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Il nuovo CAD: un intralcio per la posta elettronica certificata?

Il D.Lgs. n. 82 del 7 marzo 2005, contenente il codice dell’amministrazione digitale (CAD), è stato modificato e integrato dal D.Lgs. n. 235 del 30 dicembre 2010: questo rinnovato CAD contiene alcune novità in materia di posta elettronica certificata (PEC). Tuttavia, per comprendere la portata delle nuove norme e l’interrogativo che poniamo nel titolo di questo commento, conviene fare il punto sulla disciplina della PEC che precede l’entrata in vigore del nuovo CAD.

La PEC nel D.L. 185/2008 e nel DPCM 6.5.2009.

Dopo le prime norme dedicate alla PEC (DPR 68/2005, DM 2.11.2005 e “vecchio” CAD) il disegno di diffusione della PEC si è rafforzato, negli ultimi anni, con il D.L. 185/2008 (convertito in legge 2/2009), il DPCM 6.5.2009 e una serie di circolari ministeriali di “stimolo” alle pubbliche amministrazioni. In particolare, l’art. 16, comma 9, del D.L. 185 ha stabilito che le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, imprese in forma societaria e professionisti, in regola con gli adempimenti (obbligatori) previsti nello stesso decreto, possano avvenire tramite PEC senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l’utilizzo. Poiché i suddetti adempimenti consistono sostanzialmente nella regolare pubblicazione dell’indirizzo PEC, tra queste categorie di soggetti non è necessario ottenere dal destinatario una preventiva dichiarazione di disponibilità, perché questa è implicita nella pubblicazione dell’indirizzo PEC: è questa la novità più rilevante della disciplina previgente al nuovo CAD.

Per quanto concerne i cittadini, l’art. 16 bis, comma 5, del D.L. 185 e il DPCM 6.5.2009 hanno fatto nascere la c.d. CEC-PAC, cioè una PEC dedicata esclusivamente alle comunicazioni certificate tra pubbliche amministrazioni e cittadini. L’art. 3 del DPCM 6.5.2009 stabilisce che, per i cittadini che aderiscono al servizio, la CEC-PAC sia l’indirizzo valido ai fini dei rapporti con le pubbliche amministrazioni. La norma precisa che la volontà del cittadino, espressa nell’adesione al servizio, rappresenta l’esplicita accettazione dell’invio tramite CEC-PAC, da parte delle pubbliche amministrazioni, di tutti i provvedimenti e atti che riguardano lo stesso cittadino. Anche in tal caso, quindi, le pubbliche amministrazioni non devono chiedere una preventiva dichiarazione di disponibilità all’uso della PEC, perché questa deriva dalla presenza della CEC-PAC nell’indirizzario elettronico dei cittadini.

Possiamo affermare, dunque, che dalle predette norme deriva la possibilità di utilizzare la PEC, sia pure nei limiti sopra esposti, senza ottenere di volta in volta una espressa dichiarazione di disponibilità del destinatario.

Per le pubbliche amministrazioni, anzi, si può sostenere che l’uso della PEC costituisca un obbligo, rispetto a destinatari la cui PEC sia regolarmente pubblicata nel registro delle imprese, negli elenchi informatici dei professionisti o negli indirizzari CEC-PAC dei cittadini. Il mancato utilizzo della PEC da parte delle pubbliche amministrazioni costituisce, secondo quanto indicato nella circolare n. 1/2010/DDI, “una fattispecie di improprio uso di denaro pubblico”, per lo spreco derivante dal costo evitabile della corrispondenza cartacea; inoltre la mancata attuazione delle norme sulla PEC rileva ai fini della misurazione e valutazione della performance organizzativa/individuale (D.Lgs. 150/2009 e circolare n. 2/2010/DDI).

L’insieme delle suddette norme determina senz’altro un significativo impulso alla diffusione della PEC e al più generale processo di dematerializzazione della pubblica amministrazione, pur scontrandosi tali positivi stimoli, almeno inizialmente, con la tradizionale pigrizia di molte pubbliche amministrazioni, nonché dei soggetti privati tenuti a dotarsi di PEC (società e professionisti). La stessa pigrizia, in verità, riguarda i cittadini che, pur avendone l’opportunità, non hanno sfruttato con grande intensità la possibilità di dotarsi gratuitamente di una casella di CEC-PAC.

La domanda da porsi, a questo punto, riguarda l’incidenza del nuovo CAD sul suddetto quadro normativo: esaminiamo quindi le norme del nuovo CAD in materia di PEC.

Art. 6: utilizzo della posta elettronica certificata.

Il nuovo comma 1 stabilisce che “Per le comunicazioni di cui all’art. 48, comma 1, con i soggetti che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo ai sensi della vigente normativa tecnica, le pubbliche amministrazioni utilizzano la posta elettronica certificata.”

