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La maggioranza di legge per l’adozione dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore

Articolo 26 Comma 5 Legge 9 gennaio 1991 n. 10
L’OBBLIGATORIETA’ DELL’ADOZIONE DEI SISTEMI DI TERMOREGOLAZIONE E DI CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE

La Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia ritiene che la fatturazione, per gli occupanti degli edifici, dei costi relativi al riscaldamento, al condizionamento dell’aria e all’acqua calda, calcolati in proporzione al reale consumo, potrebbero contribuire ad un risparmio energetico nel settore residenziale. Gli occupanti dovrebbero essere messi in condizione di regolare il proprio consumo di calore ed acqua calda, in quanto tali misure siano economicamente proficue.

Oltre a quanto previsto dalla Direttiva, in Italia sono previsti obblighi in tema di termoregolazione e contabilizzazione del calore per gli edifici esistenti:

Decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59 - Regolamento recante attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del D.LGS. 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia.

L’articolo 4 comma 10 ha ad oggetto gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, tra i quali (per quanto interessa alla presente relazione):

a) edifici adibiti a residenza con carattere continuativo quali abitazioni civili e rurali;

b) abitazioni adibite a residenza con occupazione saltuaria quali case per vacanze, fine settimana e simili;

c) edifici adibiti ad albergo, pensione ed attività similari;

d) edifici adibiti a uffici e assimilabili: pubblici o privati, indipendenti o contigui a costruzioni adibite anche ad attività industriali o artigianali, purché siano da tali costruzioni scorporabili agli effetti dell’isolamento termico.

Negli edifici citati, in caso di ristrutturazione o installazione dell’impianto termico devono essere realizzati gli interventi necessari per permettere, ove tecnicamente possibile, la contabilizzazione e la termoregolazione del calore per singola unità abitativa. Gli eventuali impedimenti di natura tecnica alla realizzazione dei predetti interventi, ovvero l’adozione di altre soluzioni impiantistiche equivalenti, devono essere evidenziati nella relazione tecnica attestante la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e relativi impianti termici che, ai sensi dell’articolo 28 comma 1 Legge 10/1991, il proprietario dell’edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare presso le amministrazioni competenti.

Le disposizioni del DPR 59/2009 si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri provvedimenti in applicazione della direttiva 2002/91/CE e comunque fino alla data di entrata in vigore dei predetti provvedimenti regionali. Tuttavia, le regioni e le province autonome che alla data di entrata in vigore del decreto abbiano già provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE devono adottare misure atte a favorire un graduale ravvicinamento dei propri provvedimenti, anche nell’ambito delle azioni di coordinamento tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Le regioni e le province autonome provvedono affinché sia assicurata la coerenza dei loro provvedimenti con i contenuti del decreto.

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ARTICOLO 26 COMMA 5 L. 10/91: LA MAGGIORANZA DI LEGGE PER L’ADOZIONE DEI SISTEMI DI TERMOREGOLAZIONE E CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE

In questo contesto normativo, diviene ancor più di attualità la Legge 9 gennaio 1991 n. 10 che, all’articolo 26 (Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti), comma 5, in tema di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per gli edifici esistenti, prevede che “Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.

La norma non brilla certo per chiarezza. Ci si chiede infatti cosa intendesse il legislatore con la frase: “l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.

Emerge innanzitutto che il Legislatore qualifica tali interventi come innovazioni. Si ricorda che le innovazioni sono disciplinate dall’articolo 1120 del codice civile e la maggioranza necessaria per la loro approvazione è indicata dal V comma dell’articolo 1136: “Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio”.

Viene poi specificato che la maggioranza indicata nel medesimo comma 5 articolo 26 L. 10/1991 decide:

a) l’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore

b) il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato (con conseguente modifica del regolamento di condomino, sia esso condominiale o contrattuale)

Altre leggi speciali in tema di maggioranze

E’ opportuno, al fine di interpretare la volontà del legislatore, dare una lettura agli altri casi in cui sono state introdotte maggioranze speciali in deroga a quelle previste dal codice civile:

1) Legge 5 agosto 1978, n. 457, articolo 30 comma 2 (Norme per l’edilizia residenziale): per i piani di recupero di iniziativa dei privati sono valide le delibere assunte con la maggioranza dei condomini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.

2) Legge 9 gennaio 1989, n. 13, articolo 2 comma 1 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati): sono valide le delibere assunte, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.

