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Limiti alla lettera di patronage

La Corte di Cassazione con una recentissima sentenza è intervenuta in materia di lettera di patronage riconoscendo l’applicabilità a tale istituto del principio di cui all’articolo 1938 c.c., che prevede la necessaria indicazione nel documento dell’importo massimo garantito.

La lettera di patronage è una garanzia personale atipica diffusa prevalentemente nel settore bancario ove costituisce uno strumento a supporto del credito finanziario. Questa forma di garanzia ha trovato origine nel sistema americano e si è poi diffusa in Europa intorno agli anni ’70, quando numerose società d’oltre oceano hanno iniziato a concludere operazioni finanziarie con i nostri istituti di credito, avvalendosi della lettera di patronage come strumento di garanzia delle proprie obbligazioni.

Si tratta di un documento che un soggetto, il patronnant, invia in forma di lettera ad una banca per rafforzare il convincimento di quest’ultima a concedere credito ad un terzo soggetto. Il patronnant è generalmente una holding ed il soggetto terzo beneficiante della lettera è una società controllata dalla prima, fra le quali si instaura, in forza della lettera di patronage, un rapporto di c.d. patrocinato.

In particolare, la funzione della lettera di patronage non è quella di garantire l’adempimento di un’obbligazione di un soggetto terzo, ma bensì quella di rafforzare il convincimento del creditore di essere garantito, ciò che avviene attraverso la comunicazione di argomenti ed informazioni che manifestano l’interesse del patronnant al buon esito dell’operazione.

Nonostante la lettera di patronage sia una forma di garanzia priva di una disciplina giuridica di riferimento (per questo si parla di garanzia atipica), la lettera viene generalmente ricondotta ad uno schema comune costituito da una premessa contenente la comunicazione del controllo azionario del patronnant sulla società controllata, e da una successiva serie di dichiarazioni, più o meno vincolanti, per mezzo delle quali la controllante manifesta il proprio impegno a non cedere il controllo azionario della patrocinata ed a controllare l’adempimento delle obbligazioni di quest’ultima.

A seconda della vincolatività delle predette dichiarazioni, si distingue fra lettere di patronage a carattere informativo (c.d. lettere deboli) e lettere di patronage a carattere impegnativo (c.d. lettere forti). Le lettere deboli sono quelle che contengono una mera comunicazione circa l’esistenza del rapporto di controllo fra società patrocinante e patrocinata, accompagnata da una dichiarazione di consapevolezza ed approvazione circa l’operazione di finanziamento che la banca ha concesso o sta per concedere alla controllata. Le lettere forti, invece, oltre alle dichiarazioni di cui sopra, contengono anche una comunicazione per mezzo della quale il patronnant dichiara di impegnarsi a procurare le disponibilità finanziarie per l’adempimento delle obbligazioni della società patrocinata, a non cedere il controllo di quest’ultima sino all’estinzione del debito ed a mantenere il controllo della solvibilità della stessa.

A seconda del carattere informativo o impegnativo del contenuto della lettera di patronage, si distingue poi tra natura precontrattuale o contrattuale della responsabilità del patronnant. Nel primo caso, il carattere precontrattuale della responsabilità viene fatto derivare dalla circostanza che il patrocinante, con le lettera di patronage, si inserisce nelle trattative pendenti fra altri soggetti al fine di creare le opportune aspettative sul positivo esito dell’affare, con conseguente applicazione delle norme poste a tutela della buona fede e della correttezza. Nel secondo caso, invece, la qualificazione della lettera di patronage c.d. forte come un contratto con obbligazioni del solo proponente ex articolo 1333 c.c. operata dalla giurisprudenza (Cass. n. 11987/2001), permette di individuare in capo al patronnant una responsabilità di tipo contrattuale.

In merito alla qualificazione giuridica, la lettera di patronage è stata oggetto di numerosi dibattiti giurisprudenziali, mossi dal tentativo di applicare in via analogica all’istituto in questione la disciplina dettata per figure di garanzia affini, ed in primo luogo per la fideiussione. Al riguardo la giurisprudenza ha escluso per molti anni l’applicabilità alla lettera di patronage dei principi e dei limiti dettati in materia di fideiussione a causa della mancanza nel primo istituto della necessaria manifestazione espressa della volontà di prestare la garanzia, richiesta invece per la fideiussione dall’articolo 1937 c.c.. Inoltre, la circostanza che l’impegno sotteso alla presentazione della lettera di patronage riguarda esclusivamente le “linee di credito accordate” dalla banca e non tutte le obbligazioni del patrocinato, ha permesso alla giurisprudenza di negare un inquadramento dell’istituto nella figura delle fideiussioni omnibus, ovvero quelle prestate a favore di un istituto di credito per tutte le obbligazioni del debitore garantito derivanti da future operazioni bancarie, con conseguente inapplicabilità dei limiti di validità del negozio dettati dall’articolo 1938 c.c..

