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Procedure ad evidenza pubblica: quando la stazione appaltante può decidere di non procedere all’aggiudicazione della gara?

Nota a Tar Calabria – Catanzaro, Sentenza 25 maggio 2009, n. 511
Quando la stazione appaltante può decidere di non procedere all’aggiudicazione di una gara?

A tale quesito ha fornito una risposta il T.A.R. della Calabria – Catanzaro – con la pronuncia del 25 maggio 2009 n. 511, assumendo la fondatezza del ricorso formulato per avversare il provvedimento di diniego di aggiudicazione di una gara.

1. Il caso

Nel caso sottoposto al vaglio del Giudice Amministrativo una società partecipava ad una procedura negoziata indetta dalla stazione appaltante per l’aggiudicazione, con il criterio del prezzo più basso, della fornitura di gasolio. Successivamente, la stessa società – unica offerente - riceveva da parte della stazione appaltante comunicazione di diniego di aggiudicazione dell’appalto, per asserita non convenienza dell’offerta. La società, pertanto, impugnava l’atto di annullamento della gara innanzi al TAR, proponendo anche il risarcimento dei danni per equivalente. Il T.A.R. adito accoglieva il ricorso, disponendo l’annullamento del provvedimento di non aggiudicazione dell’appalto per la fornitura di gasolio nonché la condanna della stazione appaltante al risarcimento dei danni.

2. Le questioni rilevanti

Molteplici le questioni problematiche sulle quali si sofferma il giudice calabrese.

La prima riguarda i limiti al potere di non procedere ad aggiudicazione; la seconda attiene all’individuazione della responsabilità in capo alla stazione appaltante; l’ultima riguarda le voci di danno risarcibili.

2.1 I limiti al potere di non procedere all’aggiudicazione

Quanto alla prima questione, il TAR Calabria prende le mosse dall’art. 81 comma 3 del Codice de Lise, il quale conferisce alla stazione appaltante il potere di non procedere ad aggiudicazione allorché nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto.

Tuttavia, la norma non specifica i parametri in base ai quali valutare la non convenienza o inidoneità dell’offerta. Né la lettura dell’art. 89 commi 1 e 2 del Codice sopra richiamato risolve il problema del Collegio.

La soluzione al problema si rinviene nel criterio di scelta del contraente. Difatti, il criterio del prezzo più basso, individuando la migliore offerta in quella del concorrente che propone il prezzo minore, non lascia margini di manovra all’amministrazione ai fini dell’espressione del giudizio di non convenienza o di inidoneità delle offerte.

In applicazione di siffatte coordinate, il Tribunale Amministrativo evidenzia che un’offerta in ribasso rispetto al prezzo a base di gara – come nel caso in esame – non può che ritenersi conveniente, perché senza dubbio in linea con i prezzi di mercato.

Tuttavia - precisa il Collegio - l’amministrazione può esercitare la facoltà di non aggiudicare soltanto in presenza di situazioni eccezionali e previa puntuale motivazione. A titolo esemplificativo il Giudice amministrativo richiama le ipotesi di fluttuazioni di mercato, idonee a giustificare un provvedimento di diniego dell’aggiudicazione.

Nel caso in esame, il Collegio esclude la sussistenza delle ragioni volte a fondare la legittimità della determinazione di non aggiudicazione. Difatti - si legge nella sentenza - il provvedimento appare adottato in funzione di una generica valutazione di non convenienza dell’offerta.

Simili considerazioni, in definitiva, consentono al Giudice Amministrativo di concludere per l’annullamento della determinazione adottata dalla stazione appaltante.

2.2 La responsabilità della stazione appaltante.

Dato atto della illegittimità della condotta tenuta dalla stazione appaltante, il TAR si interroga in ordine alla sussistenza di un’eventuale responsabilità della stessa.

Sul punto i giudici osservano che il danno patrimoniale dedotto risulta prodotto in lesione di un interesse legittimo di tipo pretensivo che sottende un interesse meritevole di tutela. Tale rilievo e l’accertata illegittimità del provvedimento di non aggiudicazione - ad avviso del Collegio – valgono a qualificare in termini di ingiustizia il danno patrimoniale dedotto.

Proseguendo nella disamina del caso concreto, i giudici passano a verificare la sussistenza dei diversi elementi costitutivi della responsabilità della p.a. previsti dalla norma sulla struttura dell’illecito aquiliano, qual è l’art. 2043 c.c., in particolare soffermandosi sull’elemento soggettivo.