3) Legge 24 marzo 1989, n. 122, articolo 9 (Disposizioni in materia di parcheggi): sono valide le delibere assunte, in prima o in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.

4) Decreto Legge 23 gennaio 2001, n. 5 convertito, con modificazioni, in L. 20 marzo 2001, n. 66, articolo 2-bis comma 13 (Trasmissioni radiotelevisive digitali su frequenze terrestri. Sistemi audiovisivi terrestri a larga banda - antenne paraboliche): al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell’articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l’approvazione delle relative deliberazioni si applica l’articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice.

6) Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 1 comma 7 (Passaggio di cavi in fibra ottica): le disposizioni dell’articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, si applicano anche alle innovazioni condominiali relative ai lavori di ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica.

E’ opportuno dare anche una lettura all’articolo 1136 del codice civile che ha ad oggetto la costituzione dell’assemblea e la validità delle deliberazioni:

[I]. L’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio.

[II]. Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

[III]. Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.

[IV]. Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.

[V]. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio.

[VI]. L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.

[VII]. Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore.

Codice Civile e leggi speciali a confronto

Dalla lettura complessiva delle leggi speciali e dall’articolo 1136 C.C. viene in evidenza che:

a) in tutte le leggi speciali e nell’articolo 1136 del codice civile si fa riferimento alla validità delle deliberazioni;

b) nelle leggi speciali non viene mai introdotta una deroga al doppio quorum;

c) nelle Leggi speciali non viene mai introdotto un quorum diverso da quelli individuati nell’articolo 1136 C.C. se non nella L. 457/1978 nella quale viene però specificato “in deroga all’articolo 1136 comma quinto”;

d) ogni volta in cui viene derogata la maggioranza riferita alle innovazioni, il Legislatore ha sempre indicato anche il comma cui stava facendo riferimento:

d1) Legge 457/1978 in tema di norme per l’edilizia residenziale: “In deroga agli articoli 1120, 1121 e 1136, quinto comma, del codice civile”;

d2) Legge 13/89 in tema di innovazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche: “maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.”;

d3) Legge 122/1989 in tema di parcheggi: “maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile”;

d4) Legge 66/2001 in tema di installazione di antenne paraboliche: “innovazioni necessarie ai sensi dell’articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l’approvazione delle relative deliberazioni si applica l’articolo 1136, terzo comma”.

Nell’articolo 26 commi 2 e 5 L. 10/91, invece:

a) il Legislatore non fa riferimento alla “deliberazione” ma alla “decisione” (“le pertinenti decisioni condominiali” di cui al comma 2 e “l’assemblea di condominio decide a maggioranza” di cui al comma 5); vi è quindi per il Legislatore una notevole differenza tra “deliberare” e “decidere”;

b) viene per la prima volta introdotta espressamente al comma 2 art. 26 la deroga al principio del doppio quorum (solo millesimi e non teste);

c) il quorum previsto è comunque diverso da quelli individuati nell’articolo 1136 C.C.;

d) il Legislatore ha derogato genericamente all’articolo 1136 del codice civile senza fare espresso riferimento ad un comma in particolare.

Si osservi anche che:

a) sia nelle leggi speciali sopra richiamate, sia nell’articolo 26 comma 2, l’oggetto sul quale l’assemblea era chiamata ad esprimersi riguardava parti comuni dell’edificio; nel comma 5 del medesimo articolo 26, l’oggetto della deliberazione fa riferimento invece ad elementi da applicare a quanto presente nella proprietà privata;

b) le leggi speciali sopra riportate mirano a tutelare interessi dei privati o della collettività nazionale, mentre la legge 10/91 ha invece quale fine specifico il contenimento del consumo energetico, quindi un interesse nazionale e sovranazionale; è in questo secondo contesto che il Legislatore ha introdotto per la prima volta la deroga al doppio quorum con maggioranze ancor più agevolate.

La portata della deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile

Si è visto poco sopra che quando il Legislatore ha fatto espressa deroga alle maggioranze in tema di innovazioni (Legge 457/1978), il richiamo all’articolo 1136 era riferito espressamente al comma V, quello cioè che contiene la maggioranza per le innovazioni.

Nel caso che ci occupa, invece, al comma 5 dell’articolo 26 L. 10/91, il Legislatore specifica che gli interventi sono da qualificarsi come “innovazione” e successivamente deroga sia l’articolo 1120 sia l’articolo 1136 del codice civile senza però precisare il comma.