Allo stato non sono individuabili soggetti che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo PEC sulla base della “vigente normativa tecnica”; infatti, la più aggiornata disciplina delle preventive dichiarazioni degli indirizzi PEC non è contenuta in una “normativa tecnica”, ma nel D.L. 185/2008 e nel DPCM 6.5.2009. La normativa tecnica è contenuta invece nel DM 2.11.2005 n. 19818, il cui art. 5, riguardante la comunicazione della disponibilità all’uso della PEC, è di fatto inapplicabile, poiché si riferisce alla dichiarazione dell’abrogato art. 4, comma 4, del DPR 68/2005 (abrogazione avvenuta per effetto dell’art. 16, comma 11, del D.L. 185/2008).

Tale inapplicabilità è ribadita dalla circostanza che le comunicazioni di cui all’art. 48, comma 1, cui l’art. 6 rinvia, sono quelle di cui al DPR 68/2005, il cui art. 17 ha condotto appunto alle suddette regole tecniche.

Ora, poiché mancano le nuove regole tecniche di cui all’art. 71, si dovrebbero applicare quelle vigenti, per effetto del combinato disposto dello stesso art. 71, comma 2, e del nuovo art. 6, comma 1, CAD, cioé proprio quelle inapplicabili di cui al DM 2.11.2005: ne deriva un bel pasticcio interpretativo.

Il comma 1 dell’art. 6 così prosegue: “La dichiarazione dell’indirizzo vincola solo il dichiarante e rappresenta espressa accettazione dell’invio, tramite posta elettronica certificata, da parte delle pubbliche amministrazioni, degli atti e dei provvedimenti che lo riguardano”.

Anche questa disposizione appare infelice, perché potrebbe interpretarsi come attributiva di una mera facoltà concessa alle pubbliche amministrazioni di utilizzare la PEC, contraddicendo la stessa “filosofia” del processo di dematerializzazione basato sulla PEC, il cui traino deve essere sostenuto proprio dalle pubbliche amministrazioni. In ogni caso, questa “dichiarazione” si riferisce sempre alla dichiarazione effettuata secondo la predetta evanescente “vigente normativa tecnica”. Pertanto, sino a quando non saranno emanate le nuove regole tecniche ai sensi dell’art. 71 CAD, il comma 1 dell’art. 6 CAD rimarrà inapplicabile.

Il comma 1 bis dell’art. 6 dispone che la consultazione degli indirizzi PEC, di cui agli artt. 16, comma 10, e 16 bis, comma 5 del D.L. 185, nonché l’estrazione di elenchi dei suddetti indirizzi da parte delle pubbliche amministrazioni, debba essere effettuata sulla base di regole tecniche emanate da DigitPA.

Questa disposizione blocca la consultazione dei singoli indirizzi PEC e l’utilizzo degli elenchi di PEC e CEC-PAC sino a quando non saranno emanate le regole tecniche da DigitPA; infatti, la precedente normativa non prevedeva l’emanazione di regole tecniche a tal fine. Le emanande regole tecniche, peraltro, se possono avere una giustificazione per la consultazione e l’estrazione degli elenchi di imprese e professionisti, non si comprende quale ruolo possano avere in relazione all’art. 16 bis, comma 5, del D.L. 185, che riguarda le CEC-PAC dei cittadini, per le quali non si pone il problema della consultazione e della estrazione di elenchi, poiché queste dovrebbero avvenire sulla base dei c.d. “indirizzari elettronici” già disciplinati ed esistenti.

Art. 65: istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica.

L’art. 65 prevede un elenco di strumenti informatici che conferiscono validità alle istanze e dichiarazioni trasmesse alla pubblica amministrazione per via telematica. Tra questi strumenti figura, come nel precedente testo, la PEC, ma con le modifiche apportate al nuovo comma 1, lettera c-bis, ove si precisa che "le istanze e dichiarazioni devono essere trasmesse dall’autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con regole tecniche adottate ai sensi dell’art. 71, e ciò sia attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato. In tal caso, la trasmissione costituisce dichiarazione vincolante ai sensi dell’art. 6, comma 1, secondo periodo."

Anche in tal caso bisogna attendere, quindi, le nuove regole tecniche di cui all’art. 71 e, nell’attesa, applicare quelle vigenti. Vale quanto detto sopra, quindi, nel commentare l’art. 6.

In conclusione, ci sembra che nel nuovo CAD la formulazione delle nuove norme sulla PEC sia alquanto infelice, e rischi di creare un intralcio alla diffusione della PEC che dovrà essere al più presto superato con le future regole tecniche.

