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Distruzione da parte del testatore di un originale di testamento olografo

Nota a Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 28 dicembre 2009, n. 27395

Con sentenza n. 27395 del 28 dicembre 2009 la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha così stabilito: “Ove il testamento olografo sia stato redatto in due originali, la distruzione, da parte del testatore, di uno solo di essi – comportando la permanenza di un originale non distrutto – non rientra nell’ambito di operatività dell’art. 684 c.c. e non consente di applicare la relativa presunzione, potendo la distruzione verificarsi indipendentemente da qualsiasi intento di revoca.”

 

 

Non constano precedenti in termini.

 

Innanzitutto il fatto.

 

Clelia aveva redatto un testamento olografo in duplice originale, contenente l’istituzione di Mevia quale erede universale, dei quali, però, l’uno, rimasto in suo possesso, veniva dalla medesima distrutto, l’altro, invece, veniva affidato sempre dalla medesima ad una esecutrice testamentaria.

 

Tizia, Caia e Sempronia, figlie ed eredi legittime della de cuius, vedevano accolta dal giudice di primo grado adito la domanda volta a dichiarare revocato ai sensi dell’art. 684 c.c. il testamento olografo della predetta de cuius per effetto dell’accertata distruzione, ad opera della medesima, di uno dei due originali della scheda testamentaria (ovvero, come detto, quello in proprio possesso) nei quali erano state redatte le sue disposizioni di ultima volontà.

 

Il giudice d’appello adito da Mevia, invece, riformava la sentenza di primo grado ritenendo che l’ipotesi della distruzione da parte del testatore di uno solo dei due originali di un testamento olografo da lui precedentemente redatto non rientrasse nell’ambito della previsione di cui all’art. 684 c.c. in quanto il fatto materiale della distruzione di un solo esemplare non poteva spiegare alcuna efficacia relativamente all’altro esemplare rimasto intatto; in proposito, affermava che la presunzione di revoca contemplata dalla norma innanzi menzionata non poteva valere se non nei limiti del fatto (ovvero la distruzione del testamento) e, pertanto, nel caso di pluralità di esemplari, se non per quello o per quelli effettivamente distrutti, cosicché non era lecito desumere dalla distruzione di uno degli esemplari una specie di distruzione virtuale degli altri.

 

Con la sentenza che si annota la Suprema Corte ha condiviso la decisione del giudice d’appello, giudicando pertanto corretta l’interpretazione dell’ambito di operatività dell’art. 684 c.c. seguita dal medesimo giudice di merito.

 

L’art. 684 c.c. così dispone: “Il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo”. La norma citata pone, quindi, una presunzione di revoca del documento testamentario: risulta infatti possibile dimostrare, nonostante la distruzione, lacerazione o cancellazione totale o parziale del testamento olografo, l’assenza della volontà di revocare l’atto. Pertanto, secondo la dottrina maggioritaria la distruzione configurerebbe atto di natura negoziale; mentre secondo altri essa è un mero atto non negoziale, in quanto la prova contraria consisterebbe solo nella possibilità di provare che la distruzione non sia stata volontaria.

 

Tornando ora alla decisione in esame, la Cassazione è partita proprio dal presupposto secondo cui l’art. 684 c.c. configura un negozio di revoca tacita o presunta al verificarsi della distruzione del testamento, pertanto, seguendo l’orientamento dottrinario maggioritario, fatto proprio già nella remota sentenza n. 10 del 9 gennaio 1973, che la medesima cita nella sentenza che si annota; in particolare, dice la Corte, la norma in esame “conferisce rilievo alla distruzione del testamento quale comportamento idoneo a presumere l’intento di revoca della scheda testamentaria da parte del testatore per effetto del venir meno, a seguito della distruzione, dell’esistenza stessa del documento in cui è contenuto il testamento olografo”. In altri termini, a dire della Suprema Corte, “il legislatore ha attribuito rilevanza alla distruzione del testamento quale fatto che incide, vanificandolo, sul valore rappresentativo del documento che racchiude la volontà testamentaria”.

 

Sulla scorta di tale premessa il giudice di legittimità ha rigettato il ricorso proposto da una delle tre figlie della de cuius per il fatto che nel caso in esame, cioè nel caso di redazione da parte del testatore di un testamento olografo in duplice originale e distruzione in seguito di uno solo di essi, “la presunzione di revoca prevista dall’art. 684 c.c. non può normalmente operare, essendo il testatore ben consapevole dell’esistenza dell’altro originale della scheda testamentaria”. Pertanto, secondo la Suprema Corte, “la distruzione di uno soltanto degli originali non può di per sé configurare un comportamento inequivocabile in proposito, posto che tale distruzione può verificarsi indipendentemente da qualsiasi intento di revoca, come quando ad esempio il testatore abbia in un secondo tempo considerato inutile lasciare integro uno dei due originali per aver ritenuto l’altro originale di per sé sufficiente a racchiudere la propria volontà testamentaria”.

 

Decisione che appare pienamente condivisibile.

 

Infatti, nell’ipotesi in cui un soggetto rediga il proprio testamento in più esemplari, deve presumersi che voglia che anche solo uno di essi, quantunque gli altri siano stati smarriti o distrutti, resti pienamente efficace, e ciò a maggior ragione nell’ipotesi in cui, come nel caso oggetto della decisione che qui si annota, sia stato affidato in custodia uno di tali esemplari a persona di propria fiducia nominata esecutrice testamentaria.