Ci si chiede quindi quale sia l’effettiva portata della deroga all’articolo 1136 C.C., se debba cioè essere intesa non solo in riferimento alla maggioranza (maggioranza dei partecipanti e 2/3 dei millesimi) per le innovazioni di cui al comma V, ma anche al principio del doppio quorum (teste e millesimi).

E’ appena il caso di ripetere che altra deroga al doppio quorum è contenuta nel medesimo articolo 26 al comma 2 e, quindi, non sarebbe il solo caso. Nel comma 2 il legislatore è stato chiaro sul punto, nel comma 5 ha invece indicato la “maggioranza in deroga” ma non ha fatto ulteriori specificazioni.

Si osservi inoltre che nel comma 5 dell’articolo 26 viene già indicata una maggioranza (“l’assemblea decide a maggioranza”), e quindi non sarebbe stato necessario specificare la deroga all’articolo 1136 del codice civile se la volontà era solo quella di derogare al comma 5 del medesimo.

Si consideri inoltre che, se fosse da intendere la deroga solo al comma 5 dell’articolo 1136, ne sarebbe conseguito che avrebbe trovato applicazione il comma 2 per la prima convocazione (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio) ed il comma 3 per la seconda convocazione (1/3 dei condomini e 1/3 del valore dell’edificio). Ma allora in questo caso, se così fosse, sarebbe del tutto inutile prevedere che “l’assemblea decide a maggioranza” bastando invece fare riferimento ai commi 2 e 3. Invece il Legislatore non solo ha previsto la decisione “a maggioranza”, ma anche ha derogato agli articoli del codice civile 1120 e 1136.

Negli altri casi in cui, nelle leggi speciali, sono state introdotte deroghe alle maggioranze per le innovazioni, il quorum necessario veniva indicato espressamente nella legge stessa. Così dovrebbe essere anche per il comma 5 dell’articolo 26 che, quindi, al suo interno contiene la maggioranza richiesta, senza la necessità di rileggere l’articolo 1136 C.C. alla luce della deroga.

Analizzando quindi l’insieme delle leggi speciali, le peculiarità dell’articolo 26 L. 10/91, considerando che quando veniva derogata una maggioranza del codice civile il Legislatore richiamava espressamente il comma interessato, viene, almeno a me, da ritenere che la portata della deroga all’articolo 1136 C.C. sia ben più ampia del solo comma V in tema di maggioranze per le innovazioni, ma si estenda fino a comprendere la deroga al doppio quorum, specificando così quello che è già avvenuto nel medesimo articolo 26 comma 2 L. 10/91.

Interpretazione del comma 5 articolo 26 L. 10/91

Quindi, riassumendo, anche in considerazione di quanto previsto in tema di interpretazione della legge dall’articolo 12 comma 1 delle preleggi secondo il quale “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e della intenzione del legislatore” darei la seguente lettura al comma 5 dell’articolo 26 L. 10/91:

“per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea (cioè le persone presenti) di condominio decide (che a quanto pare per il Legislatore ha un significato diverso dal verbo “deliberare” utilizzato sempre richiamando il doppio quorum teste e millesimi) a maggioranza (quale maggioranza? La maggioranza dei presenti all’assemblea), in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile (l’insieme di quanto visto sopra, anche in riferimento all’utilizzo del verbo “decidere” in luogo di “deliberare”, porta, almeno me, a ritenere che la deroga al 1136 sia riferita non solo al quorum per le delibere in tema di innovazione, ma anche in deroga al principio del doppio quorum -teste e millesimi-)

Ne conseguirebbe che sono valide le decisioni prese dalla maggioranza dei presenti all’assemblea (solo teste).

E’ una scelta del legislatore di legare la maggioranza del comma 2 ai millesimi dei presenti e la maggioranza del comma 5 alle teste.

Prima e seconda convocazione

Poco sopra si è riportato come la lettura della norma in commento possa portare a ritenere che la deroga all’articolo 1136 C.C. sia riferita non solo alle maggioranze di cui al comma quinto in tema di innovazioni, ma anche al principio del doppio quorum.

Si osservi che l’articolo 1136 del codice civile è intitolato: “Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni”. Sono quindi due gli aspetti in esso disciplinati: 1) la costituzione dell’assemblea (comma 1) e 2) la successiva deliberazione (commi 2 e seguenti).

