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Rapporto di lavoro e collegamento economico - funzionale tra imprese del medesimo gruppo

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 9 dicembre 2009, n. 25763
MASSIMA

Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare - anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato - un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico - funzionale e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame delle attività di ciascuna delle imprese gestite formalmente da quei soggetti, che deve rivelare l’esistenza dei seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori. Trattasi di valutazione di fatto rimessa al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione.

NOTA

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla tematica del collegamento economico tra imprese, sui suoi riflessi nel rapporto di lavoro e sulla eventuale rilevanza delle interazioni tra strutture imprenditoriali distinte.

Con ricorso al Tribunale di Ancona il ricorrente S.S. assumeva di aver concluso un contratto di “consulenza commerciale” con la società Alfa S.r.l. e, successivamente, un contratto di lavoro subordinato come dirigente con un filiale della Alfa S.r.l., da quest’ultima interamente posseduta e controllata.

Assumeva altresì che il contratto di consulenza non aveva mai avuto attuazione nella sua parte economica e che era del tutto privo di qualsiasi descrizione delle mansioni.

Inoltre S.S. affermava che, quale direttore della controllata doveva dare esecuzione alle disposizioni impartite dalla controllante, mentre nei rapporti con i terzi figurava quale “general manager” e “managing director” della controllata.

Il contratto di “consulenza commerciale” con la controllante Alfa S.r.l., inizialmente di durata semestrale, era stato rinnovato per due volte; successivamente i vertici aziendali avevano promesso a S.S. una ulteriore proroga del contratto di consulenza, con aumento del compenso.

Senonchè, in seguito alla cessione della filiale di cui era dirigente ad altra società, a S.S. era stato comunicata la risoluzione del rapporto di lavoro subordinato.

Deducendo la natura subordinata del rapporto con Alfa S.r.l., la inefficacia del licenziamento e la persistenza del rapporto stesso, S.S., convenuta in giudizio la predetta società, chiedeva che, previa declaratoria della natura subordinata del rapporto di lavoro quale dirigente, della inefficacia del recesso e della persistenza del rapporto stesso, la convenuta fosse condannata alla regolarizzazione contributiva, alla corresponsione dei ratei di 13^ e 14^ mensilità maturati e al pagamento delle retribuzioni spettanti dal licenziamento al momento della sentenza; in subordine, che fosse condannata al pagamento del preavviso nella misura di sei mensilità globali di fatto e delle penali previste dal CCNL dirigenti spedizioni, nella misura di 12 mensilità, nonchè del TFR maturato alla data del licenziamento.

Il ricorso, respinto dalle corti territoriali, veniva riproposto da S.S. in Cassazione.

E’ orientamento consolidato della Suprema Corte che il collegamento economico - funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell’autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese.

Ne deriva che tale collegamento societario non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti a un rapporto di lavoro subordinato, intercorso fra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro - anche a fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato - ogni volta che vi sia una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame dell’attività delle singole imprese, da parte del giudice del merito (ex multis, Corte di Cassazione, 15 maggio 2006 n. 11107; Corte di Cassazione, 6 aprile 2004 n. 6707; Corte di Cassazione, 24 marzo 2003 n. 4274; Corte di Cassazione, 1 aprile 1999 n. 3136).

Pertanto, pur sussistendo una pluralità di imprese, si potrà parlare di unico centro di imputazione dei rapporti solo allorquando la formale frammentazione in soggetti diversi sia il frutto di una simulazione o di una preordinazione in frode alla legge (Corte di Cassazione, 10 dicembre 2009 n. 25878).

Per individuare la sussistenza di una fattispecie fraudolenta la giurisprudenza (Corte di Cassazione, 10 aprile 2009 n. 8809; Corte di Cassazione, 8 ottobre 2007 n. 3242; Corte di Cassazione, 25 ottobre 2004 n. 20701) ha fatto ricorso a una serie di indici quali:

(i) l’unicità della struttura amministrativa;

(ii) la stretta connessione funzionale tra le imprese e il correlativo interesse comune;

(iii) il coordinamento tecnico-amministrativo-finanziario, tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune;

(iv) l’utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie società titolari di distinte imprese.

Ovviamente, un po’ come avviene per gli indici di qualificazione del rapporto di lavoro autonomo/subordinato, detti parametri rivestono natura indicativa e sussidiaria e andranno letti in relazione alle risultanze probatorie del caso e valutati anche alla stregua della loro eventuale contemporaneità.