Il D.Lgs. n. 82 del 7 marzo 2005, contenente il codice dell’amministrazione digitale (CAD), è stato modificato e integrato dal D.Lgs. n. 235 del 30 dicembre 2010: questo rinnovato CAD contiene alcune novità in materia di posta elettronica certificata (PEC). Tuttavia, per comprendere la portata delle nuove norme e l’interrogativo che poniamo nel titolo di questo commento, conviene fare il punto sulla disciplina della PEC che precede l’entrata in vigore del nuovo CAD.

La PEC nel D.L. 185/2008 e nel DPCM 6.5.2009.

Dopo le prime norme dedicate alla PEC (DPR 68/2005, DM 2.11.2005 e “vecchio” CAD) il disegno di diffusione della PEC si è rafforzato, negli ultimi anni, con il D.L. 185/2008 (convertito in legge 2/2009), il DPCM 6.5.2009 e una serie di circolari ministeriali di “stimolo” alle pubbliche amministrazioni. In particolare, l’art. 16, comma 9, del D.L. 185 ha stabilito che le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, imprese in forma societaria e professionisti, in regola con gli adempimenti (obbligatori) previsti nello stesso decreto, possano avvenire tramite PEC senza che il destinatario debba dichiarare la propria disponibilità ad accettarne l’utilizzo. Poiché i suddetti adempimenti consistono sostanzialmente nella regolare pubblicazione dell’indirizzo PEC, tra queste categorie di soggetti non è necessario ottenere dal destinatario una preventiva dichiarazione di disponibilità, perché questa è implicita nella pubblicazione dell’indirizzo PEC: è questa la novità più rilevante della disciplina previgente al nuovo CAD.

Per quanto concerne i cittadini, l’art. 16 bis, comma 5, del D.L. 185 e il DPCM 6.5.2009 hanno fatto nascere la c.d. CEC-PAC, cioè una PEC dedicata esclusivamente alle comunicazioni certificate tra pubbliche amministrazioni e cittadini. L’art. 3 del DPCM 6.5.2009 stabilisce che, per i cittadini che aderiscono al servizio, la CEC-PAC sia l’indirizzo valido ai fini dei rapporti con le pubbliche amministrazioni. La norma precisa che la volontà del cittadino, espressa nell’adesione al servizio, rappresenta l’esplicita accettazione dell’invio tramite CEC-PAC, da parte delle pubbliche amministrazioni, di tutti i provvedimenti e atti che riguardano lo stesso cittadino. Anche in tal caso, quindi, le pubbliche amministrazioni non devono chiedere una preventiva dichiarazione di disponibilità all’uso della PEC, perché questa deriva dalla presenza della CEC-PAC nell’indirizzario elettronico dei cittadini.

Possiamo affermare, dunque, che dalle predette norme deriva la possibilità di utilizzare la PEC, sia pure nei limiti sopra esposti, senza ottenere di volta in volta una espressa dichiarazione di disponibilità del destinatario.

Per le pubbliche amministrazioni, anzi, si può sostenere che l’uso della PEC costituisca un obbligo, rispetto a destinatari la cui PEC sia regolarmente pubblicata nel registro delle imprese, negli elenchi informatici dei professionisti o negli indirizzari CEC-PAC dei cittadini. Il mancato utilizzo della PEC da parte delle pubbliche amministrazioni costituisce, secondo quanto indicato nella circolare n. 1/2010/DDI, “una fattispecie di improprio uso di denaro pubblico”, per lo spreco derivante dal costo evitabile della corrispondenza cartacea; inoltre la mancata attuazione delle norme sulla PEC rileva ai fini della misurazione e valutazione della performance organizzativa/individuale (D.Lgs. 150/2009 e circolare n. 2/2010/DDI).

L’insieme delle suddette norme determina senz’altro un significativo impulso alla diffusione della PEC e al più generale processo di dematerializzazione della pubblica amministrazione, pur scontrandosi tali positivi stimoli, almeno inizialmente, con la tradizionale pigrizia di molte pubbliche amministrazioni, nonché dei soggetti privati tenuti a dotarsi di PEC (società e professionisti). La stessa pigrizia, in verità, riguarda i cittadini che, pur avendone l’opportunità, non hanno sfruttato con grande intensità la possibilità di dotarsi gratuitamente di una casella di CEC-PAC.

La domanda da porsi, a questo punto, riguarda l’incidenza del nuovo CAD sul suddetto quadro normativo: esaminiamo quindi le norme del nuovo CAD in materia di PEC.

Art. 6: utilizzo della posta elettronica certificata.

Il nuovo comma 1 stabilisce che “Per le comunicazioni di cui all’art. 48, comma 1, con i soggetti che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo ai sensi della vigente normativa tecnica, le pubbliche amministrazioni utilizzano la posta elettronica certificata.”