Il comma 5 dell’articolo 26 L. 10/91 espressamente deroga l’articolo 1136 del codice civile in un contesto circoscritto alla formazione della volontà assembleare, riferendosi unicamente alla maggioranza necessaria per l’approvazione. Il Legislatore del 1991 ha sostituito il verbo “deliberare” con il verbo “decidere”, ha modificato la maggioranza, ma ha sempre fatto espresso riferimento all’”assemblea di condominio”, quella che, quindi, deve costituirsi ai sensi dell’articolo 1136 comma 1 del Codice Civile. La norma, così come elaborata, non interviene in punto costituzione, che è fase diversa dalla deliberazione (o decisione che sia).

Ne consegue che, a mio avviso, la deroga è limitata esclusivamente al quorum per l’approvazione e non a quanto previsto in tema di costituzione.

In prima convocazione, l’articolo 1136 comma 1 del codice civile prevede che l’assemblea sia validamente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio. Ne consegue che, in prima convocazione, dovendo essere presenti due terzi dei partecipanti al condominio, la decisione potrà essere presa qualora favorevoli siano almeno un terzo più uno dei presenti, indipendentemente dal valore delle quote millesimali rappresentate.

Diverso è invece il caso della seconda convocazione in cui il legislatore ha previsto unicamente un quorum deliberativo e non un quorum costitutivo (Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1997, n. 850). Non essendo quindi previsto un quorum minimo affinchè l’assemblea sia validamente costituita, occorrerà fare unicamente riferimento al quorum necessario per la validità delle deliberazioni (Cassazione Civile, Sezione II, 26 aprile 1994 n 3952). Viene quindi ora da chiedersi qual è, in seconda convocazione, il quorum necessario per la validità delle deliberazioni ai sensi dell’articolo 26 comma 5 L. 10/91. Il legislatore richiede la maggioranza dell’assemblea. Il termine “assemblea” comporta la presenza di più persone. Non avendo il legislatore indicato un numero minimo di partecipanti, riterrei che debbano essere presenti almeno due condomini se questi votino entrambi in senso favorevole. Se uno dei due non è d’accordo, non si è formata alcuna maggioranza (che, in quanto tale, è la parte numericamente superiore di un tutto) e la decisione non è validamente assunta. Occorre quindi che siano almeno in tre i condomini presenti e che a favore votino almeno in due (la parte numericamente superiore di un tutto, appunto).

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La giurisprudenza

Sul punto si registrano due arresti giurisprudenziali, in entrambi i casi si tratta di sentenze di merito, una diversa dall’altra.

Tribunale di Roma del 2000. Il quale così stringatamente scriveva in motivazione:

Orbene, l’articolo 26 n. 5 della Legge prevede testualmente che “Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.

Ne consegue che in tali ipotesi – ai fini di una deliberazione legittima – è sufficiente il solo voto favorevole della maggioranza dei presenti, senza alcun riferimento alle quote millesimali”.

Vi è poi, successivamente, la sentenza del Tribunale di San Remo del 30/10/2001, di avviso diverso rispetto a quella sopra riportata:

Tale disposizione, quindi, espressamente derogando alla disciplina ordinaria, prevede che nelle ipotesi in cui vengano adottati dalle assemblee condominiali criteri di contabilizzazione delle spese in base ai consumi effettivi non rilevano le disposizioni codicistiche, sicchè deve ritenersi che la norma, non permettendo alcuna distinzione tra diversi tipi di regolamenti contenenti la disciplina di riparto delle spese, imponga quale maggioranza idonea e sufficiente quella semplice che, nel caso in esame, risulta essere stata rispettata avendo il nuovo progetto riportato il consenso di 561/1000”. L’OBBLIGATORIETA’ DELL’ADOZIONE DEI SISTEMI DI TERMOREGOLAZIONE E DI CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE

La Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia ritiene che la fatturazione, per gli occupanti degli edifici, dei costi relativi al riscaldamento, al condizionamento dell’aria e all’acqua calda, calcolati in proporzione al reale consumo, potrebbero contribuire ad un risparmio energetico nel settore residenziale. Gli occupanti dovrebbero essere messi in condizione di regolare il proprio consumo di calore ed acqua calda, in quanto tali misure siano economicamente proficue.