Sulla scorta di detti principi la Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Ancona la quale, pur riconoscendo un collegamento fra le due distinte società (Alfa S.r.l. e la filiale controllata), ha ritenuto che l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra la controllata e il S.S. non possa di per sè condurre a ritenere che analogo rapporto fosse intercorso con la Alfa S.r.l. (non essendoci incompatibilità alcuna tra la conclusione del contratto di “consulenza commerciale” con la capogruppo e il contratto di lavoro subordinato con la società controllata).

Secondo i giudici l’eventuale “preordinazione” del primo contratto rispetto al secondo non è sufficiente a dimostrare la simulazione relativa nel senso prospettato, ossia che in realtà, e a dispetto della veste formale dei contratti intervenuti, le parti avrebbero voluto che venisse ad instaurarsi un rapporto di lavoro subordinato direttamente tra la Alfa S.r.l. e S.S.

Anche la mancata attuazione del contratto di consulenza nella sua parte economica e la mancata descrizione delle mansioni del collaboratore sono, secondo la Corte, elementi cui può essere riconosciuta soltanto una valenza meramente indiziaria, ma che sono privi di univoco significato circa la sussistenza di una simulazione.

Infine, secondo la Corte, il fatto che S.S. dovesse dare esecuzione alle disposizioni impartite dalla controllante Alfa S.r.l. quale direttore generale della controllata (ma che nei rapporti con i terzi risultasse quale “general manager” e “managing director” della controllata) non è idoneo a dimostrare che il potere gerarchico e disciplinare nei suoi confronti appartenesse e fosse esercitato dagli organi direttivi della controllante Alfa S.r.l. bensì, soltanto, il suo inserimento nell’organizzazione aziendale della controllata.

MASSIMA

Il collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso fra un lavoratore ed una di esse, si debbano estendere anche all’altra, a meno che non sussista una situazione che consenta di ravvisare - anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato - un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro. Tale situazione ricorre ogni volta che vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico - funzionale e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame delle attività di ciascuna delle imprese gestite formalmente da quei soggetti, che deve rivelare l’esistenza dei seguenti requisiti: a) unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) integrazione tra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) coordinamento tecnico e amministrativo-finanziario tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori. Trattasi di valutazione di fatto rimessa al giudice di merito e sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione.

NOTA

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla tematica del collegamento economico tra imprese, sui suoi riflessi nel rapporto di lavoro e sulla eventuale rilevanza delle interazioni tra strutture imprenditoriali distinte.

Con ricorso al Tribunale di Ancona il ricorrente S.S. assumeva di aver concluso un contratto di “consulenza commerciale” con la società Alfa S.r.l. e, successivamente, un contratto di lavoro subordinato come dirigente con un filiale della Alfa S.r.l., da quest’ultima interamente posseduta e controllata.

Assumeva altresì che il contratto di consulenza non aveva mai avuto attuazione nella sua parte economica e che era del tutto privo di qualsiasi descrizione delle mansioni.

Inoltre S.S. affermava che, quale direttore della controllata doveva dare esecuzione alle disposizioni impartite dalla controllante, mentre nei rapporti con i terzi figurava quale “general manager” e “managing director” della controllata.

Il contratto di “consulenza commerciale” con la controllante Alfa S.r.l., inizialmente di durata semestrale, era stato rinnovato per due volte; successivamente i vertici aziendali avevano promesso a S.S. una ulteriore proroga del contratto di consulenza, con aumento del compenso.

Senonchè, in seguito alla cessione della filiale di cui era dirigente ad altra società, a S.S. era stato comunicata la risoluzione del rapporto di lavoro subordinato.

Deducendo la natura subordinata del rapporto con Alfa S.r.l., la inefficacia del licenziamento e la persistenza del rapporto stesso, S.S., convenuta in giudizio la predetta società, chiedeva che, previa declaratoria della natura subordinata del rapporto di lavoro quale dirigente, della inefficacia del recesso e della persistenza del rapporto stesso, la convenuta fosse condannata alla regolarizzazione contributiva, alla corresponsione dei ratei di 13^ e 14^ mensilità maturati e al pagamento delle retribuzioni spettanti dal licenziamento al momento della sentenza; in subordine, che fosse condannata al pagamento del preavviso nella misura di sei mensilità globali di fatto e delle penali previste dal CCNL dirigenti spedizioni, nella misura di 12 mensilità, nonchè del TFR maturato alla data del licenziamento.