Tuttavia, sul punto è intervenuta una recentissima sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito l’applicabilità alla lettera di patronage del principio dettato dall’articolo 1938 c.c., così come modificato dalla legge n. 154 del 1992, che prevede la necessaria indicazione nel documento del limite massimo garantito per le obbligazioni future (Cass. n. 1520 del 26 gennaio 2010). La Suprema Corte ha precisato che “quella dell’art. 1938 c.c. nel testo novellato (dalla legge 1992 n. 154 art. 10) che pur essendo inserita nella disciplina tipica dell’istituto della fideiussione, introduce un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, suscettibile di valenza generale anche per le garanzie personali atipiche e tra queste quelle di patronage…”.

La decisione della Corte di Cassazione introduce un elemento decisamente rilevante in tema di lettera di patronage, che dovrà essere preso attentamente in considerazione dagli operatori economico-finanziari che intendano utilizzare tale strumento di garanzia. L’espressa indicazione del limite massimo dell’importo per il quale il patronnant rende la propria dichiarazione, dovrà essere sempre inserita all’interno del documento, pena la nullità della lettera di patronage e del suo contenuto.

Certamente, l’introduzione di questo nuovo elemento a seguito della recente sentenza della Suprema Corte avrà l’effetto di irrigidire lo schema della lettera di patronage, la cui disciplina prima era lasciata esclusivamente alle determinazioni dell’autonomia contrattuale delle parti. Tuttavia, occorre evidenziare che l’obbligo di indicare all’interno del documento il limite massimo dell’importo garantito ex articolo 1938 c.c. ha sicuramente l’effetto meritevole di tutelare l’impegno del patronnant, con conseguente maggior affidamento degli istituti di credito nell’erogazione dei finanziamenti e maggior certezza delle operazioni finanziarie sottese alla lettera di patronage.

Il consiglio per tutti gli operatori economici che utilizzano la lettera di patronage come strumento di garanzia è sicuramente quello di prevedere, all’interno dello schema della lettera, la puntuale indicazione del limite massimo dell’importo per il quale il patronnant dichiara di impegnarsi, pena la nullità del negozio e dei suoi effetti. E ciò indipendentemente da eventuali future pronunce giurisprudenziali che si pongano in contrasto con quella ora in commento, al fine di evitare situazioni di incertezza ed instabilità giuridica nei rapporti.

Resta da verificare se la pronuncia della Corte di Cassazione abbia solamente chiarito un principio di ordine generale già oggetto di dibattito (Cass. n. 4801 del 2000; Cass. n. 5166 del 2005), oppure rappresenti un primo passo per l’applicazione alla lettera di patronage dei principi dettati in materia di fideiussione.

La Corte di Cassazione con una recentissima sentenza è intervenuta in materia di lettera di patronage riconoscendo l’applicabilità a tale istituto del principio di cui all’articolo 1938 c.c., che prevede la necessaria indicazione nel documento dell’importo massimo garantito.

La lettera di patronage è una garanzia personale atipica diffusa prevalentemente nel settore bancario ove costituisce uno strumento a supporto del credito finanziario. Questa forma di garanzia ha trovato origine nel sistema americano e si è poi diffusa in Europa intorno agli anni ’70, quando numerose società d’oltre oceano hanno iniziato a concludere operazioni finanziarie con i nostri istituti di credito, avvalendosi della lettera di patronage come strumento di garanzia delle proprie obbligazioni.

Si tratta di un documento che un soggetto, il patronnant, invia in forma di lettera ad una banca per rafforzare il convincimento di quest’ultima a concedere credito ad un terzo soggetto. Il patronnant è generalmente una holding ed il soggetto terzo beneficiante della lettera è una società controllata dalla prima, fra le quali si instaura, in forza della lettera di patronage, un rapporto di c.d. patrocinato.

In particolare, la funzione della lettera di patronage non è quella di garantire l’adempimento di un’obbligazione di un soggetto terzo, ma bensì quella di rafforzare il convincimento del creditore di essere garantito, ciò che avviene attraverso la comunicazione di argomenti ed informazioni che manifestano l’interesse del patronnant al buon esito dell’operazione.

Nonostante la lettera di patronage sia una forma di garanzia priva di una disciplina giuridica di riferimento (per questo si parla di garanzia atipica), la lettera viene generalmente ricondotta ad uno schema comune costituito da una premessa contenente la comunicazione del controllo azionario del patronnant sulla società controllata, e da una successiva serie di dichiarazioni, più o meno vincolanti, per mezzo delle quali la controllante manifesta il proprio impegno a non cedere il controllo azionario della patrocinata ed a controllare l’adempimento delle obbligazioni di quest’ultima.

A seconda della vincolatività delle predette dichiarazioni, si distingue fra lettere di patronage a carattere informativo (c.d. lettere deboli) e lettere di patronage a carattere impegnativo (c.d. lettere forti). Le lettere deboli sono quelle che contengono una mera comunicazione circa l’esistenza del rapporto di controllo fra società patrocinante e patrocinata, accompagnata da una dichiarazione di consapevolezza ed approvazione circa l’operazione di finanziamento che la banca ha concesso o sta per concedere alla controllata. Le lettere forti, invece, oltre alle dichiarazioni di cui sopra, contengono anche una comunicazione per mezzo della quale il patronnant dichiara di impegnarsi a procurare le disponibilità finanziarie per l’adempimento delle obbligazioni della società patrocinata, a non cedere il controllo di quest’ultima sino all’estinzione del debito ed a mantenere il controllo della solvibilità della stessa.