Oltre a quanto previsto dalla Direttiva, in Italia sono previsti obblighi in tema di termoregolazione e contabilizzazione del calore per gli edifici esistenti:

Decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59 - Regolamento recante attuazione dell’articolo 4, comma 1, lettere a) e b), del D.LGS. 19 agosto 2005, n. 192, concernente attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia.

L’articolo 4 comma 10 ha ad oggetto gli edifici esistenti con un numero di unità abitative superiore a 4, tra i quali (per quanto interessa alla presente relazione):

a) edifici adibiti a residenza con carattere continuativo quali abitazioni civili e rurali;

b) abitazioni adibite a residenza con occupazione saltuaria quali case per vacanze, fine settimana e simili;

c) edifici adibiti ad albergo, pensione ed attività similari;

d) edifici adibiti a uffici e assimilabili: pubblici o privati, indipendenti o contigui a costruzioni adibite anche ad attività industriali o artigianali, purché siano da tali costruzioni scorporabili agli effetti dell’isolamento termico.

Negli edifici citati, in caso di ristrutturazione o installazione dell’impianto termico devono essere realizzati gli interventi necessari per permettere, ove tecnicamente possibile, la contabilizzazione e la termoregolazione del calore per singola unità abitativa. Gli eventuali impedimenti di natura tecnica alla realizzazione dei predetti interventi, ovvero l’adozione di altre soluzioni impiantistiche equivalenti, devono essere evidenziati nella relazione tecnica attestante la rispondenza alle prescrizioni per il contenimento del consumo di energia degli edifici e relativi impianti termici che, ai sensi dell’articolo 28 comma 1 Legge 10/1991, il proprietario dell’edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare presso le amministrazioni competenti.

Le disposizioni del DPR 59/2009 si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto ad adottare propri provvedimenti in applicazione della direttiva 2002/91/CE e comunque fino alla data di entrata in vigore dei predetti provvedimenti regionali. Tuttavia, le regioni e le province autonome che alla data di entrata in vigore del decreto abbiano già provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE devono adottare misure atte a favorire un graduale ravvicinamento dei propri provvedimenti, anche nell’ambito delle azioni di coordinamento tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Le regioni e le province autonome provvedono affinché sia assicurata la coerenza dei loro provvedimenti con i contenuti del decreto.

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ARTICOLO 26 COMMA 5 L. 10/91: LA MAGGIORANZA DI LEGGE PER L’ADOZIONE DEI SISTEMI DI TERMOREGOLAZIONE E CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE

In questo contesto normativo, diviene ancor più di attualità la Legge 9 gennaio 1991 n. 10 che, all’articolo 26 (Progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti), comma 5, in tema di termoregolazione e di contabilizzazione del calore per gli edifici esistenti, prevede che “Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.

La norma non brilla certo per chiarezza. Ci si chiede infatti cosa intendesse il legislatore con la frase: “l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.

Emerge innanzitutto che il Legislatore qualifica tali interventi come innovazioni. Si ricorda che le innovazioni sono disciplinate dall’articolo 1120 del codice civile e la maggioranza necessaria per la loro approvazione è indicata dal V comma dell’articolo 1136: “Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio”.

Viene poi specificato che la maggioranza indicata nel medesimo comma 5 articolo 26 L. 10/1991 decide:

a) l’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore

b) il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato (con conseguente modifica del regolamento di condomino, sia esso condominiale o contrattuale)

Altre leggi speciali in tema di maggioranze

E’ opportuno, al fine di interpretare la volontà del legislatore, dare una lettura agli altri casi in cui sono state introdotte maggioranze speciali in deroga a quelle previste dal codice civile:

1) Legge 5 agosto 1978, n. 457, articolo 30 comma 2 (Norme per l’edilizia residenziale): per i piani di recupero di iniziativa dei privati sono valide le delibere assunte con la maggioranza dei condomini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.

2) Legge 9 gennaio 1989, n. 13, articolo 2 comma 1 (Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati): sono valide le delibere assunte, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.

3) Legge 24 marzo 1989, n. 122, articolo 9 (Disposizioni in materia di parcheggi): sono valide le delibere assunte, in prima o in seconda convocazione, con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.

4) Decreto Legge 23 gennaio 2001, n. 5 convertito, con modificazioni, in L. 20 marzo 2001, n. 66, articolo 2-bis comma 13 (Trasmissioni radiotelevisive digitali su frequenze terrestri. Sistemi audiovisivi terrestri a larga banda - antenne paraboliche): al fine di favorire lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie di radiodiffusione da satellite, le opere di installazione di nuovi impianti sono innovazioni necessarie ai sensi dell’articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l’approvazione delle relative deliberazioni si applica l’articolo 1136, terzo comma, dello stesso codice.

6) Legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 1 comma 7 (Passaggio di cavi in fibra ottica): le disposizioni dell’articolo 2-bis, comma 13, del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66, si applicano anche alle innovazioni condominiali relative ai lavori di ammodernamento necessari al passaggio dei cavi in fibra ottica.

E’ opportuno dare anche una lettura all’articolo 1136 del codice civile che ha ad oggetto la costituzione dell’assemblea e la validità delle deliberazioni:

[I]. L’assemblea è regolarmente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’intero edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio.

[II]. Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio.

[III]. Se l’assemblea non può deliberare per mancanza di numero, l’assemblea di seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima; la deliberazione è valida se riporta un numero di voti che rappresenti il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell’edificio.

[IV]. Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell’amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore medesimo, nonché le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell’edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità devono essere sempre prese con la maggioranza stabilita dal secondo comma.

[V]. Le deliberazioni che hanno per oggetto le innovazioni previste dal primo comma dell’articolo 1120 devono essere sempre approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio.

[VI]. L’assemblea non può deliberare, se non consta che tutti i condomini sono stati invitati alla riunione.

[VII]. Delle deliberazioni dell’assemblea si redige processo verbale da trascriversi in un registro tenuto dall’amministratore.

Codice Civile e leggi speciali a confronto

Dalla lettura complessiva delle leggi speciali e dall’articolo 1136 C.C. viene in evidenza che:

a) in tutte le leggi speciali e nell’articolo 1136 del codice civile si fa riferimento alla validità delle deliberazioni;

b) nelle leggi speciali non viene mai introdotta una deroga al doppio quorum;

c) nelle Leggi speciali non viene mai introdotto un quorum diverso da quelli individuati nell’articolo 1136 C.C. se non nella L. 457/1978 nella quale viene però specificato “in deroga all’articolo 1136 comma quinto”;

d) ogni volta in cui viene derogata la maggioranza riferita alle innovazioni, il Legislatore ha sempre indicato anche il comma cui stava facendo riferimento:

d1) Legge 457/1978 in tema di norme per l’edilizia residenziale: “In deroga agli articoli 1120, 1121 e 1136, quinto comma, del codice civile”;

d2) Legge 13/89 in tema di innovazioni per l’abbattimento delle barriere architettoniche: “maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo e terzo comma, del codice civile.”;

d3) Legge 122/1989 in tema di parcheggi: “maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del codice civile. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile”;

d4) Legge 66/2001 in tema di installazione di antenne paraboliche: “innovazioni necessarie ai sensi dell’articolo 1120, primo comma, del codice civile. Per l’approvazione delle relative deliberazioni si applica l’articolo 1136, terzo comma”.

Nell’articolo 26 commi 2 e 5 L. 10/91, invece:

a) il Legislatore non fa riferimento alla “deliberazione” ma alla “decisione” (“le pertinenti decisioni condominiali” di cui al comma 2 e “l’assemblea di condominio decide a maggioranza” di cui al comma 5); vi è quindi per il Legislatore una notevole differenza tra “deliberare” e “decidere”;

b) viene per la prima volta introdotta espressamente al comma 2 art. 26 la deroga al principio del doppio quorum (solo millesimi e non teste);

c) il quorum previsto è comunque diverso da quelli individuati nell’articolo 1136 C.C.;

d) il Legislatore ha derogato genericamente all’articolo 1136 del codice civile senza fare espresso riferimento ad un comma in particolare.

Si osservi anche che:

a) sia nelle leggi speciali sopra richiamate, sia nell’articolo 26 comma 2, l’oggetto sul quale l’assemblea era chiamata ad esprimersi riguardava parti comuni dell’edificio; nel comma 5 del medesimo articolo 26, l’oggetto della deliberazione fa riferimento invece ad elementi da applicare a quanto presente nella proprietà privata;

b) le leggi speciali sopra riportate mirano a tutelare interessi dei privati o della collettività nazionale, mentre la legge 10/91 ha invece quale fine specifico il contenimento del consumo energetico, quindi un interesse nazionale e sovranazionale; è in questo secondo contesto che il Legislatore ha introdotto per la prima volta la deroga al doppio quorum con maggioranze ancor più agevolate.

