della domanda riconvenzionale.

- l’art. 10, comma 2, il quale prevede che le decadenze connesse alla notificazione dell’istanza di fissazione di udienza possono essere dichiarate soltanto su eccezione della parte interessata, da proporsi nella prima istanza o difesa successiva a norma dell’articolo 157 del codice di procedura civile.

Tutte le decadenze maturate sono sanate ove la parte interessata non le eccepisca nel successivo atto difensivo. Alla luce di quanto visto, è facile intuire che siano dinanzi ad un processo in cui i difensori delle parti vengono responsabilizzati al massimo. [Verde, Profili del processo civile. 2. Il processo di cognizione, Napoli, 2006, 432, esprime il timore che il processo societario faccia affidamento su di un’avvocatura che esprima alta professionalità e grande rigore morale, là dove non sembra che ciò sia garantito da un ordine forense che è il più pletorico d’Europa e rispetto al quale non è facile assicurare un controllo disciplinare adeguato ed omogeneo].

La nostra indagine avrà ad oggetto una “breve” ricomposizione del sistema delle preclusioni appena illustrato, con una particolare attenzione al panorama giurisprudenziale e dottrinale. Senza avere la pretesa di essere esaustivi, la ricostruzione avverrà tenendo conto delle preclusioni che maturano nella fase preparatoria del nuovo rito in relazione ai diversi atti, memorie o repliche di parte, mettendo in evidenza il collegamento – e, quindi, l’interferenza – tra le preclusioni ad esse collegate e la preclusione per eccellenza che matura a seguito della notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza. Dunque,