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L’Antitrust sanziona Rai S.p.a. e R.T.I. S.p.a. per pubblicità occulta

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in data 11/06/2009, ha sanzionato sia la R.T.I. S.p.a. che la RAI Radiotelevisione Italiana S.p.a., rispettivamente con i provvedimenti n. 19955 e 19956 del 2009, per aver posto in essere pratiche commerciali scorrette, consistenti in forme di pubblicità occulte.

Come ben evidenziato dall’Autorità Garante, la pubblicità occulta costituisce uno strumento particolarmente lesivo ed insidioso per i consumatori: si tratta, infatti, di una particolare forma di comunicazione pubblicitaria, con la quale, pur in assenza di una esplicita sponsorizzazione e promozione del prodotto, si riesce a rendere il destinatario del messaggio edotto delle qualità ad esso attribuite, mediante la collocazione del messaggio in particolari contesti sociali e psicologici.

La forma di pubblicità occulta più comune e diffusa è quella che viene posta in essere nei film e nelle riproduzioni cinematografiche, durante i quali è assai frequente che vengano messi in evidenza marchi e simboli di capi di vestiario, gioielli e prodotti vari.

La pubblicità occulta, quindi, presenta un evidente vantaggio per chi la pone essere, consistente, evidentemente, nel raggiungimento di un pubblico molto più ampio rispetto a quanto avviene con la pubblicità espressa, e ciò attraverso lo sfruttamento dell’inconsapevolezza del carattere promozionale del messaggio e la conseguente incapacità di calibrare il grado di attenzione e di affidamento nei suoi confronti.

Proprio per tale motivo il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina molto stringente nei confronti di tale forma di pubblicità, attualmente prevista dagli artt. 20, 22 comma 2 e 23 lett. m) del Codice del Consumo, con lo scopo di tutelare i consumatori, garantendo agli stessi la riconoscibilità del messaggio pubblicitario.

Nel caso specifico, quindi, l’Antitrust si è occupata di alcuni casi in cui, in varie trasmissioni televisive trasmesse da Rai e Mediaset, veniva data ampia visibilità a loghi e marchi presenti su capi e accessori di abbigliamento, indossati da ospiti e opinionisti comparsi nel corso delle stesse.

Il Garante della concorrenza e del mercato, al fine di verificare se tale condotta potesse essere qualificata in termini di pubblicità occulta, ricorda in via preliminare i presupposti che la giurisprudenza amministrativa e la stessa Autorità ritengono indispensabili a tal fine.

Viene, pertanto, affermato come debba sussistere in primo luogo la natura commerciale e promozionale della comunicazione, e, in secondo luogo, la sua riconoscibilità da parte del consumatore/destinatario.

Con riferimento al primo requisito, quindi, l’Antitrust sottolinea come si debba indagare sull’esistenza di un rapporto di committenza tra l’impresa che beneficia della citazione o esibizione del proprio prodotto, o del proprio marchio, ed il mezzo su cui la comunicazione denunciata è stata diffusa: a tal riguardo, tuttavia, non è necessario che vi sia un accordo espresso tra le parti, atteso che l’elemento promozionale potrà essere dimostrato anche attraverso il ricorso ad elementi presuntivi, purché gravi, precisi e concordanti.

Per quanto riguarda, invece, l’ulteriore requisito della riconoscibilità, si evidenzia come devono essere prese in considerazione le modalità di presentazione del messaggio e, in particolare, la sussistenza o meno di elementi e accorgimenti che rendano edotto il telespettatore della sua finalità pubblicitaria.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in data 11/06/2009, ha sanzionato sia la R.T.I. S.p.a. che la RAI Radiotelevisione Italiana S.p.a., rispettivamente con i provvedimenti n. 19955 e 19956 del 2009, per aver posto in essere pratiche commerciali scorrette, consistenti in forme di pubblicità occulte.

Come ben evidenziato dall’Autorità Garante, la pubblicità occulta costituisce uno strumento particolarmente lesivo ed insidioso per i consumatori: si tratta, infatti, di una particolare forma di comunicazione pubblicitaria, con la quale, pur in assenza di una esplicita sponsorizzazione e promozione del prodotto, si riesce a rendere il destinatario del messaggio edotto delle qualità ad esso attribuite, mediante la collocazione del messaggio in particolari contesti sociali e psicologici.

La forma di pubblicità occulta più comune e diffusa è quella che viene posta in essere nei film e nelle riproduzioni cinematografiche, durante i quali è assai frequente che vengano messi in evidenza marchi e simboli di capi di vestiario, gioielli e prodotti vari.

La pubblicità occulta, quindi, presenta un evidente vantaggio per chi la pone essere, consistente, evidentemente, nel raggiungimento di un pubblico molto più ampio rispetto a quanto avviene con la pubblicità espressa, e ciò attraverso lo sfruttamento dell’inconsapevolezza del carattere promozionale del messaggio e la conseguente incapacità di calibrare il grado di attenzione e di affidamento nei suoi confronti.

Proprio per tale motivo il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento una disciplina molto stringente nei confronti di tale forma di pubblicità, attualmente prevista dagli artt. 20, 22 comma 2 e 23 lett. m) del Codice del Consumo, con lo scopo di tutelare i consumatori, garantendo agli stessi la riconoscibilità del messaggio pubblicitario.

Nel caso specifico, quindi, l’Antitrust si è occupata di alcuni casi in cui, in varie trasmissioni televisive trasmesse da Rai e Mediaset, veniva data ampia visibilità a loghi e marchi presenti su capi e accessori di abbigliamento, indossati da ospiti e opinionisti comparsi nel corso delle stesse.

Il Garante della concorrenza e del mercato, al fine di verificare se tale condotta potesse essere qualificata in termini di pubblicità occulta, ricorda in via preliminare i presupposti che la giurisprudenza amministrativa e la stessa Autorità ritengono indispensabili a tal fine.

Viene, pertanto, affermato come debba sussistere in primo luogo la natura commerciale e promozionale della comunicazione, e, in secondo luogo, la sua riconoscibilità da parte del consumatore/destinatario.

Con riferimento al primo requisito, quindi, l’Antitrust sottolinea come si debba indagare sull’esistenza di un rapporto di committenza tra l’impresa che beneficia della citazione o esibizione del proprio prodotto, o del proprio marchio, ed il mezzo su cui la comunicazione denunciata è stata diffusa: a tal riguardo, tuttavia, non è necessario che vi sia un accordo espresso tra le parti, atteso che l’elemento promozionale potrà essere dimostrato anche attraverso il ricorso ad elementi presuntivi, purché gravi, precisi e concordanti.

Per quanto riguarda, invece, l’ulteriore requisito della riconoscibilità, si evidenzia come devono essere prese in considerazione le modalità di presentazione del messaggio e, in particolare, la sussistenza o meno di elementi e accorgimenti che rendano edotto il telespettatore della sua finalità pubblicitaria.