La portata della deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile

Si è visto poco sopra che quando il Legislatore ha fatto espressa deroga alle maggioranze in tema di innovazioni (Legge 457/1978), il richiamo all’articolo 1136 era riferito espressamente al comma V, quello cioè che contiene la maggioranza per le innovazioni.

Nel caso che ci occupa, invece, al comma 5 dell’articolo 26 L. 10/91, il Legislatore specifica che gli interventi sono da qualificarsi come “innovazione” e successivamente deroga sia l’articolo 1120 sia l’articolo 1136 del codice civile senza però precisare il comma.

Ci si chiede quindi quale sia l’effettiva portata della deroga all’articolo 1136 C.C., se debba cioè essere intesa non solo in riferimento alla maggioranza (maggioranza dei partecipanti e 2/3 dei millesimi) per le innovazioni di cui al comma V, ma anche al principio del doppio quorum (teste e millesimi).

E’ appena il caso di ripetere che altra deroga al doppio quorum è contenuta nel medesimo articolo 26 al comma 2 e, quindi, non sarebbe il solo caso. Nel comma 2 il legislatore è stato chiaro sul punto, nel comma 5 ha invece indicato la “maggioranza in deroga” ma non ha fatto ulteriori specificazioni.

Si osservi inoltre che nel comma 5 dell’articolo 26 viene già indicata una maggioranza (“l’assemblea decide a maggioranza”), e quindi non sarebbe stato necessario specificare la deroga all’articolo 1136 del codice civile se la volontà era solo quella di derogare al comma 5 del medesimo.

Si consideri inoltre che, se fosse da intendere la deroga solo al comma 5 dell’articolo 1136, ne sarebbe conseguito che avrebbe trovato applicazione il comma 2 per la prima convocazione (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio) ed il comma 3 per la seconda convocazione (1/3 dei condomini e 1/3 del valore dell’edificio). Ma allora in questo caso, se così fosse, sarebbe del tutto inutile prevedere che “l’assemblea decide a maggioranza” bastando invece fare riferimento ai commi 2 e 3. Invece il Legislatore non solo ha previsto la decisione “a maggioranza”, ma anche ha derogato agli articoli del codice civile 1120 e 1136.

Negli altri casi in cui, nelle leggi speciali, sono state introdotte deroghe alle maggioranze per le innovazioni, il quorum necessario veniva indicato espressamente nella legge stessa. Così dovrebbe essere anche per il comma 5 dell’articolo 26 che, quindi, al suo interno contiene la maggioranza richiesta, senza la necessità di rileggere l’articolo 1136 C.C. alla luce della deroga.

Analizzando quindi l’insieme delle leggi speciali, le peculiarità dell’articolo 26 L. 10/91, considerando che quando veniva derogata una maggioranza del codice civile il Legislatore richiamava espressamente il comma interessato, viene, almeno a me, da ritenere che la portata della deroga all’articolo 1136 C.C. sia ben più ampia del solo comma V in tema di maggioranze per le innovazioni, ma si estenda fino a comprendere la deroga al doppio quorum, specificando così quello che è già avvenuto nel medesimo articolo 26 comma 2 L. 10/91.

Interpretazione del comma 5 articolo 26 L. 10/91

Quindi, riassumendo, anche in considerazione di quanto previsto in tema di interpretazione della legge dall’articolo 12 comma 1 delle preleggi secondo il quale “nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e della intenzione del legislatore” darei la seguente lettura al comma 5 dell’articolo 26 L. 10/91:

“per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea (cioè le persone presenti) di condominio decide (che a quanto pare per il Legislatore ha un significato diverso dal verbo “deliberare” utilizzato sempre richiamando il doppio quorum teste e millesimi) a maggioranza (quale maggioranza? La maggioranza dei presenti all’assemblea), in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile (l’insieme di quanto visto sopra, anche in riferimento all’utilizzo del verbo “decidere” in luogo di “deliberare”, porta, almeno me, a ritenere che la deroga al 1136 sia riferita non solo al quorum per le delibere in tema di innovazione, ma anche in deroga al principio del doppio quorum -teste e millesimi-)

Ne conseguirebbe che sono valide le decisioni prese dalla maggioranza dei presenti all’assemblea (solo teste).

E’ una scelta del legislatore di legare la maggioranza del comma 2 ai millesimi dei presenti e la maggioranza del comma 5 alle teste.