Allo stato non sono individuabili soggetti che hanno preventivamente dichiarato il proprio indirizzo PEC sulla base della “vigente normativa tecnica”; infatti, la più aggiornata disciplina delle preventive dichiarazioni degli indirizzi PEC non è contenuta in una “normativa tecnica”, ma nel D.L. 185/2008 e nel DPCM 6.5.2009. La normativa tecnica è contenuta invece nel DM 2.11.2005 n. 19818, il cui art. 5, riguardante la comunicazione della disponibilità all’uso della PEC, è di fatto inapplicabile, poiché si riferisce alla dichiarazione dell’abrogato art. 4, comma 4, del DPR 68/2005 (abrogazione avvenuta per effetto dell’art. 16, comma 11, del D.L. 185/2008).

Tale inapplicabilità è ribadita dalla circostanza che le comunicazioni di cui all’art. 48, comma 1, cui l’art. 6 rinvia, sono quelle di cui al DPR 68/2005, il cui art. 17 ha condotto appunto alle suddette regole tecniche.

Ora, poiché mancano le nuove regole tecniche di cui all’art. 71, si dovrebbero applicare quelle vigenti, per effetto del combinato disposto dello stesso art. 71, comma 2, e del nuovo art. 6, comma 1, CAD, cioé proprio quelle inapplicabili di cui al DM 2.11.2005: ne deriva un bel pasticcio interpretativo.

Il comma 1 dell’art. 6 così prosegue: “La dichiarazione dell’indirizzo vincola solo il dichiarante e rappresenta espressa accettazione dell’invio, tramite posta elettronica certificata, da parte delle pubbliche amministrazioni, degli atti e dei provvedimenti che lo riguardano”.

Anche questa disposizione appare infelice, perché potrebbe interpretarsi come attributiva di una mera facoltà concessa alle pubbliche amministrazioni di utilizzare la PEC, contraddicendo la stessa “filosofia” del processo di dematerializzazione basato sulla PEC, il cui traino deve essere sostenuto proprio dalle pubbliche amministrazioni. In ogni caso, questa “dichiarazione” si riferisce sempre alla dichiarazione effettuata secondo la predetta evanescente “vigente normativa tecnica”. Pertanto, sino a quando non saranno emanate le nuove regole tecniche ai sensi dell’art. 71 CAD, il comma 1 dell’art. 6 CAD rimarrà inapplicabile.

Il comma 1 bis dell’art. 6 dispone che la consultazione degli indirizzi PEC, di cui agli artt. 16, comma 10, e 16 bis, comma 5 del D.L. 185, nonché l’estrazione di elenchi dei suddetti indirizzi da parte delle pubbliche amministrazioni, debba essere effettuata sulla base di regole tecniche emanate da DigitPA.

Questa disposizione blocca la consultazione dei singoli indirizzi PEC e l’utilizzo degli elenchi di PEC e CEC-PAC sino a quando non saranno emanate le regole tecniche da DigitPA; infatti, la precedente normativa non prevedeva l’emanazione di regole tecniche a tal fine. Le emanande regole tecniche, peraltro, se possono avere una giustificazione per la consultazione e l’estrazione degli elenchi di imprese e professionisti, non si comprende quale ruolo possano avere in relazione all’art. 16 bis, comma 5, del D.L. 185, che riguarda le CEC-PAC dei cittadini, per le quali non si pone il problema della consultazione e della estrazione di elenchi, poiché queste dovrebbero avvenire sulla base dei c.d. “indirizzari elettronici” già disciplinati ed esistenti.

Art. 65: istanze e dichiarazioni presentate alle pubbliche amministrazioni per via telematica.

L’art. 65 prevede un elenco di strumenti informatici che conferiscono validità alle istanze e dichiarazioni trasmesse alla pubblica amministrazione per via telematica. Tra questi strumenti figura, come nel precedente testo, la PEC, ma con le modifiche apportate al nuovo comma 1, lettera c-bis, ove si precisa che "le istanze e dichiarazioni devono essere trasmesse dall’autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con regole tecniche adottate ai sensi dell’art. 71, e ciò sia attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato. In tal caso, la trasmissione costituisce dichiarazione vincolante ai sensi dell’art. 6, comma 1, secondo periodo."

Anche in tal caso bisogna attendere, quindi, le nuove regole tecniche di cui all’art. 71 e, nell’attesa, applicare quelle vigenti. Vale quanto detto sopra, quindi, nel commentare l’art. 6.

In conclusione, ci sembra che nel nuovo CAD la formulazione delle nuove norme sulla PEC sia alquanto infelice, e rischi di creare un intralcio alla diffusione della PEC che dovrà essere al più presto superato con le future regole tecniche.