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No al provvedimento ex art.156 c.c. per spese straordinarie e per il ritardo nell’adempimento

Nota a Tribunale di Novara, Decreto 5 novembre 2009
Il rimedio di cui all’art. 156 co. 6 cc. non può essere chiesto per conseguire il pagamento diretto, da parte del datore di lavoro, per le spese straordinarie ove queste siano indeterminate nell’ammontare e determinabili solo successivamente.

Parimenti, l’ordine di pagamento diretto, svolto nei confronti del datore di lavoro, al soggetto beneficiario dell’assegno di mantenimento, può essere emesso anche in ipotesi di ritardo nell’adempimento, da parte dell’obbligato, ma solo nel caso in cui vi siano fondati dubbi sulla tempestività dei futuri adempimenti.

Questi i due interessanti principi sanciti dal Tribunale di Novara, in un recentissimo decreto.

Nel caso specifico, una moglie, allegando che il marito non pagava le spese straordinarie relative alle figlie, ricorreva al Tribunale perché ordinasse al datore di lavoro del marito di corrisponderle direttamente tali spese. Inoltre, la donna chiedeva che il datore di lavoro medesimo le pagasse direttamente anche l’assegno di mantenimento delle figlie stesse, nella parte posta a carico del padre, asserendo che quest’ultimo non provvedeva al pagamento con puntualità.

Il marito si costituiva in giudizio contestando le avverse richieste.

Il Tribunale rilevava però che “la domanda principale, avente ad oggetto anche le spese straordinarie, debba essere rigettata, dal momento che il verbale di separazione consensuale omologato, così come la sentenza di separazione, costituisce titolo esecutivo soltanto con riferimento all’assegno di mantenimento, che viene precisato nel suo ammontare e quindi si presenta come credito accertato, liquido ed esigibile, mentre – aggiungeva - le spese straordinarie, caratterizzate, per loro natura da un’indeterminabilità a priori, potranno essere determinate solo successivamente, caso per caso, a seconda delle esigenze concrete e, quindi, potranno essere oggetto di esecuzione forzata solo - previo accertamento giudiziale dell’esistenza del credito e della sua esatta quantificazione”.

Quanto invece alla domanda di pagamento diretto dell’assegno di mantenimento, i magistrati osservano che mancasse il presupposto normativo dell’inadempimento. Infatti, spiegavano, “l’indirizzo giurisprudenziale che ammette l’azionabilità del rimedio di cui all’art. 156, co. 6, cpc anche in caso di ritardo nell’inadempimento richiede, tuttavia, a tal fine che tale comportamento, consistente nel versare quanto dovuto con ritardo anche di pochi giorni, provochi fondati dubbi sulla tempestività dei futuri pagamenti”. Ciò significa che “il Tribunale è chiamato ad effettuare un apprezzamento in ordine all’idoneità del comportamento dell’obbligato a suscitare dubbi circa la regolarità del futuro adempimento, e quindi a frustrare le finalità proprie dell’assegno di mantenimento”.

Nella fattispecie, però, il contegno complessivamente tenuto dal resistente non si palesava idoneo a far sorgere dubbi sull’esattezza e regolarità del futuro adempimento. In conseguenza, ricorso rigettato e condanna alle spese giudiziali per la ricorrente soccombente.

Il rimedio di cui all’art. 156 co. 6 cc. non può essere chiesto per conseguire il pagamento diretto, da parte del datore di lavoro, per le spese straordinarie ove queste siano indeterminate nell’ammontare e determinabili solo successivamente.

Parimenti, l’ordine di pagamento diretto, svolto nei confronti del datore di lavoro, al soggetto beneficiario dell’assegno di mantenimento, può essere emesso anche in ipotesi di ritardo nell’adempimento, da parte dell’obbligato, ma solo nel caso in cui vi siano fondati dubbi sulla tempestività dei futuri adempimenti.

Questi i due interessanti principi sanciti dal Tribunale di Novara, in un recentissimo decreto.

Nel caso specifico, una moglie, allegando che il marito non pagava le spese straordinarie relative alle figlie, ricorreva al Tribunale perché ordinasse al datore di lavoro del marito di corrisponderle direttamente tali spese. Inoltre, la donna chiedeva che il datore di lavoro medesimo le pagasse direttamente anche l’assegno di mantenimento delle figlie stesse, nella parte posta a carico del padre, asserendo che quest’ultimo non provvedeva al pagamento con puntualità.

Il marito si costituiva in giudizio contestando le avverse richieste.

Il Tribunale rilevava però che “la domanda principale, avente ad oggetto anche le spese straordinarie, debba essere rigettata, dal momento che il verbale di separazione consensuale omologato, così come la sentenza di separazione, costituisce titolo esecutivo soltanto con riferimento all’assegno di mantenimento, che viene precisato nel suo ammontare e quindi si presenta come credito accertato, liquido ed esigibile, mentre – aggiungeva - le spese straordinarie, caratterizzate, per loro natura da un’indeterminabilità a priori, potranno essere determinate solo successivamente, caso per caso, a seconda delle esigenze concrete e, quindi, potranno essere oggetto di esecuzione forzata solo - previo accertamento giudiziale dell’esistenza del credito e della sua esatta quantificazione”.

Quanto invece alla domanda di pagamento diretto dell’assegno di mantenimento, i magistrati osservano che mancasse il presupposto normativo dell’inadempimento. Infatti, spiegavano, “l’indirizzo giurisprudenziale che ammette l’azionabilità del rimedio di cui all’art. 156, co. 6, cpc anche in caso di ritardo nell’inadempimento richiede, tuttavia, a tal fine che tale comportamento, consistente nel versare quanto dovuto con ritardo anche di pochi giorni, provochi fondati dubbi sulla tempestività dei futuri pagamenti”. Ciò significa che “il Tribunale è chiamato ad effettuare un apprezzamento in ordine all’idoneità del comportamento dell’obbligato a suscitare dubbi circa la regolarità del futuro adempimento, e quindi a frustrare le finalità proprie dell’assegno di mantenimento”.

Nella fattispecie, però, il contegno complessivamente tenuto dal resistente non si palesava idoneo a far sorgere dubbi sull’esattezza e regolarità del futuro adempimento. In conseguenza, ricorso rigettato e condanna alle spese giudiziali per la ricorrente soccombente.