Prima e seconda convocazione

Poco sopra si è riportato come la lettura della norma in commento possa portare a ritenere che la deroga all’articolo 1136 C.C. sia riferita non solo alle maggioranze di cui al comma quinto in tema di innovazioni, ma anche al principio del doppio quorum.

Si osservi che l’articolo 1136 del codice civile è intitolato: “Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni”. Sono quindi due gli aspetti in esso disciplinati: 1) la costituzione dell’assemblea (comma 1) e 2) la successiva deliberazione (commi 2 e seguenti).

Il comma 5 dell’articolo 26 L. 10/91 espressamente deroga l’articolo 1136 del codice civile in un contesto circoscritto alla formazione della volontà assembleare, riferendosi unicamente alla maggioranza necessaria per l’approvazione. Il Legislatore del 1991 ha sostituito il verbo “deliberare” con il verbo “decidere”, ha modificato la maggioranza, ma ha sempre fatto espresso riferimento all’”assemblea di condominio”, quella che, quindi, deve costituirsi ai sensi dell’articolo 1136 comma 1 del Codice Civile. La norma, così come elaborata, non interviene in punto costituzione, che è fase diversa dalla deliberazione (o decisione che sia).

Ne consegue che, a mio avviso, la deroga è limitata esclusivamente al quorum per l’approvazione e non a quanto previsto in tema di costituzione.

In prima convocazione, l’articolo 1136 comma 1 del codice civile prevede che l’assemblea sia validamente costituita con l’intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell’edificio e i due terzi dei partecipanti al condominio. Ne consegue che, in prima convocazione, dovendo essere presenti due terzi dei partecipanti al condominio, la decisione potrà essere presa qualora favorevoli siano almeno un terzo più uno dei presenti, indipendentemente dal valore delle quote millesimali rappresentate.

Diverso è invece il caso della seconda convocazione in cui il legislatore ha previsto unicamente un quorum deliberativo e non un quorum costitutivo (Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1997, n. 850). Non essendo quindi previsto un quorum minimo affinchè l’assemblea sia validamente costituita, occorrerà fare unicamente riferimento al quorum necessario per la validità delle deliberazioni (Cassazione Civile, Sezione II, 26 aprile 1994 n 3952). Viene quindi ora da chiedersi qual è, in seconda convocazione, il quorum necessario per la validità delle deliberazioni ai sensi dell’articolo 26 comma 5 L. 10/91. Il legislatore richiede la maggioranza dell’assemblea. Il termine “assemblea” comporta la presenza di più persone. Non avendo il legislatore indicato un numero minimo di partecipanti, riterrei che debbano essere presenti almeno due condomini se questi votino entrambi in senso favorevole. Se uno dei due non è d’accordo, non si è formata alcuna maggioranza (che, in quanto tale, è la parte numericamente superiore di un tutto) e la decisione non è validamente assunta. Occorre quindi che siano almeno in tre i condomini presenti e che a favore votino almeno in due (la parte numericamente superiore di un tutto, appunto).

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La giurisprudenza

Sul punto si registrano due arresti giurisprudenziali, in entrambi i casi si tratta di sentenze di merito, una diversa dall’altra.

Tribunale di Roma del 2000. Il quale così stringatamente scriveva in motivazione:

Orbene, l’articolo 26 n. 5 della Legge prevede testualmente che “Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio decide a maggioranza, in deroga agli articoli 1120 e 1136 del codice civile”.

Ne consegue che in tali ipotesi – ai fini di una deliberazione legittima – è sufficiente il solo voto favorevole della maggioranza dei presenti, senza alcun riferimento alle quote millesimali”.

Vi è poi, successivamente, la sentenza del Tribunale di San Remo del 30/10/2001, di avviso diverso rispetto a quella sopra riportata:

Tale disposizione, quindi, espressamente derogando alla disciplina ordinaria, prevede che nelle ipotesi in cui vengano adottati dalle assemblee condominiali criteri di contabilizzazione delle spese in base ai consumi effettivi non rilevano le disposizioni codicistiche, sicchè deve ritenersi che la norma, non permettendo alcuna distinzione tra diversi tipi di regolamenti contenenti la disciplina di riparto delle spese, imponga quale maggioranza idonea e sufficiente quella semplice che, nel caso in esame, risulta essere stata rispettata avendo il nuovo progetto riportato il consenso di 561/1000”.