I giudici amministrativi ravvisano un atteggiamento colposo dell’Amministrazione appaltante per violazione delle regole di diligenza, imparzialità e trasparenza di cui all’art. 97 Cost., alle quali deve costantemente ispirarsi l’azione amministrativa. Di esse il danneggiato ha l’onere di fornire dimostrazione mediante l’allegazione degli elementi indiziari. A fronte della presunzione introdotta dal privato, spetta all’amministrazione dimostrare che è incorsa in un errore scusabile, configurabile “sulla base dell’impostazione propria della giurisprudenza comunitaria, che, nell’assegnare valenza decisiva alla gravità della violazione, utilizza parametri quali il grado di chiarezza della norma violata, la presenza di una giurisprudenza consolidata sulla questione, la novità di essa, riconoscendo portata esimente all’errore di diritto” (Consiglio di Stato n. 4010/2007).

Osservano, invero, i giudici del TAR Calabria che l’Amministrazione non ha dimostrato che si è trattato di un errore scusabile. La stessa ha, invece, violato norme giuridiche e previsioni della lettera di invito suscettibili di un’interpretazione assolutamente univoca.

2.3 Le voci di danno risarcibili

Dato atto che l’Amministrazione si sia illegittimamente determinata a non procedere all’aggiudicazione della gara, il Collegio si sofferma sulla individuazione delle voci di danno risarcibili.

Dopo aver previsto che il risarcimento deve commisurarsi al c.d. interesse positivo, comprendendo sia il danno emergente sia il mancato guadagno, i giudici indugiano su una interessante voce di danno. Si tratta del danno c.d. curriculare.

La giurisprudenza amministrativa a più riprese si è pronunciata su tale tipologia di danno (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3 aprile 2007, n. 1514; Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2751).

E’ il danno, di matrice pretoria, da ristorare in caso di mancata esecuzione dell’appalto, posto che quest’ultima implica inevitabilmente vantaggi per l’impresa, tanto sul piano dell’immagine nel mercato, quanto sul piano dell’acquisizione di maggiori chances in future contrattazioni.

Tale voce di danno consiste nel pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto, sfumato a causa del comportamento illegittimo della p.a.

L’interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un’impresa, va, invero, ben oltre l’interesse all’esecuzione dell’opera in sé, e al relativo incasso. Alla mancata esecuzione di un’opera appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all’immagine della società ed al suo radicamento nel mercato, oltre al potenziamento di imprese concorrenti che operino su medesimo target di mercato.

Orbene, applicando tali principi alla fattispecie in esame, il Collegio calabrese riconosce in favore della società ricorrente il ristoro anche del danno curriculare.

Quando la stazione appaltante può decidere di non procedere all’aggiudicazione di una gara?

A tale quesito ha fornito una risposta il T.A.R. della Calabria – Catanzaro – con la pronuncia del 25 maggio 2009 n. 511, assumendo la fondatezza del ricorso formulato per avversare il provvedimento di diniego di aggiudicazione di una gara.

1. Il caso

Nel caso sottoposto al vaglio del Giudice Amministrativo una società partecipava ad una procedura negoziata indetta dalla stazione appaltante per l’aggiudicazione, con il criterio del prezzo più basso, della fornitura di gasolio. Successivamente, la stessa società – unica offerente - riceveva da parte della stazione appaltante comunicazione di diniego di aggiudicazione dell’appalto, per asserita non convenienza dell’offerta. La società, pertanto, impugnava l’atto di annullamento della gara innanzi al TAR, proponendo anche il risarcimento dei danni per equivalente. Il T.A.R. adito accoglieva il ricorso, disponendo l’annullamento del provvedimento di non aggiudicazione dell’appalto per la fornitura di gasolio nonché la condanna della stazione appaltante al risarcimento dei danni.

2. Le questioni rilevanti

Molteplici le questioni problematiche sulle quali si sofferma il giudice calabrese.

La prima riguarda i limiti al potere di non procedere ad aggiudicazione; la seconda attiene all’individuazione della responsabilità in capo alla stazione appaltante; l’ultima riguarda le voci di danno risarcibili.

2.1 I limiti al potere di non procedere all’aggiudicazione

Quanto alla prima questione, il TAR Calabria prende le mosse dall’art. 81 comma 3 del Codice de Lise, il quale conferisce alla stazione appaltante il potere di non procedere ad aggiudicazione allorché nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto.

Tuttavia, la norma non specifica i parametri in base ai quali valutare la non convenienza o inidoneità dell’offerta. Né la lettura dell’art. 89 commi 1 e 2 del Codice sopra richiamato risolve il problema del Collegio.

La soluzione al problema si rinviene nel criterio di scelta del contraente. Difatti, il criterio del prezzo più basso, individuando la migliore offerta in quella del concorrente che propone il prezzo minore, non lascia margini di manovra all’amministrazione ai fini dell’espressione del giudizio di non convenienza o di inidoneità delle offerte.

