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Esonero dal lavoro notturno

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L’articolo 11, comma 2, Decreto legislativo 66 del 08.04.2003, prevede che “non possono essere obbligati a prestare lavoro notturno”:

a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore ai 3 anni o, alternativamente a questa, il lavoratore padre convivente con lei (questa previsione deve intendersi estesa anche ai genitori non naturali, con figli in adozione o in affido,come affermato dalla Corte Cost.. 26.03.2003, n. 104);

b) la lavoratrice o il lavoratore che risulta essere unico affidatario di un figlio convivente di età inferiore ai 12 anni,

c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge n. 104/1192.

Per quanto riguarda la possibilità di rifiutare il lavoro notturno fino al compimento di tre anni di età del bambino, questa spetta innanzitutto alla madre.

Il lavoro notturno può essere rifiutato anche dal padre convivente con la madre.

Il diritto del padre è solo “alternativo”, il che significa che egli può esercitarlo solo qualora la madre sia titolare dello stesso diritto e rinunci ad esercitarlo, con la conseguenza che quello del padre costituisce un diritto derivato.

Il diritto, infatti è esercitatile dal padre solo se la madre è tenuta a lavorare di notte.

Il diritto è, invece, esercitatile dalla madre anche se il padre non è un lavoratore notturno, trattandosi di diritto proprio.

In tal senso la Circolare n. 8 del Ministero del Lavoro del 3 marzo 2005, punto n. 18, riconosce il diritto di esonero alla “lavoratrice subordinata, madre di un figlio di età inferiore a tre anni” a al “lavoratore padre convivente” qualora la madre “non abbia esercitato la facoltà di rifiutare l’esecuzione di prestazioni di lavoro notturno”.

La posizione di privilegio riservata alla madre si fonda sulla particolare posizione e funzione della stessa rispetto ai bisogni materiali e biologici del bambino.

Secondo la Corte Costituzionale, la legislazione riguardante le lavoratrici madri tutela la salute della donna e del nascituro ed è tesa ad evitare che alla maternità si colleghi uno stato di bisogno, pertanto, durante le ore notturne, prevale l’esigenza del bambino di avere accanto a sé la madre, avendo la stessa un rapporto bio–fisico con il bambino tale da renderla insostituibile al fine di garantire un suo sano e corretto sviluppo.

La norma sanzionatoria dettata dall’art. 18 bis, comma 1, secondo periodo, decreto legislativo 66 del 2003, viene ad integrare ulteriormente il precetto stabilendo che i lavoratori “dissenzienti” rispetto allo svolgimento di prestazioni di lavoro notturno debbano esercitare formalmente il proprio “diritto di astensione”.

Il datore di lavoro risulta punibile per aver violato il divieto di adibire a prestazione di lavoro notturno le categorie di lavoratori e di lavoratrici indicate, qualora i dipendenti abbiano formalizzato uno specifico dissenso “in forma scritta”, comunicandolo al datore di lavoro entro 24 h anteriori al previsto inizio della prestazione.

Si tratta, com’è stato spiegato nella Circolare n. 8/2005 di un “vero e proprio diritto potestativo”, attribuito a queste particolari tipologie soggettive di lavoratori, ai quali viene in concreto riconosciuto un “diritto di resistenza” rispetto alla eventualità di un impiego delle energie lavorative nella fascia tutelata di orario notturno.

La pena è ancora quella alternativa, dell’arresto da 2 a 4 mesi o dell’ammenda da 516,00 euro a 2.582,00 euro assoggettata a prescrizione obbligatoria.

Quando il datore di lavoro può rifiutarsi di concedere l’esonero dal lavoro notturno al padre convivente (lettera a)?

A prescindere dal divieto assoluto a lavorare di notte che opera nei confronti della convivente, a fronte di comprovate ragioni di salute, dobbiamo indagare se la stessa:

- era lavoratrice dipendente tenuta al lavoro notturno

- e aveva esercitato il diritto di esonero

In tal caso, al padre convivente con la stessa non viene riconosciuto l’esonero.

In caso contrario, quest’ultimo ne avrebbe diritto.

Infatti, il diritto di esonero dal prestare lavoro notturno è riconosciuto al lavoratore padre convivente solo qualora la madre non abbia esercitato la facoltà di rifiutare l’esecuzione di prestazioni di lavoro notturno.

Come si deve comportare il datore di lavoro, (lettera b) quando il bambino di età inferiore ai 12 anni sia affidato a periodi alterni ad entrambi i genitori?

Nel caso in cui il Giudice abbia disposto che il minore conviva, a periodi alterni, con entrambi i genitori, quest’ultimi potranno beneficiare di tale agevolazione nel periodo in cui dimostrino al proprio datore di lavoro (consegnando copia della sentenza) di convivere con il minore.

Cosa s’intende per “disabile a proprio carico” (lettera c) e quali prove il datore di lavoro può chiedere.

Nella risposta ad interpello 6 febbraio 2009, n. 4; il Ministero del lavoro chiarisce che i benefici vanno collegati ad una effettiva assistenza da parte della lavoratrice o del lavoratore al soggetto disabile. Deriva onere del lavoratore o lavoratrice di dimostrare al proprio Datore di lavoro tale effettiva assistenza, nonché di godere già (o possedere i requisiti per godere) dei benefici della legge n. 104/1192.