A seconda del carattere informativo o impegnativo del contenuto della lettera di patronage, si distingue poi tra natura precontrattuale o contrattuale della responsabilità del patronnant. Nel primo caso, il carattere precontrattuale della responsabilità viene fatto derivare dalla circostanza che il patrocinante, con le lettera di patronage, si inserisce nelle trattative pendenti fra altri soggetti al fine di creare le opportune aspettative sul positivo esito dell’affare, con conseguente applicazione delle norme poste a tutela della buona fede e della correttezza. Nel secondo caso, invece, la qualificazione della lettera di patronage c.d. forte come un contratto con obbligazioni del solo proponente ex articolo 1333 c.c. operata dalla giurisprudenza (Cass. n. 11987/2001), permette di individuare in capo al patronnant una responsabilità di tipo contrattuale.

In merito alla qualificazione giuridica, la lettera di patronage è stata oggetto di numerosi dibattiti giurisprudenziali, mossi dal tentativo di applicare in via analogica all’istituto in questione la disciplina dettata per figure di garanzia affini, ed in primo luogo per la fideiussione. Al riguardo la giurisprudenza ha escluso per molti anni l’applicabilità alla lettera di patronage dei principi e dei limiti dettati in materia di fideiussione a causa della mancanza nel primo istituto della necessaria manifestazione espressa della volontà di prestare la garanzia, richiesta invece per la fideiussione dall’articolo 1937 c.c.. Inoltre, la circostanza che l’impegno sotteso alla presentazione della lettera di patronage riguarda esclusivamente le “linee di credito accordate” dalla banca e non tutte le obbligazioni del patrocinato, ha permesso alla giurisprudenza di negare un inquadramento dell’istituto nella figura delle fideiussioni omnibus, ovvero quelle prestate a favore di un istituto di credito per tutte le obbligazioni del debitore garantito derivanti da future operazioni bancarie, con conseguente inapplicabilità dei limiti di validità del negozio dettati dall’articolo 1938 c.c..

Tuttavia, sul punto è intervenuta una recentissima sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha stabilito l’applicabilità alla lettera di patronage del principio dettato dall’articolo 1938 c.c., così come modificato dalla legge n. 154 del 1992, che prevede la necessaria indicazione nel documento del limite massimo garantito per le obbligazioni future (Cass. n. 1520 del 26 gennaio 2010). La Suprema Corte ha precisato che “quella dell’art. 1938 c.c. nel testo novellato (dalla legge 1992 n. 154 art. 10) che pur essendo inserita nella disciplina tipica dell’istituto della fideiussione, introduce un principio generale di garanzia e di ordine pubblico economico, suscettibile di valenza generale anche per le garanzie personali atipiche e tra queste quelle di patronage…”.

La decisione della Corte di Cassazione introduce un elemento decisamente rilevante in tema di lettera di patronage, che dovrà essere preso attentamente in considerazione dagli operatori economico-finanziari che intendano utilizzare tale strumento di garanzia. L’espressa indicazione del limite massimo dell’importo per il quale il patronnant rende la propria dichiarazione, dovrà essere sempre inserita all’interno del documento, pena la nullità della lettera di patronage e del suo contenuto.

Certamente, l’introduzione di questo nuovo elemento a seguito della recente sentenza della Suprema Corte avrà l’effetto di irrigidire lo schema della lettera di patronage, la cui disciplina prima era lasciata esclusivamente alle determinazioni dell’autonomia contrattuale delle parti. Tuttavia, occorre evidenziare che l’obbligo di indicare all’interno del documento il limite massimo dell’importo garantito ex articolo 1938 c.c. ha sicuramente l’effetto meritevole di tutelare l’impegno del patronnant, con conseguente maggior affidamento degli istituti di credito nell’erogazione dei finanziamenti e maggior certezza delle operazioni finanziarie sottese alla lettera di patronage.

Il consiglio per tutti gli operatori economici che utilizzano la lettera di patronage come strumento di garanzia è sicuramente quello di prevedere, all’interno dello schema della lettera, la puntuale indicazione del limite massimo dell’importo per il quale il patronnant dichiara di impegnarsi, pena la nullità del negozio e dei suoi effetti. E ciò indipendentemente da eventuali future pronunce giurisprudenziali che si pongano in contrasto con quella ora in commento, al fine di evitare situazioni di incertezza ed instabilità giuridica nei rapporti.

Resta da verificare se la pronuncia della Corte di Cassazione abbia solamente chiarito un principio di ordine generale già oggetto di dibattito (Cass. n. 4801 del 2000; Cass. n. 5166 del 2005), oppure rappresenti un primo passo per l’applicazione alla lettera di patronage dei principi dettati in materia di fideiussione.