Con sentenza n. 27395 del 28 dicembre 2009 la seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha così stabilito: “Ove il testamento olografo sia stato redatto in due originali, la distruzione, da parte del testatore, di uno solo di essi – comportando la permanenza di un originale non distrutto – non rientra nell’ambito di operatività dell’art. 684 c.c. e non consente di applicare la relativa presunzione, potendo la distruzione verificarsi indipendentemente da qualsiasi intento di revoca.”

 

 

Non constano precedenti in termini.

 

Innanzitutto il fatto.

 

Clelia aveva redatto un testamento olografo in duplice originale, contenente l’istituzione di Mevia quale erede universale, dei quali, però, l’uno, rimasto in suo possesso, veniva dalla medesima distrutto, l’altro, invece, veniva affidato sempre dalla medesima ad una esecutrice testamentaria.

 

Tizia, Caia e Sempronia, figlie ed eredi legittime della de cuius, vedevano accolta dal giudice di primo grado adito la domanda volta a dichiarare revocato ai sensi dell’art. 684 c.c. il testamento olografo della predetta de cuius per effetto dell’accertata distruzione, ad opera della medesima, di uno dei due originali della scheda testamentaria (ovvero, come detto, quello in proprio possesso) nei quali erano state redatte le sue disposizioni di ultima volontà.

 

Il giudice d’appello adito da Mevia, invece, riformava la sentenza di primo grado ritenendo che l’ipotesi della distruzione da parte del testatore di uno solo dei due originali di un testamento olografo da lui precedentemente redatto non rientrasse nell’ambito della previsione di cui all’art. 684 c.c. in quanto il fatto materiale della distruzione di un solo esemplare non poteva spiegare alcuna efficacia relativamente all’altro esemplare rimasto intatto; in proposito, affermava che la presunzione di revoca contemplata dalla norma innanzi menzionata non poteva valere se non nei limiti del fatto (ovvero la distruzione del testamento) e, pertanto, nel caso di pluralità di esemplari, se non per quello o per quelli effettivamente distrutti, cosicché non era lecito desumere dalla distruzione di uno degli esemplari una specie di distruzione virtuale degli altri.

 

Con la sentenza che si annota la Suprema Corte ha condiviso la decisione del giudice d’appello, giudicando pertanto corretta l’interpretazione dell’ambito di operatività dell’art. 684 c.c. seguita dal medesimo giudice di merito.

 

L’art. 684 c.c. così dispone: “Il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo”. La norma citata pone, quindi, una presunzione di revoca del documento testamentario: risulta infatti possibile dimostrare, nonostante la distruzione, lacerazione o cancellazione totale o parziale del testamento olografo, l’assenza della volontà di revocare l’atto. Pertanto, secondo la dottrina maggioritaria la distruzione configurerebbe atto di natura negoziale; mentre secondo altri essa è un mero atto non negoziale, in quanto la prova contraria consisterebbe solo nella possibilità di provare che la distruzione non sia stata volontaria.

 

Tornando ora alla decisione in esame, la Cassazione è partita proprio dal presupposto secondo cui l’art. 684 c.c. configura un negozio di revoca tacita o presunta al verificarsi della distruzione del testamento, pertanto, seguendo l’orientamento dottrinario maggioritario, fatto proprio già nella remota sentenza n. 10 del 9 gennaio 1973, che la medesima cita nella sentenza che si annota; in particolare, dice la Corte, la norma in esame “conferisce rilievo alla distruzione del testamento quale comportamento idoneo a presumere l’intento di revoca della scheda testamentaria da parte del testatore per effetto del venir meno, a seguito della distruzione, dell’esistenza stessa del documento in cui è contenuto il testamento olografo”. In altri termini, a dire della Suprema Corte, “il legislatore ha attribuito rilevanza alla distruzione del testamento quale fatto che incide, vanificandolo, sul valore rappresentativo del documento che racchiude la volontà testamentaria”.

 

Sulla scorta di tale premessa il giudice di legittimità ha rigettato il ricorso proposto da una delle tre figlie della de cuius per il fatto che nel caso in esame, cioè nel caso di redazione da parte del testatore di un testamento olografo in duplice originale e distruzione in seguito di uno solo di essi, “la presunzione di revoca prevista dall’art. 684 c.c. non può normalmente operare, essendo il testatore ben consapevole dell’esistenza dell’altro originale della scheda testamentaria”. Pertanto, secondo la Suprema Corte, “la distruzione di uno soltanto degli originali non può di per sé configurare un comportamento inequivocabile in proposito, posto che tale distruzione può verificarsi indipendentemente da qualsiasi intento di revoca, come quando ad esempio il testatore abbia in un secondo tempo considerato inutile lasciare integro uno dei due originali per aver ritenuto l’altro originale di per sé sufficiente a racchiudere la propria volontà testamentaria”.

 

Decisione che appare pienamente condivisibile.

 

Infatti, nell’ipotesi in cui un soggetto rediga il proprio testamento in più esemplari, deve presumersi che voglia che anche solo uno di essi, quantunque gli altri siano stati smarriti o distrutti, resti pienamente efficace, e ciò a maggior ragione nell’ipotesi in cui, come nel caso oggetto della decisione che qui si annota, sia stato affidato in custodia uno di tali esemplari a persona di propria fiducia nominata esecutrice testamentaria.