Il ricorso, respinto dalle corti territoriali, veniva riproposto da S.S. in Cassazione.

E’ orientamento consolidato della Suprema Corte che il collegamento economico - funzionale tra imprese gestite da società di un medesimo gruppo non comporta il venir meno dell’autonomia delle singole società dotate di personalità giuridica distinta, alle quali continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale in servizio presso le distinte e rispettive imprese.

Ne deriva che tale collegamento societario non è di per sé solo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti a un rapporto di lavoro subordinato, intercorso fra un lavoratore e una di tali società, si estendano ad altre dello stesso gruppo, salva, peraltro, la possibilità di ravvisare un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro - anche a fini della sussistenza o meno del requisito numerico necessario per l’applicabilità della cosiddetta tutela reale del lavoratore licenziato - ogni volta che vi sia una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra vari soggetti e ciò venga accertato in modo adeguato, attraverso l’esame dell’attività delle singole imprese, da parte del giudice del merito (ex multis, Corte di Cassazione, 15 maggio 2006 n. 11107; Corte di Cassazione, 6 aprile 2004 n. 6707; Corte di Cassazione, 24 marzo 2003 n. 4274; Corte di Cassazione, 1 aprile 1999 n. 3136).

Pertanto, pur sussistendo una pluralità di imprese, si potrà parlare di unico centro di imputazione dei rapporti solo allorquando la formale frammentazione in soggetti diversi sia il frutto di una simulazione o di una preordinazione in frode alla legge (Corte di Cassazione, 10 dicembre 2009 n. 25878).

Per individuare la sussistenza di una fattispecie fraudolenta la giurisprudenza (Corte di Cassazione, 10 aprile 2009 n. 8809; Corte di Cassazione, 8 ottobre 2007 n. 3242; Corte di Cassazione, 25 ottobre 2004 n. 20701) ha fatto ricorso a una serie di indici quali:

(i) l’unicità della struttura amministrativa;

(ii) la stretta connessione funzionale tra le imprese e il correlativo interesse comune;

(iii) il coordinamento tecnico-amministrativo-finanziario, tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune;

(iv) l’utilizzazione contemporanea delle prestazioni lavorative da parte delle varie società titolari di distinte imprese.

Ovviamente, un po’ come avviene per gli indici di qualificazione del rapporto di lavoro autonomo/subordinato, detti parametri rivestono natura indicativa e sussidiaria e andranno letti in relazione alle risultanze probatorie del caso e valutati anche alla stregua della loro eventuale contemporaneità.

Sulla scorta di detti principi la Suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Ancona la quale, pur riconoscendo un collegamento fra le due distinte società (Alfa S.r.l. e la filiale controllata), ha ritenuto che l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra la controllata e il S.S. non possa di per sè condurre a ritenere che analogo rapporto fosse intercorso con la Alfa S.r.l. (non essendoci incompatibilità alcuna tra la conclusione del contratto di “consulenza commerciale” con la capogruppo e il contratto di lavoro subordinato con la società controllata).

Secondo i giudici l’eventuale “preordinazione” del primo contratto rispetto al secondo non è sufficiente a dimostrare la simulazione relativa nel senso prospettato, ossia che in realtà, e a dispetto della veste formale dei contratti intervenuti, le parti avrebbero voluto che venisse ad instaurarsi un rapporto di lavoro subordinato direttamente tra la Alfa S.r.l. e S.S.

Anche la mancata attuazione del contratto di consulenza nella sua parte economica e la mancata descrizione delle mansioni del collaboratore sono, secondo la Corte, elementi cui può essere riconosciuta soltanto una valenza meramente indiziaria, ma che sono privi di univoco significato circa la sussistenza di una simulazione.

Infine, secondo la Corte, il fatto che S.S. dovesse dare esecuzione alle disposizioni impartite dalla controllante Alfa S.r.l. quale direttore generale della controllata (ma che nei rapporti con i terzi risultasse quale “general manager” e “managing director” della controllata) non è idoneo a dimostrare che il potere gerarchico e disciplinare nei suoi confronti appartenesse e fosse esercitato dagli organi direttivi della controllante Alfa S.r.l. bensì, soltanto, il suo inserimento nell’organizzazione aziendale della controllata.