In applicazione di siffatte coordinate, il Tribunale Amministrativo evidenzia che un’offerta in ribasso rispetto al prezzo a base di gara – come nel caso in esame – non può che ritenersi conveniente, perché senza dubbio in linea con i prezzi di mercato.

Tuttavia - precisa il Collegio - l’amministrazione può esercitare la facoltà di non aggiudicare soltanto in presenza di situazioni eccezionali e previa puntuale motivazione. A titolo esemplificativo il Giudice amministrativo richiama le ipotesi di fluttuazioni di mercato, idonee a giustificare un provvedimento di diniego dell’aggiudicazione.

Nel caso in esame, il Collegio esclude la sussistenza delle ragioni volte a fondare la legittimità della determinazione di non aggiudicazione. Difatti - si legge nella sentenza - il provvedimento appare adottato in funzione di una generica valutazione di non convenienza dell’offerta.

Simili considerazioni, in definitiva, consentono al Giudice Amministrativo di concludere per l’annullamento della determinazione adottata dalla stazione appaltante.

2.2 La responsabilità della stazione appaltante.

Dato atto della illegittimità della condotta tenuta dalla stazione appaltante, il TAR si interroga in ordine alla sussistenza di un’eventuale responsabilità della stessa.

Sul punto i giudici osservano che il danno patrimoniale dedotto risulta prodotto in lesione di un interesse legittimo di tipo pretensivo che sottende un interesse meritevole di tutela. Tale rilievo e l’accertata illegittimità del provvedimento di non aggiudicazione - ad avviso del Collegio – valgono a qualificare in termini di ingiustizia il danno patrimoniale dedotto.

Proseguendo nella disamina del caso concreto, i giudici passano a verificare la sussistenza dei diversi elementi costitutivi della responsabilità della p.a. previsti dalla norma sulla struttura dell’illecito aquiliano, qual è l’art. 2043 c.c., in particolare soffermandosi sull’elemento soggettivo.

I giudici amministrativi ravvisano un atteggiamento colposo dell’Amministrazione appaltante per violazione delle regole di diligenza, imparzialità e trasparenza di cui all’art. 97 Cost., alle quali deve costantemente ispirarsi l’azione amministrativa. Di esse il danneggiato ha l’onere di fornire dimostrazione mediante l’allegazione degli elementi indiziari. A fronte della presunzione introdotta dal privato, spetta all’amministrazione dimostrare che è incorsa in un errore scusabile, configurabile “sulla base dell’impostazione propria della giurisprudenza comunitaria, che, nell’assegnare valenza decisiva alla gravità della violazione, utilizza parametri quali il grado di chiarezza della norma violata, la presenza di una giurisprudenza consolidata sulla questione, la novità di essa, riconoscendo portata esimente all’errore di diritto” (Consiglio di Stato n. 4010/2007).

Osservano, invero, i giudici del TAR Calabria che l’Amministrazione non ha dimostrato che si è trattato di un errore scusabile. La stessa ha, invece, violato norme giuridiche e previsioni della lettera di invito suscettibili di un’interpretazione assolutamente univoca.

2.3 Le voci di danno risarcibili

Dato atto che l’Amministrazione si sia illegittimamente determinata a non procedere all’aggiudicazione della gara, il Collegio si sofferma sulla individuazione delle voci di danno risarcibili.

Dopo aver previsto che il risarcimento deve commisurarsi al c.d. interesse positivo, comprendendo sia il danno emergente sia il mancato guadagno, i giudici indugiano su una interessante voce di danno. Si tratta del danno c.d. curriculare.

La giurisprudenza amministrativa a più riprese si è pronunciata su tale tipologia di danno (Consiglio di Stato, sez. VI, n. 3 aprile 2007, n. 1514; Consiglio di Stato, sez. VI, 9 giugno 2008 n. 2751).

E’ il danno, di matrice pretoria, da ristorare in caso di mancata esecuzione dell’appalto, posto che quest’ultima implica inevitabilmente vantaggi per l’impresa, tanto sul piano dell’immagine nel mercato, quanto sul piano dell’acquisizione di maggiori chances in future contrattazioni.

Tale voce di danno consiste nel pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto, sfumato a causa del comportamento illegittimo della p.a.

L’interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un’impresa, va, invero, ben oltre l’interesse all’esecuzione dell’opera in sé, e al relativo incasso. Alla mancata esecuzione di un’opera appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all’immagine della società ed al suo radicamento nel mercato, oltre al potenziamento di imprese concorrenti che operino su medesimo target di mercato.

Orbene, applicando tali principi alla fattispecie in esame, il Collegio calabrese riconosce in favore della società ricorrente il ristoro anche del danno curriculare.